Rivista Anarchica Online
Comunicato degli obiettori di coscienza
a cura degli Obiettori di coscienza
COMUNICATO DEGLI OBIETTORI E AI GRUPPI
Questo comunicato è stato scritto dagli obiettori rimasti ancora liberi e viene inviato
ai diversi gruppi
che si sono interessati del problema per informarli dell'azione svolta fino ad oggi.
Il 9 febbraio, come è noto, abbiamo tenuto a Roma la conferenza stampa con la quale
abbiamo
annunciato pubblicamente il nostro rifiuto collettivo del servizio militare. Qui eravamo in sei in quanto
mancavano Nando Paganoni e Valerio Minnella - renitenti dall'ottobre scorso - arrestati dai
carabinieri il 23 gennaio. Noi sei avremmo dovuto presentarci in caserma entro
febbraio. Dopo la conferenza stampa - per circa
un mese - abbiamo tenuto dibattiti in numerose città italiane: Torino, Milano, Padova, Treviso,
Mestre,
Bologna, Firenze, Udine, Vigevano, Busto Arsizio, Sesto S. Giovanni etc. Questi dibattiti erano
pubblicizzati esternamente e spesso era presente la polizia, tuttavia nessuno di noi è stato
arrestato in
queste occasioni, probabilmente perché non erano ancora pronti i mandati di cattura e anche
perché
la polizia voleva evitare arresti in pubblico. I dibattiti sono stati un momento molto importante di
informazione diretta; ad essi hanno partecipato diverse centinaia di persone, normalmente compagni
della sinistra parlamentare ed extra-parlamentare. Il 2 marzo Nando - processato a
Torino - è stato condannato a 3 mesi di prigione senza condizionale.
Sempre a Torino, il 16 marzo, è stato processato Valerio: anche lui è stato condannato
a tre mesi
senza condizionale. Dal 9 all'11 marzo abbiamo partecipato, a Roma, alle
manifestazioni indette dalla lega per il
riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza. Qui abbiamo portato il nostro punto di vista,
nettamente contrario alla legge che è stata approvata dalla commissione difesa del Senato, legge
che
presenta un chiaro carattere punitivo e mistificante. Nando e Valerio sono stati
interrogati in carcere dal procuratore militare e sono stati avvertiti che
probabilmente nella dichiarazione comune saranno ravvisati reati di "istigazione" e "attività
sediziosa". Tuttavia, al riguardo, non si hanno notizie più precise. Dopo le
manifestazioni di Roma ci siamo divisi in tre gruppi per poter continuare a portare avanti il
lavoro in più posti contemporaneamente. Diversi dibattiti (non pubblicizzati
esternamente per evidenti ragioni) sono stati tenuti in provincia di
Milano, in provincia di Padova e a Roma, in questa ultima città in particolare in quartieri di
baraccati.
Dibattiti e incontri anche a Novara, Pavia, Pescara ecc. Il 26 marzo vengono affissi,
clandestinamente in diverse città, alcune migliaia di copie del manifesto
"all'esercito dei padroni si risponde "signornò". Per questo fatto vengono arrestati a Milano i
compagni Massimo Mazzanti e Francesco Milazzo. Per lo stesso motivo viene arrestato alcuni giorni
dopo il 1° aprile, l'anarchico Fernando Del Grosso, che stava affiggendo il manifesto all'ingresso del
club Turati di Milano, dov'era in corso un dibattito sull'obiezione. Per la liberazione dei tre compagni
a nulla sono valse le energiche proteste dei partiti politici (PCI, PSI, club Turati) e di esponenti dello
stesso ambiente giudiziario, come il segretario generale di Magistratura Democratica, Generoso
Petrella. Il giudice Amati ha respinto più volte la richiesta di scarcerazione
perché, a suo avviso, i tre
antimilitaristi sono persone "socialmente pericolose". Per il manifesto si sono avuti
anche due fermati e denunciati a Torino e uno a Padova. Inizialmente
erano stati denunciati anche 18 anarchici di Roma, nella cui sede la polizia aveva trovato una copia
del manifesto. Successivamente però sono stati scagionati perché il manifesto era "in
luogo privato". L'8 e 9 aprile ci siamo rivisti tutti e 6 a Milano, dove abbiamo fatto il
punto della situazione ed abbiamo
programmato l'attività futura. Durante tutto il mese di aprile e successivamente
sono continuati i dibattiti e gli incontri organizzativi
con vari gruppi. Il 21 aprile è stato arrestato uno di noi, Alberto Trevisan,
mentre tornava a Padova dopo aver preso
parte ad un dibattito. Il 23 aprile Nando e Valerio, scontati i tre mesi di condanna,
sono usciti dal carcere. L'8 e 9 maggio, a Roma, c'è stata l'assemblea della lega
per il riconoscimento dell'obiezione di
coscienza. Partecipazione molto scarsa e discussione prevalentemente tecnica. Uno dei fatti che
sembrano ormai acquisiti è che, con ogni probabilità, neppure entro questa legislatura
sarà approvata
la legge (nemmeno quella pseudo-legge che è passata al senato). Il 10 maggio
è iniziato a Milano il processo contro i tre compagni arrestati. Dopo 45 giorni di carcere
preventivo sono stati posti in libertà provvisoria, in attesa che la corte costituzionale si pronunci
sulla
legittimità del reato di "vilipendio delle forze armate". Al presidente del
tribunale - come forma di pressione e solidarietà politica con gli imputati - sono state
presentate duemila firme di compagni e cittadini che chiedono di essere incriminati insieme a Mazzanti,
Milazzo e Del Grosso, perché condividono il manifesto e hanno contribuito a diffonderlo. (Il
manifesto
è stato pubblicato anche da 'Controcampo', 'Re Nudo', 'AZ', 'Il Dibattito', 'MPL notiziario',
'L'Avanti!' di Milano, e non ci risulta che contro questi giornali siano state presentate delle denunce).
Anche il sen. Albani ha sottoscritto il manifesto ed ha presentato al senato un'interpellanza in cui viene
ripreso integralmente il testo del manifesto e con la quale afferma che questo ultimo è "legittima
manifestazione di opinioni che la realtà e le vicende del paese, sono in parte richiamate nel testo,
comprovano e giustificano ampiamente". Al momento attuale, quindi, restiamo liberi
in 5 (Mario Pizzola, Franco Suriano, Neno Negrini,
Giuseppe Amari e Gianfranco Truddaiu), intenzionati a continuare - fino a quando ci sarà
possibile -
l'azione intrapresa a febbraio. Passato in rassegna il lavoro svolto, rimarrebbe da dire
qualcosa sulle prospettive future. In linea di
massima riteniamo che, insieme ai gruppi che hanno seguito e sostenuto la nostra iniziativa, occorre
proseguire il lavoro di approfondimento teorico e di denuncia delle funzioni repressive antipopolari
dell'esercito, vedendo questa lotta nel quadro della più vasta lotta di classe che ovunque, nelle
fabbriche, nelle scuole, nelle campagne, viene portata avanti nella prospettiva della costruzione di una
società anticapitalistica e basata sull'autogestione. A questo riguardo è
necessario iniziare un serio ed organico intervento in tutti quei settori che fanno
da pilastro alla struttura militare (come ad esempio le fabbriche di armi) e intensificare i collegamenti
con tutti quei compagni che svolgono un lavoro politico all'interno delle caserme. 19 maggio
1971
|