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				 Primo Maggio 
                  
                Primo Maggio 
                  
                a cura della redazione 
                    
                Da quando nacque e poi per molti decenni, il Primo Maggio è stato una giornata di lotta anticapitalista internazionale. Poi vennero l'istituzionalizzazione come festa riconosciuta dallo Stato e il San Giuseppe santificato dalla Chiesa. Sulle origini (anarchiche) e sulla storia di questa giornata ripubblichiamo due scritti apparsi 40 anni fa su “A”, una bibliografia aggiornata scritta da Massimo Ortalli e un breve scritto del 1909 di Pietro Gori. 
                  
                  Quattro anarchici impiccati, 
                  un quinto che, per togliere la soddisfazione al boia, si uccide 
                  la sera precedente all'esecuzione: questo il tragico bilancio 
                  di un processo intentato dai padroni e dalla polizia contro 
                  i più attivi militanti anarchici e sindacalisti di Chicago, 
                  in seguito ad un grande meeting tenutosi in una piazza 
                  centrale il 3 maggio 1886. 
                  Il comizio era stato tenuto da alcuni lavoratori anarchici, 
                  che, parlando ad una folla di quarantamila operai agitanti bandiere 
                  rosse e rosso-nere, avevano invitato il proletariato di Chicago 
                  a prepararsi a dure lotte contro i padroni, le forze dell'ordine 
                  ed i “Pinkerton” (poliziotti privati usati dal padronato 
                  in funzione parapoliziesca e di difesa del crumiraggio). Verso 
                  la fine di questa riuscita manifestazione, una bomba esplose 
                  fra i poliziotti: nonostante l'assoluta mancanza di indizi (pare 
                  che la bomba sia stata gettata da provocatori prezzolati), si 
                  iniziò una vera e propria “caccia alle streghe” 
                  contro il movimento anarchico, che rappresentava la punta di 
                  diamante del movimento operaio, allora impegnato in una durissima 
                  lotta di classe. 
                  Fu proprio con l'intento di stroncare la combattività 
                  operaia che la polizia arrestò molti anarchici, cinque 
                  dei quali (Engel, Fischer, Lingg, Spies, Parsons) furono appunto 
                  condannati alla forca: l'esecuzione avvenne l'11 novembre 1887, 
                  quarant'anni prima di quella dei due anarchici italiani Sacco 
                  e Vanzetti, ugualmente innocenti, ugualmente assassinati. 
                  Durante il processo gli imputati denunciarono il sistema di 
                  sfruttamento e di oppressione dominante in America, non perdendo 
                  l'estrema occasione per fare propaganda anarchica. 
                  “Noi siamo condannati come anarchici - dichiarò 
                  ai giudici Albert Parsons - e io sono orgoglioso di essere anarchico. 
                  Voi credete, signori, che allorquando i nostri cadaveri penderanno 
                  dalla forca tutto sarà finito? Voi credete che la guerra 
                  sociale finirà quando voi ci avrete selvaggiamente strangolato? 
                  Al di sopra del vostro verdetto vi è quello del popolo 
                  americano e di tutto il mondo che condannerà la vostra 
                  ingiustizia”. 
                  Manifestazioni di sostegno agli anarchici detenuti, e successivamente 
                  di protesta per la loro esecuzione, si svolsero sia in America 
                  sia in Europa. In molti congressi operai fu proposto di fare 
                  del 1° maggio 1890 una grande giornata di sciopero generale 
                  internazionale, per ricordare i “martiri di Chicago” 
                  e per rivendicare nel contempo la giornata lavorativa di otto 
                  ore. Questa proposta fu generalmente accettata, nonostante l'opposizione 
                  disfattista di molti esponenti riformisti. Il successo ottenuto 
                  dallo sciopero generale del 1° maggio 1890 impressionò 
                  tutta l'opinione pubblica: in tutti i grandi centri, ed anche 
                  in molte cittadine, lunghi cortei di lavoratori sfilarono nel 
                  centro, dando vita a combattive dimostrazioni, a volte caratterizzate 
                  da violenti scontri con la forza pubblica. La gente “per 
                  bene” - scriverà due anni dopo l'organo dei gesuiti 
                  Civiltà Cattolica (1892, II) - in quel giorno 
                  “considerava prudente restarsene tappata in casa”. 
                   A 
                  Roma, per fare un esempio tra i tanti possibili, le società 
                  operaie si erano date appuntamento per il pomeriggio del 1° 
                  maggio in piazza Santa Croce di Gerusalemme; i lavoratori accorsero 
                  numerosi per ascoltare i discorsi previsti. Fra gli altri presero 
                  la parola il leggendario Amilcare Cipriani, da poco uscito dall'ergastolo 
                  di Portolongone, e gli anarchici Brandi e Palla; alla fine del 
                  comizio scoppiarono degli incidenti, che provocarono due morti, 
                  centinaia di feriti e ben 229 arrestati. Il successivo processo 
                  contro i principali imputati (Cipriani, gli anarchici Palla 
                  e Calcagno, ecc.) ebbe sviluppi clamorosi a causa del comportamento 
                  combattivo tenuto dai rivoluzionari dietro alle sbarre, e servì 
                  loro come tribuna per fare propaganda sovversiva. 
                  Come a Roma così in centinaia di altre città (in 
                  Italia, in Europa, negli Stati Uniti), il 1° maggio 1890 
                  fu una grande giornata di lotta, un pieno successo. 
                  Molti congressi operai, nel corso del 1890, proposero di ripetere 
                  l'anno successivo lo sciopero generale internazionale, mantenendo 
                  la data del 1° maggio. Fu così stabilito che, da 
                  allora in poi, ogni 1° maggio sarebbe stato dedicato alla 
                  riaffermazione dei diritti della classe lavoratrice contro i 
                  padroni, nel ricordo dei martiri di Chicago. 
                  Così infatti è sempre stato, da allora fino ai 
                  giorni nostri, con una differenza, però, e tutt'altro 
                  che secondaria: un po' alla volta, infatti, lo sciopero generale 
                  rivoluzionario si è trasformato in una semplice sfilata 
                  di lavoratori, fino a diventare in tempi più recenti 
                  una festa istituzionalizzata dallo stato, dai padroni e dalla 
                  chiesa. Ma andiamo con ordine. 
                  Per molti anni, dopo la sua prima effettuazione, il 1° maggio 
                  tenne fede alle sue origini ribelli, scomunicate, quasi insurrezionali: 
                  continuarono così a verificarsi scontri con le forze 
                  dell'ordine, mentre i cortei operai scandivano parole d'ordine 
                  e canzoni particolarmente violente contro lo sfruttamento e 
                  l'oppressione statale. 
                  Dopo alcuni anni il 1° maggio perse mordente, e non sempre 
                  la classe lavoratrice partecipò numerosa allo sciopero 
                  e alle dimostrazioni. In momenti di particolare scontro sociale, 
                  però, quando agitazioni precedenti tenevano desta la 
                  combattività operaia, allora la giornata del 1° maggio 
                  ritrovava le sue origini, la sua carica rivoluzionaria. Ma la 
                  progressiva acquisizione delle otto ore nella stessa legislazione 
                  statale, l'aumentato controllo da parte delle burocrazie sindacali 
                  e partitiche sulla “base” operaia, ed altri fattori 
                  ancora, determinarono un obiettivo scadimento della carica combattiva 
                  insita nei primi scioperi generali internazionali. Com'è 
                  naturale, le sorti e le caratteristiche del 1° maggio sono 
                  un tutto unico con quelle dell'intero movimento dei lavoratori, 
                  con la sua combattività, con la sua autonomia delle varie 
                  burocrazie. 
                  In questo contesto, per esempio, durante la prima guerra mondiale 
                  il 1° maggio diventò anche una giornata di protesta 
                  contro il macello voluto dagli stati, di lotta per il trionfo 
                  dell'internazionalismo proletario. Così, durante il fascismo, 
                  ricordare il 1° maggio costituì di per se stesso 
                  un atto di ribellione contro il regime e costò a non 
                  pochi antifascisti botte, domicilio coatto, carcere. Ma nell'un 
                  caso come nell'altro, si trattava ovviamente di manifestazioni 
                  di protesta effettuate da ristretti gruppi, se non da singole 
                  individualità: il 1° maggio 1890 era ormai lontano! 
                   Nel 
                  secondo dopoguerra poi, l'originario sciopero generale internazionale 
                  ha toccato in Italia il fondo dello svuotamento, tanto da venire 
                  ufficialmente adottato prima dallo stato, poi dalla chiesa. 
                  Nel 1950, infatti, il 1° maggio viene riconosciuto ufficialmente 
                  “festa nazionale”, come prescritto nell'apposita 
                  legge 27 marzo 1949, e nel 1955 il monarca vaticano Pio XII 
                  “battezza” il 1° maggio ed istituisce per questa 
                  data la festa cattolica di S. Giuseppe lavoratore. Lo sciopero 
                  sovversivo dei lavoratori ribelli, che aveva alle origini, come 
                  tutto il movimento socialista, anche una forte carica anticlericale 
                  e antireligiosa, già degradato a festa nazionale in questa 
                  nostra repubblica “fondata sul lavoro”, è 
                  diventata addirittura una ricorrenza religiosa. E mentre nell'occidente 
                  detto capitalista e sedicente democratico, il 1° maggio 
                  è occasione di discorsi governativi, di premi di anzianità 
                  ai lavoratori fedeli, di stelle al merito del lavoro, di “ponti” 
                  e di week-end, nell'est sedicente socialista gli sfruttati 
                  vengono fatti scendere in piazza ad applaudire squallide sfilate 
                  di carri armati, lancia-missili, di truppe che marciano inquadrate 
                  sotto le tribune dei nuovi padroni... 
                  Qualche anno fa, mentre in un 1° maggio distribuivamo volantini 
                  in un corteo sindacale, un sindacalista ci si rivolse chiedendoci, 
                  non so se per ignoranza storica o volontà provocatoria, 
                  o l'una o l'altra, che cosa avessero a che fare gli anarchici 
                  con il 1° maggio... Nulla, effettivamente, abbiamo a che 
                  fare con il 1° maggio dei burocrati, dei preti, dei governanti, 
                  dei padroni. Ma in Spagna, in Portogallo, in Grecia, ovunque 
                  il 1° maggio è ancora sovversivo, lo spirito dei 
                  martiri di Chicago è ancora vivo. Ed anche in Italia, 
                  se nonostante tutto, i lavoratori sentono il 1° maggio come 
                  una cosa loro, con orgoglio e fierezza, ebbene il 1° maggio 
                  è ancora un po' anarchico. 
                   
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                  Maggio 1886 
                  Chicago. Sciopero generale. La polizia spara. Manifestazioni 
                  “sediziose” di protesta. Arresti. Cinque anarchici, 
                  G. Engel, A. Fischer, L. Lingg, A. Parsons, A. Spies, saranno 
                  condannati a morte. 
                  In onore dei cinque “martiri” di Chicago, il Primo 
                  Maggio verrà dichiarato giorno di Sciopero internazionale. 
                   
                  1 
                  Maggio 1890 
                  Con l'organizzazione di scioperi in ogni parte del mondo, che 
                  testimoniano l'unità di lotta di tutti gli sfruttati, 
                  inizia la serie di annuali manifestazioni di forza del proletariato 
                  organizzato. Manifestazioni minacciose, ribelli, cui i padroni 
                  rispondevano con la brutalità delle repressioni poliziesche. 
                  Lo sciopero periodico del primo maggio fu, per lunghi anni, 
                  una solenne ed energica rivendicazione dei diritti dei lavoratori 
                  che aveva, oltre alle caratteristiche della lotta di classe, 
                  anche “una accesa colorazione antireligiosa ed anticlericale” 
                  (Aggiornamenti Sociali, 1956, VI). La gente “per bene”, 
                  in quel giorno “considerava prudente restarsene tappata 
                  in casa”. (Civiltà Cattolica, 1892, II). 
                   
                   1 
                  Maggio 1950 
                  Per la prima volta, in Italia, si festeggia con tutti i crismi 
                  della legalità il primo maggio, che è stato dichiarato 
                  dalla Repubblica “fondata sul lavoro” festività 
                  nazionale (legge 27 maggio 1949). Essa, a questo punto, non 
                  è più naturalmente la ricorrenza ribelle, la “festa” 
                  degli sfruttati. Essa è, almeno ufficialmente, divenuta 
                  una vaga e imprecisata “festa del lavoro”. 
                  Il primo maggio continua, per forza di inerzia, ad essere per 
                  la massa dei lavoratori manuali, la “festa pagana della 
                  rivoluzione e del vino”. Ma di rivoluzione, grazie agli 
                  sforzi congiunti di tutti i partiti e di tutti i sindacati, 
                  si parla sempre meno. 
                   
                  1 
                  Maggio 1955 
                  Il papa “battezza” il primo maggio ed istituisce, 
                  per questa data, la festa di S. Giuseppe Lavoratore. Lo sciopero 
                  sovversivo dei lavoratori ribelli, la festa repubblicana del 
                  lavoro, sono divenuti addirittura una ricorrenza religiosa. 
                  Una folla di “aclisti” assiste “commossa” 
                  a questo battesimo cristiano del primo maggio. 
                  Dichiara un osservatore, cristiano naturalmente, “non 
                  si poteva, dinanzi a quella imponente massa di lavoratori... 
                  non esprimere il proprio affetto e la propria devozione alla 
                  Chiesa, assetata della parola del Papa, non essere presi da 
                  un senso di profonda commozione”. O da conati di vomito! 
                   
                  1 
                  Maggio 1971 
                  Così nell'occidente capitalistico e cristiano è 
                  finita la ricorrenza scomunicata e rivoluzionaria: il Papa fa 
                  discorsi commoventi e amorevoli ai suoi figliuoli lavoratori 
                  (che stiano buoni, però, perché “L'Italia 
                  sarebbe molto più avanti nel progresso e nell'evoluzione 
                  se non ci fossero state idee sovvertitrici che hanno turbato 
                  le menti dei lavoratori”) - (Paolo VI, 1 maggio 1964); 
                  i padroni distribuiscono premi ai loro dipendenti più 
                  fedeli... c'è addirittura il “primo maggio tricolore” 
                  dei fascisti!... 
                  Intanto nei paesi che si proclamano “socialisti” 
                  e “proletari” le masse asservite dei lavoratori 
                  vengono fatte ammucchiare lungo i viali in cui - macabra parodia 
                  di celebrazione del primo maggio - sfilano lunghe parate di 
                  carri armati, di missili, di squallidi eserciti che marciano 
                  inquadrati, al passo dell'oca, e salutano sulle tribune d'onore 
                  i rappresentanti dei nuovi padroni, della nuova classe dirigente... 
                  Lo sciopero rivoluzionario è diventato, nelle cerimonie 
                  ufficiali dei governanti, dei preti, dei sindacalisti, dei politicanti, 
                  una festa reazionaria. 
                   
                   George 
                  Engel 
                  “E noi dobbiamo penzolare dalla forca perché 
                  ci siamo ribellati alla schiavitù. In questa libera repubblica 
                  colui che oggi parla in nome e nell'interesse della classe lavoratrice 
                  dev'essere impiccato. 
                  Il mio più grande desiderio è che i lavoratori 
                  salariati possano riconoscere ovunque chi sono i loro amici 
                  e chi i loro nemici”. 
                   
                  Adolphe 
                  Fischer 
                  “Il verdetto pronunciato dai giurati è diretto 
                  contro l'anarchia. Credete voi che uccidendo noi uccidete la 
                  anarchia? Vi sbagliate grossolanamente, perché gli anarchici 
                  amano più i loro principi che la loro vita. 
                  Se io devo essere impiccato per le mie idee anarchiche, per 
                  il mio amore alla libertà e all'umanità, allora 
                  io vi grido: disponete della mia vita!”. 
                   
                  Louis 
                  Lingg 
                  “Voi mi condannate, perché sono anarchico. Io vi 
                  ripeto che sono nemico del vostro ordine, e che finché 
                  avrò un alito di vita io vi combatterò. Io disprezzo 
                  voi, disprezzo il vostro ordine, disprezzo le vostre leggi, 
                  disprezzo la vostra autorità. 
                  Se voi usate i cannoni contro di noi, noi useremo la dinamite 
                  contro di voi”. 
                   
                  August 
                  V. T. Spies 
                  “La mia difesa è la vostra accusa, il delitto che 
                  mi si imputa, la vostra storia. Voi violate la legge fino a 
                  commettere un assassinio organizzato. 
                  Se voi credete che impiccando noi arrestate il movimento ascensionale 
                  della classe lavoratrice, quel movimento dal quale i milioni 
                  che vivono nella miseria, nella schiavitù del salario 
                  attendono la loro emancipazione, ebbene impiccateci!”. 
                   
                  Albert 
                  R. Parsons 
                  “Noi siamo condannati come anarchici, e io sono orgoglioso 
                  d'essere anarchico. Voi credete, signori, che allorquando i 
                  nostri cadaveri penderanno dalla forca tutto sarà finito? 
                  Voi credete che la guerra sociale finirà quando voi ci 
                  avrete selvaggiamente strangolati? Al di sopra del vostro verdetto 
                  vi è quello del popolo americano e di tutto il mondo 
                  che condannerà la vostra ingiustizia”. 
                   
                  Testi originariamente apparsi in “A” 04 (maggio 
                  1971) e in “A” 28 (aprile 1974). 
                
 
                   
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                    La Prima Internazionale 
                      Le 
                        origini del movimento operaio organizzato coincisero in 
                        molti paesi (Italia, Spagna, Svizzera, ecc.) con quelle 
                        del movimento anarchico. Anarchici (o, come si diceva 
                        allora, antiautoritari) furono, in Italia, Francia, Spagna, 
                        nel Giura svizzero, i primi agitatori internazionalisti 
                        e fu grazie alla loro opera instancabile che molti nuclei 
                        di lavoratori abbandonarono ideologie genericamente umanitarie 
                        e interclassiste per la militanza nelle sezioni dell'Internazionale. 
                        La polemica contro l'ala autoritaria (marxista) dell'Internazionale 
                        da parte di molte sezioni operaie influenzate dagli anarchici 
                        (primo fra tutti Michele Bakunin) caratterizzò 
                        la breve ma importante esistenza dell'”Associazione 
                        Internazionale dei Lavoratori”. Limitandoci all'Italia, 
                        basterà ricordare l'attività delle prime 
                        sezioni italiane aderenti all'A.I.L., quelle di Napoli 
                        e di Castellammare di Stabia, formatesi per diretta influenza 
                        della propaganda di Bakunin, e ancora le sezioni di Sciacca, 
                        di Girgenti, di alcuni centri della Romagna, dell'Anconetano, 
                        ecc.; tutte decisamente orientate in senso libertario. 
                        Da qui i primi scioperi, le agitazioni contro padroni 
                        e governo, i tentativi di insurrezione armata, da qui 
                        i primi convegni operai, fino a giungere alla Conferenza 
                        di Rimini (agosto 1972) che sancì la diffusione, 
                        a livello nazionale, del movimento operaio italiano ed 
                        il suo orientamento rivoluzionario antiautoritario. Da 
                        quel congresso si fa datare la “nascita” del 
                        movimento anarchico italiano e da quello immediatamente 
                        successivo di St. Imier (delle Federazioni antiautoritarie 
                        dell'Internazionale) la nascita del movimento anarchico 
                        internazionale.  
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                    Leggere il 1° maggio 
                      La 
                        storia del 1° Maggio, delle sue origini, del suo significato, 
                        sono una delle costanti della letteratura socialista ed 
                        anarchica di questi ultimi anni. Qui mi limiterò 
                        a citare solamente alcuni testi, anche se non tutti ancora 
                        reperibili in libreria, ma che comunque sostanzialmente 
                        rappresentano una rassegna significativa sull'argomento. 
                        Innanzitutto intendo partire da un lavoro di Maurizio 
                        Antonioli, Vieni o Maggio. Aspetti del Primo Maggio 
                        in Italia tra otto e novecento, Milano, Franco Angeli, 
                        1988, testo il cui interesse risiede principalmente nella 
                        accurata descrizione del profondo significato simbolico 
                        che questa giornata di lotta, di rivendicazione, ma anche 
                        di festa ebbe nell'immaginario del proletariato italiano 
                        a cavallo del diciannovesimo e ventesimo secolo. 
                        Di Andrea Ferrari è 1886-1986 Primo Maggio. 
                        Origini e prospettive di un giorno di lotta internazionale 
                        sovversivo e scomunicato, Carrara La Cooperativa Tipolitografica, 
                        1986, volume uscito in occasione del primo centenario 
                        di questa giornata. Ferrari parte dalle tragiche giornate 
                        di Chicago, quando una manovra poliziesca, preceduta da 
                        stragi proletarie, innescò una gigantesca provocazione 
                        che portò alla morte per impiccagione di cinque 
                        operai anarchici, ritenuti ingiustamente colpevoli di 
                        aver gettato una bomba contro la polizia che stava sparando 
                        ancora una volta contro una pacifica manifestazione popolare 
                        indetta per la giornata di otto ore. Il testo prosegue, 
                        con piglio militante e coinvolgente, descrivendo come 
                        questa data sia divenuta patrimonio del movimento operaio 
                        e rivoluzionario internazionale. 
                        Dagli avvenimenti di Chicago prendono le mosse altri due 
                        volumi editi dalla casa Editrice Spartaco di Santa Maria 
                        Capua Vetere: il primo, di Martin Duberman, Haymarket 
                        – Chicago, 2005, è un avvincente romanzo 
                        che vede i due protagonisti, gli anarchici Lucy e Albert 
                        Parsons, partecipare alle prime lotte operaie del proletariato 
                        americano. Albert Parsons sarà uno dei cinque martiri 
                        impiccati dalla giustizia americana al termine di un processo 
                        che, se non si fosse concluso così drammaticamente, 
                        potremmo tranquillamente definire “farsa”. 
                        Il secondo volume, Il nostro maggio. All'origine della 
                        festa dei lavoratori: autobiografie e testimonianze da 
                        Chicago, 2005, vede riportati alla luce dall'autrice, 
                        Claudia Baldoli, tutti i momenti del processo di Chicago. 
                        Accompagnano queste preziose testimonianze alcuni interessanti 
                        articoli della stampa dell'epoca. A distanza di quasi 
                        centotrenta anni, le parole dei condannati a morte sono 
                        ancora capaci di commuovere per la loro profonda dignità 
                        e fiducia in un futuro di libertà. 
                        Sempre di queste vicende parla il testo di Ricardo Mella, 
                        Primo Maggio. I martiri di Chicago, Milano, Zeroincondotta, 
                        2009, particolarmente interessante perché l'autore, 
                        importante militante anarcosindacalista spagnolo nato 
                        nel 1861, scrive queste pagine a ridosso degli avvenimenti, 
                        fornendoci così una testimonianza, non solo storica 
                        ma anche drammaticamente evocativa, delle emozioni e dei 
                        sentimenti che animarono protagonisti e testimoni. 
                        Ancora del 2009 è il libro di Francesco Renda, 
                        Storia del Primo Maggio dalle origini ai giorni nostri, 
                        Roma, Ediesse, “arricchito” dalla prefazione 
                        dell'ex sindacalista della Cgil, Guglielmo Epifani. Dopo 
                        un breve cenno sulle vicende americane, l'autore si concentra 
                        soprattutto sulle aspettative che questa Festa internazionale 
                        del lavoro fu in grado di suscitare fra le masse proletarie 
                        di tutti i continenti. Aspettative che in questi ultimi 
                        decenni di sostanziale pace sociale sono state definitivamente 
                        messe in soffitta. 
                        Per finire il corposo volume Storie e immagini del 
                        1° Maggio. Problemi della storiografia italiana ed 
                        internazionale, Manduria, Lacaita, 1990. Curato da 
                        Gianni C. Donno, e introdotto da Giorgio Benvenuto, raccoglie 
                        gli atti dell'importante convegno di studi omonimo, tenuto 
                        a Lecce nel 1988, al quale hanno partecipato oltre una 
                        quarantina di studiosi italiani e stranieri. Come si può 
                        immaginare dal numero delle relazioni, vi vengono praticamente 
                        affrontate tutte le tematiche, politiche, sindacali, letterarie, 
                        che riguardano questa giornata, patrimonio del proletariato 
                        mondiale.  
                      Massimo Ortalli  | 
                   
                 
                 
                 
                   
                
                   
                    La leggenda del 1° maggio 
                      Un 
                        giorno, dal sepolcro di cinque martiri fatti impiccare 
                        da una società di mercanti, in una metropoli delle 
                        Americhe perché avevano predicati i diritti dei 
                        lavoratoti, ed una giornata di fatica meno lunga e meno 
                        bestiale per sé e per i loro compagni, partirono 
                        in pellegrinaggio per un convegno di operai, che si teneva 
                        in una metropoli europea, molti uomini di buona volontà 
                        i quali si chiamavano cavalieri del lavoro come 
                        manipolo di combattenti contro i cavalieri dell'ozio. 
                        E là, nel congresso mondiale, essi portarono questa 
                        idea, semplice e grande – come tutte le cose che 
                        zampillano dal cuore del popolo: che il giorno 1° 
                        di maggio (il mese degli ozii dolci per il vagabondaggio 
                        elegante e felice) dovesse venir rivendicato per volontà 
                        delle plebi, al riposo delle plebi stesse. Che in codesto 
                        giorno, i lavoratori del mondo gettassero in un angolo 
                        gli arnesi del loro mestiere; incrociando le braccia, 
                        in faccia agli ignavi di ogni ora, per vedere se il mondo 
                        camminava per opera di chi produceva, morendo di stenti, 
                        o per merito di chi restava inoperoso pur diguazzando 
                        nel superfluo. 
                        Che nel pomeriggio del calendimaggio i figli della varie 
                        nazioni, guardando il sole, comprendessero che esso cominciava 
                        a risplendere sopra uno spettacolo nuovo: la unificazione 
                        della patria universale dell'uomo, in nome del lavoro. 
                        E la data memoranda cominciò a decorrere dal primo 
                        anno dell'ultima decade del XIX secolo. 
                        Alla mattina del giorno fatidico le genti umane, cui solo 
                        blasone erano le mani incallite ed i ventri semivuoti, 
                        si svegliarono come alla fanfare di un inno misterioso. 
                        Quell'inno veniva da lontano, da tutti gli angoli più 
                        appartati del mondo, e passava tra le macchine immote, 
                        sui cantieri taciturni, sulle città attonite. Qualche 
                        cosa che sapeva della dolcezza d'un alba e dell'approssimarsi 
                        di una tempesta.  
                      Pietro Gori 
                         
                        tratto dall'opuscolo La leggenda del primo maggio 
                        (Roma - Firenze,  casa editrice Serantoni, 1905)  | 
                   
                 
                
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