Rivista Anarchica Online
Aspettando il messia
di Claudia V.
Frustrazione e speranze fra i primitivi. La speranza in una redenzione dell'umanità legata
all'attesa della "fine del mondo" - Il carattere gregaristico-autoritario dei movimenti messianici - La
difficile difesa dell'identità etnica.
"Spunterà il sole di giustizia / e la guarigione salirà
sulle ali. /Calpesterete i malvagi che saranno come
cenere / sotto la pianta dei vostri piedi / il predatore sarà depredato / il devastatore
devastato". Questa e una
delle tante frasi tratte dai testi "biblici" che corrono di bocca in bocca tra i "selvaggi". Sono rivolte contro
i
colonizzatori e i missionari bianchi i quali ne rimangono stralunati, i primi perché scoprono che
anche i primitivi
possono diventare ribelli, gli altri perché dopo secoli di cristianizzazione si vedono colpire dalla
loro stessa
religione come da un boomerang. Ovunque i colonizzatori occidentali hanno messo piede: nella
Africa negra, dal Sud-Africa alla Rhodesia, al
Tanganyca, all'Africa Equatoriale e Occidentale, all'Angola, Congo, Uganda, Kenya, Melanesia,
Polinesia,
Indonesia, America indigena settentrionale e meridionale hanno svolto, è ormai noto, una
violenta azione di
disgregazione sociale, costringendo con la forza gli indigeni ad adattarsi alla cultura occidentale,
istituendo la
segregazione razziale e distruggendo la loro organizzazione autarchica e autonoma. Gli indigeni si sono
ritrovati
improvvisamente schiavi di fronte ad una nuova classe di padroni (i bianchi), traumatizzati dall'opera di
"umanizzazione" che ai criteri di simpatia, affettività, analogia propri dei primitivi, sostituiva
criteri estranei e li
imponeva brutalmente. Da questa condizione di estrema sofferenza nell'ultimo secolo sono nati, nei
territori della
colonizzazione, movimenti religiosi di salvezza in cui la speranza e l'attesa di una trasformazione radicale
delle
condizioni di esistenza hanno animato violente insurrezioni contro gli oppressori bianchi. Essi
costituiscono,
secondo la definizione dello studioso inglese Hobsbawn, dei movimenti arcaici di agitazione sociale: sono
infatti
caratteristici di quelle società che non hanno trovato un linguaggio specifico per esprimere e
realizzare le proprie
aspirazioni sociali, perciò la presa di coscienza avviene all'interno di un pensiero che per i
primitivi è magico-religioso: esso fornisce lo schema di riferimento, il mezzo di interpretazione
della realtà sociale e quindi anche
della sua trasformazione. Il ricorso alla religione non è solo inevitabile, in quanto essa svolge
per queste popolazioni un ruolo predominante
e si identifica con la stessa vita sociale, ma è anche un sintomo di quanto questa liberazione sia
sentita in modo
radicale e necessario: la trasformazione totale della realtà considerata insieme "naturale e divina"
può avvenire
solo facendo ricorso al soprannaturale: è un atto estremo perché investe tutti i settori della
vita sociale, morale
e psicologica, così come la condizione di sfruttamento sconvolge e opprime ogni momento della
vita individuale
e collettiva. Le rivolte sono sempre precedute da un periodo di attesa messianica, dell'uomo cioè
che si farà
portavoce della volontà "naturale e divina" di liberazione e intorno alla quale si concentreranno
e organizzeranno
i "fedeli": è la fase della presa di coscienza, del fermento e della propagazione dell'annuncio
dell'età che porrà
fine alla alienazione e il rovesciamento apocalittico dell'ordine attuale. È in questa fase che si
diffonde quella che
è stata definita l'idea millenarista: lo stato sociale futuro di perfezione è associato all'idea
che un giorno dovrà
giungere la fine del mondo, il succedersi delle ere porterà all'avvento dell'Era del Benessere, della
pace e
dell'eguaglianza; l'immortalità e l'eternità sostituiranno la morte e il divenire. È
l'attesa del millennio in cui Cristo
riapparirà sulla terra, regnerà Mille anni e questo regno avrà inizio esattamente
mille anni dopo la sua nascita.
La funzione del Cristianesimo
La comparsa del messia, che corrisponde ad una maturazione della situazione, mette in moto la
popolazione e
dà il via alla rivolta: il messia è la figura centrale: egli detiene l'autorità suprema
e intorno a lui si raccolgono gli
apostoli e i fedeli. Il messia è un leader religioso e politico: organizza e dirige la comunità
in nome della divinità,
è il simbolo dell'unità e dei nuovi valori: egli non deve essere imitato, ma ubbidito. Questi
movimenti si
organizzano quindi al loro interno, in modo fortemente autoritario e gerarchico: è questa una
conseguenza della
natura stessa di questi fenomeni, che è, abbiamo visto, religiosa: la religione costituisce il loro
carattere specifico
e il loro limite. I fedeli demandano ad un'autorità o ad una forza soprannaturale il compito di
liberarli
dall'oppressione. Pertanto non sì può concordare con l'opinione di certi studiosi che
considerano questi movimenti
come rivoluzionari: non lo sono, in rapporto ad un'ideologia che voglia essere radicale, distruggendo alle
radici
le cause prime dello sfruttamento e cioè proprio il potere e l'autorità che questi
movimenti riproducono
fedelmente. Inoltre la lotta contro un oppressore straniero, cioè contro fattori "esterni" che
determinano la crisi
sociale, richiede una coscienza ben diversa da quella che nasce dalla consapevolezza che lo sfruttamento
è interno
alla società stessa e che costringe a mettere in discussione i propri valori, i criteri della propria
organizzazione
sociale e politica. Non ci si stupisce quindi se il medesimo "primitivismo" lo si riscontra anche nel tipo
di progetto
di trasformazione che accomuna tutti movimenti messianici: la lotta è per un passaggio di potere;
l'uguaglianza
sarà solo per i negri, gli attuali sfruttati che si sostituiranno ai bianchi che prenderanno il loro
posto nell'ultimo
gradino della gerarchia sociale. I movimenti messianici hanno tutti un germe di nazionalismo e
comunque anche uno scopo irredentista, mescolato
ad altri aspetti quali la riorganizzazione sociale e la creazione di nuovi valori. Ma sono proprio questi
elementi di innovazione che ora ci interessano: il rapporto bianchi e negri è sempre un
rapporto di sfruttamento: il messianesimo è prima di tutto una risposta contro la perdita di un
diritto
fondamentale: quello di ogni gruppo sociale di formare da solo il suo schema di riferimento, la propria
organizzazione e i propri modelli di comportamento. È una risposta alla colonizzazione e allo
sfruttamento che
non accetta più la vecchia realtà tribale, ma neppure quella nuova imposta e tenta la
creazione di una nuova
concezione del mondo, assolutamente spontanea ed originaria. È in questa creazione, o meglio,
innovazione, il
significato autentico di questi movimenti. L'opera di innovazione si svolge a tre livelli: nel rapporto fra
le tribù
e la società dei colonizzatori, nel rapporto fra le diverse tribù e infine all'interno dei
gruppi nei rapporti fra gli
individui. È un fatto significativo che dopo secoli di indefessa attività dei missionari
che puntava soprattutto sulla diffusione
del Cristianesimo, i primitivi abbiano accolto e ripreso solo il tema della attesa del salvatore e, dal
Vecchio
Testamento, proprio ciò che riguarda le parole dei profeti centrate sul problema della liberazione
e dell'avvento
apocalittico e rivoluzionario di un era di benessere e felicità. Il cristianesimo, come ideologia di
rinuncia e
accettazione passiva della realtà, che trasferisce in una dimensione ultraterrena la liberazione dalla
schiavitù, è
stata rifiutata in blocco: i primitivi si sono piuttosto identificati nella lotta del popolo ebreo che affronta
quarant'anni di deserto per sfuggire alla persecuzione degli egiziani. È qui evidente uno dei
caratteri principali del millenarismo: essere religioso nella sua struttura, ma avere
motivazioni e soprattutto fini nettamente politici e sociali. Esso non propone una nuova dottrina teologica
(il suo
fine non è mistico o di rinnovamento religioso): esso prefigura esclusivamente la trasformazione
del mondo
profano, esprime speranze ed aspirazioni terrestri. Esso presenta le caratteristiche che si ritrovano in tutte
le
religioni di redenzione dei popoli oppressi: esse derivano da uno stato di carenze e di miseria, il loro
nucleo è la
teoria della salvezza sociale, il punto di partenza è il rifiuto all'ordine esistente considerato
intollerabile e la
redenzione si identifica con il rinnovamento sociale. Il sociologo tedesco Max Weber afferma che a
differenza
della religione delle classi sociali elevate che tende a giustificare lo status quo, la religione in mano agli
sfruttati,
pur non essendo, per sua natura, rivoluzionaria, esprime però l'esigenza di un cambiamento da
realizzarsi in
questo modo, una soluzione dei problemi sociali qui ed ora. In altre parole, per quanto riguarda la
colonizzazione, la coscienza dello sfruttamento ha vinto sull'opera di indottrinamento e condizionamento
ideologico.
Azione individuale o collettiva?
Anche altre considerazioni concorrono a confermare il carattere di rivolta sociale del messianesimo;
finora
abbiamo inteso con questo termine sia la credenza nella venuta di un inviato divino che porterà
agli uomini la
giustizia, la pace e la felicità, sia l'azione di tutto un gruppo che opera per instaurare sulla terra
la felicità sognata.
Esistono numerosi esempi di popoli che hanno espresso la speranza in questo futuro rivolgimento delle
condizioni
esistenziali, ma soltanto quelli che hanno concepito la necessità di una azione collettiva, in cui
la salvezza non
è dell'individuo, ma dell'insieme e passa attraverso l'azione pratica di tutti si sono trasformati in
movimenti
sovversivi. Inoltre il messianesimo, come progetto globale e sovversivo nasce soltanto ad un certo
punto del rapporto di
integrazione, quando cioè il modo di vivere della civiltà occidentale non è
completamente adottato e continuano
ad esistere vitali gli elementi della tradizione tribale. Qui il problema dello sfruttamento si complica
intrecciandosi
con quello della difesa della propria identità etnica e della conservazione delle proprie tradizioni
e, spesso, delle
proprie gerarchie sociali: è comunque importante osservare che solo quando il problema
dell'identità si unisce
a quello della coscienza dello sfruttamento si ha la creazione di nuovi valori; in caso contrario si hanno
tuttalpiù
movimenti di restaurazione dell'antico ordine tribale. Ed infine, nei rari casi in cui la colonizzazione non
ha
significato sopraffazione, ma solo scontro di diversi modi di pensare con una reciproca integrazione,
nessuna
rivolta si è verificata. L'azione di innovazione da parte degli indigeni si è rivolta
soprattutto verso se stessi. Nei rapporti fra i gruppi tribali, in precedenza quasi sempre ostili e
comunque in competizione e organizzati
secondo il criterio della discendenza patrilineare, il messianesimo sostituisce il concetto della
solidarietà sociale
e della responsabilità individuale, indipendentemente dal concetto di peccato o di colpa. Ogni
individuo collabora
attivamente alla liberazione: la responsabilità è la coscienza del tutto nuova di poter
trasformare con la propria
azione (e pur sempre con l'aiuto divino), il mondo in cui si vive. Prima di concludere, un ultimo aspetto
di questi
movimenti serve a sottolineare il carattere globale della trasformazione cui essi mirano: molti sono i tratti
cristiani
reinterpretati in funzione "pagana"; ad esempio il battesimo non ha per gli indigeni la funzione di
"mondare" da
una colpa originaria, ma viene assimilato ad antichi rituali tribali di guarigione, in un senso nuovo: la
guarigione
non è solo da una malattia corporea, ma dalla "malattia" sociale, dalla disgregazione della
personalità individuale
e dalla condizione di subalterni. Anche il sincretismo dunque, comporta elaborazione di nuovi concetti,
innovazione. La ripresa dei rituali antichi è significativa della vitalità della rivolta
degli indigeni: ricorrente, ad es., è anche la
rinascita del mito della resurrezione dei morti, propria delle civiltà agricole, che ora diventa
simbolo
dell'affermazione della vita sulla morte "sociale". Nel sincretismo, il complesso religioso tradizionale
pagano fa
da sostrato e veicolo al Dio del monoteismo giùdaico cristiano; molti simboli del pensiero
cristiano (il crocifisso,
le figure dei santi) vengono assimilati alla mitologia animalesca, teriomorfa ecc. che affondano le loro
radici nelle
varie esperienze storiche e culturali di queste popolazioni. Il contrasto con la cultura occidentale e
soprattutto
il rapporto di sfruttamento che essa ha instaurato ha agito come catalizzatore di tensioni e squilibri
già esistenti
all'interno delle strutture sociali tradizionali e ha posto i nativi di fronte alla necessità di un
profondo
rinnovamento interno, fuori e contro ogni imposizione dei bianchi: il sincretismo, la diversità dei
rituali attraverso
cui si esprimono i movimenti messianici sono la testimonianza più esplicita della
possibilità di trasformazione
dinamica i di innovazione di uomini sottoposti allo sfruttamento e l'irriducibilità ad esso
nonostante e contro
qualsiasi mezzo venga adottato per realizzarlo.
Claudia V.
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