Rivista Anarchica Online
Barcellona libertaria
di S. M.
Appunti d'un sogno nella "capitale" catalana dell'anarchismo
Barcellona, ottobre. Dall'alto del Castello di Montijuch il cimitero di
Barcellona non doveva essermi
parso molto grande, visto che avevo deciso di andarci, convinto di trovare senza indicazioni le tombe
di Durruti, Ascaso e Ferrer, che un compagno spagnolo mi aveva detto essere una accanto all'altra. Due
ore dopo, sto girando sperso nell'enorme necropoli. Ormai è sera e cerco di guadagnare l'uscita.
Con chi
me la prendo? Era ingenuità, fanatismo di pellegrino o coglioneria? Ancora un tentativo... ad
un uomo
sui quarant'anni, ultimo dei rari visitatori che incrocio, probabilmente a causa della tarda ora, domando
se sa dov'è la tomba di Ferrer Guardia. Chiedo Ferrer, perché mi sembra più
facile da giustificare nel
caso quell'uomo sia un poliziotto: uno scrupolo che verrebbe spontaneo anche a voi dopo pochi giorni
che siete in Spagna. L'uomo mi guarda, ripete il nome come cerchi nella sua memoria e con tono
interrogativo e soddisfatto: "Ferrer Guardia y Durruti y Ascaso?". Annuisco sbalordito. L'uomo, invece,
continua a parlare e mi indica il posto, dal resto del discorso capisco che suo padre era anarchico e che
con lui, da bambino, andava ogni domenica apportare dei fiori su queste tombe. Dovrei trattenerlo,
chiamarlo "compañero"? No, tutto quello che poteva darmi me l'ha già dato:
un'informazione. È già
mezzo girato quando gli dico: "gracias". Sono in Catalogna da qualche giorno ed anche episodi
come questo occasionale incontro al cimitero mi
aiutano a capire un aspetto dell'anarchismo iberico: le sue robuste radici popolari che sopravvivono
dopo
trentaquattro anni di fascismo; così come gli incontri, le discussioni con i giovani compagni dei
nuovi
gruppi di Barcellona (qualche studente, molti operai) mi aiutano a capire la realtà attuale del
movimento
libertario, inestirpabile "erba matta" che continua a germogliare nonostante tutto.
tre garofani rossi
Il mattino del giorno dopo, con "Paco", un giovane compagno, sono davanti alle tre tombe uguali,
basse,
di pietra, ufficialmente senza nessun nome: graffiati frettolosamente si leggono i nomi di Durruti, Ascaso
e Ferrer. Tre fiori, tre garofani rossi, retorici e disperati, fermati da un sasso sulla lastra. Mi stupisco e
cerco una risposta sul volto del compagno che mi sta accanto: è contento dei garofani, ma non
deve
essere affar suo. Mentre gli chiedo chi sia stato a mettere i fiori, so già che la domanda è
assurda perché
il giorno prima non sapeva neanche dove si trovassero le tombe. Devono essere stati i vecchi compagni,
mi risponde. Vecchi, quanto? Come il padre dell'uomo che mi aveva dato l'indicazione la sera prima?
Sì,
e non può essere stato diversamente. Da una parte il mitico ricordo della "grande rivoluzione",
dall'altra
la situazione attuale reale, con un'infinità di problemi, che non può vivere di ricordi. Non
c'è una
continuità storica diretta in tutto ciò. Il fascismo, con il suo milione di assassini, con la
repressione più
spietata, ne ha stroncato ogni possibilità. Il fascismo è riuscito a distruggere il
movimento organizzato, non l'idea, un'idea che oggi si ripropone
con una forza nuova, attuale, dirompente. Oggi fare un discorso costruttivo sulla Spagna, vuol dire non
dimenticare, ma mettere per un momento da parte tutto ciò che la Spagna è stata, tutto
ciò che ha
rappresentato per il movimento rivoluzionario. Significa liberarsi di un ricordo mitico a confronto
del
quale ogni cosa non può che diventare piccola ed insignificante. Soltanto uscendo da
questa logica,
i compagni delle nuove generazioni sono riusciti a ricostruire le premesse di un movimento che va
crescendo quantitativamente e qualitativamente: un giovane anarchismo che si va riscoprendo e vuole,
e forse può, tornare a giocare un ruolo storico primario.
la manifestazione fantasma
"LIBERTAD POR TODOS LOS COMPANEROS DETENIDOS" è il grande striscione
che deve aprire
la manifestazione e che alcuni compagni stanno alzando, ancora cercando di tenerlo nascosto. Sono le
otto di sera, un compagno arriva correndo, sussurra qualcosa ed il grande striscione comincia a
muoversi
semi piegato nella piccola calle. È un suicidio? Mi sembra di essere solo con quei
pochi compagni che
sostengono lo striscione, ma altri, mi hanno assicurato, sono vicini. Si tratta di una
"manifestazione-fantasma" le manifestazioni-fantasma sono le più frequenti e, per certi versi,
più realizzabili, ma sono
senz'altro le più pericolose: la polizia nella maggior parte dei casi spara. Il luogo
dell'appuntamento è
stato fissato nella più stretta segretezza in una piazza vicina a quella in cui in realtà
avrebbe dovuto
svolgersi, tutto è calcolato, valutato; per i fattori tecnici dell'organizzazione si sono interessate
delle
commissioni specifiche, come di consueto. Appena usciamo in "Plaza de Espana", piccoli ma
numerosi gruppi di compagni attrezzati di spranghe
e caschi si accodano e dopo cinque minuti si possono contare un migliaio di manifestanti. La
manifestazione è nel vivo, alcuni compagni distribuiscono volantini ai lati, gli altri avanzano
compatti,
formando un blocco unico. Mi sento spingere, "Adelante" mi dice un compagno e si mette
a correre, la
piazza sembra ad un tratto un campo di battaglia. I bagliori delle molotov illuminano a giorno la piazza.
Il corteo avanza correndo; spostandosi lentamente a sinistra dove deve sciogliersi, mentre a destra, dalla
parte in cui sono apparse le prime camionette della polizia si è creata una cortina di fuoco.
È un attimo,
come convenuto una parte del corteo si sta già disperdendo a piccoli gruppi, scomparendo nelle
strade
laterali, mentre gli altri con spranghe e bottiglie Molotov cercano di fermare la carica della polizia. L'aria
è diventata quasi irrespirabile per i lacrimogeni sparati, vedo un compagno cadere a terra colpito
ad una
gamba, a stento alcuni compagni riescono a portarlo via. I poliziotti caricano da tutte le parti a piccoli
gruppi. Tutti, passanti e turisti, vengono malmenati ed arrestati, vedo una donna anziana con la borsa
della spesa cadere colpita da una manganellata. Un compagno mi afferra per un braccio, corro a
più non
posso per una strada sconosciuta. La manifestazione è finita. Dopo un'ora la gente
attraversa la grande piazza per recarsi a casa; non un
volantino è rimasto a terra: è avvenuto realmente? Il mattino dopo nessun giornale
riporta la notizia, neanche in ultima pagina. "In Spagna vige l'ordine e
la legalità" ha affermato in un discorso Franco.
la scuola della repressione
"Paco" che mi accompagna guarda l'orologio ed istintivamente allunga il passo, all'una ho un
appuntamento con "Jorge", un compagno ricercato che vive in clandestinità. La
puntualità in casi del
genere diventa una necessità più che un buoncostume. Per strada non si fa parola,
camminiamo l'uno
dietro l'altro ad una cinquantina di metri di distanza, poco dopo raggiungiamo "Jorge" nel luogo
convenuto: una osteria del centro. I compagni parlano a voce bassa, fermandosi ogniqualvolta entra
qualcuno. Non riesco a seguire tutto
il discorso, ma capisco che parlano di un compagno arrestato la settimana scorsa. Conosco già
la storia:
i due compagni abitavano nello stesso appartamento, la polizia è andata per arrestare il
compagno che
mi stava di fronte e non avendolo trovato aveva arrestato l'altro, denunciandolo con le stesse
imputazioni. "Noi due, dice, appartenevamo ad un gruppo che faceva attività in un quartiere
e sono stati proprio i
successi sorprendenti che abbiamo ottenuto che ci hanno spinto a scoprirci sempre di più fino
ad essere
denunciati". Non chiedo nemmeno i capi di imputazione, più o meno sono sempre gli stessi:
attività sovversiva,
detenzione e distribuzione di stampa clandestina, propaganda contro il regime, ecc. La pena oscilla
intorno ai quattro anni di reclusione, "è il rischio minimo" commenta "Jorge". Tutto questo
clima di repressione determina nei compagni spagnoli una coscienza rivoluzionaria più
radicata, più responsabile. "Quando qualcuno comincia a fare attività politica contro
il regime, è già un
compagno, un compagno che ha fatto la sua scelta sino in fondo, e non può essere
diversamente", mi
dice "Paco". In un regime veramente repressivo non c'è spazio per "mode"
rivoluzionarie. Del giovane anarchico arrestato la settimana scorsa (non è la sua prima
esperienza del genere: ha già
dietro di sé alcuni anni di galera che, vera tempra d'anarchico, non l'hanno piegato) mi viene
chiesto di
non rendere noto, per ora, neppure il nome. Finché l'istruttoria non è chiusa, la
solidarietà dei compagni
può essere ritorta in accusa contro l'imputato.
Santa Coloma
Attraverso i finestrini del treno, mentre esco da Barcellona, rivedo le case impolverate di Santa
Coloma,
"pueblo obrero" (sobborgo operaio) dalle mura coperte di scritte anarchiche,
continuamente cancellate
e continuamente rifatte. A questa distanza tutto sembra fermo, immobile, passivo. Ed invece so che
probabilmente in una di
quelle case si sta parlando di ribellione, di libertà; che in qualche posto si stanno proponendo
nuove lotte;
che in ogni toilette pubblica c'è un pacco di volantini per essere raccolti e passati,
in silenzio, di mano
in mano. Santa Coloma ha visto in passato le lotte più dure e significative di Barcellona,
gli abitanti sono più volte
scesi in massa, i compagni al loro fianco, sulle piazze hanno eretto barricate, respinto la polizia
franchista, ottenuto così strade, asili, abitazioni. La città scompare inghiottita dietro
l'angolo di una montagna e già comincio a riordinare i ricordi, le
impressioni, le cose viste e sentite in questi giorni. Già penso a quello che racconterò
ai miei compagni,
in Italia, ed a quello che si può (che posso, che possiamo) fare per la Spagna libertaria,
innanzitutto per
conoscerla, in tutti i suoi limiti ma anche in tutte le sue potenzialità, poi per aiutarla.
S. M.
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