Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 33
novembre 1974


Rivista Anarchica Online

Il suicidio del capitalismo
di Bruno Rizzi

Inflazione come stabilizzazione dell'economia.
Bruno Rizzi, l'autore di questo articolo, è già noto ad una parte dei nostri lettori. Di lui abbiamo pubblicato un articolo sulla crisi del dollaro ("Scacco al re" A 7, ottobre 1971). Il Rizzi, che qui ripresentiamo per coloro che hanno cominciato a leggere la nostra rivista in tempi recenti, è uno studioso "marxista", non anarchico ne libertario se non in senso lato.
Marxista tra virgolette, perchè estremamente eterodosso rospetto a tutte le scuole economiche marxiste (e rispetto allo stesso Marx). I suoi scritti, da "La burocratisation du monde" del '39 (ripubblicato nel 1967 come "Il collettivismo burocratico") ai più recenti volumi, "Socialismo infantile", ecc. ecc., lavorano tutti attorno ad una ipotesi centrale, quella che il sedicente "socialismo di stato" (e più in generale il modello di economia statalizzata verso la quale sembra avviarsi tutto il mondo industriale avanzato) sia una sorta di feudalesimo industriale. A questa ipotesi egli ha portato, con un solitario lavoro trentennale il supporto di una massa considerevole di dati sociologici, economici e storici riuniti non casualmente ma secondo un metodo unificato che vede nel rapporto di produzione l'essenza di ogni sistema sociale. Anche il presente articolo sull'inflazione si muove in questo ambito interpretativo, proponendo una "lettura" certamente originale e stimolante (anche se forse un po' forzata unilateralmente) il cui maggiore pregio è di costringere il lettore (e prima di lui il redattore) ad un salutare sforzo per uscire dai clichés interpretativi correnti.

Secondo noi l'inflazione è l'agente massimo, il motore retromarcia che convoglia le acque economiche nel grande stagno dello Stato. Elimina progressivamente la proprietà privata e nazionalizza produzione nonchè distribuzione senza che i socialisti infantili abbiano bisogno di correre sulle barricate o di salire comunque al potere. Poco per volta ci pensa l'inflazione a fare il "socialismo di Stato", vuoi con le insegne di falce-martello, della svastica, del fascio littorio e di un governo di colonnelli o di un democratico centro-sinistra di costituzione politica composita. Tutto fa brodo, purchè spogliando tutti questi regimi compaia ben nudo il corpo del monaco. Mussolini voleva tutto nello Stato, dallo Stato e per lo Stato. Hitler parlava diversamente, ma intendeva creare un impero retto dal popolo eletto, (quello biondo dagli occhi azzurri) quale casta dominante su di un'altra casta di servi costituita dai popoli europei circonvicini. Il primo banchiere che gli offrì una cifra insufficiente per il riarmo lo spedì in America quale trattamento di favore. A stabilire la quantità di biglietti di emissione d'allora in poi ci pensò lui. Anche il suo consigliere economico Scharcht poteva andare bene per birbonate nei giochi di Borsa, non per trattenerlo dal rovinare la valuta con emissioni a piacere. E tutti questi regimi militari che si moltiplicano per imporre ordine e disciplina a chi deve sudare nella fatica quotidiana, forse che rispettano i sacri canoni dell'economia liberale?
Il torchio l'hanno nelle mani e non chiedono a nessuno il permesso di stampare moneta, ne l'hanno mai chiesto i signori di Washington che hanno la possibilità di smistare altrove la loro inflazione.
Soltanto il nostro centro-sinistra aveva la buona volontà di voler difendere la lira e ad ogni nuovo governo c'era la promessa di difendere la valuta. Difatti oggi la lira se la possono raccattare col cucchiaio. L'inflazione in occidente si mise decisamente in marcia con la guerra del 1914-1918. Chi ce la faceva a sostenere spese del genere? Il torchio, soltanto lui ne fu capace ed infatti si torchiò a volontà, ma l'Europa non si è più risollevata. Per farla corta, a partire dalla rima guerra mondiale tutte le valute si sono enormemente svalutate e naturalmente in proporziona alla massa di segni cartacei emessi dalle cosiddette "centrali"; ma credete che un fenomeno del genere, di tale ampiezza, profondità e delicatezza, possa prodursi senza conseguenze? Non seguiremo le vicende valutarie della seconda Guerra mondiale, i suoi antefatti ed i suoi postumi. Riteniamo nessuno possa negare che l'inflazione abbia continuato ad espandersi ovunque e pochi anni fa siamo arrivati all'abbattimento dell'ultimo segno valutario effettivo. Il dollaro, disse Nixon, non è più pagabile a vista nel peso d'oro che finora aveva rappresentato. S'era alienato alle povere valute europee ed al rublo.
Carta; sì, tutta carta; segni monetari senza valore intrinseco. Se accettati od imposti, servono da tallone dei scambio, sono moneta, ma non denaro. Ed allora come possono rappresentare un valore? Si tratta di un problema che non ho visto discutere neanche da quei supereconomisti d'oltre Atlantico che ci assicurano da decenni di aver trovato il modo di imbrigliare le leggi economiche. Alle crisi cicliche poi ci hanno pensato proprio loro, ma snaturando il sistema capitalista a loro insaputa e difatti di crisi di superproduzione non se ne è più viste. Non per l'abilità dei Berle o dei Galbraith, beninteso, ma perchè il nuovo sistema economico che si impone sempre più pare non contempli crisi di superproduzione. Ha provveduto però a farci conoscere le recessioni di sottoproduzione già endemiche nei paesi "sovietici" Proprio l'inflazione dilagante le sta rendendo continue anche in occidente. Oggi qui, domani là, in un modo o nell'altro si formano ovunque "le code". Qualche volta abbozzano perfino la triste fisionomia di quelle dei paesi sedicenti socialisti, ma finora si è riusciti a dissimularle abbastanza bene. Presentemente siamo alla crisi del petrolio; qui, non perchè manchi, s'è intoppato il sistema distributivo che non è più mercantile ed obbedisce alla politica. Questo dà già un'idea di che cosa è capace la nuova economia dirigista. Inflazione aiutando, passeremo ad altri tipi di merci e ci abitueremo a questo genere di economia che se ne frega all'americana delle leggi economiche.

La moneta-lavoro

Il problema del garante delle attuali valute, ora non ci sembra più tanto difficile da risolvere. Che la lira, come il rublo e tutte le valute, non siano più denaro, è un fatto perchè non hanno valore intrinseco o immediatamente realizzabile in un certo peso di metallo pregiato, ma se servono ugualmente alla compravendita delle merci devono pur avere un garante.
Diversamente, il sistema cartaceo sarebbe già crollato. Tiene invece, svaluta, ma non crolla. Chi garantisce allora il valore dei nostri segni cartacei? Crediamo non ci resti che una risposta: la produzione.
Finchè troviamo merci sul mercato, esse garantiscono quei segni monetari che teniamo in tasca. Se mancano i prodotti, li possiamo bruciare perchè non valgono nulla. Ma i prodotti sono lavoro cristallizzato ed in ultima analisi oggi le varie valute cartacee rappresentano lavoro. La lira, il franco, il marco, il dollaro e il rublo sono le varie unità di misura "regionali" del lavoro umano. L'unificazione dei pesi e delle misure in questo campo non è ancora stata fatta; permane la confusione che era di regola prima di Napoleone con tutti i "vantaggi" che ne seguivano per lo scambio e per i furbi. Insomma abbiamo cambiato il sistema circolatorio a nostra insaputa e gli "economisti" insistono nel maneggiarlo come se si trattasse della sterlina della regina Vittoria, del dollaro di Lincoln o della lira di Umberto Primo.
Caspita, la moneta-lavoro non è un affare da poco, direbbe un economista; non è la moneta-oro. Quali le sue esigenze di vita? Quali cautele e quali misure si debbono prendere affinchè il nuovo sistema resti in efficienza e non dia luogo a crisi? Neanche si pensa a porli questi problemi. Eppure la moneta-lavoro è un artifizio economico del tutto nuovo. Mai al mondo e nella storia, la distribuzione dei prodotti fu risolta in questa maniera.
Se dal seme di un'umile moneta metallica è venuto tutto un mondo mercantile, che cosa può riservarci questo nuovo tallone di scambio? Sono problemi da far tremare le vene ai polsi, eppure vi si passa sopra con l'incoscienza dei sonnambuli.
Intanto lo Stato diventa sempre più il detentore dei mezzi di produzione e procede ulteriormente a captare forza-lavoro nonchè prodotti aziendali; lasciatelo fare e la sua meta sarà inevitabilmente un monopolio statale come in Russia o presso le monarchie asiatiche di un tempo. L'inflazione è ormai ovunque di regola ed esimi economisti ci assicurano che il mondo non crollerà per questo. Gli americani in ispecie ne fecero e ne fanno una cura ostinata perchè rifilano in gran parte le conseguenze agli altri. Andar sulla luna costa caro, ma il peggio è che questa democrazia imperialista è sempre in guerra; dalla Corea al Vietnam, al Medio Oriente; quanto è costato e quanto costa? Ma non basta, bisogna anche far bella figura nella corsa agli armamenti ed armare gli inermi nonchè sovvenzionare governi di colonnelli di varia specie.
Chi poteva e si può resistere a queste emorragie?
Neanche la formidabile potenza produttrice degli USA unita alla zona del dollaro ce l'ha fatta, e Nixon ha dichiarato il fallimento di una valuta che si riteneva al di sopra di ogni sospetto.
L'Europa rovinata è ormai raggiunta dall'America che scarica oltre Atlantico le montagne di segni monetari cartacei forniti dal torchio di casa.
Tutto il mondo occidentale paga le immense spese negative del gendarme americano e l'inflazione appesta anche economie forti come la tedesca e la giapponese. Fan parte del gran "giro" e debbono ballare. Siamo tutti nella stessa barca, o ci si salva o si affonda, chi prima e chi dopo. Non tutte le colpe sono del gigante americano, beninteso. Di stati che spendono o sciupano senza cervello e magari sovvenzionati dall'America, ve n'è più di uno. Quello italiano in modo particolare può fare da portabandiera. Certi Stati non hanno bisogno di iniezioni di dollari per cadere nell'inflazione, basta la loro dissennatezza e disonestà amministrativa. Il grosso però viene dall'America e la peste inflazionistica contagia il mondo.

Inflazione: sintomo patologico

Noi l'inflazione non la prendiamo sotto gamba; la riteniamo un sintomo patologico che rivela un male nascosto in tutta l'area mercantile del pianeta.
Dice: "voi consumate più di quanto producete, questa febbre inflazionistica vi annuncia una prossima grave malattia se non provvedete". Si dirà che non è vero, che il male è di "crescenza" od altro, ma l'economia è la matematica delle scienze sociali: se c'è l'inflazione di moneta-lavoro è matematico che si consuma più di quanto si produce. Gli è che non tutta la produzione è fatta per servire gli uomini, ce n'è sempre una buona parte adibita a distruggere le ricchezze e gli uomini. In più, vi sono ancora milioni di persone (e le meglio pagate) che non producono nulla o malamente e magari negativamente. Se c'è l'inflazione, il sistema produttivo-distributivo va risanato e razionalizzato o si finisce male. Nessun tipo di economia permette che si possa vivere al di sopra delle proprie possibilità. Quello che non è lecito ai singoli non lo è neppure alle società umane.
La natura è saggia, vuole che i conti quadrino; bisogna consumare qualche cosa di meno di quanto si produce per tenere prudentemente in efficienza le scorte. Noi ce le siamo già mangiate o quasi al suono dell'inno consumista e presto ci troveremo allo sbaraglio.
Se la moneta attuale è lavoro, affinchè valga, deve avere il relativo corrispondente in prodotti vendibili. E se l'inflazione è un fatto generico, ciò significa che i prodotti vendibili risultano insufficienti. Ergo, salgono i "prezzi" e si propaga l'inflazione con le dovute conseguenze sulle quali sorpassiamo per il momento.

Caro-vita e caro-stato

Ci preme ora vedere come vengano a mancare i prodotti.
E' un fatto che la popolazione è aumentata, ma i nuovi venuti producono; occorrono soltanto scorte per il tempo dell'allevamento e finora non sono mancate in occidente. La causa deve trovarsi altrove e secondo noi sta nel fatto che gran parte del lavoro viene impiegato per ottenere prodotti o servizi non richiesti dai consumatori.
Tutta l'industria di guerra con relativi annessi e connessi potrà essere utile e comoda per certi imprenditori o burocrati di stato, ma nel campo della circolazione monetaria figura al passivo. Lo slogan fascista è sempre di moda; chiaro quindi che costruendo cannoni viene a mancare il burro. Un'altra grande fonte di eccesso "circolatorio" è diventato il costo dello Stato. Si confrontino i bilanci di 100 anni fa con gli odierni e si comprenderà. Eppure allora lo Stato amministrava, oggi governa in troppi paesi, Italia sempre in testa. Figuratevi un'enorme scrofa sdraiata che offre i mille capezzoli agli altolocati della "classe politica" che pensano solo a consumare ed a cautelarsi in vita nonchè in morte. Quando passano agli investimenti, lo fanno con criteri politici: alla Gioia Tauro, alla Cassa del Mezzogiorno, alla moda dell'IRI. Confidano in superuomini come Cefis che da 12 anni crea aziende passive sovvenzionate dallo stato.
Con questi criteri resta ben poco da investire positivamente, senza contare che camorra napoletana e mafia siciliana si sono impossessate del cosiddetto sottogoverno con una organizzazione clientelare da dare l'urto del vomito anche agli stomaci più resistenti.
Per fortuna l'Italia non è l'Europa, ma il male è presente ovunque; risiede nello "stato moderno".
La speculazione valutaria internazionale saggiamente amministrata dai politicanti soprattutto nord-americani, è anch'essa un fenomeno che non giova certamente alla stabilità della moneta-lavoro. Giocando sui cambi fissi, ha compiuto in quattro e quattrotto vere e proprie rapine dell'ordine di migliaia di miliardi e chi ne fa le spese sono le buste paga dei lavoratori.
La moneta-lavoro ha le sue esigenze: chi la sciupa distrugge lavoro, e chi regolarmente produce deve riempire gratis i vuoti.
Non si provvede già a quelli della speculazione sulle aree fabbricabili? Se il terreno del valore agricolo di 100 viene venduto a 1.000 (mille), novecento unità valutarie vengono asportate senza contropartita produttiva; ebbene, saranno rifatte con lavoro gratis a mezzo dell'inflazione. Il conto è ben lontano dall'essere finito, cause dirette ed indirette convergono a "stabilizzare" il fenomeno inflazionistico ed ormai lo si ritiene talmente inevitabile da indurre i signori economisti a fare la filosofia. Ecco che diventa normale ed innocuo, benefico, e che le "oche capitoline" farebbero bene a non strillare onde non disturbare il sonno del giusto per simili "fatti di secondo ordine".
Ma noi non abbiamo mai visto che 2 più 2 sia uguale a 5, nè che i conti tornino con passivi costanti.
Pensiamo che madre natura sia più saggia di certi presuntuosi. Essa manda al fallimento chi non sa produrre o amministrare e non ha mai permesso che si consumi più di quanto si produce. La storia rivela un cimitero di civiltà sparse nel mondo. Non furono puniti soltanto i singoli o le famiglie, ma società intere giunte a livelli di progresso molto rispettabili. La nostra occidentale ora s'è arrestata e sta degenerando.
L'inflazione ci sembra l'annuncio della tempesta ormai prossima, ma se tutto l'argomento si tace, di pari passo con l'impudore dei filistei che in prima pagina approvano l'austerity ed in quella appresso chiedono 350.000 lire di aumento mensili per i poveri deputati, cui si dovrebbero anche fornire studi privati con relative dattilografe onde sbrigare la numerosa clientela che fa anticamera.
Non ci sono quattrini e molti crediti approvati non arrivano mai al versamento, ma in pochi giorni il finanziamento dei partiti è passato alla Camera con il solo diniego dei liberali. "Politique d'aborde".
Economia prima di tutto, diciamo noi, ma il mondo va dall'altra parte e se non s'arresta questa rovinosa corrente che succede?
Interroghiamo il fenomeno inflazionistico.

Effetti dell'inflazione

Se è un sintomo ed un avviso premonitore non mancherà di indirizzare la ricerca sul giusto sentiero.
A lungo andare il pubblico finirà per capire e farà a meno di risparmiare. Fare sacrifici per lasciarsi derubare dallo stato non lusinga nessuno. Non verrà a mancare soltanto il normale contributo al credito, è da scontarsi anche che molti si troveranno a tasche vuote o quasi nei momenti di emergenza e lo stato-banchiere, invece di disporre dei risparmi dei privati, sarà nella necessità di soccorrerli.
E perchè pagare assicurazioni sulla vita per raccattare venti anni dopo carta straccia? L'impudenza dello stato a mezzo dell'INA è arrivata a negare il pagamento in oro come convenuto mentre l'assicurato aveva versato i premi annuali in tal guisa.
E del monte pensioni che ne sarà? I lavoratori finiranno bene per accorgersi della turlupinatura fin qui subita: pagare il valore attuale per ricevere il postumo svalutato.
Ma il peggio si vedrà nel campo vitalissimi del credito. Quale privato o quale ditta, insisterà a farlo per incassare una somma diminuita nel potere d'acquisto? Bisognerà vendere tutto per contanti, altro che rate, e ciò comporterà una forte riduzione nel giro degli affari. Le banche dispongono dei depositi, ma abbiamo visto che il risparmio si ridurrà agli estremi. Nè lo stato può mettere a disposizione le enormi somme richieste per il credito e procedere ugualmente con l'inflazione, perchè, come banchiere, si troverebbe necessariamente in perdita.
Gli specialisti delle banche e della circolazione troveranno certamente qualche modo per aggirare parzialmente l'ostacolo, ma un'economia mercantile capitalista o socialista talmente menomata nel credito ritorna alla povertà ed all'usura. Siamo già a tassi "normali" del 15%.
Prezzi veri e propri non ce ne sono più. Vengono "fatti", decretati e concordati ed allora non sono più prezzi, ma quotazioni artificiali in unità di tempo-lavoro.
Il cosiddetto "mercato comune" in pratica rinnegato dagli stessi estensori del mercato di Roma, francesi in testa, non è un mercato, ma una Babela burocratica per regolare artificialmente lo scambio internazionale ove ogni nazionalismo tenta di ciurlare nel manico i consociati. Questo con una spesa di esercizio favolosa ed a mezzo di un organo rassomigliante più al gosplan di Mosca che non al centro di un mercato. Dirigismo anche a Bruxelles, senza dubbio.
Questi accenni alle prossime conseguenze dell'inflazione cavalcante sembrano già pesanti, ma non sappiamo quali altre deleterie sorprese ci possono essere riservate perchè è la prima volta nella storia che si passa gradatamente e senza saperlo ad un ribaltamento del sistema circolatorio. Viaggiamo certamente verso il monopolio di stato dei mezzi di produzione e della forza-lavoro, ma questo non è una novità. Tutte le società feudali hanno tale caratteristica che persiste anche dopo l'avvento del mercato in quelle società in cui il rapporto di produzione fu detto "asiatico" da Carlo Marx. In realtà si trattava di una classe artigiana ed economica ormai mercantile in città ed in campagna che vendeva i prodotti della sua fatica ed era taglieggiata in cento modi (censo, decime, angarie ecc.) dalla classe nobiliare erede dei feudatari di prima, e che cercava di mantenere il più a lungo possibile l'antico monopolio sui mezzi di produzione e sui lavoratori esigendo pagamenti in denaro.
In Cina, nelle Indie e in Occidente (XII - XV secolo) mandarini o nobili incassavano moneta sonante, non beni in natura come i feudatari e neppure moneta-lavoro come attualmente. Sono "piccole" differenze che possono avere enormi conseguenze come abbiamo potuto constatare nel corso della storia economica.
Dall'invenzione della moneta metallica, al censo, all'acquisto del lavoratore o della forza-lavoro, si sgrana una serie di "semplici" innovazioni economiche che sembrano banali anche perchè vi si arriva inconsciamente e che viceversa trasformano il mondo. Ora noi qui siamo coscientemente alle prese di una variazione di tal genere, ossi di importanza storica perchè verte sulla natura del tallone di scambio. Non più l'oro, ma il lavoro. Madre natura sembra di una saggezza infinita, dice ai suoi figli: "Il lavoro, non il biondo metallo, è la vera ricchezza". Anche "filosoficamente" siamo d'accordo. Lo specialista francese, l'ex consigliere economico di De Gaulle, è il più quadrato, logico e conseguente nei suoi ragionamenti; suggerisce anche una soluzione che sembra la sola possibile per riagganciare la circolazione internazionale all'oro, a qualche cosa di stabile.

Suggerimenti di Giscard

A parte il fatto importantissimo che Giscard D'Estaing non fiata per quanto concerne la circolazione interna in ogni nazione e l'abbandona palesemente al corso forzoso imposto dallo stato, è doveroso notare che quasi tutti i reggitori delle varie "centrali" d'emissione sono contrari al ritorno della borsa aurea. Essi giudicano per pratica, per esperienza vissuta quotidianamente; e di abili esperienze della circolazione monetaria non crediamo che la nostra generazione ne faccia difetto. In America specialmente questo campo è ben conosciuto, purtroppo. Il loro giudizio pratico vale probabilmente di più delle assennatissime argomentazioni del Sig. Ruef.
Al teorico può sfuggire qualche cosa anche se il suo ragionamento appare ermetico; l'esperto dell'arte circolatoria giudica per pratica vissuta ed ai fatti non sfugge la realtà come sovente avviene nella speculazione teorica più serrata.
I direttori delle centrali d'emissione debbono essersi convinti che la vastità e la capillarità della circolazione odierna non è possibile sostenerla riagganciandosi al tallone aureo.
Ne risulterebbe un enorme restringimento negli affari e con ragione vogliono evitarlo. Cincischiano intanto da una soluzione all'altra sulle vecchie falserighe valutarie masturbando il sistema in vari modi e senza mai concludere in qualche cosa di stabilmente serio. In sostanza si vive alla giornata offrendo il fianco ai burocrati della speculazione e lasciando che l'inflazione faccia la strada. Essa infatti ora avanza a plotoni serrati in tutto il mondo e nessuno sa dove ci può condurre.
Secondo noi, come nelle società sedicenti comuniste dove non c'è più nessun fenomeno inflazionistico da abbattere, lo stato dà quello che può a chi lavora. Prima assicura il funzionamento di tutte le necessità di stato, poi quello che resta va al lavoratore. Sappiamo che è ben poco se il tenore di vita di quei popoli è tra i meno brillanti del pianeta.
Ormai il sistema economico capitalista è talmente distorto e masturbato che assistiamo già all'avvento di nuove materializzazioni sovra-strutturali. La "nuova classe" non è più il sogno di qualche "malato" degli anni trenta. Ora è universalmente riconosciuta. Parecchi probabilmente non la vedono, in formazione anche in occidente, ma col tempo e con la paglia matureranno anche le nespole universitarie.

La nuova classe

L'uomo politico non è più un commesso discreto dei magnati dei mezzi di produzione. Il "Griso" sta spodestando don Rodrigo, e consapevolmente o no concorre alla formazione della nuova classe dirigente.
Con una scusa o con un'altra viene distorto anche il regime politico onde renderlo più confacente ai nuovi criteri direttivi: nei punti chiave occorrono politici di pura fede; incompetenti o nullafacenti e magari disonesti, non importa. Scarpa grossa paga tutto. L'essenziale è che il vassallo sia fidato; deve avere dimostrato le sue virtù nella vita di partito e quest'ultimo diventa il fornitore sempre più esclusivo degli addetti ai punti vitali del sistema.
Ma queste scelte ed installazioni di tanta importanza comportano competenze politiche non comuni ed una tale dispendio di tempo e lavoro che la remunerazione diventa d'obbligo. L'uomo politico si sente affranto dopo una giornata di lavoro. Se le leggi vigenti si rivelano ingrate nei confronti della sua fatica, inventa carrozzoni di stato.
Scandali? Macchè! La concussione e l'ammanco nell'interesse del partito non è reato: paga il regime. Garantiteci un altro ventisette del mese se non volete scandali. Il partito costa. Potete forse immaginare il mondo senza l'ausilio dei partiti? Poche storie, promulghiamo subito una legge finanziatrice dei partiti ormai trasformati in organi di stato come in Russia. Eccoci alla pari con quei colleghi, senza bisogno di compromesso storico. Il regime politico ce lo fabbrichiamo noi democraticamente, col pluralismo partitico. Un partito unico non è strettamente necessario, anzi, vari colori confondono meglio le idee; l'essenziale è la funzione e qui sono tutti d'accordo, fascisti compresi!
Giuridicamente limitiamoci pure a considerare che la proprietà privata dei mezzi di produzione è praticamente in via di eliminazione. Blocco degli affitti, dei terreni e dei fabbricati significa condannare la rendita alle vicende dell'inflazione cavalcante. I terreni danno già l'1% lordo ai proprietari e quando non c'è reddito o diventa trascurabile, è segno che la proprietà scompare. Quelli che temevano l'esproprio dei comunisti possono ringraziare i difensori democristiani della proprietà privata.

La fine del mercato

Insomma, per quanto si cerchi e si pensi, noi non vediamo la possibilità di tenere in vita il sistema mercantile con un tallone monetario instabile, anzi, volutamente in deprezzamento continuo. Si dirà che i fatti sembrano a dimostrare il contrario: viviamo da oltre cinquant'anni, chi più e chi meno, in regime d'inflazione; dunque?
Le metamorfosi sociali sono lunghe, in medie due secoli secondo le nostre osservazioni, e quello che comprendiamo durante una generazione o due rappresenta soltanto un tratto del fenomeno in corso.
Occorre svelarne il senso ed allora si può intuire dove si va a finire. Secondo noi l'inflazione costante è il maggior veicolo che porta alla fine del mercato. Resteranno i segni monetari privi di valore intrinseco, un artifizio economico di distribuzione annonaria che l'impero romano e faraonico, non conoscevano, ma di prezzi, di merci e di libertà di scelta sarà sempre meno il caso di parlarne.
Non è dunque l'oriente che cede ai colpi del capitalismo, ma quest'ultimo che scivola nell'economia di stato e conseguentemente nel collettivismo burocratico, come avevamo intravisto negli anni trenta. Un inversione del sistema economico vigente nei paesi sedicenti comunisti verso il capitalismo è manifestamente impossibile, mentre la trasformazione del sistema economico capitalista verso il sistema in atto da decenni in Russia non è soltanto possibile, ma in via di attuazione: tutto l'occidente concentra progressivamente mezzi di produzione, forza-lavoro ed utili aziendali nello stato tendendo a quel monopolio che è già un fatto da tempo nei paesi sovietici.
Con la caduta del dollaro tutte le valute occidentali si sono allineate alla moneta-lavoro che lubrifica la distribuzione nei paesi cosiddetti socialisti ed il mercato scompare lasciando come residuo il "mercato nero". Anche in occidente vige una distribuzione sempre più annonaria dei prodotti a mezzo dello stesso artifizio economico in uso nelle autarchie orientali: un tallone di scambio privo di valore intrinseco, una unità di tempo-lavoro garantirà dalla produzione non corrosiva.
Senza questo nuovo tipo di moneta, ci troveremmo in piena economia feudale e dovremmo subirne tutte le conseguenze. Non sfuggiamo però a quella che comporta il nuovo sistema economico e l'inflazione è già un sintomo di crisi non del vecchio capitalismo, ma del collettivismo burocratico. Il nuovo sistema economico ammonisce che si consuma più di quanto si produce positivamente e che ciò non è permesso a nessun tipo di economia. Bisogna mettersi al passo e qui si apre il problema del come.

Bruno Rizzi