Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 5
giugno 1971


Rivista Anarchica Online

Lettera dalla Spagna
di Manuel

I comunisti spagnoli fra riconciliazione nazionale e dilettantismo cospirativo

Cari compagni,
Quaggiù siamo in pieno "inverno". I venti che dal Nord (Paesi Baschi) si sono estesi a tutta la Penisola stanno, violentemente, facendo piazza pulita di ogni resistenza. Il P.C.E. (Partito Comunista Spagnolo), più degli altri, sta pagando le conseguenze del suo dilettantismo, del suo opportunismo criminale e degli errori madornali accumulati in questi ultimi anni. In varie città e in alcune regioni praticamente non esiste più, è stato spazzato via in poche settimane. In altre la pulizia sta cominciando ora e non può dare risultati diversi. La strategia repressiva, approfittando della caterva di errori politici ed organizzativi che ora cercherò di sintetizzarvi, è pressoché perfetta.
Ma procediamo con ordine.
La salita al potere dei tecnocrati dell'Opus Dei aveva permesso una certa liberalizzazione - assai più apparente che reale - del regime. Aveva comunque creato un nuovo clima che fece sperare alcune ingenue creature in successive aperture democratiche. Un'analisi abbastanza semplicistica, se si tiene presente la base reale del potere franchista. Forti di essa, comunque, i comunisti spagnoli, aspettandosi non si sa bene che manna dal cielo (morte di Franco?, sua improvvisa illuminazione divina?, restaurazione monarchica?, caduta celeste di una democrazia parlamentare? - che politici!! - ecc. ecc.), lanciarono la propria strategia fondandola su tre parole d'ordine: Amnistia, Patto per la libertà, Apertura alle masse.
Tre punti che meriterebbero un esame approfondito, ma che nei limiti di spazio (e di tempo) di cui dispongo cercherò di sintetizzarvi nella forma più chiara possibile.

I) AMNISTIA GENERALE

Bellissimo..., ma demagogico! Una semplice parola d'ordine i cui scopi erano, in sostanza, due: a) coagulare l'opposizione (dai falangisti "di sinistra" agli anarchici, passando per i liberali, democristiani, carlisti, socialdemocratici, socialisti, maoisti - le loro mille conventicole - e i trotzkisti) su di una rivendicazione concreta che tutti i gruppi e gruppetti che in qualche modo la costituiscono e che hanno militanti in galera, non possono non condividere e sperare. Su questa parola d'ordine l'azione dell'opposizione antigovernativa (non proprio antiregime) doveva, chi lo dubita!, essere guidata dal P.C.
b) Un tale tipo di azione poteva avere, verosimilmente, una benché minima speranza di successo? No, ovviamente. Se le masse spagnole fossero in grado di imporre - perché altra forma non esiste - una amnistia al governo, sarebbe ugualmente in grado di fare di un tale governo un solo boccone. E questa è utopia, attualmente. Demagogia allo stato puro quindi? Si e no. Posto come dato di fatto obiettivo che la base non può imporre un'amnistia, questa potrà verificarsi solo "cadendo dall'alto, per volontà sovrana indipendente da ogni tipo di pressione".
Quando è ragionevole credere che cadrà dall'alto? Quando, per esempio, Juan Carlos salirà al trono, è indubbio che in tal caso una misura di questo tipo si imporrebbe per necessità di "popolarità". E veniamo al secondo obiettivo che il P.C. sperava di realizzare lanciando la parola d'ordine "amnistia". Qui entriamo nel campo dell'ipotesi politica più azzardata.
Se cade la manna (illuminazione divina di Franco; restaurazione monarchica ecc.) e l'amnistia viene concessa, chi potrà beneficiarne politicamente, a livello di prestigio? Naturalmente il partito che aveva lanciato e sostenuto la parola d'ordine, il P.C.

II) PATTO PER LA LIBERTÀ

L'azione per l'amnistia doveva essere la base concreta di un più ampio "Patto per la libertà", gestito, come naturale, dal P.C.
Patto tra le opposizioni di ogni colore in favore di una... democrazia parlamentare borghese. Già meno bello dell'amnistia, ... ma ugualmente demagogico.
Basandosi sulla constatazione che una monarchia costituzionale - un regime parlamentare democratico - è l'unica soluzione di ricambio del post-franchismo, il "partito del popolo spagnolo, stanco dell'oppressione, ma ostile ad ogni nuovo bagno di sangue tra fratelli, tale sarebbe una rivoluzione..." si erge a portavoce delle aspirazioni piccolo-borghesi. Niente di nuovo, l'ha sempre fatto!
Obiettivi: usare l'adesione al patto di tutti coloro che rivendicano la libertà (qualunque sia il grado di tale libertà!) per facilitare la loro fagocitazione da parte del partito, il partito delle libertà democratiche. Ce l'ha fatta, sapete? È diventato, in breve, un magnifico partito... "amorfo". Il patto "all'interno del partito" è riuscito; le sue fila si sono ingrossate con cattolici, con liberali, con socialdemocratici e socialisti. Vedere il tentativo proselitista fine a se stesso sarebbe però un errore. Perché si è giocata la carta della spersonalizzazione politica? (tenete presente che alcuni neofiti sono arrivati abbastanza in alto nella struttura del partito!). Ma perché si attendeva la manna perdio! Democratizzazione del regime con un partito comunista avente un'ampia base popolare interclassista, insospettabile di tendenze "sanguinarie", democraticamente "credibile".
La funzione del patto per la libertà, in sostanza, è stata la ricerca di una solida (o più propriamente, estesa) base per precipitarsi nel circo della democrazia borghese quando venisse inaugurato.
Dal partito, il patto per la libertà è stato travasato nelle Commissioni Operaie e Contadine, uccidendole.
Questi organismi sorti come la reale risposta sindacale popolare al corporativismo franchista erano, fino a pochi anni fa, gli organi di lotta della classe operaia cosciente. Ad esse partecipavano tutte le reali forze sindacali spagnole (ricordate la loro indipendenza statutaria da ogni partito o movimento organizzato). Oggi sono una dipendenza del partito e come tali hanno perso gran parte della loro forza. Ma il colpo mortale lo ha inflitto loro, come al partito, la cosiddetta:

III) APERTURA ALLE MASSE

L'abbandono del fine rivoluzionario (tipico di tutti i partiti comunisti occidentali) e l'adesione al riformismo messianico comportava necessariamente l'abbandono della rigida struttura clandestina e l'apertura del partito alle masse sensibilizzate da obiettivi tipo "amnistia" e "patto per la libertà". Niente da obiettare all'apertura alle masse, necessaria per un movimento clandestino socialista, pena il suo isolamento e l'autodissoluzione a più o meno breve termine, ma molto da ridire sulla forma in cui il P.C. lo ha fatto. Anziché "aprire" solamente la base, mantenendo una struttura rigidamente clandestina (segreta) a livello di "quadri dirigenti", si è aperto e scoperto anche a livello di comitati locali e regionali con un candore veramente commovente.
Mi spiego: i quadri del partito si sono "riversati nelle masse" (intervento nelle lotte universitarie, in quelle operaie e in quelle contadine) passando dall'attività segreta ad un'attività pressoché pubblica, senza adottare un minimo di misure cautelative, senza applicare sistematicamente neppure una delle mille piccole precauzioni tipiche di un partito o movimento illegale che tenga alla sicurezza dei propri militanti (per fare alcuni esempi: uso di pseudonimi per i militanti più attivi e più esposti, cambi di domicilio immediato in caso di identificazione da parte della polizia, adozione di misure speciali di sicurezza per le riunioni più importanti, ecc. ecc.).
Risultati: il partito è riuscito sì nel suo obiettivo di costituirsi un'ampia base, ma in essa sono confluiti, oltre ad elementi sinceramente rivoluzionari anche elementi genericamente insoddisfatti, privi di una qualsiasi mentalità rivoluzionaria, impreparati e vacillanti, quando non dichiaratamente "liberali".
Qui siamo nel campo delle reazioni a catena. La massificazione indiscriminata, infatti, accompagnata dal dilettantismo (attività pubblica della struttura organica del partito, dovuta forse al tentativo di darsi una credibilità democratica agli occhi dei piccoli borghesi "stanchi dell'oppressione, ma ostili a nuovi bagni di sangue rivoluzionari", che ha raggiunto spesso livelli tragicomici, tipo alcune famose scampagnate in autobus fatte dai membri delle sezioni locali operaie e studentesche identificate dalla polizia...) ha comportato una massificazione dell'informazione, in base alla quale il più oscuro e obiettivamente poco fidato militante era in grado di fornire nome e indirizzo dei componenti del comitato locale e spesso anche di quello regionale o provinciale. L'informazione più "esauriente" e "democratica" circolava ad ogni livello. Appare quasi inverosimile che la polizia non abbia inserito in questo "movimento di massa" dei propri informatori. Sembra però che ciò non sia avvenuto, almeno a grande livello; il perché è presto detto: sicuramente a conoscenza del raptus suicida, il potere ha lasciato fare per un certo tempo, ha lasciato cioè che l'organizzazione si liquefacesse lentamente. A titolo di esemplificazione vi racconto un episodio accadutomi. Conosciute due ragazze in una festa, ho saputo quella stessa notte che erano simpatizzanti del partito. Due giorni dopo ho incontrato per la strada una di esse che mi ha invitato ad assistere alla riunione di un commando che stava pianificando una serie di azioni in favore dei processati di Burgos. Vi ho assistito senza che la minor obiezione venisse fatta alla mia presenza. Naturalmente ho ottenuto, pur senza aprire la bocca una sola volta, una copiosissima informazione sulla struttura e sulla strategia del partito. Valutate voi.
Ottenuta grazie allo stato di emergenza provocato dal processo E.T.A., carta bianca in materia repressiva, è iniziata una pulizia "scientifica", che anche gli altri movimenti stanno pagando, per quanto non nelle proporzioni del P.C.
Acciuffati i più incauti militanti di base - di esempi aneddotici ve ne posso fare a centinaia - grazie alle loro confessioni, ottenute con qualche sberla e qualche minaccia, in una settimana si è arrivati ad identificare e ad ottenere dichiarazioni compromettenti per i membri dei vari comitati locali, provinciali e di propaganda (i più ricercati). Molti individui, rivoluzionariamente non formati, hanno sciolto il sacco senza che la minima pressione fisica venisse loro fatta, in altri casi sembra che si sia ricorsi alla tortura.
Intendiamoci bene, non è possibile criticare colui che cede sotto la tortura, (sono a conoscenza di episodi che non stonerebbe definire "eroici"), ma deve essere criticato l'opportunismo criminale del partito che ha fatto di ogni suo militante o perfino simpatizzante una fonte di informazione preziosissima per la polizia e strumento di denuncia e di identificazione nei confronti degli altri.
La miglior forma per resistere ad un interrogatorio è l'ignoranza di ciò che la polizia desidera sapere, questa regola elementare non entrava nella strategia democratica del P.C.E.
Lo sta pagando duramente, il numero delle dichiarazioni compromettenti, estorte o "facilitate" sta assumendo l'aspetto di una spirale hegeliana; in Andalusia il partito è stato spazzato completamente, in Aragona sono pochissimi i militanti (meno importanti) che sono riusciti a nascondersi e ad evitare la cattura, a Madrid pulizia completa, a Barcellona (dove il P.C. è meno forte) la repressione sta cominciando in questi giorni, e forse si è già conclusa.
Sarebbe facile, dopo quanto esposto, concludere dicendo che non tutto il male viene per nuocere, che il colpo inflitto ad un partito riformista e piccolo-borghese può essere per noi soltanto un bene, la realtà è ben diversa.; volenti o nolenti il P.C. è attualmente una forza d'opposizione reale in Spagna. L'adesione al partito di molti rivoluzionari è avvenuta per la mancanza di una presenza attiva degli altri movimenti. Questa colpa è anche nostra.

Manuel


La guerra civile spagnola
(1936-1939)

Nel febbraio 1936 il Frente Popular (le sinistre unite) vince le elezioni, sconfiggendo la destra, ed in Spagna si intensificano le agitazioni popolari: i fittavoli cessano di pagare gli affitti, i braccianti occupano e lavorano le terre, i ferrovieri scendono in massa in sciopero. I capi militari capiscono che la vittoria delle sinistre non può soddisfare le attese del popolo spagnolo, che in buona parte punta non ad un cambiamento semplice di governo, ma ad una profonda rivoluzione sociale. Oltre mezzo secolo di propaganda e di lotte anarchiche ed anarco-sindacaliste hanno lasciato un segno profondo nella vita politica spagnola e l'influenza fra gli sfruttarti della Confederacion Nacional del Trabajo (C.N.T.), la grande organizzazione anarco-sindacalista, è estesa in tutta la Spagna e soprattutto in Catalogna (1).
Nel luglio 1936 a questi prodromi di rivoluzione, i capi militari, sotto il comando del colonnello Francisco Franco, rispondono con un colpo di stato. La risposta spontanea del popolo spagnolo è immediata.
Ad eccezione di Siviglia, nella maggior parte delle grandi città, a Madrid, a Barcellona, a Valenza soprattutto, il popolo prende l'offensiva, assedia le caserme, erige barricate nelle vie, occupa i punti strategici. Il golpe militare viene così sconfitto sul nascere in oltre metà della Spagna. In molte località l'autogestione contadina ed operaia prende corpo immediatamente, sostituisce le "autorità ufficiali" e coordina la vita sociale e la lotta antifranchista.
Onnipresente l'organizzazione della C.N.T. che ispirava e collegava dovunque i diversi comitati di base.
La caratteristica più notevole della Rivoluzione Spagnola fu proprio la grande diffusione raggiunta dagli esperimenti e dalle realizzazioni dell'autogestione, tanto nei piccoli villaggi di campagna quanto nei grossi centri industriali come Barcellona.
Per più di quattro mesi le industrie di Barcellona, su cui sventolava la bandiera rosso-nera della C.N.T., furono gestite dai lavoratori raggruppati in comitati rivoluzionari, senza aiuto o interferenza dello stato, prima che il governo, riorganizzatosi, cominciasse (purtroppo) ad occuparsene. Anche la rete dei trasporti pubblici venne autogestita dai lavoratori, in maggioranza aderenti alla C.N.T.
Dopo lo slancio dei primi mesi, però, la rivoluzione si fermò o retrocedette, in proporzione inversa con il rafforzamento del governo repubblicano di coalizione antifascista, via via sempre più dominato dal P.C., che andava acquistando maggiore consistenza e potere, grazie alla sua politica moderata (che attirava nelle sue file i bottegai, i piccoli e medi proprietari, i professionisti, i burocrati) ed agli aiuti russi.
Lo scontro fra il moderatismo e e la logica di potere dei comunisti da un lato e la rivoluzione libertaria degli anarchici dall'altro, era facilmente prevedibile. Nonostante la volontà degli anarchici di evitare fratture nel fronte antifascista, le provocazioni (2) dei comunisti e dei loro alleati piccolo-borghesi condussero necessariamente a scontri sempre più aperti e violenti.
La situazione militare, da posizioni iniziali (luglio '36) di quasi equilibrio, in termini territoriali, tra fascisti e repubblicani, andò lentamente ma continuamente deteriorandosi e l'avanzata delle truppe del "generalissimo" Franco continuò inesorabile, grazie ai massicci aiuti in armi e uomini di Hitler e Mussolini. I paesi baschi caddero nel giugno del '37, l'Aragona nell'aprile del '38; la Catalogna nel gennaio del '39, Madrid nel marzo del '39.

(1) Con oltre 1 milione di iscritti (che diventeranno 2 milioni dopo la rivoluzione) la C.N.T. era forte quanto la U.G.T. socialista, l'altra grande centrale sindacale.
(2) Ad esempio il generale comunista Lister si diede a devastare con le sue truppe le collettività agricole libertarie dell'Aragona; a Barcellona la polizia (controllata dai comunisti) assaltò la sede dei telefoni autogestita dai lavoratori della C.N.T.; agenti della polizia segreta comunista assassinarono il noto anarchico italiano Camillo Berneri.