Rivista Anarchica Online
Politica all'italiana
di A. B.
Ieri, 28 ottobre, in serata, un amico ci ha telefonato in redazione per
informarci che a Roma correvano voci
allarmanti su "qualcosa" che doveva succedere in nottata. Per "qualcosa" si intende ormai il solito
golpe. Più per
scrupolo di coscienza che per convinzione, abbiamo preso le precauzioni minimali del caso
(trasferimento degli
indirizzari, ecc.) ... e siamo andati a dormire. Cioè non abbiamo preso molto sul serio
l'avvenimento, non perchè
l'amico non fosse attendibile, ma perchè era il decimo "pre-allarme" o giù di lì
in tre anni. Oltre tutto, la
coincidenza della data con la ricorrenza della "marcia su Roma" dava un ulteriore tocco do prefabbricato
alla
voce. Ci stiamo abituando in Italia, a vivere non solo con l'inflazione, ma anche con il
golpe. Golpe all'italiana, naturalmente, cioè con assurdi progetti
di vecchi nostalgici, giovani isterici, criminali di mezza
tacca, generali squilibrati, guardie forestali... ed il servizio segreto che li segue e li ferma al momento
opportuno
con discrezione ed un governo che li rivela ad una magistratura che li gonfia sgonfia (esemplare il caso
Borghese)
secondo criteri di utilità politica spicciola. L'italiano si sta abituando a vivere con il
golpe e così finisce con il
sopportare la ancora, per il timore del peggio, quella classe politica di governanti incapaci e corrotti che
appare
insopportabile a qualunque osservatore straniero (anche il più moderato) delle cose italiane. Lo
"Stato
democratico" marcio e parassitario più di qualunque altro paese europeo finisce con l'assumere
l'aspetto di male
minore di fronte alla minaccia fascista. E la D.C. può quasi far dimenticare agli italiani di corta
memoria le sue
passate connivenze con il neofascismo e può giustificare di fronte al suo torbido elettorato la
crescente
collaborazione di fatto con il tradizionale nemico comunista, necessaria d'altro canto alla perpetuazione
del
potere democristiano. Che pasticcio all'italiana! Magari alla fine lo fanno davvero il
golpe (in quell'assurdo mondo del potere italiano anche un assurdo golpe
può funzionare), ma molto più probabilmente non ci sarà nessun
golpe, perchè lo Stato italiano è già "fascista"
quanto basta ai padroni ed ai burocrati ed una dose superiore di fascismo sarebbe incompatibile con la
dimensione
europea (nonostante tutto) dell'economia italiana (in un Europa in cui anche il "liberale" Giscard
D'Estaing è
più a sinistra del nostro centro-sinistra) e con la forza e la coscienza del movimento
operaio. L'italiano si sta abituando anche a vivere con le crisi governative. Il mese di ottobre, che sta
finendo mentre
scriviamo queste note, ce n'ha portata una. Una crisi all'italiana, naturalmente. Il
centro-sinistra di Rumor (che
era succeduto ad un precedente centro-sinistra di Rumor) non andava più bene. Allora Fanfani
per una quindicina
di giorni ha cercato di ricostruire un governo di ... centro-sinistra (con gli stessi partiti e, grosso modo,
gli stessi
uomini) Non c'è riuscito ed allora, proprio in questi giorni, è stato dato il mandato a
Moro di ricostruire un
governo di ... centro-sinistra o, se non gli riesce, "nell'ambito del centro-sinistra" cioè, se bene
interpretiamo la
fumosità linguistica, con gli stessi partiti ma qualcuno dentro e qualcuno "quasi-fuori" del
governo. Se non ci
riuscirà nemmeno lui ritenterà qualcun altro "nell'ambito" o "nello spirito" o "con il
programma" del centro-sinistra. Il fatto è che, nonostante la fregola di crisi dei
"socialdemocratici" (sia detto, per pudore lessicale, tra
virgolette), l'unica alternativa seria non occasionale (come il centro-centro di andreottiana memoria), al
centro-sinistra è proprio un... centro-sinistra più aperto a sinistra. Cioè
esattamente ciò che schifa e terrorizza i
"socialdemocratici" (detto sempre tra virgolette). La sostanza che sta sotto tutto questo bizantino
balletto della crisi è l'incapacità del governo di risolvere o
perlomeno di attenuare le crisi economica. I socialisti scalpitano perchè il continuare ad essere
corresponsabili
di una politica anti-popolare e per di più inefficace rischia di far perdere loro quel poco di
credibilità di cui ancora
godono forse tra i loro elettori. I socialisti sanno che una crisi di questa gravità si può
"gestire" seriamente in un
sol modo. Con una vera programmazione economica tecnocratico-riformista e con la collaborazione dei
sindacati,
i soli che oggi possono controllare (anche se per fortuna non del tutto) la combattività dei
lavoratori, i soli che
possono far accettare ai lavoratori quei sacrifici necessari per bloccare l'inflazione e rilanciare la
produttività
nell'ambito del sistema tardo-capitalistico. Senonchè con l'andazzo burocratico-levantino sinora
imposto dalla
concezione democristiana alla gestione dello Stato e delle imprese pubbliche, una programmazione
economica
ed un piano riformista seri sono impossibili. Così il socialista Ruffolo, uno dei pochi capaci
tecnocrati italiani,
ha dovuto dimettersi dal posto di direttore generale della Programmazione. (Si dimette Ruffolo, in
Italia, non Togni! Dimissioni appunto all'italiana). D'altro canto anche la collaborazione
dei sindacati italiani, che non sono legati ai socialdemocratici (come in Inghilterra o in Germania) ma al
P.C.I.,
è in qualche modo legata alla "questione comunista", cioè alla maggiore apertura
governativa al P.C.I. che il P.S.I.
su mandato americano si rifiuta forsennatamente di accettare. Forse la soluzione la troverà Moro
con la sua
"strategia dell'attenzione" verso i comunisti, cioè di un governo "nell'ambito" del centro-sinistra,
ma con una
collaborazione esterna del P.C.I. su posizioni di benevola e comprensiva opposizione. Il più
grosso ostacolo
appare comunque sempre l'atteggiamento scopertamente reazionario e americanamente anti-comunista
del partito
"socialdemocratico", un partito socialdemocratico all'italiana, che ama scavalcare a destra
la destra
democristiana. Nel mentre la 37a crisi governativa del dopoguerra viene recitata, non solo
noi ma anche la maggior
parte degli osservatori e commentatori politici (ben pi attenti di noi alla noiosissima recita) sono costretti
ad
acrobazie intellettuali per cercare di interpretare quel geroglifico parlato e mimato che è il gioco
del potere
giocato all'italiana.
A. B.
|