Rivista Anarchica Online
Il socialismo dal volto disumano
di C. L.
Quando nel 1962 Nikita Kruscev (allora segretario del P.C.U.S. e primo
ministro) autorizzò la pubblicazione di
Una giornata di Ivan Denisovic sulla rivista letteraria Novi Mir, il gesto fu
giustamente considerato una delle
prime conseguenze pratiche del rapporto che lo stesso Kruscev aveva tenuto due anni prima al XX
Congresso
del P.C.U.S. e con il quale aveva dato il via al processo di "destatalizzazione". Il libro succitato,
infatti, confermava l'esistenza - sempre negata dalla propaganda staliniana - di lager, nei
quali
il dittatore georgiano aveva fatto rinchiudere ed aveva eliminato centinaia di migliaia, forse milioni, di
oppositori
politici. L'autore del libro, allora completamente sconosciuto, era Aleksandr Solgenitsyn, che dal 1945
al 1953
era stato rinchiuso in un campo di concentramento in Siberia, e poi fino al 1956 al confino: scriveva
dunque con
ottima cognizione di causa. Dopo la pubblicazione del suo libro sulla più importante rivista
artistica sovietica,
Solgenitsyn si sentì autorizzato a proseguire nella sua produzione letteraria e nella sua denuncia
dei crimini
stalinisti. Solgenitsyn però, non si limitava a denunciare gli "errori" del passato, ma combatteva
anche contro tutto
ciò (ed è molto) che dello stalinismo sopravvive nell'URSS di oggi. Le "noie" non
tardarono ad ostacolargli il
lavoro: fu sottoposto a critiche pubbliche, intimidito, espulso dall'unione degli scrittori: quest'ultimo
provvedimento lo costrinse a pubblicare le sue opere all'estero, poiché in Russia ciò non
gli era più consentito.
Quel che ha fatto precipitare la già difficile situazione di Solgenitsyn è stata la
pubblicazione (a Parigi) del suo
ultimo libro Arcipelago Gulag, nel quale sono raccolte centinaia di testimonianze di reclusi
nei campi sovietici
o comunque di vittime della persecuzione bolscevica a partire dal 1918. E' proprio
questo fatto che deve aver provocato la decisione dei dittatori russi di farla finita con Solgenitsyn:
volentieri l'avrebbero rinchiuso in un lager o in un manicomio, per lasciarvelo morire come già
è successo e
continua a succedere con chi nell'URSS non accetti di "ragionare" con la testa del partito. Ma la
notorietà
internazionale raggiunta dallo scrittore Premio Nobel e la conseguente necessità di non ostacolare
troppo il
processo di "distensione" con l'occidente hanno spinto Breznev e compagni a più miti consigli,
per cui
Solgenitsyn è stato semplicemente privato della cittadinanza russa ed espulso dall'URSS. Si
impongono a questo punto alcune considerazioni sulla funzione svolta dall'opposizione
intellettuale nella
Russia: indubbiamente - come molti hanno già sottolineato - si tratta di individui appartenenti ad
un ambiente
privilegiato, economicamente e politicamente, rispetto alla grande massa degli sfruttati sovietici. Non
solo, ma
a volte, come nei primi tempi per Solgenitsyn, la loro critica può essere funzionale alle
autorità, servire da
copertura ad una politica repressiva o essere contrattata anche in sede di politica estera. A volte, poi, la
critica
viene da posizioni dichiaratamente filo-occidentali, "di destra", ed allora viene utilizzata dal regime per
screditare
anche coloro che, pur criticando il sistema, non per questo esaltano il capitalismo. Al di là
di queste pur necessarie osservazioni, però, non si può misconoscere il coraggio
individuale e l'importante
funzione politica svolta da alcuni di questi intellettuali, fra i quali Solgenitsyn, nel portare alla luce quante
più
prove delle tragiche "purghe" che il potere bolscevico ha regolarmente attuato e attua per annientare
qualsiasi
forma di opposizione. Come anarchici, infatti, non possiamo che essere d'accordo con chi vuol far luce
sulla
storia dell'URSS, al di là delle menzogne e delle reticenze della storiografia ufficiale. Il
movimento anarchico, che pure era stato in prima fila nei lunghi anni di preparazione e nelle infuocate
giornate
della rivoluzione russa del '17, subì immediatamente le conseguenze della presa del potere da
parte del partito
bolscevico guidato da Lenin. Tutti i libri scritti dagli anarchici russi nei primi anni dopo il 1917 parlano
delle
persecuzioni inflitte dal nuovo potere a quanti continuavano la lotta per la realizzazione di una
società socialista
autogestita e decentrata: mi riferisco alle opere di Volin, E. Goldman, Arscinov, Machno, Ida Mett,
Maximoff,
ed alla lettera ai lavoratori occidentali con la quale l'anziano rivoluzionario Kropotkin denunciava la
realtà e le
ancor più tristi prospettive del potere bolscevico. All'inizio degli anni venti il movimento
anarchico nell'URSS
era già praticamente annientato, i suoi militanti uccisi, rinchiusi nei lager o esiliati. La stessa sorte
toccò
progressivamente alle altre forze di opposizione. Oggi solo grazie ad alcuni intellettuali coraggiosi
come Solgenitsyn filtrano notizie relative alle persecuzioni
continue contro gli oppositori. Fra le poche notizie che provengono dallo stato-carcere russo, alcune
parlano
esplicitamente di anarchici che continuano clandestinamente la lotta. Nonostante la
più brutale persecuzione,
dunque, il socialismo libertario continua ad opporsi - seppure in una lotta per ora disperata
- alla dittatura
tecnoburocratica del bolscevismo.
C. L.
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