rivista anarchica
anno 48 n. 427
estate 2018


individualismo

Max Stirner (forse) non era anarchico

di Enrico Ferri

A questa conclusione problematica sembra giungere Enrico Ferri, curatore della recente traduzione della nota biografia di Henry Mackay, Max Stirner. La sua vita e la sua opera in uscita presso l'editore Rubbettino. E sul pensiero del filosofo tedesco Johann Caspar Schmidt (vero nome di Stirner), considerato da molti il primo individualista anarchico, si riapre il dibattito.


La biografia di Stirner -Max Stirner, sein Leben und sein Werk- redatta da John Henry Mackay in tre diverse edizioni (1897-1910-1914) non ebbe una particolare fortuna editoriale, seppure esistesse già in quegli anni, a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, un potenziale pubblico di estimatori di Stirner, interessato a conoscere la vita del Filosofo, tanto sul versante culturale che su quello politico. Quando esce la prima edizione della biografia, già da qualche anno il nome e l'opera di Stirner erano tornati d'attualità: nel 1893 l'editore Reclam aveva pubblicato la prima edizione economica de L'unico e la sua proprietà.
Per un altro verso, negli anni del Mackay era presente ed organizzata, attraverso una serie di riviste, gruppi, circoli, comitati, case editrici, associazioni di lavoratori, ecc., la galassia degli anarchici, che ricomprendeva la corrente alla quale lo stesso Mackay apparteneva, quella degli anarchici individualisti. Ciò nonostante la biografia di Stirner nelle tre diverse edizioni non riuscì a vendere che poche centinaia di copie, cosa di cui lo stesso autore si rammarica. Diversi motivi sono all'origine di questa limitata fortuna: la biografia era scritta in tedesco, pertanto inaccessibile al pubblico francofono e italiano, come all'anarchismo anglofono e latino delle Americhe. Seppure la biografia di Stirner sia redatta da un poeta ed un romanziere, non siamo in presenza di una scrittura piana e ben articolata; al contrario, persino la descrizione di Stirner, del suo carattere come delle sue fattezze fisiche, è mal fatta e spesso contraddittoria. Mackay, per giunta, non riesce mai a separare la vita del Filosofo, di quello che di essa riesce a ricostruire, dai suoi giudizi, sempre finalizzati a presentare sotto la luce migliore la vita e l'opera di Stirner. Mackay, infatti, è un fervente ammiratore di Stirner che considera un genio, un maestro ed il teorico per eccellenza dell'anarchismo, cioè di una corrente politica e filosofica che al tempo di Stirner non esisteva. Nell'opera principale di Stirner, come nei cosiddetti “Scritti Minori”, il termine “anarchia” non compare mai.

Le difficoltà delle ricerche del Mackay

Mackay si considerava, in quanto anarchico individualista, assieme agli altri militanti di questo movimento, l'erede testamentario di Stirner, parte di quanti avrebbero dovuto raccoglierne l'eredità, tutelarne l'identità e divulgarne il messaggio di liberazione radicale e definitiva.
I due limiti su ricordati sono di tipo soggettivo: una scrittura involuta, ripetitiva e non di rado contraddittoria e poco chiara, accanto ad un approccio ermeneutico eccessivamente empatico, se non apologetico. Accanto a questi, nella biografia di Mackay ne è presente un altro che solo in minima parte coinvolge la responsabilità dell'autore; un limite che è una conseguenza delle difficoltà oggettive incontrate nel reperimento di materiali e testimonianze sulla vita di Stirner.
Si possono così riassumere: distanza di più di tre decenni fra la morte di Stirner e l'inizio delle ricerche biografiche; mancanza di una raccolta, di un lascito dei materiali di Max Stirner, per motivi diversi: vanno ricordati almeno sei o sette traslochi che coinvolsero Stirner nei dieci anni che andarono dall'uscita del L'unico alla morte e la dispersione dei suoi libri e delle sue carte, prima affidati a Buhl e divenuti introvabili dopo la morte di quest'ultimo. Anche la ricerca e la raccolta di informazioni attraverso quanti condivisero con Stirner varie vicende, in ambito filosofico, umano ed esistenziale, non diede mai esiti significativi.
La distanza fra la data della morte di Stirner (1856) –ancor più significativa se consideriamo quella dell'uscita del libro (1845)- e la data dell'inizio delle ricerche da parte del Mackay (1888) da sola spiega molte delle difficoltà che il biografo di Stirner dovette affrontare. Nella biografia Max Stirner, la sua vita e la sua opera troviamo poche notizie su Stirner, quasi sempre insignificanti, un'attenzione maniacale nel riportare ricerche e contatti con personaggi che poca o nulla luce fecero sul Filosofo e sull'uomo Stirner, fornendo elementi utili alla biografia. Non è raro infatti che Mackay, pagina dopo pagina, ci illustri una serie di ricerche che portarono a risultati modesti quanto non nulli.

Le reticenze di Marie Dähnhardt, “Frau Schmidt”

Un esempio paradigmatico delle difficoltà incontrate dal Mackay lo offre la vicenda della moglie di Stirner, vicina a Stirner sul piano intellettuale ed umano per alcuni anni: con Stirner frequentava il circolo berlinese dei Freien, “I Liberi”, l'ambiente radicale dei giovani hegeliani berlinesi, dove troviamo personaggi come i fratelli Bauer, Arnold Ruge, Buhl e Engels. Con Stirner condivise, come moglie,poco più di due anni di vita. Il libro di Stirner, com'è noto, porta come epigrafe dedicatoria: “Al mio amore Marie Dähnhardt”. “Frau Schmidt”, come la chiama Mackay, dopo la separazione da Stirner, aveva abbandonato la Prussia per il Regno Unito, dove aveva continuato a frequentare ambienti radicali, per poi trasferirsi in Australia nel 1852, dove visse anni difficili e si avvicinò ad associazioni di cattolici che oggi definiremmo integralisti. Una consistente eredità la spinse a tornare in Inghilterra, nel 1870 o nel 1871, dove continuò il suo impegno confessionale, che coltivò fino alla morte. Mackay cercò in ogni modo di incontrare e di intervistare la donna, che si rifiutò sempre. Marie Dähnhardt aveva radicalmente rinnegato e preso le distanze dalle esperienze politiche ed intellettuali giovanili, come dal suo sodalizio con Max Stirner, considerato responsabile della dilapidazione della cospicua dote matrimoniale e del fallimento del loro matrimonio. Tutto quello che Mackay riuscì a cavare dalla “vecchia bigotta” furono alcune lapidarie e poco encomiastiche considerazioni sul suo ex consorte, definito “egoista” e “pigro”, senza però motivare tali giudizi.
Mackay, inoltre, come viene annunciato già nel titolo della sua biografia, Max Stirner, la sua vita e la sua opera, si propone di descrivere non solo la vita ma pure l'opera di Stirner, cercando allo stesso tempo di stabilire un nesso speculare tra queste due dimensioni, in termini di “coerenza”, come se lo stile di vita di Stirner rispecchiasse il modello filosofico de L'unico e viceversa. Un intero capitolo è dedicato all'interpretazione de L'unico e la sua proprietà, in cui si gettano la basi di quello che può dirsi il “mito” dello Stirner anarchico, anzi, per essere più precisi, dello Stirner proto-teorico dell'anarchismo individualista.

L'“invenzione” dello Stirner anarchico

L'individualismo stirneriano è interpretato da Mackay come la più compiuta espressione della filosofia dell'anarchismo, operando a dir poco una forzatura perché, per evidenti motivi temporali, Max Stirner è estraneo al movimento anarchico (che non esisteva ai suoi tempi ) e solo per alcuni aspetti può essere ricompreso tra i filosofi dell'anarchismo. Il termine anarchia ed anarchismo, ad esempio, non si trovano nella sua opera ed uno dei filosofi con cui polemizza è Pierre Joseph Proudhon. Senza considerare che i due principi condivisi da tutti gli anarchici (almeno da quelli “socialisti” e “comunisti”), cioè l'uguaglianza e la libertà, non sono certo rivendicati da Stirner, che all'uguaglianza contrappone l'unicità ed alla libertà la proprietà. L'uguaglianza viene ridotta al riconoscimento di una unicità condivisa, cioè propria ad ogni uomo, una (pseudo) uguaglianza che si esprime come un' “uguale differenza” (ogni individuo è originale ed irriducibile ad un modello condiviso) e sulla cui base è possibile solo fondare un'unione di tipo utilitaristico, motivata dall' “interesse reciproco” e che si esprime nell' “uso reciproco”. Ciò che sostiene l'uguaglianza, nella prospettiva stirneriana, non è la solidarietà degli altri uomini, ma la capacità propria ad ognuno di appropriarsi di una parte di mondo (fatto di “cose” e di “relazioni”), cioè di farsi “proprietario”.
Per decine di pagine Mackay ci offre una confusa e libera interpretazione del testo di Stirner, un'interpretazione che in molti passi appare una volgarizzazione “creativa”, nel senso che attribuisce a Stirner tesi delle quali ne L'unico non c'è traccia, come in varie occasioni faccio notare nel mio commento al testo. Un altro elemento altera l'interpretazione del Mackay, la scarsa o nulla conoscenza del contesto storico- filosofico nel quale Stirner elabora la sua opera, come pure degli interlocutori di Stirner. Mackay ha assai scarse conoscenze della filosofia di Hegel e dei filosofi della sinistra hegeliana, cioè dei presupposti e degli interlocutori principali de L'unico, del suo stesso terreno di coltura.

Profilo di Max Stirner disegnato a memoria,
alcuni decenni dopo la sua morte,
da Friedrich Engels

Le origini dello Stirner “individualista anarchico”

I limiti delle ricerche e delle interpretazioni presenti nella biografia del Mackay stanno ad indicare la scarsa fortuna del libro Max Stirner, sein Leben und sein Werk, non solo al tempo delle prime tre edizioni del testo, ma pure negli anni successivi alla morte del suo autore, come pure le mancate traduzioni in altre lingue.
Anche dal punto di vista storiografico la biografia del Mackay non è di molta utilità; in essa non ci sono notizie di una qualche novità ed utilità e una prova di questo ci viene anche dallo scarso rilievo che essa ha avuto ed ha tra gli studiosi di Stirner, che di rado vi fanno riferimento e quando ciò avviene è spesso per note di colore, come nel caso della scena del matrimonio di Stirner e Marie Dähnhardt, di cui Mackay ci ha lasciato una vivida descrizione.
Ciò nonostante, esistono altri validi motivi che rendono interessante la biografa di Stirner,considerata parte importante dell'opera di valorizzazione del filosofo di Bayreuth compiuta dal Mackay. Lo stesso biografo di Stirner si riteneva il principale artefice della riscoperta del filosofo dell'egoismo avvenuta nei decenni a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Pretesa solo parzialmente vera, ma di una qualche consistenza. Per circa quarant'anni Mackay si occupò di Stirner, fece ricerche sulla sua vita, raccolse materiali, intervistò decine di persone che in modo più o meno diretto potevano ricollegarsi a Stirner. Trovò la tomba di Stirner nel cimitero berlinese di Sophienkirhhof, sepoltura che era in uno stato di semi abbandono e invasa dai rovi; la ripulì e la ricoprì con una lastra di granito nero, comprata attraverso una sottoscrizione. Allo stesso tempo, Mackay trovò e raccolse gran parte degli scritti giornalistici e degli articoli stirneriani, che pubblicò nel 1897. in una raccolta che portò il titolo di Kleinere Schriften (Scritti Minori), un volume importante perché aiuta a comprendere lo sviluppo del pensiero di Stirner in un periodo che va dal 1842 al 1847, anni di preparazione e di pubblicazione de L'unico (ottobre 1844), poi di repliche ai critici del libro, personaggi come Ludwig Feuerbach e Hess, che meglio definiscono il pensiero di Stirner su questioni come il “nulla”- alla base di tutto il sistema dell'egoismo-, il ruolo dell'“interesse personale” e dell'“unione degli egoisti”. Articoli come Il falso principio della nostra educazione: umanesimo e realismo, Lo Stato fondato sull'amore o il primo scritto noto di Stirner, la recensione al saggio di Bruno Bauer, La tromba del giudizio universale, Hegel ateo e anticristo, che rappresentò la chiave di svolta rivoluzionaria di quella che sarà definita la “sinistra hegeliana”. Per un altro verso, molti contributi raccolti nei così detti Scritti Minori ci danno l'opportunità di vedere la filosofia stirneriana, la prospettiva dell'egoismo, applicata ad una serie di diversi problemi di politica interna ed internazionale: dalla questione del “mandato revocabile” a quella del divorzio, dall'educazione dei bambini, all'organizzazione federale.
La biografia di Stirner, nelle sue diverse edizioni, si colloca in quest'opera di diffusione e divulgazione del pensiero anarchico e stirneriano, che vengono riportati ad una stessa matrice, anzi, per molti versi, il “vero” pensiero anarchico è stato considerato quello più coerente con la filosofia stirneriana, interpretata ovviamente alla maniera del Mackay, come dottrina anarchica.

Engels e lo Stirner “precursore” di Bakunin

Il primo ad avvicinare il pensiero di Stirner all'anarchismo fu Friedrich Engels nella sua recensione al libro Ludwig Feuerbach del filosofo danese Carl Nicolai Starcke, recensione apparsa in due diversi fascicoli di “Neue Zeit” nel 1886 e poi pubblicata come testo autonomo con il titolo Ludvig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, che aveva in appendice le XI glosse di Marx a Feuerbach, fino ad allora inedite. Nel testo, come lo stesso titolo annuncia, attraverso l'analisi della filosofia di Feuerbach si ricostruisce la vicenda della “sinistra hegeliana”, interna alla più generale storia della “filosofia classica tedesca”. La tesi di fondo della recensione di Engels è che tutta la filosofia tedesca “classica”, cioè meramente speculativa, si è sviluppata fino ad esiti materialistici e rivoluzionari, come avviene nei discepoli rivoluzionari di Hegel. Ciò nonostante questi filosofi per Engels restano sul piano puramente teorico, di riflessione e di interpretazione del mondo, giudizio che riprende le note affermazioni di Marx nelle Tesi a Feuerbach, riportate in appendice al volumetto di Engels, dove ad esempio Marx sostiene: “Fino ad ora i filosofi hanno interpretato il mondo, ora bisogna trasformarlo”. La filosofia classica sarebbe stata, in questa prospettiva, quella della contemplazione e dell'interpretazione del mondo, mentre il marxismo rappresenterebbe la vera filosofia rivoluzionaria, dove la comprensione della realtà si presenta come la premessa per la sua trasformazione: è una filosofia della prassi dove l'interpretazione è il primo momento della trasformazione, ciò che attiva il rivoluzionamento della realtà.
In questo lavoro Engels ricostruisce una falsa cronologia delle vicende della sinistra hegeliana, anche attraverso una serie di opere particolarmente rappresentative del pensiero dei loro autori. Scrive Engels: “Alla fine arrivò Stirner il profeta dell'odierna anarchia –Bakunin ha preso molto da lui e sorpassò la sovrana 'autocoscienza' [di Bauer]con il suo 'unico' sovrano”. Infine, scrive Engels, “apparve” L'essenza del Cristianesimo di Feurbach (1841) che andò oltre Stirner (1845), cioè superò un testo che sarebbe uscito solo quattro anni dopo. Questa cronologia manipolata serviva a ripresentare gli argomenti di Marx nelle undici tesi a Feuerbach: che Marx e lui fossero andati oltre la filosofia classica tedesca, con una teoria che era un primo momento della trasformazione rivoluzionaria, insieme critica e anima della prassi rivoluzionaria.

Oltre Mackay: L'Unico uno, nessuno e centomila

La lettura che John H. Mackay ci offre di Stirner nella biografia che curò, non esaurisce certo le interpretazioni del pensiero del Filosofo di Bayreuth, anche se rappresenta quella che ha avuto più seguito e fortuna: Stirner Filosofo e Padre dell'anarchismo. La centralità della filosofia di Stirner, però, è data dal ruolo che in essa gioca l'individuo, considerato come originale, “unico” e non rappresentabile in quanto in continuo sviluppo e trasformazione. Tutto il sistema stirneriano è finalizzato alla tutela ed alla garanzia dello sviluppo di tale unicità e della irriducibilità dell'individuo ad ogni categoria collettiva: dalla famiglia al partito, dalla società alla nazione, dalla classe al partito. La centralità e la salvaguardia dell'individuo, la sua esaltazione che a volte assume toni titanici, come quando Stirner definisce l'unico, l'egoista, “der Gewaltige”, “il potente”, hanno fatto si che Max Stirner nel corso del Novecento sia stato anche associato al liberalismo e all'esistenzialismo, al dadaismo come all'anarchismo di destra. Stirner se avesse potuto commentare queste varie interpretazione del suo pensiero, avvolto nel fumo di uno dei suoi amati sigari, probabilmente avrebbe detto che in tutte queste letture c'è un riflesso dell'unico, ma che l'unicità anche nella sua dimensione filosofica non si può ridurre ad una dottrina codificata. Non a caso, Stirner nel suo libro non usa mai espressioni come “la mia filosofia” e “il mio pensiero”, spiegando in più di un'occasione che non sono i pensieri a creare l'individuo, ma è il soggetto a crearli e a disfarsene a suo piacimento. Codificare un pensiero, a maggior ragione la riflessione su L'Unico, significherebbe trasformare la libera creazione dell'egoista in un sistema e in una catena.

Enrico Ferri