Rivista Anarchica Online
Il suicidio del capitalismo
di Bruno Rizzi
Inflazione come stabilizzazione dell'economia. Bruno Rizzi, l'autore di questo articolo, è
già noto ad una parte dei nostri lettori. Di lui abbiamo pubblicato un
articolo sulla crisi del dollaro ("Scacco al re" A 7, ottobre 1971). Il Rizzi, che qui ripresentiamo per
coloro che
hanno cominciato a leggere la nostra rivista in tempi recenti, è uno studioso "marxista", non
anarchico ne
libertario se non in senso lato. Marxista tra virgolette, perchè estremamente eterodosso
rospetto a tutte le scuole economiche marxiste (e rispetto
allo stesso Marx). I suoi scritti, da "La burocratisation du monde" del '39 (ripubblicato nel 1967 come
"Il
collettivismo burocratico") ai più recenti volumi, "Socialismo infantile", ecc. ecc., lavorano tutti
attorno ad una
ipotesi centrale, quella che il sedicente "socialismo di stato" (e più in generale il modello di
economia statalizzata
verso la quale sembra avviarsi tutto il mondo industriale avanzato) sia una sorta di feudalesimo
industriale. A
questa ipotesi egli ha portato, con un solitario lavoro trentennale il supporto di una massa considerevole
di dati
sociologici, economici e storici riuniti non casualmente ma secondo un metodo unificato che vede nel
rapporto
di produzione l'essenza di ogni sistema sociale. Anche il presente articolo sull'inflazione si muove
in questo
ambito interpretativo, proponendo una "lettura" certamente originale e stimolante (anche se forse un po'
forzata
unilateralmente) il cui maggiore pregio è di costringere il lettore (e prima di lui il redattore) ad
un salutare sforzo
per uscire dai clichés interpretativi correnti.
Secondo noi l'inflazione è l'agente massimo, il motore retromarcia
che convoglia le acque economiche nel grande
stagno dello Stato. Elimina progressivamente la proprietà privata e nazionalizza produzione
nonchè distribuzione
senza che i socialisti infantili abbiano bisogno di correre sulle barricate o di salire comunque al potere.
Poco per
volta ci pensa l'inflazione a fare il "socialismo di Stato", vuoi con le insegne di falce-martello, della
svastica, del
fascio littorio e di un governo di colonnelli o di un democratico centro-sinistra di costituzione politica
composita.
Tutto fa brodo, purchè spogliando tutti questi regimi compaia ben nudo il corpo del monaco.
Mussolini voleva
tutto nello Stato, dallo Stato e per lo Stato. Hitler parlava diversamente, ma intendeva creare un impero
retto dal
popolo eletto, (quello biondo dagli occhi azzurri) quale casta dominante su di un'altra casta di servi
costituita
dai popoli europei circonvicini. Il primo banchiere che gli offrì una cifra insufficiente per il
riarmo lo spedì in
America quale trattamento di favore. A stabilire la quantità di biglietti di emissione d'allora in poi
ci pensò lui.
Anche il suo consigliere economico Scharcht poteva andare bene per birbonate nei giochi di Borsa, non
per
trattenerlo dal rovinare la valuta con emissioni a piacere. E tutti questi regimi militari che si moltiplicano
per
imporre ordine e disciplina a chi deve sudare nella fatica quotidiana, forse che rispettano i sacri canoni
dell'economia liberale? Il torchio l'hanno nelle mani e non chiedono a nessuno il permesso di
stampare moneta, ne l'hanno mai chiesto
i signori di Washington che hanno la possibilità di smistare altrove la loro inflazione. Soltanto
il nostro centro-sinistra aveva la buona volontà di voler difendere la lira e ad ogni nuovo governo
c'era
la promessa di difendere la valuta. Difatti oggi la lira se la possono raccattare col cucchiaio. L'inflazione
in
occidente si mise decisamente in marcia con la guerra del 1914-1918. Chi ce la faceva a sostenere spese
del
genere? Il torchio, soltanto lui ne fu capace ed infatti si torchiò a volontà, ma l'Europa
non si è più risollevata.
Per farla corta, a partire dalla rima guerra mondiale tutte le valute si sono enormemente svalutate e
naturalmente
in proporziona alla massa di segni cartacei emessi dalle cosiddette "centrali"; ma credete che un
fenomeno del
genere, di tale ampiezza, profondità e delicatezza, possa prodursi senza conseguenze? Non
seguiremo le vicende
valutarie della seconda Guerra mondiale, i suoi antefatti ed i suoi postumi. Riteniamo nessuno possa
negare che
l'inflazione abbia continuato ad espandersi ovunque e pochi anni fa siamo arrivati all'abbattimento
dell'ultimo
segno valutario effettivo. Il dollaro, disse Nixon, non è più pagabile a vista nel peso d'oro
che finora aveva
rappresentato. S'era alienato alle povere valute europee ed al rublo. Carta; sì, tutta carta;
segni monetari senza valore intrinseco. Se accettati od imposti, servono da tallone dei
scambio, sono moneta, ma non denaro. Ed allora come possono rappresentare un valore? Si tratta di un
problema
che non ho visto discutere neanche da quei supereconomisti d'oltre Atlantico che ci assicurano da decenni
di aver
trovato il modo di imbrigliare le leggi economiche. Alle crisi cicliche poi ci hanno pensato proprio loro,
ma
snaturando il sistema capitalista a loro insaputa e difatti di crisi di superproduzione non se ne è
più viste. Non
per l'abilità dei Berle o dei Galbraith, beninteso, ma perchè il nuovo sistema economico
che si impone sempre
più pare non contempli crisi di superproduzione. Ha provveduto però a farci conoscere
le recessioni di
sottoproduzione già endemiche nei paesi "sovietici" Proprio l'inflazione dilagante le sta rendendo
continue anche
in occidente. Oggi qui, domani là, in un modo o nell'altro si formano ovunque "le code". Qualche
volta
abbozzano perfino la triste fisionomia di quelle dei paesi sedicenti socialisti, ma finora si è riusciti
a dissimularle
abbastanza bene. Presentemente siamo alla crisi del petrolio; qui, non perchè manchi, s'è
intoppato il sistema
distributivo che non è più mercantile ed obbedisce alla politica. Questo dà
già un'idea di che cosa è capace la
nuova economia dirigista. Inflazione aiutando, passeremo ad altri tipi di merci e ci abitueremo a questo
genere
di economia che se ne frega all'americana delle leggi economiche.
La moneta-lavoro
Il problema del garante delle attuali valute, ora non ci sembra più tanto difficile da risolvere.
Che la lira, come
il rublo e tutte le valute, non siano più denaro, è un fatto perchè non hanno
valore intrinseco o immediatamente
realizzabile in un certo peso di metallo pregiato, ma se servono ugualmente alla compravendita delle
merci
devono pur avere un garante. Diversamente, il sistema cartaceo sarebbe già crollato. Tiene
invece, svaluta, ma non crolla. Chi garantisce allora
il valore dei nostri segni cartacei? Crediamo non ci resti che una risposta: la
produzione. Finchè troviamo merci sul mercato, esse garantiscono quei segni monetari che
teniamo in tasca. Se mancano i
prodotti, li possiamo bruciare perchè non valgono nulla. Ma i prodotti sono lavoro cristallizzato
ed in ultima
analisi oggi le varie valute cartacee rappresentano lavoro. La lira, il franco, il marco, il dollaro e il rublo
sono le
varie unità di misura "regionali" del lavoro umano. L'unificazione dei pesi e delle misure in
questo campo non
è ancora stata fatta; permane la confusione che era di regola prima di Napoleone con tutti i
"vantaggi" che ne
seguivano per lo scambio e per i furbi. Insomma abbiamo cambiato il sistema circolatorio a nostra
insaputa e gli
"economisti" insistono nel maneggiarlo come se si trattasse della sterlina della regina Vittoria, del dollaro
di
Lincoln o della lira di Umberto Primo. Caspita, la moneta-lavoro non è un affare da poco,
direbbe un economista; non è la moneta-oro. Quali le sue
esigenze di vita? Quali cautele e quali misure si debbono prendere affinchè il nuovo sistema resti
in efficienza e
non dia luogo a crisi? Neanche si pensa a porli questi problemi. Eppure la moneta-lavoro è un
artifizio economico
del tutto nuovo. Mai al mondo e nella storia, la distribuzione dei prodotti fu risolta in questa
maniera. Se dal seme di un'umile moneta metallica è venuto tutto un mondo mercantile, che
cosa può riservarci questo
nuovo tallone di scambio? Sono problemi da far tremare le vene ai polsi, eppure vi si passa sopra con
l'incoscienza dei sonnambuli. Intanto lo Stato diventa sempre più il detentore dei mezzi di
produzione e procede ulteriormente a captare forza-lavoro nonchè prodotti aziendali; lasciatelo
fare e la sua meta sarà inevitabilmente un monopolio statale come
in Russia o presso le monarchie asiatiche di un tempo. L'inflazione è ormai ovunque di regola
ed esimi economisti
ci assicurano che il mondo non crollerà per questo. Gli americani in ispecie ne fecero e ne fanno
una cura ostinata
perchè rifilano in gran parte le conseguenze agli altri. Andar sulla luna costa caro, ma il peggio
è che questa
democrazia imperialista è sempre in guerra; dalla Corea al Vietnam, al Medio Oriente; quanto
è costato e quanto
costa? Ma non basta, bisogna anche far bella figura nella corsa agli armamenti ed armare gli inermi
nonchè
sovvenzionare governi di colonnelli di varia specie. Chi poteva e si può resistere a queste
emorragie? Neanche la formidabile potenza produttrice degli USA unita alla zona del dollaro ce l'ha
fatta, e Nixon ha
dichiarato il fallimento di una valuta che si riteneva al di sopra di ogni sospetto. L'Europa rovinata
è ormai raggiunta dall'America che scarica oltre Atlantico le montagne di segni monetari
cartacei forniti dal torchio di casa. Tutto il mondo occidentale paga le immense spese negative del
gendarme americano e l'inflazione appesta anche
economie forti come la tedesca e la giapponese. Fan parte del gran "giro" e debbono ballare. Siamo tutti
nella
stessa barca, o ci si salva o si affonda, chi prima e chi dopo. Non tutte le colpe sono del gigante
americano,
beninteso. Di stati che spendono o sciupano senza cervello e magari sovvenzionati dall'America, ve
n'è più di
uno. Quello italiano in modo particolare può fare da portabandiera. Certi Stati non hanno
bisogno di iniezioni
di dollari per cadere nell'inflazione, basta la loro dissennatezza e disonestà amministrativa. Il
grosso però viene
dall'America e la peste inflazionistica contagia il mondo.
Inflazione: sintomo patologico
Noi l'inflazione non la prendiamo sotto gamba; la riteniamo un sintomo patologico che rivela un male
nascosto
in tutta l'area mercantile del pianeta. Dice: "voi consumate più di quanto producete, questa
febbre inflazionistica vi annuncia una prossima grave
malattia se non provvedete". Si dirà che non è vero, che il male è di "crescenza"
od altro, ma l'economia è la
matematica delle scienze sociali: se c'è l'inflazione di moneta-lavoro è matematico che
si consuma più di quanto
si produce. Gli è che non tutta la produzione è fatta per servire gli uomini, ce n'è
sempre una buona parte adibita
a distruggere le ricchezze e gli uomini. In più, vi sono ancora milioni di persone (e le meglio
pagate) che non
producono nulla o malamente e magari negativamente. Se c'è l'inflazione, il sistema
produttivo-distributivo va
risanato e razionalizzato o si finisce male. Nessun tipo di economia permette che si possa vivere al di
sopra delle
proprie possibilità. Quello che non è lecito ai singoli non lo è neppure alle
società umane. La natura è saggia, vuole che i conti quadrino; bisogna consumare
qualche cosa di meno di quanto si produce per
tenere prudentemente in efficienza le scorte. Noi ce le siamo già mangiate o quasi al suono
dell'inno consumista
e presto ci troveremo allo sbaraglio. Se la moneta attuale è lavoro, affinchè valga,
deve avere il relativo corrispondente in prodotti vendibili. E se
l'inflazione è un fatto generico, ciò significa che i prodotti vendibili risultano insufficienti.
Ergo, salgono i
"prezzi" e si propaga l'inflazione con le dovute conseguenze sulle quali sorpassiamo per il momento.
Caro-vita e caro-stato
Ci preme ora vedere come vengano a mancare i prodotti. E' un fatto che la popolazione
è aumentata, ma i nuovi venuti producono; occorrono soltanto scorte per il tempo
dell'allevamento e finora non sono mancate in occidente. La causa deve trovarsi altrove e secondo noi
sta nel
fatto che gran parte del lavoro viene impiegato per ottenere prodotti o servizi non richiesti dai
consumatori. Tutta l'industria di guerra con relativi annessi e connessi potrà essere utile e
comoda per certi imprenditori o
burocrati di stato, ma nel campo della circolazione monetaria figura al passivo. Lo slogan
fascista è sempre di
moda; chiaro quindi che costruendo cannoni viene a mancare il burro. Un'altra grande fonte di eccesso
"circolatorio" è diventato il costo dello Stato. Si confrontino i bilanci di 100 anni fa con gli
odierni e si
comprenderà. Eppure allora lo Stato amministrava, oggi governa in troppi paesi, Italia sempre
in testa. Figuratevi
un'enorme scrofa sdraiata che offre i mille capezzoli agli altolocati della "classe politica" che pensano solo
a
consumare ed a cautelarsi in vita nonchè in morte. Quando passano agli investimenti, lo fanno
con criteri politici:
alla Gioia Tauro, alla Cassa del Mezzogiorno, alla moda dell'IRI. Confidano in superuomini come Cefis
che da
12 anni crea aziende passive sovvenzionate dallo stato. Con questi criteri resta ben
poco da investire positivamente, senza contare che camorra napoletana e mafia
siciliana si sono impossessate del cosiddetto sottogoverno con una organizzazione clientelare da dare
l'urto del
vomito anche agli stomaci più resistenti. Per fortuna l'Italia non è l'Europa, ma il
male è presente ovunque; risiede nello "stato moderno". La speculazione valutaria
internazionale saggiamente amministrata dai politicanti soprattutto nord-americani, è
anch'essa un fenomeno che non giova certamente alla stabilità della moneta-lavoro. Giocando
sui cambi fissi, ha
compiuto in quattro e quattrotto vere e proprie rapine dell'ordine di migliaia di miliardi e chi ne fa le
spese sono
le buste paga dei lavoratori. La moneta-lavoro ha le sue esigenze: chi la sciupa distrugge lavoro, e
chi regolarmente produce deve riempire
gratis i vuoti. Non si provvede già a quelli della speculazione sulle aree fabbricabili? Se il
terreno del valore agricolo di 100
viene venduto a 1.000 (mille), novecento unità valutarie vengono asportate senza contropartita
produttiva;
ebbene, saranno rifatte con lavoro gratis a mezzo dell'inflazione. Il conto è ben lontano dall'essere
finito, cause
dirette ed indirette convergono a "stabilizzare" il fenomeno inflazionistico ed ormai lo si ritiene talmente
inevitabile da indurre i signori economisti a fare la filosofia. Ecco che diventa normale ed innocuo,
benefico, e
che le "oche capitoline" farebbero bene a non strillare onde non disturbare il sonno del giusto per simili
"fatti
di secondo ordine". Ma noi non abbiamo mai visto che 2 più 2 sia uguale a 5, nè
che i conti tornino con passivi costanti. Pensiamo che madre natura sia più saggia di certi
presuntuosi. Essa manda al fallimento chi non sa produrre o
amministrare e non ha mai permesso che si consumi più di quanto si produce. La storia rivela
un cimitero di civiltà
sparse nel mondo. Non furono puniti soltanto i singoli o le famiglie, ma società intere giunte a
livelli di progresso
molto rispettabili. La nostra occidentale ora s'è arrestata e sta degenerando. L'inflazione ci
sembra l'annuncio della tempesta ormai prossima, ma se tutto l'argomento si tace, di pari passo
con l'impudore dei filistei che in prima pagina approvano l'austerity ed in quella appresso
chiedono 350.000 lire
di aumento mensili per i poveri deputati, cui si dovrebbero anche fornire studi privati con relative
dattilografe
onde sbrigare la numerosa clientela che fa anticamera. Non ci sono quattrini e molti crediti approvati
non arrivano mai al versamento, ma in pochi giorni il finanziamento
dei partiti è passato alla Camera con il solo diniego dei liberali. "Politique
d'aborde". Economia prima di tutto, diciamo noi, ma il mondo va dall'altra
parte e se non s'arresta questa rovinosa corrente
che succede? Interroghiamo il fenomeno inflazionistico.
Effetti dell'inflazione
Se è un sintomo ed un avviso premonitore non mancherà di indirizzare la ricerca
sul giusto sentiero. A lungo andare il pubblico finirà per capire e farà a meno di
risparmiare. Fare sacrifici per lasciarsi derubare dallo
stato non lusinga nessuno. Non verrà a mancare soltanto il normale contributo al credito,
è da scontarsi anche
che molti si troveranno a tasche vuote o quasi nei momenti di emergenza e lo stato-banchiere, invece di
disporre
dei risparmi dei privati, sarà nella necessità di soccorrerli. E perchè pagare
assicurazioni sulla vita per raccattare venti anni dopo carta straccia? L'impudenza dello stato
a mezzo dell'INA è arrivata a negare il pagamento in oro come convenuto mentre l'assicurato
aveva versato i
premi annuali in tal guisa. E del monte pensioni che ne sarà? I lavoratori finiranno bene per
accorgersi della turlupinatura fin qui subita:
pagare il valore attuale per ricevere il postumo svalutato. Ma il peggio si vedrà nel campo
vitalissimi del credito. Quale privato o quale ditta, insisterà a farlo per incassare
una somma diminuita nel potere d'acquisto? Bisognerà vendere tutto per contanti, altro che rate,
e ciò comporterà
una forte riduzione nel giro degli affari. Le banche dispongono dei depositi, ma abbiamo visto che il
risparmio
si ridurrà agli estremi. Nè lo stato può mettere a disposizione le enormi somme
richieste per il credito e procedere
ugualmente con l'inflazione, perchè, come banchiere, si troverebbe necessariamente in
perdita. Gli specialisti delle banche e della circolazione troveranno certamente qualche modo per
aggirare parzialmente
l'ostacolo, ma un'economia mercantile capitalista o socialista talmente menomata nel credito ritorna alla
povertà
ed all'usura. Siamo già a tassi "normali" del 15%. Prezzi veri e propri non ce ne sono
più. Vengono "fatti", decretati e concordati ed allora non sono più prezzi, ma
quotazioni artificiali in unità di tempo-lavoro. Il cosiddetto "mercato comune" in pratica
rinnegato dagli stessi estensori del mercato di Roma, francesi in testa,
non è un mercato, ma una Babela burocratica per regolare artificialmente lo scambio
internazionale ove ogni
nazionalismo tenta di ciurlare nel manico i consociati. Questo con una spesa di esercizio favolosa ed a
mezzo di
un organo rassomigliante più al gosplan di Mosca che non al centro di un mercato.
Dirigismo anche a Bruxelles,
senza dubbio. Questi accenni alle prossime conseguenze dell'inflazione cavalcante sembrano
già pesanti, ma non sappiamo quali
altre deleterie sorprese ci possono essere riservate perchè è la prima volta nella storia che
si passa gradatamente
e senza saperlo ad un ribaltamento del sistema circolatorio. Viaggiamo certamente verso il monopolio
di stato dei
mezzi di produzione e della forza-lavoro, ma questo non è una novità. Tutte le
società feudali hanno tale
caratteristica che persiste anche dopo l'avvento del mercato in quelle società in cui il rapporto di
produzione fu
detto "asiatico" da Carlo Marx. In realtà si trattava di una classe artigiana ed economica ormai
mercantile in città
ed in campagna che vendeva i prodotti della sua fatica ed era taglieggiata in cento modi (censo, decime,
angarie
ecc.) dalla classe nobiliare erede dei feudatari di prima, e che cercava di mantenere il più a lungo
possibile
l'antico monopolio sui mezzi di produzione e sui lavoratori esigendo pagamenti in denaro. In Cina,
nelle Indie e in Occidente (XII - XV secolo) mandarini o nobili incassavano moneta sonante, non beni
in natura come i feudatari e neppure moneta-lavoro come attualmente. Sono "piccole" differenze che
possono
avere enormi conseguenze come abbiamo potuto constatare nel corso della storia
economica. Dall'invenzione della moneta metallica, al censo, all'acquisto del lavoratore o della
forza-lavoro, si sgrana una
serie di "semplici" innovazioni economiche che sembrano banali anche perchè vi si arriva
inconsciamente e che
viceversa trasformano il mondo. Ora noi qui siamo coscientemente alle prese di una variazione di tal
genere, ossi
di importanza storica perchè verte sulla natura del tallone di scambio. Non più l'oro, ma
il lavoro. Madre natura
sembra di una saggezza infinita, dice ai suoi figli: "Il lavoro, non il biondo metallo, è la vera
ricchezza". Anche
"filosoficamente" siamo d'accordo. Lo specialista francese, l'ex consigliere economico di De Gaulle,
è il più
quadrato, logico e conseguente nei suoi ragionamenti; suggerisce anche una soluzione che sembra la sola
possibile
per riagganciare la circolazione internazionale all'oro, a qualche cosa di stabile.
Suggerimenti di Giscard
A parte il fatto importantissimo che Giscard D'Estaing non fiata per quanto concerne la circolazione
interna in
ogni nazione e l'abbandona palesemente al corso forzoso imposto dallo stato, è doveroso notare
che quasi tutti
i reggitori delle varie "centrali" d'emissione sono contrari al ritorno della borsa aurea. Essi giudicano per
pratica,
per esperienza vissuta quotidianamente; e di abili esperienze della circolazione monetaria non crediamo
che la
nostra generazione ne faccia difetto. In America specialmente questo campo è ben conosciuto,
purtroppo. Il loro
giudizio pratico vale probabilmente di più delle assennatissime argomentazioni del Sig.
Ruef. Al teorico può sfuggire qualche cosa anche se il suo ragionamento appare ermetico;
l'esperto dell'arte circolatoria
giudica per pratica vissuta ed ai fatti non sfugge la realtà come sovente avviene nella speculazione
teorica più
serrata. I direttori delle centrali d'emissione debbono essersi convinti che la vastità e la
capillarità della circolazione
odierna non è possibile sostenerla riagganciandosi al tallone aureo. Ne risulterebbe un
enorme restringimento negli affari e con ragione vogliono evitarlo. Cincischiano intanto da una
soluzione all'altra sulle vecchie falserighe valutarie masturbando il sistema in vari modi e senza mai
concludere
in qualche cosa di stabilmente serio. In sostanza si vive alla giornata offrendo il fianco ai burocrati della
speculazione e lasciando che l'inflazione faccia la strada. Essa infatti ora avanza a plotoni serrati in tutto
il mondo
e nessuno sa dove ci può condurre. Secondo noi, come nelle società sedicenti
comuniste dove non c'è più nessun fenomeno inflazionistico da
abbattere, lo stato dà quello che può a chi lavora. Prima assicura il funzionamento di tutte
le necessità di stato,
poi quello che resta va al lavoratore. Sappiamo che è ben poco se il tenore di vita di quei popoli
è tra i meno
brillanti del pianeta. Ormai il sistema economico capitalista è talmente distorto e masturbato
che assistiamo già all'avvento di nuove
materializzazioni sovra-strutturali. La "nuova classe" non è più il sogno di qualche
"malato" degli anni trenta.
Ora è universalmente riconosciuta. Parecchi probabilmente non la vedono, in formazione anche
in occidente, ma
col tempo e con la paglia matureranno anche le nespole universitarie.
La nuova classe
L'uomo politico non è più un commesso discreto dei magnati dei mezzi di
produzione. Il "Griso" sta spodestando
don Rodrigo, e consapevolmente o no concorre alla formazione della nuova classe dirigente. Con
una scusa o con un'altra viene distorto anche il regime politico onde renderlo più confacente ai
nuovi criteri
direttivi: nei punti chiave occorrono politici di pura fede; incompetenti o nullafacenti e magari disonesti,
non
importa. Scarpa grossa paga tutto. L'essenziale è che il vassallo sia fidato; deve avere dimostrato
le sue virtù nella
vita di partito e quest'ultimo diventa il fornitore sempre più esclusivo degli addetti ai punti vitali
del sistema. Ma queste scelte ed installazioni di tanta importanza comportano competenze politiche
non comuni ed una tale
dispendio di tempo e lavoro che la remunerazione diventa d'obbligo. L'uomo politico si sente affranto
dopo una
giornata di lavoro. Se le leggi vigenti si rivelano ingrate nei confronti della sua fatica, inventa carrozzoni
di stato. Scandali? Macchè! La concussione e l'ammanco nell'interesse del partito non
è reato: paga il regime. Garantiteci
un altro ventisette del mese se non volete scandali. Il partito costa. Potete forse immaginare il mondo
senza
l'ausilio dei partiti? Poche storie, promulghiamo subito una legge finanziatrice dei partiti ormai trasformati
in
organi di stato come in Russia. Eccoci alla pari con quei colleghi, senza bisogno di compromesso storico.
Il regime
politico ce lo fabbrichiamo noi democraticamente, col pluralismo partitico. Un partito unico non
è strettamente
necessario, anzi, vari colori confondono meglio le idee; l'essenziale è la funzione
e qui sono tutti d'accordo,
fascisti compresi! Giuridicamente limitiamoci pure a considerare che la proprietà privata dei
mezzi di produzione è praticamente
in via di eliminazione. Blocco degli affitti, dei terreni e dei fabbricati significa condannare la rendita alle
vicende
dell'inflazione cavalcante. I terreni danno già l'1% lordo ai proprietari e quando non c'è
reddito o diventa
trascurabile, è segno che la proprietà scompare. Quelli che temevano l'esproprio dei
comunisti possono
ringraziare i difensori democristiani della proprietà privata.
La fine del mercato
Insomma, per quanto si cerchi e si pensi, noi non vediamo la possibilità di tenere in vita il
sistema mercantile con
un tallone monetario instabile, anzi, volutamente in deprezzamento continuo. Si dirà che i fatti
sembrano a
dimostrare il contrario: viviamo da oltre cinquant'anni, chi più e chi meno, in regime d'inflazione;
dunque? Le metamorfosi sociali sono lunghe, in medie due secoli secondo le nostre osservazioni,
e quello che
comprendiamo durante una generazione o due rappresenta soltanto un tratto del fenomeno in
corso. Occorre svelarne il senso ed allora si può intuire dove si va a finire.
Secondo noi l'inflazione costante è il maggior
veicolo che porta alla fine del mercato. Resteranno i segni monetari privi di valore intrinseco, un artifizio
economico di distribuzione annonaria che l'impero romano e faraonico, non conoscevano, ma di prezzi,
di merci
e di libertà di scelta sarà sempre meno il caso di parlarne. Non è dunque
l'oriente che cede ai colpi del capitalismo, ma quest'ultimo che scivola nell'economia di stato e
conseguentemente nel collettivismo burocratico, come avevamo intravisto negli anni trenta. Un inversione
del
sistema economico vigente nei paesi sedicenti comunisti verso il capitalismo è manifestamente
impossibile, mentre
la trasformazione del sistema economico capitalista verso il sistema in atto da decenni in Russia non
è soltanto
possibile, ma in via di attuazione: tutto l'occidente concentra progressivamente mezzi di produzione,
forza-lavoro
ed utili aziendali nello stato tendendo a quel monopolio che è già un fatto da tempo nei
paesi sovietici. Con la caduta del dollaro tutte le valute occidentali si sono allineate alla
moneta-lavoro che lubrifica la
distribuzione nei paesi cosiddetti socialisti ed il mercato scompare lasciando come residuo il "mercato
nero".
Anche in occidente vige una distribuzione sempre più annonaria dei prodotti a mezzo dello stesso
artifizio
economico in uso nelle autarchie orientali: un tallone di scambio privo di valore intrinseco, una
unità di tempo-lavoro garantirà dalla produzione non corrosiva. Senza questo nuovo
tipo di moneta, ci troveremmo in piena economia feudale e dovremmo subirne tutte le
conseguenze. Non sfuggiamo però a quella che comporta il nuovo sistema economico e
l'inflazione è già un
sintomo di crisi non del vecchio capitalismo, ma del collettivismo burocratico. Il nuovo sistema
economico
ammonisce che si consuma più di quanto si produce positivamente e che ciò non
è permesso a nessun tipo di
economia. Bisogna mettersi al passo e qui si apre il problema del come.
Bruno Rizzi
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