Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 162
marzo 1989


Rivista Anarchica Online

Quanta ipocrisia per quelle balene
di Gianni Sartori

Lo spettacolo dei buoni sentimenti offertoci in occasione dei tentativi di salvataggio delle balene in Alaska nasconde una realtà quotidiana fatta di massacri indiscriminati e persino di delfini "arruolati" nelle forze armate in qualità di cercamine.

"Lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da diventare immagine"
(Guy Debord).

Ci risiamo. Prima le balene di Point Barrow (Alaska), poi il delfino di Broad Bay... speriamo che l'inverno polare incalzi e la faccia finita...
Resta però in sospeso una domanda: come mai tanto casino? Dipende forse dal senso di colpa che affligge la nostra specie di fronte all'ecocatastrofe imminente o dalle comprovate capacità di manipolazione fuorviante della "società dello spettacolo"?
Un'occasione ghiotta per ostentare buoni sentimenti da parte di uno sputtanatissimo ma apparentemente intramontabile sistema capitalista (come dire: vedete che produce anche "valori", non solo prezzi)? Vaneigem & C. hanno dato ampie e insuperate dimostrazioni del nesso inscindibile tra merce, profitto e "spettacolo"; chissà, forse meriterebbero una ripassata.
Senza arrivare all'"estremismo" di alcune riviste cattoliche-terzomondiste (che le avrebbero semplicemente consegnate ai famelici eschimesi) è doveroso avere qualche perplessità in merito alle tanto pubblicizzate operazioni-salvataggio. In casi del genere la contraddizione rasenta il limite della schizofrenia, però in qualche modo istituzionalizzata e "codificata" (quindi legittima e socialmente accettabile, soprattutto perché funzionale allo "stato di cose"). Lo stesso del resto era avvenuto durante la recente moria di foche nel Mare del Nord: prima si inquina indiscriminatamente in nome del sacrosanto profitto e poi ci si straccia le vesti per le povere creature intossicate ed agonizzanti. Idem, dicevo, con le tre balene grigie ("Eschrichtius robustus", il leggendario "pesce-diavolo" dei vecchi balenieri): massacri su massacri di intere generazioni di cetacei in cambio di un mucchietto di quattrini e poi si spende l'ira di dio per salvarne tre (anzi due: una prece per Kanik-Fiocco di Neve).
Ma il caso del delfino intrappolato sulle coste della Virginia manda particolarmente in bestia perché "riesuma" nella memoria i suoi fratellini inviati, nel novembre dell'87, in missione nel Golfo Persico. In quella occasione solo alcuni organismi (protezionisti, umanitari, ambientalisti ecc.) avevano espresso la loro legittima preoccupazione per la sorte dei neo-coscritti. Si temeva che più d'uno sarebbe saltato in aria grazie alle mine della Valsella. In realtà questo non è avvenuto e la maggior parte ha potuto tornarsene in "patria" (negli acquari della Marina USA) sana e salva.

Uso e abuso
Tutto è bene quel che finisce bene? Mica tanto, visto che nel giro di qualche mese un gran numero dei reduci è morto per malattia (spesso di polmonite). Il tutto è stato preceduto da inequivocabili sintomi di deterioramento del sistema immunitario con conseguente caduta delle naturali capacità di difesa dalle malattie. Le diagnosi hanno individuato come causa principale una grave forma depressiva, dovuta allo stress (in un "animale", si badi bene, universalmente noto per la sua "gioia di vivere"). Certo comunque che tutta la storia dei delfini spediti a supportare la "bonifica" degli stretti (per individuare mine, sommozzatori, barchini ecc.) era stata particolarmente disgustosa.
Dopo l'ormai plurisecolare uso e abuso da parte di stati e affini (capitalisti o "socialisti" non cambia poi granché) delle classi subalterne e dei popoli oppressi come forza-lavoro e/o carne da macello cominciava a profilarsi uno scenario impostato sullo sfruttamento sistematico di tutte le altre specie del pianeta. Una particolare predilezione sembrava essere rivolta a quelle che finora (forse grazie proprio allo sviluppo di particolari doti intellettive) erano miracolosamente scampate alle pratiche dell'allevamento e dell'addestramento.
Nel caso in questione questo accadeva dopo che per anni stampa, libri, cinema ecc. avevano ampliamente informato la pubblica opinione sulle qualità del delfino, sulle sue capacità di elaborare un linguaggio, di comunicare con gli esseri umani (da pari a pari, si diceva... e infatti).
Una volta scoperto che il loro cervello è quanto di più simile esista a quello umano, promosso il cetaceo giocherellone al rango di specie superiore (ma non certo dominante, ruolo questo che compete ad una élite di nostri "simili", quelli di Razza Bianca e Padronas) a cosa si è subito pensato? Ma ad arruolarli, cribbio, a metterli "a lavorare" (come è noto "nobilita" e "rende liberi") in condizioni di alto rischio approfittando del fatto che le simpatiche creature non hanno ancora acquisito l'abitudine alla diserzione e allo sciopero. Finalmente si capiva dove andavano miseramente a parare tanto ostentato impegno scientifico e sforzi finanziari "disinteressati" nel campo della ricerca etologica. Non certo a stabilire un "ponte" su basi di reciproco rispetto tra due specie diverse (e nemmeno a riconoscere finalmente che l'Uomo non è stato investito per volontà divina del diritto esclusivo a disporre delle "risorse" del pianeta) ma soltanto a procurarsi nuovi mezzi da impiegare in quello che si conferma sempre più come il vero "business" del secolo: LA GUERRA, comunque intesa.

In nome del profitto
Insomma, la ricerca bellica, già settore trainante nel campo delle telecomunicazioni, dei progetti spaziali, dell'informatica... diventa ora fondamentale per lo sviluppo dell'etologia. Più ancora della successiva sorte degli infelici cetacei da prima linea dà da pensare l'infame precedente creatosi. Episodi del genere non possono che rafforzare la pretesa degli oppressori di ogni risma di poter tranquillamente disporre di tutto e di tutti per i propri progetti di militarizzazione e sfruttamento del mondo in cui viviamo.
Siamo ancora una volta di fronte a nient'altro che ad una pesante riaffermazione della immorale (posso dire spregevole?) "etica capitalista": in guerra ed in affari, in nome del profitto, tutto è permesso.
Perché non si organizzano campagne per liberare "tutti" i delfini, non solo quelli imprigionati dal ghiaccio ma anche quelli schiavizzati e reclusi nelle scuderie degli apparati militari? Forse perché si considera "normale" far combattere le proprie sporche guerre ad altri considerati inferiori (popoli o specie diverse che siano). Oggi come oggi questa costante della storia occidentale (dai neri africani, costretti dalla Francia a combattere contro i vietnamiti, ai nepalesi, spediti alle Malvinas (o Falkland) dalla signora Thatcher) è stata messa "un po'", in crisi dalle lotte per l'autodeterminazione. Bisognava correre ai ripari, trovare dei sostituti meno sensibili alle "insane" teorie sul Partito dei Popoli.
A questo punto non è nemmeno tanto improbabile che il discorso si allarghi e, forse, non è lontano il giorno in cui verranno impiegati esemplari addestrati di cetacei e pinnipedi di ogni genere. Paventiamo l'arruolamento di Orche assassine (Orcinus Orca), di ferocissime Foche-leopardo (Hydrurga leptonyx), di combattivi trichechi (Odobenus rosmarus, l'unico della famiglia in grado di tenere testa anche agli orsi polari, grazie ai suoi "fendenti") magari proprio contro i disgraziati "delfini artificieri".