Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 27
marzo 1974


Rivista Anarchica Online

L'alibi dell'ecologia
di A. Di Solata

Sullo scorso numero della rivista, Gino Agnese ha presentato una sua "lettura" del noto studio del Massachussetts Institute of Technology "I limiti dello sviluppo". Presentando l'articolo esprimevo le mie riserve sulla possibilità di una lettura anarchica dello studio commissionato al M.I.T. dal Club di Roma e finanziato dalla Fondazione Agnelli, Ford e Volkswagen. Ritenevo cioè, e ritengo, che non basti suggerire una soluzione libertaria ed egualitaria (cioè rivoluzionaria) al problema posto dallo studio, una soluzione alternativa alle soluzioni capitalistiche-tecnocratiche suggerita dalla suddetta équipe di accademici.
Ritenevo e ritengo (in questo caso, come più in generale) che ci si debba porre in modo diverso di fronte al problema già dalla sua impostazione. Il fatto è che sin dalla impostazione (cioè dalla metodologia) tale studio riflette un taglio capitalistico-tecnocratico che invalida sia "scientificamente" sia a maggior ragione da una prospettiva rivoluzionaria gli stessi risultati della ricerca, cioè i "dati" elaborati dal calcolatore del M.I.T., prima ancora che le soluzioni suggerite. Mi sembra necessario, di fronte ad uno studio che vede un problema socio-economico come un problema "tecnico", non solo lottare contro le soluzioni meschine e pericolose che ad esso, con o senza suggerimenti del M.I.T., daranno le classi dominanti, ma contro il tipo di analisi da cui scaturiscono.
In sintesi, i ricercatori del M.I.T. ripropongono le note tesi di Malthus. Il Malthus, nel suo famoso studio ("Saggio sul principio di popolazione", 1798) sosteneva che i mezzi di sussistenza aumentano con progressione aritmetica, mentre la popolazione aumenta con progressione geometrica (cioè assai più rapidamente), per cui la scarsità di alimenti non può che aumentare a ritmo vertiginoso, come aumenta progressivamente la distanza tra due automobili lanciate l'una a velocità costante e l'altra a velocità crescente. La miseria nascerebbe dunque non da ingiusti sistemi socio-economici di sfruttamento ma da una "ingiustizia naturale". Possono, per il Malthus, arrestare la crescente rovinosa sproporzione tra uomini e cibo alcuni fattori che limitano l'incremento demografico, come guerre, carestie, malattie, ecc. Nella seconda edizione (1803) del suo libro, il Malthus inserisce tra i limiti anche un volontario controllo delle nascite.
I neo-malthusiani ricercatori del M.I.T. non fanno che aggiungere alle due variabili di Malthus il capitale industriale, l'esaurimento delle risorse e l'inquinamento ed introdurre il tutto in un calcolatore opportunamente programmato. L'aggiunta al modello dei tre nuovi elementi e l'impiego di sofisticati strumenti matematici (ad esempio i "sistemi di retroazione non lineari, ad anello") non modifica sostanzialmente il discorso maltusiano. Le progressioni aritmetiche e geometriche di Malthus diventano le "curve" lineari ed esponenziali dei neo-maltusiani; la catastrofe è sempre prevista come naturale sviluppo di queste "curve", ceteribus paribus (cioè supponendo costanti tutti gli altri elementi e condizioni non considerati tra le cinque variabili); viene invocato lo stesso meccanismo per sventare la tragedia: la "continenza" (non più solo nei rapporti uomo-donna ma anche nei rapporti Uomo-Natura...).
Il principale errore metodologico dei neo-malthusiani è quello di considerare il mondo, con paesi ricchi e paesi poveri, con oppressi ed oppressori, come se fosse un sistema termodinamico mentre è soprattutto un sistema sociale. Questa applicazione meccanica, acritica, alle questioni sociali di un approccio tipico delle scienze naturali, li porta ad ignorare il fatto che i "sistemi" umani possono sottostare a rotture discontinue rispetto al loro passato ed al loro presente, che possono mutare così ampiamente la loro natura che un andamento valido per un certo tratto storico non è necessariamente valido per il tratto successivo. Del resto la storia di quasi due secoli trascorsi dalle predizioni di Malthus sta a dimostrare sia che le società umane possono ridurre a valori bassi o nulli o addirittura negativi i saggi di incremento demografico sia che, per converso, la produzione di mezzi di sussistenza può aumentare in modo più che aritmetico, che cioè il rapporto tra le due variabili malthusiane può anche invertirsi.
Un altro "errore" metodologico dei malthusiani è quello di "dimenticare" nel loro modello tutte le costanti e variabili "politiche". Il che chiaramente, più che un errore è una scelta politica precisa: quella di considerare i sistemi socio-economici dominanti come l'unica realtà possibile. Entrambi gli errori si riflettono in varia misura sulla analisi e sui risultati.
Un esempio illuminante della "deformazione" capitalistico-tecnocratica dei ricercatori del M.I.T. è il modo acritico con cui vengono considerati ed utilizzati i dati sullo sviluppo economico presi dalla Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo. I più bassi tassi di crescita economica (in termini di Prodotto Nazionale Lordo) sono quelli della Nigeria (-0,3) e della Cina (0,3). Ebbene, i neo-malthusiani non sembrano rendersi conto, a questo proposito, dell'inapplicabilità del parametro P.N.L. ad economie come quella cinese, basata in larga misura su comuni rurali autosufficienti. La produzione di alimenti per autoconsumo può anche aumentare in modo enorme (ed in effetti questo pare essere il caso della Cina negli ultimi vent'anni) senza che il P.N.L. aumenti per questo, di un solo punto!
Parlando di alimenti aggiungiamo che se il gruppo del M.I.T. parte dal presupposto che attualmente la superficie coltivata sia già la metà di quella coltivabile, altri esperti attendibili, come il brasiliano Giosué De Castro (presidente del consiglio esecutivo della F.A.O. dal 1952 al '56, autore de "La geografia della fame"), parlano di quattro-quinti di terre ancora disponibili e della possibilità di raddoppiare le produzioni medie unitarie senza grossi miracoli. Ma il discorso di fondo è un altro, ed è che se un terzo della popolazione mondiale già oggi è sottonutrita la colpa non è della scarsità di risorse ma della loro ineguale distribuzione.
Allo stesso modo l'intero "squilibrio ecologico" andrebbe compreso e spiegato in termini non esclusivamente fisici, ma prevalentemente socio-economici. Quando un sistema, nazionale dapprima internazionale poi, è basato sul principio che il capitale, la natura (sotto forma di materie prime) ed il lavoro si debbano muovere verso punti di accumulazione ineguale ("poli di sviluppo"), questi punti diventano i centri del sistema, il resto periferia; le logiche conseguenze sono l'esaurimento delle risorse e l'inquinamento, il cui peso ricade prevalentemente sulle "periferie" cioè sulle classi e sulle nazioni subalterne. Il depredamento e l'insozzamento delle "periferie" geografiche e sociali sono il risultato di una divisione verticale del lavoro geografico sociale.
Tuttavia se la vera soluzione ai due problemi dell'inquinamento ed esaurimento non può che trovarsi nel superamento del sistema socio-economico che li ha prodotti, appare per altro verosimile che il contenimento dei danni e del pericolo entro limiti compatibili con la sopravvivenza dell'umanità sia possibile non solo all'interno della ineguaglianza istituzionalizzata, ma anche, tutto sommato, senza "traumatizzanti" mutamenti economici e tecnologici. La predizione apocalittica dei neo-malthusiani ha dunque scarse possibilità di realizzazioni. I mezzi per evitare la catastrofe sono suggeriti dagli stessi ricercatori del M.I.T. oppure possono essere intravisti in linee di tendenza già operanti.
Così il problema di esaurimento delle risorse si potrà risolvere con il "riciclaggio", cioè con il recupero delle materie prime dai rifiuti. Il riciclaggio avviene già ora (e più o meno è sempre avvenuto) in una misura che è determinata dalla sua convenienza, cioè dal prezzo delle materie prime. Automaticamente, con la rarefazione delle materie prime e quindi con l'aumento del loro prezzo, si sviluppa e si svilupperà la convenienza del riciclaggio e quindi la ricerca e l'approntamento delle tecnologie relative. Quanto alle fonti energetiche, qualunque possa essere la stima delle risorse petrolifere disponibili (comunque ben superiori alle stime "ufficiali" dei petrolieri), è certo che altre fonti energetiche possono essere sviluppate in sostituzione degli idrocarburi, trasferendo il problema della carenza dell'energia, come scrive anche Agnese, in epoca remota nel futuro.
Per quanto riguarda l'inquinamento, sono ben individuabili due soluzioni complementari che non minano il "sistema". Una soluzione prevede la dislocazione alla periferia geografica e economica (Terzo Mondo) di alcune delle industrie inquinanti: si decentrerà cioè l'inquinamento con il doppio vantaggio di toglierlo di sotto gli occhi ed il naso dei privilegiati abitanti delle capitali economiche e di "diluirlo", consentendo un più efficace depuramento naturale chimico e biologico. Questo decentramento è già in atto e costituisce, beffardamente, il "modello di sviluppo" di buona parte dei paesi poveri. Con esso viene modificata (ma non sostanzialmente) la vecchia divisione del lavoro che faceva del Terzo Mondo la fonte delle materie prime ed il mercato dei beni capitali e di consumo, nel senso che al Terzo Mondo saranno anche affidate quelle industrie tipiche delle prime fasi della rivoluzione industriale (le prime lavorazioni delle materie prime, ad esempio). L'altra soluzione all'inquinamento vede e prevede la introduzione di apparecchiature disinquinanti: depuratori per le industrie, per gli scarichi urbani, e - perché no - mini-depuratori per i tubi di scappamento delle automobili... Anche su questa via si sta già procedendo.
Rimane quello che viene chiamato "inquinamento termico". La morte termodinamica del nostro ambiente è stata profetizzata molte volte. "Giuste o sbagliate che siano queste profezie, sembra che si possa affermare con certezza - scrive Johan Galtung in un suo recentissimo stimolante saggio (1) - che se i mali provocati dall'esaurimento e dall'inquinamento delle risorse potessero essere parzialmente annullati mediante degli anti-processi ed incanalati verso un inquinamento termico, l'orizzonte temporale della catastrofe dovrebbe allontanarsi... tanto da oltrepassare i limiti di una minaccia percepibile".
Ecco come non solo verrà evitata l'apocalisse, ma anche, credo, lo "sviluppo zero". In realtà il riciclaggio ed il disinquinamento hanno già prodotto, stanno producendo ed ancor più produrranno delle "anti-tecnologie" complementari alle tecnologie dilapidanti ed inquinanti che non solo consentiranno la sopravvivenza del sistema capitalistico-tecnocratico ma anche la crescita del Prodotto Nazionale Lordo (soprattutto quello dei paesi dominanti), con soddisfazione dei capitalisti, dei tecnoburocrati e... degli economisti che misurano l'economia in termini di Prodotto Nazionale Lordo.
Per concludere queste note - ma non, spero, la discussione - preciso che non ho voluto (come può essere parso, magari per involontarie forzature polemiche) negare l'esistenza della sovra-popolazione, del sovra-inquinamento e del sovra-sfruttamento delle risorse. Ho solo voluto affermare la radicale diversità tra il nostro approccio al problema e quello dell'ecologismo conservatore dei neo-malthusiani, una diversità che si esprime, ripeto, già nelle analisi prima ancora che nelle soluzioni. Il problema esiste - e come! - e non da ora. La sovrappopolazione non è una prospettiva futura, ma una realtà attuale e storica per tanta parte dell'umanità; così la scarsità degli alimenti, così l'inquinamento... Se l'ecologismo scopre solo ora questi mali, è perché solo ora essi sono avvertibili (come realtà presente o pericolo futuro) oltre che per le periferie sociali e geografiche anche per i privilegiati degli stati dominanti (2).
All'ecologismo borghese e piccolo borghese, alle sue soluzioni capitalistico-tecnocratiche noi dobbiamo opporre un'analisi diversa delle cause dello squilibrio ecologico e l'alternativa di un equilibrio socio-economico egualitario nazionale ed internazionale come condizione necessaria per un reale equilibrio ecologico, cioè per un più armonioso rapporto tra l'uomo e la natura, basato sullo sviluppo di una "tecnologia diversa", una tecnologia che favorisca il decentramento anziché l'accentramento della produzione, la integrazione anziché la divisione verticale del lavoro, la sintesi anziché la subordinazione di città e campagna, di industria ed agricoltura...

A. Di Solata

1) J. Galtung, Contro l'ecologia conservatrice, "Bollettino della Società di Studi Politici", novembre 1973.
2) Per una trattazione in chiave libertaria dell'inquinamento si veda anche: A. Di Solata, L'inquinamento, 'A' - rivista anarchica, marzo 1971.