Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 3 nr. 22
giugno 1973


Rivista Anarchica Online

Le azioni di risparmio
di L. L.

I primi caldi di questa soleggiata estate hanno risvegliato i pruriti riformatori della nostra beneamata classe dirigente. Lasciate nel cassetto le riforme sociali, troppo impegnative e difficilmente mediabili con la classe padronale, i nostri cervelloni hanno rispolverato la riforma della società per azioni.
Da molti anni se ne parlava, nel 1967 l'allora ministro Preti aveva annunciato l'ormai prossimo avvento della tanto "desiderata" riforma. Oggi il progetto di legge ha forma compiuta e presto il governo di centro-sinistra (che probabilmente verrà formato) avrà tra gli impegni prioritari il compito di riformare l'istituto delle società per azioni.
Diciamo subito che le riforme, in quanto rivoluzionarie, ci interessano poco o punto, ma la loro applicazione va analizzata per meglio comprendere come i padroni, vecchi o nuovi che siano, cerchino di sfruttare con più abilità i lavoratori.
In verità la riforma delle società per azioni va inquadrata più che per i riferimenti con la classe sfruttata, in una logica tutta interna alla classe padronale ed alle rivalità e contese in essa esistenti. Questo progetto di legge tende ad adeguare la struttura delle S.p.A. italiane a quelle delle altre società dei paesi più avanzati.
I punti fondamentali di questa riforma sono così schematicamente riassumibili:
a) progressiva eliminazione delle partecipazioni incrociate e divieto di voto per azioni incrociate;
b) divieto di rappresentanza in assemblea delle banche e limitazione della rappresentanza, al fine di evitare il rastrellamento delle deleghe;
c) disciplina delle obbligazioni convertibili in azioni;
d) speciale disciplina per le società quotate in Borsa e istituzione di una commissione nazionale con funzioni di vigilanza su di esse;
e) creazione di "azioni di risparmio".
Tutti i punti della riforma, ci paiono, dal nostro punto di vista, poco interessanti, salvo l'ultimo. Inoltre, al di là della enunciazione, i vari divieti e le nuove discipline non incantano nessuno, tanta è la facilità con cui si potrà ovviare ai disposti della legge. Soprattutto l'arma delle partecipazioni incrociate è troppo appetita dai dirigenti delle S.p.A. perché si possa seriamente credere che una disposizione di legge, nemmeno troppo vincolante, abbia la capacità di arrestare il processo di autonomizzazione dei dirigenti rispetto agli azionisti. Le finanziarie estere di proprietà italiana serviranno anche a questo.
Tutte queste norme ci paiono più una tiratina d'orecchi che serio programma riformatore.
La classe politica sembra dire: "Managers, direttori, non siate troppo scoperti nei vostri giochi di potere, un può di pudore, diamine! I lavoratori potrebbero anche accorgersene e capire...".
Quello che ci ha interessato, come dicevamo prima, e che ci sembra avere un qualche riflesso sui lavoratori è la futura creazione delle cosiddette "azioni di risparmio".
Questo istituto, nuovo per l'Italia, vecchio di moltissimi lustri per altri paesi europei e americani, consiste nella possibilità concessa alle società di emettere azioni privilegiate nella distribuzione dei dividendi e nel trattamento fiscale, ma private del diritto di voto.
Nelle intenzioni della classe dirigente queste azioni dovrebbero essere appetite dalla gran massa dei lavoratori e dei piccoli risparmiatori, tra l'altro per poter salvare i loro sudati (e magri) risparmi dalla galoppante inflazione. Infatti quei pochi risparmi investiti in "azioni di risparmio" più difficilmente risentirebbero della svalutazione monetaria, subendo un continuo aggiornamento dei prezzi ed in più fornirebbero una remunerazione preferenziale.
L'allettamento è di facile presa, e purtroppo non pochi saranno gli sfruttati che, attratti dal miraggio di divenire "padroni" daranno i loro soldi per il consolidamento del loro sfruttamento. In questo modo si avvierà un processo di compartecipazione dei lavoratori allo sfruttamento di altri lavoratori e di essi stessi.
Ma fenomeno ancora peggiore, si darà un'altra arma di potere ai dirigenti delle imprese. Se in regime attuale gli azionisti hanno perlomeno il diritto formale di esprimere il proprio dissenso sull'operato dei managers, con queste riforme la maggioranza degli azionisti non avrà neppure questa larva di diritto, dovrà solo tacere.
Al di là della triste ironia dobbiamo rilevare che questa nuova legge si inserisce nell'ambito di ristrutturazione aziendale del momento, essa rappresenta un graduale avvicinamento delle istituzioni del diritto ad una situazione di fatto sempre più affermantesi.
Il decadimento della proprietà privata quale fonte del potere e del privilegio lascia il passo al possesso esercitato dalla nuova classe dei managers.
Le leggi e i regolamenti lentamente si adeguano alla nuova realtà, gli azionisti raramente possono influire sulla loro società, quindi occorre adeguare la forma alla sostanza, ed ecco le "azioni di risparmio".

L. L.