Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 5
giugno 1971


Rivista Anarchica Online

Comunicato degli obiettori di coscienza
a cura degli Obiettori di coscienza

COMUNICATO DEGLI OBIETTORI E AI GRUPPI

Questo comunicato è stato scritto dagli obiettori rimasti ancora liberi e viene inviato ai diversi gruppi che si sono interessati del problema per informarli dell'azione svolta fino ad oggi.

Il 9 febbraio, come è noto, abbiamo tenuto a Roma la conferenza stampa con la quale abbiamo annunciato pubblicamente il nostro rifiuto collettivo del servizio militare. Qui eravamo in sei in quanto mancavano Nando Paganoni e Valerio Minnella - renitenti dall'ottobre scorso - arrestati dai carabinieri il 23 gennaio.
Noi sei avremmo dovuto presentarci in caserma entro febbraio. Dopo la conferenza stampa - per circa un mese - abbiamo tenuto dibattiti in numerose città italiane: Torino, Milano, Padova, Treviso, Mestre, Bologna, Firenze, Udine, Vigevano, Busto Arsizio, Sesto S. Giovanni etc. Questi dibattiti erano pubblicizzati esternamente e spesso era presente la polizia, tuttavia nessuno di noi è stato arrestato in queste occasioni, probabilmente perché non erano ancora pronti i mandati di cattura e anche perché la polizia voleva evitare arresti in pubblico. I dibattiti sono stati un momento molto importante di informazione diretta; ad essi hanno partecipato diverse centinaia di persone, normalmente compagni della sinistra parlamentare ed extra-parlamentare.
Il 2 marzo Nando - processato a Torino - è stato condannato a 3 mesi di prigione senza condizionale. Sempre a Torino, il 16 marzo, è stato processato Valerio: anche lui è stato condannato a tre mesi senza condizionale.
Dal 9 all'11 marzo abbiamo partecipato, a Roma, alle manifestazioni indette dalla lega per il riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza. Qui abbiamo portato il nostro punto di vista, nettamente contrario alla legge che è stata approvata dalla commissione difesa del Senato, legge che presenta un chiaro carattere punitivo e mistificante.
Nando e Valerio sono stati interrogati in carcere dal procuratore militare e sono stati avvertiti che probabilmente nella dichiarazione comune saranno ravvisati reati di "istigazione" e "attività sediziosa". Tuttavia, al riguardo, non si hanno notizie più precise.
Dopo le manifestazioni di Roma ci siamo divisi in tre gruppi per poter continuare a portare avanti il lavoro in più posti contemporaneamente.
Diversi dibattiti (non pubblicizzati esternamente per evidenti ragioni) sono stati tenuti in provincia di Milano, in provincia di Padova e a Roma, in questa ultima città in particolare in quartieri di baraccati. Dibattiti e incontri anche a Novara, Pavia, Pescara ecc.
Il 26 marzo vengono affissi, clandestinamente in diverse città, alcune migliaia di copie del manifesto "all'esercito dei padroni si risponde "signornò". Per questo fatto vengono arrestati a Milano i compagni Massimo Mazzanti e Francesco Milazzo. Per lo stesso motivo viene arrestato alcuni giorni dopo il 1° aprile, l'anarchico Fernando Del Grosso, che stava affiggendo il manifesto all'ingresso del club Turati di Milano, dov'era in corso un dibattito sull'obiezione. Per la liberazione dei tre compagni a nulla sono valse le energiche proteste dei partiti politici (PCI, PSI, club Turati) e di esponenti dello stesso ambiente giudiziario, come il segretario generale di Magistratura Democratica, Generoso Petrella.
Il giudice Amati ha respinto più volte la richiesta di scarcerazione perché, a suo avviso, i tre antimilitaristi sono persone "socialmente pericolose".
Per il manifesto si sono avuti anche due fermati e denunciati a Torino e uno a Padova. Inizialmente erano stati denunciati anche 18 anarchici di Roma, nella cui sede la polizia aveva trovato una copia del manifesto. Successivamente però sono stati scagionati perché il manifesto era "in luogo privato".
L'8 e 9 aprile ci siamo rivisti tutti e 6 a Milano, dove abbiamo fatto il punto della situazione ed abbiamo programmato l'attività futura.
Durante tutto il mese di aprile e successivamente sono continuati i dibattiti e gli incontri organizzativi con vari gruppi.
Il 21 aprile è stato arrestato uno di noi, Alberto Trevisan, mentre tornava a Padova dopo aver preso parte ad un dibattito.
Il 23 aprile Nando e Valerio, scontati i tre mesi di condanna, sono usciti dal carcere.
L'8 e 9 maggio, a Roma, c'è stata l'assemblea della lega per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza. Partecipazione molto scarsa e discussione prevalentemente tecnica. Uno dei fatti che sembrano ormai acquisiti è che, con ogni probabilità, neppure entro questa legislatura sarà approvata la legge (nemmeno quella pseudo-legge che è passata al senato).
Il 10 maggio è iniziato a Milano il processo contro i tre compagni arrestati. Dopo 45 giorni di carcere preventivo sono stati posti in libertà provvisoria, in attesa che la corte costituzionale si pronunci sulla legittimità del reato di "vilipendio delle forze armate".
Al presidente del tribunale - come forma di pressione e solidarietà politica con gli imputati - sono state presentate duemila firme di compagni e cittadini che chiedono di essere incriminati insieme a Mazzanti, Milazzo e Del Grosso, perché condividono il manifesto e hanno contribuito a diffonderlo. (Il manifesto è stato pubblicato anche da 'Controcampo', 'Re Nudo', 'AZ', 'Il Dibattito', 'MPL notiziario', 'L'Avanti!' di Milano, e non ci risulta che contro questi giornali siano state presentate delle denunce). Anche il sen. Albani ha sottoscritto il manifesto ed ha presentato al senato un'interpellanza in cui viene ripreso integralmente il testo del manifesto e con la quale afferma che questo ultimo è "legittima manifestazione di opinioni che la realtà e le vicende del paese, sono in parte richiamate nel testo, comprovano e giustificano ampiamente".
Al momento attuale, quindi, restiamo liberi in 5 (Mario Pizzola, Franco Suriano, Neno Negrini, Giuseppe Amari e Gianfranco Truddaiu), intenzionati a continuare - fino a quando ci sarà possibile - l'azione intrapresa a febbraio.
Passato in rassegna il lavoro svolto, rimarrebbe da dire qualcosa sulle prospettive future. In linea di massima riteniamo che, insieme ai gruppi che hanno seguito e sostenuto la nostra iniziativa, occorre proseguire il lavoro di approfondimento teorico e di denuncia delle funzioni repressive antipopolari dell'esercito, vedendo questa lotta nel quadro della più vasta lotta di classe che ovunque, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle campagne, viene portata avanti nella prospettiva della costruzione di una società anticapitalistica e basata sull'autogestione.
A questo riguardo è necessario iniziare un serio ed organico intervento in tutti quei settori che fanno da pilastro alla struttura militare (come ad esempio le fabbriche di armi) e intensificare i collegamenti con tutti quei compagni che svolgono un lavoro politico all'interno delle caserme.
19 maggio 1971