Rivista Anarchica Online
La solita storia
di Camillo Levi
L'anarchismo è un prodotto commerciale che può rendere
abbastanza: così la pensano alcuni editori, che
negli ultimi mesi hanno sfornato numerosi libri dedicati alla storia ed al pensiero degli anarchici. Alcuni
di questi libri sono apprezzabili, e per quanto possibile li abbiamo recensiti, segnalandoli così
all'attenzione dei nostri lettori. Altri, invece, si inseriscono nel filone "classico" della libellistica
anti-anarchica, basata sulla disinformazione sistematica, sulle accuse false e gratuite, ad un livello
polemico
che si squalifica da sé. A questa seconda categoria appartiene Il socialismo anarchico
in Italia, Feltrinelli 1973, dello storico
comunista Enzo Santarelli, che pubblicato per la prima volta nel 1959, è stato recentemente
ristampato
in una seconda edizione parzialmente riveduta e corretta, aggiornata fino al 1971. L'argomento trattato
(l'intera storia del movimento anarchico italiano) e la figura dell'autore (uno dei più quotati
storici
ufficiali del partito comunista) vorrebbero già di per sé dare dignità alla
pubblicazione di questo libro,
ed indubbiamente il volume in questione vale la pena (ed è una vera pena!) di
essere letto, per ragioni
però un po' diverse da quelle proposte dal Santarelli nella sua prefazione alla seconda
edizione. Il libro, a nostro avviso, va infatti letto perché si tratta della più completa
storia dell'anarchismo italiano
scritta da un intellettuale comunista, non tanto per la sua profondità analitica o per la ricchezza
di
materiale giustificativo (entrambi inesistenti), quanto perché abbraccia in circa duecento pagine
cent'anni
di lotte anarchiche, di presenza anarchica nel movimento dei lavoratori. Va infatti ricordato che lo studio
del nostro movimento da parte di intellettuali marxisti si era finora per lo più limitato all'esame
di singoli
aspetti e figure di militanti, mancando quindi un'opera d'insieme che leghi i numerosi e multiformi aspetti
dell'anarchismo italiano, dal congresso di Rimini (1872) ad oggi. La critica marxista aveva finora puntato
la sua attenzione soprattutto su Bakunin, per attaccare il quale sono state scritte migliaia e migliaia di
pagine: per non tediare il lettore, ricorderemo solamente i tre volumi della Storia del movimento
socialista in Italia dello storico (tanto per cambiare) comunista Aldo Romano, dedicati
espressamente
all'opera di "demitizzazione", cioè in altri termini di calunnia e di falso ideologico, nei confronti
del
grande rivoluzionario russo e della sua attività anarchica in Italia. Il Santarelli con il suo
volume ha dunque colmato un vuoto: in particolare, egli è uno dei primi studiosi
marxisti (se non il primo) a dedicare buona parte della sua attenzione all'attività ed al pensiero
di Errico
Malatesta, considerato giustamente la figura centrale dell'anarchismo italiano, la cui "presenza" è
ancor
oggi chiaramente avvertibile nel movimento anarchico italiano. Nella pratica impossibilità
di rispondere punto per punto alle tesi del Santarelli, limitiamoci a considerare
qualche passo qua e là, qualche tesi che ci è sembrata particolarmente errata. Un
argomento di grande interesse ed attualità è l'atteggiamento degli anarchici di fronte alla
rivoluzione
russa del '17. Sentiamo che cosa afferma il Santarelli (pag. 52): "Colpisce, negli anarchici, la quasi
assoluta
inintelligenza della rivoluzione d'ottobre, degli istituti originali che ne scaturirono e del suo stesso
travaglio; come colpisce la quasi assoluta coincidenza della critica anarchica con la critica borghese del
leninismo e del suvietismo: la radice antistorica del bakuninismo frut- (...). Come la vocazione essenziale
antiteologica della scuola anarchica si capovolge per ricostruire, per un rovesciamento paradossale ed
ingenuo, una nuova teologia antistatale, così l'anarchismo, dinnanzi allo stato dei
soviet, sbocca ora
nell'antisocialismo. (...) L'antiautoritarismo tornava ad essere la componente fondamentale
dell'ideologia anarchica: ma in forme
sempre più individualistiche e piccolo-borghesi, e sempre meno popolari". Se Santarelli
fosse un semplice militante di base, di quelli che iscrivendosi al Partito rinunciano all'uso
della ragione ed accettano come oro colato quel che dice il Partito, allora potremmo anche pensare che
le succitate affermazioni siano frutto di disinformazione totale sul ruolo avuto dagli anarchici, in Russia
come nel resto del mondo, a difesa della rivoluzione russa. Ma Enzo Santarelli è una persona
colta, ha
letto la stampa anarchica dell'epoca, conosce le molte agitazioni promosse dagli anarchici in difesa del
popolo russo, il boicottaggio delle armi per la reazione zarista e filo-occidentale, gli scioperi politici e
la propaganda in difesa dei soviet, Enzo Santarelli tutte queste cose le conosce, e fa finta
di ignorarle,
molto sportivamente. La dura ed ingiustificata accusa, rivolta al movimento anarchico, di esser stato
uno dei principali nemici
della rivoluzione russa non poteva non colpire colui che, fra gli anarchici, prestò fin dall'inizio
la massima
attenzione alle manovre bolsceviche per piegare la rivoluzione ai loro interessi di partito: Errico
Malatesta. Il giudizio negativo su di lui può essere considerato come la sintesi delle molte
pagine che il Santarelli
dedica allo studio della sua attività e del suo pensiero: in particolare, giova sottolineare la
polemica
rivalutazione del "revisionista" Merlino, e soprattutto della sua "deviazione" parlamentarista e
riformista. Secondo il Santarelli, Malatesta "sfuggiva" davanti a Merlino, ed alle sue idee: niente di
più falso, come
ci si può rendere conto rileggendo la ancor attualissima polemica
Malatesta-Merlino. Santarelli ne dice un'altra di grossa, quando afferma candidamente che "nel
'97-'98 è già aperta,
evidentemente la valutazione positiva dei risultati del sindacalismo rivoluzionario francese - indirizzo
che
si svolgerà successivamente fino al 1914". Niente di più falso. Nel 1907, infatti, al
Congresso Internazionale Anarchico di Amsterdam (5), Malatesta chiariva la sua
posizione sul sindacalismo proprio in polemica con il leader dei sindacalisti francesi Pierre
Monatte,
avanzando e motivando una precisa serie di riserve sulle concezioni sindacaliste rivoluzionarie. Ma la
tesi di fondo dello storico Santarelli, quella cioè che Malatesta sia rimasto sempre indietro
rispetto
all'evolversi del movimento dei lavoratori, sembra esigere che la verità storica sia dimenticata
o
calpestata: ed in questo compito, senza dubbio, Santarelli si dimostra un vero maestro. Lasciamo
ora da parte quel piccolo-borghese, interclassista, utopista e antisocialista di Malatesta,
passiamo a Camillo Berneri, anarchico volontario antifascista durante la rivoluzione spagnola ('36-'39),
vigliaccamente assassinato da membri della polizia segreta stalinista, nel maggio del '37 a Barcellona.
Dopo aver seguito con attenzione la sua vita fino alla soglia del tragico epilogo, Santarelli diventa
improvvisamente distratto, generico, reticente; o forse è solo una questione di fine eleganza.
Sta di fatto
che l'arresto di Berneri, operato a casa sua da alcuni poliziotti in borghese, viene ridotto ad una semplice
"perquisizione di gente armata". Chissà chi sarà stata quella gente armata, qualche
bambino che giocava
a guardia e ladri sulla strada, qualche zingaro di passaggio, qualche spiritosone in vena di scherzi?
Santarelli non chiarisce la questione. Nelle stesse giornate, Berneri subisce una perquisizione di
gente armata. Il suo corpo sarà poi trovato
nella notte fra il 5 ed il 6 sulla piazza della "Generalidad". Eppure lo stesso Pietro Nenni, allora (nel
'37) legato a doppio filo ai comunisti, denunciò subito la morte
di Berneri con un assassinio (anche se non fu molto esplicito nei termini). Tutte le testimonianze
concorrono ad avvalorare la tesi dell'assassinio da parte degli sbirri stalinisti, e la cosa rientra
perfettamente nel quadro delle loro provocazioni e violenze commesse contro gli anarchici (ed i
dissidenti comunisti della P.O.U.M.). L'eleganza con la quale Santarelli sorvola sull'episodio altro
non può essere che la prova della "coscienza
sporca", che caratterizza l'atteggiamento dei marxisti nei confronti degli anarchici (salvo rarissime e
secondarie eccezioni). I passi che abbiamo citato fra i tantissimi che si potrebbero additare a prova
della mancanza di serietà
del Socialismo anarchico in Italia, dovrebbero essere più che sufficienti per
spiegare le ragioni
dell'impossibilità di accettare il dibattito storico ed ideologico, al livello proposto dalla
storiografia
marxista. Una storia ed un'interpretazione basate su falsità (piccole e grandi) non possono
che essere
completamente false: tuttalpiù possono servire a calunniare e a cercar di screditare l'anarchismo,
ed in
questo obiettivo la consumata abilità del Santarelli porta a qualche risultato. Il partito
sarà contento!
Camillo Levi
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