Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 162
marzo 1989


Rivista Anarchica Online

Dietro Gorby ancora Lenin
di Andrea Papi

Di fronte alla generale simpatia di cui gode il leader sovietico Gorbaciov, bisogna ricordare come, da sempre, dietro le presunte istanze libertarieggianti del socialismo di stato si nascondano tattiche sempre più sottili per la conservazione del potere. Ma in URSS esistono anche movimenti che potrebbero turbare i sogni neo-leninisti dei tecnocrati di Mosca.

"Tutto il potere ai soviet, la terra ai contadini".
La vecchia parola d'ordine legata al più grosso evento rivoluzionario di questo secolo, la rivoluzione russa, mi ritorna alla mente ogni qualvolta sulla stampa nostrana leggo qualcosa che parla degli avvenimenti che si stanno verificando in Unione Sovietica, sia che si tratti della perestrojka o delle dichiarazioni di Gorbaciov, o ancora dei problemi economici e politici che l'assillano. L'enorme quantità di informazioni interpretative su ciò che sta avvenendo in casa russa, inevitabilmente e istintivamente mi riporta a quello slogan ormai storicizzato.
A quasi settantadue anni di distanza dal mitico ottobre del '17, Gorbaciov, come allora Lenin, afferma di voler affidare ai soviet e ai contadini le sorti della tanto decantata perestrojka, la serie di riforme che dovrebbero rialzare le sorti compromesse dell'impero sovietico. L'affinità tra i due momenti, pur così diversi, risiede nella visione teorica che dà il senso a questa adesione al metodo consiliarista e alla gestione proprietaria dei contadini nelle campagne.
Nel '17 infatti, per i bolscevichi che se ne appropriarono, il famoso slogan rappresentò una scelta essenzialmente tattica, dettata dalla necessità di estorcere il consenso delle masse in rivolta al fine di prendere il potere. Non fu mai un riconoscersi nei principi dell'autogestione, che pure erano alla base di quella meravigliosa creazione spontanea di popolo che furono i consigli dei soldati, degli operai e dei contadini, i soviet appunto. Per i bolscevichi, questi erano soltanto strumenti utili all'insurrezione, a patto che venissero completamente diretti e gestiti dal partito.
Già dal marzo del 1907, nel progetto di risoluzione per il V congresso del POSDR, dal significativo titolo "Le organizzazioni operaie apartitiche e la corrente anarcosindacalista in seno al proletariato", Lenin fra l'altro scriveva: "Se il lavoro socialdemocratico tra le masse del proletariato viene impostato in modo giusto, solido e largo, simili istituzioni possono in realtà risultare superflue". (Lenin, Opere Complete, vol. XII, pag. 129).
Nella sua rigorosissima "Storia dei Soviet", Oskar Anweiler fa vedere con molta chiarezza come nel 1905, quando scoppiò la prima rivoluzione repressa poi dallo zarismo, durante la quale per la prima volta apparvero i soviet, il partito bolscevico fosse antisovietico. Una posizione che aveva un senso e una sua coerenza. I bolscevichi infatti erano perfettamente consapevoli che i consigli, sorti spontaneamente come pura creazione popolare, erano mezzi antigerarchici di democrazia diretta, funzionali per la loro natura all'autogestione più completa. Per un partito come quello di Lenin, che dichiaratamente perseguiva la presa del potere e assolutisticamente considerava rivoluzionario solo ciò che riusciva a guidare e gestire, autoconsiderandosi l'unico legittimo interprete della coscienza rivoluzionaria delle masse, il discorso autogestionario non poteva che essere d'impiccio.

Da Lenin a Gorbaciov
Fu la genialità politica di Lenin a capire che, quando nel febbraio del '17 scoppiò la rivoluzione che affossò lo zarismo, se non si fosse collegato ai soviet, unico momento di decisionalità in cui si riconoscevano le masse in rivolta, il suo partito avrebbe avuto vita molto breve. Scortato da un treno blindato dei servizi segreti tedeschi, Lenin giunse dalla Svizzera dove si trovava al momento dello scoppio insurrezionale e, con le famose "Tesi del 4 aprile", fece approvare la sua scelta di impossessarsi strategicamente della parola d'ordine "tutto il potere ai soviet e la terra ai contadini", che fino ad allora era stata patrimonio degli anarco-sindacalisti e dei massimalisti, mentre il suo partito vi era stato contrario.
Fu una scelta tattica, completamente strumentale, dettata dalla necessità di usare i soviet per impossessarsi del potere. Una volta installatisi al Palazzo d'Inverno nell'ottobre del '17, Lenin e i dirigenti del suo partito portarono avanti un'opera sistematica di svuotamento politico dei soviet, di centralizzazione dittatoriale, di controllo assoluto e asfissiante su tutto il corpo sociale, massacrando ogni manifestazione ed ogni voce che fosse diversa dalle decisioni del comitato centrale. Il resto è noto.
Oggi Gorbaciov, inventore e interprete principale della perestrojka, riprende in pieno, aggiornandolo, il tatticismo leniniano; afferma che bisogna ridare dignità ai soviet e la terra ai contadini. Oggi come allora, tenendo conto dei cambiamenti fondamentali che la storia ha segnato e sedimentato, sia i soviet che la gestione proprietaria contadina vengono riproposti quali strumenti funzionalizzati alle esigenze del partito che, sempre secondo Gorbaciov, deve rimanere il vero interprete della politica e il riferimento privilegiato della decisionalità. Oggi come allora è il partito che deve trionfare, non la gestione antigerarchica dal basso, che invece rappresentò il senso e la reale richiesta delle masse insurrezionali sia nel '5 che nel'17.
Dopo settantadue anni di gestione assolutistica, carichi della criminale esperienza staliniana, il bilancio è pesante. La Russia è pressata da un'economia allo sfascio, da una burocrazia asfissiante che vive sulla massima corruzione, da un distacco netto tra la dirigenza politica e la gente che ne subisce le decisioni. Nell'88 i raccolti agricoli sono stati inferiori di 16 milioni di tonnellate rispetto all"87, mentre la produzione industriale è enormemente insufficiente a coprire la domanda interna, nonostante l'aumento del 4,4% del prodotto nazionale lordo. Il ministro sovietico Boris Eltsin, durante un'intervista pubblicata nel n. 0 di Avvenimenti, con una frase significativa rende bene il livello produttivo legato alla crisi economica in URSS: "La nostra industria leggera ha prodotto per anni milioni di scarpe; ma è rimasto sempre un sogno comprare scarpe belle". L'autorità istituzionale bolscevica, assurta al potere usufruendo dell'insurrezione rivoluzionaria del '17, secondo la filosofia che tutto doveva essere deciso e controllato dalla gerarchia del partito unico, in pochi decenni ha prodotto un mostro burocratico opprimente che, oltre a non risolvere i problemi, ne ha creati di nuovi fino al limite dell'irreversibilità. Ma ora è apparso il "salvatore delle patria", Gorbaciov, il tecnocrate intelligente. Propone la perestrojka, silura i burocrati conservatori e corrotti, si accorda con Reagan per la denuclearizzazione, a sorpresa annuncia all'ONU la riduzione di 500.000 uomini delle forze armate dislocate nei paesi del Patto di Varsavia, fa approvare dal parlamento una nuova legge elettorale che tende a rilanciare la partecipazione del corpo sociale e ad aprire la strada a un pluralismo politico non pluripartitico, vuole ridurre le ingerenze del partito comunista per aumentarne l'influenza e il prestigio ormai quasi inesistenti. Un piano intelligente, ma che nasce con qualche falla. La nuova legge elettorale appena varata viene già contestata dai gruppi informali, che ne denunciano il bluff di una falsa e apparente democrazia atta solo a rilegittimare subdolamente il partito.
Nelle campagne la situazione agricola non mostra sostanziali miglioramenti, come pure la penuria di generi alimentari e di vario tipo continua a caratterizzare i negozi, assediati da lunghe file ormai proverbiali di persone.

Il KGB è con lui
A proposito è interessante il punto di vista di Hélène Carrère d'Encausse, una delle maggiori sovietologhe sulla scena mondiale, espresso in un'intervista pubblicata dall'Europeo dei 6/10 febbraio. "È sbagliato considerare il gorbaciovismo un fenomeno originale, un prodotto dei nostri tempi. In realtà risponde a necessità impellenti, sempre più cogenti, anno dopo anno, dalla morte di Stalin, dalla fine del dispotismo assoluto". Hélène Carrère ipotizza che Gorbaciov sia stato mandato al potere dall'establishment sovietico per funzionare meglio? Ma i miglioramenti che deve porre in campo non devono in alcun modo mandare a pezzi né il sistema a partito unico né la comunità sovietica. Non a caso, se la parte conservatrice del partito gli è contro, ha però dalla sua l'esercito e il KGB che, riformato a suo tempo da Andropov, è ora composto da un corpo d'élite. Gorbaciov insomma, più che l'uomo buono e gentile che ci hanno propinato i mass-media occidentali, "è il solo uomo in grado di permettersi riforme di grande portata e indispensabili alla sopravvivenza dell'URSS".
Ma nulla è scontato, definitivo o definito, deciso dall'alto. La società russa è in movimento e può riservare sorprese agli scacchisti politici del Cremlino. Anche oggi, come fu dopo la presa del Palazzo d'Inverno nel '17, il richiamo ai soviet è un grosso bluff, come pure la terra ai contadini attraverso quella specie di mezzadria di stato voluta da Gorbaciov. L'inganno potrebbe cominciare a svelarsi, quale ennesimo tentativo di ristrutturazione bolscevica.
Significative le parole di Poltoranin, ex-direttore di "Moskovskaia Pravda" ora messo da parte, pubblicate sul Manifesto del 26 novembre '88 nell'ambito di un'intervista: "I contadini si riuniranno quando decideranno loro, non quando glielo comanderà qualcuno dal centro... noi vogliamo motivare la gente, non demotivarla. Non vogliamo reinventare il capitalismo, ma mettere le basi di un socialismo che non sia quel sistema proprietario gerarchico di stato che abbiamo avuto finora".