Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 14
estate 1972


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Mamma ENI

Sfruttamento e integrazione nel colosso petrolchimico di stato

Un posto di lavoro sicuro, uno stipendio discreto o addirittura decisamente buono, una prospettiva per una carriera brillante, il progressivo miglioramento di se stessi attraverso l'esercizio di funzioni responsabilizzate al più alto livello e per mezzo della ricerca e dell'applicazione scientifica con le tecniche più avanzate, un lavoro in un ambiente altamente qualificato e qualificante, tutto questo promette una qualsiasi delle Aziende del Gruppo ENI, che, costituisce l'optimum, non solo in campo nazionale, di moltissimi settori della produzione.
In realtà la sicurezza del posto è una cosa molto aleatoria; e la testimonianza più lampante si è avuta quando una delle società del Gruppo, la STIEM, operando nel settore grafico, fu ceduta in blocco, con tutti i dipendenti (oltre 300) ad un privato. Trecento famiglie si trovarono alla mercè di un bandito che nel giro di breve tempo provvide a chiudere baracca ed a mettere sul lastrico gli ex "fortunati" dipendenti ENI. "Mamma ENI ", molto buona, arrivò dopo alcuni mesi a reinserire sotto le sue ali quei pochi che, per sopravvivere, non furono costretti a fare il primo lavoro che trovarono. Questa situazione di fluttuante compravendita di piccole e medie aziende si verifica costantemente nell'ambito dell'ENI, e tanti piccoli casi simili a quello STIEM, pur senza averne la stessa clamorosità, si succedono molto frequentemente.
L'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi (a partecipazione statale), del quale fanno parte, fra le altre minori, le società AGIP, ANIC, SNAM, SNAMPROGETTI, non vive solo di intrallazzi ad alto livello per mezzo dei quali riesce ad avere agevolazioni fiscali di tutti i tipi (mentre notoriamente i comuni lavoratori non riescono in alcun modo a sfuggire al fisco), ma anche di piccoli sotterfugi che gli permettono di "fregare" il piccolo dipendente.
La responsabilizzazione degli individui avviene, di fatto, attraverso l'esercizio costante di una funzione fine a se stessa, non solo in fabbrica dove esistono cicli di lavorazione altamente automatizzati e quindi semplificati, ma anche negli uffici, soprattutto in quelli centralizzati a San Donato Milanese, dove in massima parte succede che il lavoro si riduca a saper mettere le mani sulla tabella appropriata ed eventualmente a compilarla secondo schemi già preparati. Non si può uscire dalla casella nella quale si viene inquadrati, e le regole sono ferree: chi le trasgredisce paga sempre in qualche modo. Dal fattorino che con le sue centomila lire mensili scarse viene spostato nel posto più infelice, al piccolo dirigente che, quando non viene sbattuto fuori, viene schiaffato in qualche ufficio marginale e inutile.
Le applicazioni scientifiche, le tecniche più avanzate, sono completo dominio di una ristretta minoranza che mantiene il più stretto riserbo sul modo in cui avvengono le "pensate". A tale proposito si può constatare come i dipendenti delle società del Gruppo, che hanno libero accesso in tutti gli uffici di tutte le società, si trovino di fronte ad uno sbarramento invalicabile quando devono entrare alla SNAMPROGETTI.
Il lavoro più qualificante è fatto da chi, sotto il naso del proprio capo, riesce a dormire tutto il giorno alla propria scrivania. In questo ambiente il sistema riesce ad integrare gli individui in un modo veramente incredibile. La quasi totalità delle persone è convinta di vivere "bene", crede che meglio di così non potrebbe stare. Timbra il cartellino quasi con gioia, si dedica anima e corpo a manovrare fogli di carta che non servono a niente (ad avallare questa affermazione basta il fatto, che ogni impiegato può verificare di persona, che qualsiasi documento che venga lasciato "a riposo" per qualche mese "in attesa di sviluppi", potrà poi essere tranquillamente archiviato senza difficoltà di sorta), vive e sogna nella prospettiva di una promozione che forse non verrà mai.
E in questa situazione, in un ambiente considerato privilegiato, si sviluppano le tendenze reazionarie più pericolose. Pericolose e nefande in quanto si radicano tra i lavoratori, che non riescono a vedere dove inizia il benessere e dove invece procede lo sfruttamento. La Società, naturalmente, cerca di utilizzare tutti i mezzi possibili per annebbiare la potenziale coscienza politica di ogni lavoratore, per addormentarono e renderlo così inoffensivo; sa benissimo che concedendo alcuni piccoli privilegi di carattere economico e sociale si accaparra le coscienze di molti, i quali difenderanno con tutte le loro forze il sistema basato sullo sfruttamento.
Avviene così che in alcune società del Gruppo i contratti di lavoro vengano accettati dai lavoratori (il sindacato fa un lavoro pressoché nullo) di primo acchito, senza che venga fatta neppure un'ora di sciopero. Il caso più clamoroso è stato quello dell'AGIP che si è verificato con l'ultimo rinnovo contrattuale, col quale è stato concesso (ripeto concesso, non ottenuto) un aumento lordo di 17.500 lire mensili, ma nessun sensibile miglioramento di carattere normativo per gli operai e per le categorie più basse.
Lo stesso fatto che il Gruppo ENI sia costituito da Società che, pur operanti negli stessi settori, abbiano contratti collettivi di lavoro inquadrati in settori molto differenti contribuisce notevolmente a creare divisioni fra i lavoratori. E su queste divisioni, evidentemente, il sistema continua la sua marcia trionfale.
Un esempio. La SNAMPROGETTI, società di progettazione che svolge il suo ruolo nell'area chimica, petrolchimica e petrolifera, dalla bellezza di otto anni circa si trovava in un'area contrattuale "transitoria", che non ne definiva esattamente la posizione e non era collegata direttamente a nessuno dei grossi contratti nazionali di lavoro; di fatto era la società del gruppo ENI col contratto più scadente.
In occasione dell'ultimo rinnovo (autunno '71) la piattaforma rivendicativa era basata su queste fondamentali richieste: definizione esatta dell'area contrattuale con inserimento nel settore del petrolio; parità normativa per operai ed impiegati. Le lotte sostenutissime dei lavoratori, nell'impossibilità di fermare una produzione (una società di progettazione, non fa "produzione"), portavano a bloccare i punti nevralgici dell'ENI: la centrale elettrica ed il centralino telefonico (ambedue questi impianti sono comuni per tutte le società ENI).
Gli scioperi procedevano a ritmo molto pesante (circa 180 ore in tre mesi) ed erano fatti dalla quasi totalità dei dipendenti sulla base di decisioni prese autonomamente dalle assemblee generali. I sindacati come al solito tentavano di fare da schiuma frenante senza troppo riuscirvi.
Tanto compatta era l'azione che la direzione padronale decise di ricorrere alla sua ultima arma: LA POLIZIA. Squadre di agenti stazionavano in permanenza a presidiare centralino telefonico e cabina elettrica ed occupavano militarmente il territorio di Metanopoli. La provocazione poliziesca portò ad incidenti di varia entità e in qualche caso addirittura al fermo di alcuni impiegati! (peraltro subito rilasciati).
In questa situazione, e qui si rivela il lavoro svolto positivamente dai padroni per se stessi, i lavoratori SNAMPROGETTI non furono quasi per niente sostenuti ed appoggiati dai lavoratori delle altre società, che si ritenevano estranei alla vicenda; il loro stato di presunto privilegio faceva sì che la questione non li toccasse: la presenza della polizia neppure li infastidiva!!
Fatalmente il contratto fu accettato su posizioni quanto mai negative per i lavoratori, la cui posizione contrattuale rimase la stessa di prima, e lo stesso accadde per la parte normativa.
Risulta chiaro che l'ENI, considerato all'avanguardia nel campo della politica industriale, tiene perfettamente fede alla sua nomea soprattutto per quanto riguarda i rapporti politici nel campo economico-sociale. Persegue i suoi fini di avanzata neocapitalistica, e quindi di sfruttamento, nei modi più subdoli ed efficaci. Contribuisce al permanere dello stato di profonda differenziazione tra il nord e il mezzogiorno, favorisce il fenomeno negativo delle ditte appaltatrici, dà un notevole apporto alla distruzione della natura e all'inquinamento dei mari (e nello stesso tempo fabbrica e vende depuratori per il valore di miliardi di lire) crea difficili e complicatissime situazioni locali con la costruzione di stabilimenti enormi in zone non preparate a riceverli.

Un compagno dell'ENI