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                 No Expo Primo Maggio 
                    
                Il prossimo primo maggio inizia a Milano Expo 2015. 
Apriamo questo numero di “A” con un doppio dossier, in due parti.
                   Nella prima diamo voce alle compagne e ai compagni 
                  della Rete NoExpo.
                   Nella seconda ci occupiamo della storia 
                  del Primo Maggio, nato a fine Ottocento come giornata di lotta 
                  dei lavoratori. 
                  A fare da ponte tra le due parti, una presa di posizione dell' Unione 
                  Sindacale Italiana che solidarizza con chi, anche e proprio 
                  nella giornata iniziale di Expo 2015, non accetta di lavorare. 
Il Primo Maggio non è in vendita, appunto.  
                
                 
                
                No Expo 
                  
                Attitudine No Expo 
                  
                testi delle compagne e dei compagni della Rete No Expo 
                    
                C'è innanzitutto il NO all'evento mediatico che per sei mesi si svolgerà a Milano, c'è la denuncia degli sprechi, delle modalità d'appalto, dei mille aspetti negativi che sono tracimati anche sui mass-media. 
Ma contemporaneamente c'è il SÌ a un modello di vita e di organizzazione sociale opposto a quello veicolato dalla fantasmagorica vetrina milanese. 
                
  
                   
                Riprogettare dal basso 
                Un modello alternativo e antagonista a quello messo in campo 
                  da Expo. Un'opposizione radicale non solo ad un evento mediatico, ma 
                  ad un progetto di società che va ben oltre i sei mesi 
                  dell'Expo. 
                Se l'Esposizione universale ha una durata temporale e fisica 
                  delimitata (6 mesi, nell'area di 1 milione di metri quadri tra 
                  Rho e Pero, alla periferia nord di Milano), i meccanismi messi 
                  in moto e le sue eredità continueranno anche in futuro, 
                  segnando il futuro del territorio. Allo stesso modo le nostre 
                  assemblee hanno voluto ribadire che anche la lotta NoExpo non 
                  si pone una durata limitata, ristretta tra il periodo che ci 
                  separa dal Primo Maggio e il 31 ottobre 2015, quando Expo finirà: 
                  NoExpo si pone come percorso di lungo respiro, capace non solo 
                  di inceppare il mega-evento, ma anche di radicarsi come pratica 
                  di riprogettazione dal basso della città e del territorio. 
                  Cosa si nasconde infatti dietro Expo2015? Il consolidamento 
                  di un'economia metropolitana fondata sugli eventi e sugli spettacoli, 
                  che prevede un'alta disoccupazione permanente e un lavoro stagionale, 
                  precario e sempre più spesso volontario. Gli accordi 
                  sindacali e lavorativi su Expo, superando i confini temporali 
                  e spaziali del mega-evento, ci raccontano di una atomizzazione 
                  radicale della forza-lavoro, sempre più privata, come 
                  degli strumenti legali per l'auto-organizzazione e la lotta 
                  sindacale: la precarietà è la vera scuola, che 
                  inizia a 16 anni per una durata, quella sì, indeterminata. 
                  Un modello di alimentazione e utilizzo delle risorse fortemente 
                  iniquo, asservito agli interessi dei monopoli e costruito sul 
                  territorio tramite un vasto reticolo di intermediari e distributori; 
                  l'agroindustria è uno dei principali business internazionali, 
                  fondata sulle braccia di lavoratori sfruttati e sottopagati, 
                  è il motore che spinge gli interessi europei e americani 
                  su Expo, il cui vero obiettivo appare sempre più il forzare 
                  la mano sugli Ogm e sulla liberalizzazione del settore agricolo 
                  e alimentare, nei paesi (in primis l'Italia) che ancora pongono 
                  “eccessivi” vincoli. Come nel settore dell'acqua 
                  in cui multinazionali e governi al loro servizio, come il nostro, 
                  spingono sempre più verso la liberalizzazione e la privatizzazione, 
                  laddove non c'è ancora. Il fatto che la piazzetta tematica 
                  dell'acqua nel padiglione Italia sia stata appaltata alla Nestlè, 
                  tra le maggiori multinazionali responsabili della mercificazione 
                  dell'acqua, la dice lunga sul messaggio che Expo vuol dare. 
                  Una retorica verso gli animali-cibo che fa proprie le sensibilità 
                  e le parole d'ordine degli animalisti solo per creare consenso 
                  e marketing, nascondendo le vere torture e dominazioni che, 
                  invece, continueranno a perpetuare sui più deboli senza 
                  nessun cambiamento esistenziale; un governo del territorio che 
                  fa dello stato d'emergenza e d'eccezione la normalità 
                  (giustificata da una grande crisi che ormai si rivela 
                  strutturale), che ignora la volontà popolare e il principio 
                  della trasparenza, esautora gli organismi elettivi, consegna 
                  la pianificazione urbana e territoriale al mercato: nuovi dispositivi 
                  di governo non solo legislativi, ma anche radicati nella città 
                  attraverso la spartizione legale e illegale dei diritti edificatori, 
                  che ridisegnano la geografia urbana (e l'intreccio di livelli 
                  che si porta dietro: mobilità, cultura, alimentazione, 
                  economia, formazione, lavoro). 
                  
                  Sovranità alimentare e sociale 
                La grande beffa è che tutto questo viene realizzato 
                  indebitando ulteriormente la collettività: oltre 10 miliardi 
                  di Expo e delle opere accessorie (in particolare il reticolo 
                  autostradale, realizzato per un terzo), pesante zavorra che 
                  purtroppo temiamo ci troveremo a dover subire per decenni quando 
                  la sbornia expottimista sarà finita e la città 
                  si ritroverà più povera, ingiusta, cementificata. 
                  Come rete Attitudine NoExpo e come movimenti siamo consapevoli 
                  che è arrivato il momento di unire le forze e intensificare 
                  l'azione collettiva contro il modello Expo2015, ribadendo con 
                  decisione il nostro antagonismo: la sovranità alimentare 
                  e la sovranità sociale contro il modello dell'agrobusiness; 
                  l'autorganizzazione, il diritto al reddito e la centralità 
                  dei lavoratori contro la precarietà e lo sfruttamento 
                  del lavoro ed il boicottaggio del lavoro volontario attraverso 
                  campagne di sensibilizzazione, inchieste e subvertising 
                  a partire dal mondo della formazione; la difesa della Terra 
                  e il recupero del verde pubblico e dei terreni agricoli, rivalutati 
                  in chiave di utilità sociale e collettiva; la riorganizzazione 
                  di scuole e università liberate dall'asservimento al 
                  mercato e alle aziende; una mobilità pubblica per tutte 
                  e tutti; la priorità all'emergenza sociale della casa 
                  e l'assegnazione alle famiglie senza un tetto; la crescente 
                  sperimentazione di forme di socialità non assoggettate 
                  al mercato, inclusive e capaci di riconoscere la dignità 
                  dell'Altro in ogni suo desiderio o esistenza; l'acqua diritto 
                  umano e non merce. 
                  Per ribadire tutto questo è stato condiviso un programma 
                  delle prossime iniziative, da svolgersi in parallelo alla costituzione 
                  di un laboratorio aperto e collettivo sul diritto alla città: 
                  30 aprile – Corteo studentesco per unire le forze 
                  di studenti medi e universitari a livello nazionale e dimostrare 
                  l'opposizione al sistema Expo: contro “Buona scuola” 
                  e lavoro gratuito. 
                  Inizio campeggio No Expo al cui interno si svolgeranno, anche 
                  durante i giorni di mobilitazione, iniziative ludiche e incontri 
                  politici e culturali. 
                  1 maggio - Nel giorno dell'inaugurazione istituzionale 
                  dell'Esposizione universale, May Day Internazionale contro Expo 
                  – mega eventi – grandi opere – precarietà 
                  e sfruttamento. 
                  2 maggio - Seconda giornata di mobilitazione cittadina 
                  e territoriale nel giorno di apertura al pubblico dei cancelli 
                  di Expo. 
                  3 maggio - Conclusione del campeggio internazionale NoExpo 
                  e appello alle prossime mobilitazioni. 
                  È tempo di dimostrare la percorribilità di un 
                  modello sociale, di sviluppo e di civiltà alternativo, 
                  antagonista, che abbia come principio di base l'uguaglianza.
                    
                   
                   
                 Il lavoro al tempo di Expo 
                I passaggi e gli accordi che hanno reso Milano e la Lombardia 
                  un laboratorio della precarietà. Come il megaevento trasforma 
                  l'economia metropolitana. 
                Expo2015, l'abbiamo già detto più volte, è 
                  un'occasione di accaparramento immediato e futuro di risorse 
                  comuni e laboratorio per nuove forme di governo del territorio: 
                  sul fronte della speculazione edilizia e finanziaria, su quello 
                  dello sfruttamento intensivo ed estensivo del territorio e sulla 
                  riorganizzazione della manodopera. 
                  Come tutto nella storia di Expo2015, anche l'organizzazione 
                  del lavoro prima, durante e dopo l'evento ha cominciato a prendere 
                  forma con grande ritardo, quando in teoria tutto doveva già 
                  essere se non pronto, quasi. Vediamo brevemente una cronologia 
                  degli accordi e il loro significato: 
                  • accordo Expo S.p.a. – sindacati confederali del 
                  26/7/2013, relativo ai contratti di lavoro e alla regolamentazione 
                  delle attività interne e/o collegate all'evento, con 
                  la curiosità che la validità è estesa fino 
                  a novembre 2016; 
                  • accordo Comune di Milano – RSU (Rappresentanze 
                  Sindacali Unitarie) del 30/7/2014, valido anche per le attività 
                  collegate al semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo; 
                  • avviso comune Regione Lombardia – sindacati confederali 
                  di estensione territoriale dell'accordo di luglio 2013; 
                  • programmi di reclutamento “Università e 
                  scuole per Expo2015”; 
                  • deroga al Ccnl (Contratto collettivo nazionale del lavoro) 
                  per gli operai del settore edilizia, impegnati 20 ore su 24 
                  nei lavori del Sito Expo e nei cantieri delle opere collegate; 
                  • deregulation totale per l'indotto e alcuni settori-chiave: 
                  possibilità di muoversi al di fuori dei protocolli sindacali; 
                  • possibilità per i paesi stranieri di non rispettare 
                  la legislazione italiana sul lavoro nei loro padiglioni. 
                  
                  Legislazione speciale 
                Tralasciando un momento l'effettiva disponibilità della 
                  popolazione a prestarsi come volontari per un evento che ha 
                  già potuto usufruire di lauti finanziamenti pubblici 
                  e di permessi speciali, questi accordi riguarderanno da un numero 
                  minimo di 18.500 lavoratori (l'esercito di volontari e precari 
                  di cui ha bisogno Expo) ad un massimo ancora difficile da calcolare, 
                  ma che potrebbe a rigor di logica aggirarsi attorno alle diverse 
                  centinaia di migliaia di persone, considerando la possibilità, 
                  per numerose aziende, fino a novembre 2016 di usufruire della 
                  legislazione speciale sul lavoro. Ad occuparsi del reclutamento 
                  di volontari e stagisti per Expo S.p.a è ManpowerGroup, 
                  azienda interinale che diviene di fatto l'unico intermediario 
                  tra il singolo lavoratore ed Expo. 
                  [...] Non si parla di “volontari”, ma si tratta 
                  pur sempre di lavoro non retribuito, nel caso degli stagisti 
                  che verranno per forza di cose impiegati nelle strutture alberghiere 
                  o simili in prossimità di Expo2015 (o più semplicemente 
                  “in zona”): per queste società è possibile 
                  muoversi senza tener conto degli appositi protocolli sindacali, 
                  che potrebbero avere la funzione di moderare le criticità 
                  del grande evento (anche se, a ben vedere, i protocolli sin 
                  qui firmati sono al contrario documenti che legalizzano rapporti 
                  di lavoro prima impensabili e che si pongono come modello su 
                  scala nazionale). 
                  Il lavoro in somministrazione riguarda poi anche tutto il mondo 
                  della formazione che, coerentemente con il progetto di riforma 
                  di scuola e università del governo Renzi, viene presentato 
                  come il naturale bacino di reclutamento di Expo. In particolare 
                  nel caso degli studenti universitari l'arruolamento come volontario 
                  nei propri settori di studio e specializzazione (ad esempio: 
                  comunicazione, informatica, traduzioni) comporta un mancato 
                  riconoscimento formale della professionalità personale. 
                  Un trucco legale che però, se svelato, la dice lunga 
                  sull'idea di istruzione e formazione che sta dietro il mega-evento. 
                  L'eccezionalità del megaevento ed il “gioco di 
                  squadra” che dovrebbe convincerci a concedere il sangue 
                  in cambio della gloria appartengono alla stessa retorica della 
                  crisi e dei sacrifici necessari per uscirne. I protocolli sindacali 
                  sino a qui firmati hanno definito uno stato d'eccezione per 
                  via di Expo2015 (e del semestre di presidenza europeo), in cui 
                  la precarietà viene presentata come unico modello possibile 
                  a sostegno del momento e in cui alle deroghe richieste (ancora 
                  non concesse) rispetto al patto di stabilità seguiranno 
                  debiti futuri nella Pubblica Amministrazione: contratti non 
                  per adeguare la pianta organica, ma per pagare salari senza 
                  detrazione di solidarietà agli stipendi superiori ai 
                  90 mila euro (aggirando così il tetto massimo per manager 
                  e a.d. pubblici); o per assumere illimitatamente personale a 
                  tempo determinato e/o Co.co.co. (cosa che qualcuno teme risulterà 
                  nel lungo periodo a scapito delle assunzioni a tempo indeterminato). 
                  Inoltre è prevista la possibilità di contrarre 
                  debito, sforando quindi il Patto di Stabilità, per attività 
                  legate ad Expo2015. 
                  Ancora più grave è il tentativo di sospensione 
                  del diritto allo sciopero, per il semestre di presidenza europeo 
                  e per il periodo di Expo, concretizzatosi nell'invito della 
                  Commissione di Garanzia sugli Scioperi a porre una moratoria 
                  sulle agitazioni sindacali. Per indire eventuali scioperi o 
                  sospensioni dal lavoro occorreranno più passaggi (prima 
                  uno tecnico, poi uno con un membro della giunta ed infine il 
                  passaggio in prefettura, dove dietro l'angolo la moratoria minaccia 
                  la precettazione dello sciopero). Sempre su questo tema, preoccupa 
                  molto la tendenza (proveniente dai sindacati Confederali a dir 
                  la verità, come nel caso del settore trasporti della 
                  Cgil bergamasca) verso i cosiddetti “Patti Sociali per 
                  il Territorio”, ovvero un accordo bipartisan di fatto 
                  per garantire tutta una serie di servizi e attività strategiche 
                  (in primis, la mobilità e i trasporti). 
                  Nell'ultimo anno questa eccezionalità ha conosciuto un'estensione 
                  territoriale che interessa tutta la Lombardia. 
                  
                  Il significato politico 
                Muoviamo alcune brevi considerazioni sul significato e il lascito 
                  di questa lunga legislazione speciale sul lavoro. 
                  Anzitutto da una lettura degli accordi, risulta evidente la 
                  filosofia e i principi alla base: flessibilità estesa 
                  e generalizzata; esclusione del tempo indeterminato dall'orizzonte 
                  contrattuale; superamento, dove possibile, della stessa forma-contratto; 
                  volontariato e presunta “ragione sociale” come sostituti 
                  del lavoro salariato e retribuito. Infine, il fatto che nei 
                  padiglioni stranieri viga la normativa del paese aderente, crea 
                  di fatto delle Zone economiche speciali in miniatura per i lavoratori 
                  (che potranno venire direttamente dall'estero). 
                  Notiamo inoltre che il modello legislativo e organizzativo proposto 
                  da Expo2015 è coerente con i processi di trasformazione 
                  urbana e con la redistribuzione di reddito in corso, che non 
                  solo Milano sta vivendo. Il default “a rallentatore”, 
                  tecnico e controllato che l'Italia (come altri paesi europei) 
                  subisce comporta e si intreccia con una serie di processi: impoverimento 
                  generalizzato dei territori, con il suo portato di gentrification, 
                  urbanistica affidata al mercato, perdita di sovranità 
                  da parte delle istituzioni locali; aumento della disoccupazione 
                  e della precarietà lavorativa, dove la ripresa economica 
                  dei paesi e delle città appare sempre più come 
                  un miraggio e nel migliore dei casi si tratta di una ripresa 
                  senza occupazione; quindi città e territori impoveriti, 
                  dove l'afflusso di risorse è slegato dalla vita concreta 
                  delle comunità, ma viene affidato a operazioni speculative, 
                  investimenti occasionali, attività a tempo e spazio determinati 
                  (eventi e/o commercializzazione di singole zone); il lavoro 
                  assume sempre meno forma di continuità e stabilità, 
                  mentre si caratterizza come occupazione stagionale, precaria, 
                  a tempo determinato, dove la tanto esaltata “scala sociale” 
                  è bloccata. 
                  In tutto questo assistiamo all'imporsi di una riorganizzazione 
                  brutale del lavoro e dei lavoratori, come appunto avviene nel 
                  caso di Expo: la retorica dell'Esposizione esalta i valori del 
                  successo e dell'iniziativa individuale, rappresentati dal modello 
                  della micro-impresa (start-up, auto-imprenditoria, ecc); si 
                  propone un'ottica di sempre maggiore autonomia e indipendenza 
                  degli individui, ottenute solo se meritate e precedute da una 
                  fase (questa sì a tempo indeterminato) di sacrifici ed 
                  “esperienza” (leggi: lavoro gratuito). Ma quello 
                  che vediamo noi è invece una progressiva atomizzazione 
                  del lavoro: il legame tra attività lavorativa e salario, 
                  la tutela rappresentata dai diritti sociali e lavorativi, la 
                  dimensione collettiva stessa: tutti questi non vengono più 
                  considerati come elementi costitutivi del lavoro. Scorgiamo 
                  un certo paradosso nel fatto che siano stati i sindacati stessi 
                  a firmare la propria emarginazione e, di fatto, la fine della 
                  propria funzione storica e sociale. 
                  Somministrazione, volontariato, stage, individualità 
                  del rapporto di lavoro, free jobs, deroghe speciali: 
                  la riorganizzazione del lavoro al tempo di Expo priva nel concreto 
                  i lavoratori degli strumenti legali utili alla tutela propria 
                  e di quel più ampio gruppo sociale un tempo conosciuto 
                  come “forza-lavoro”. 
                  Fatta l'analisi è ora venuto il tempo della controffensiva. 
                  Se Expo vuole rappresentare un laboratorio di sfruttamento e 
                  precarietà, questo è allora un motivo in più 
                  per rompere e bloccare la macchina del mega-evento. Restando 
                  fedeli al principio del primo sindacato di precari, disoccupati 
                  e stagionali della storia occidentale, i wobblies dell'Iww 
                  (Industrial workers of the world): “don't mourn, organize'' 
                  [non lamentarti, organizzati]. 
                  
                 
                    
                Dietro la vetrina di Expo 
                Il 5 dicembre scorso, agli ingressi del cantiere di Expo 2015, 
                  è stato distribuito un volantino ai lavoratori. Ecco 
                  il testo. 
                Nei giorni in cui anche media e sindacati confederali cominciano 
                  a dubitare dei numeri rispetto al lavoro creato da Expo (4.185 
                  unità a oggi contro le 70.000 sbandierate da sette anni 
                  a questa parte dagli expottimisti) abbiamo voluto incrociare 
                  le vite di chi nei cantieri di Expo ci lavora e suscitare in 
                  loro l'idea che Expo si possa scioperare, perchè dignità 
                  e diritti non stanno di casa dove si lavora gratis o a ritmi 
                  massacranti. 
                  Expo 2015 è presentato, nella propaganda di tutti gli 
                  schieramenti politici, come il grande evento che traghetterà 
                  il paese fuori dalla crisi, innescando la tanto agognata ripresa 
                  economica. Effettivamente, Expo 2015 ha già avviato una 
                  ripresa: quella dei profitti e delle rendite, ottenuta grazie 
                  a un intensivo sfruttamento dei lavoratori e del territorio. 
                  Politici, imprenditori, faccendieri e mafiosi banchettano da 
                  anni su appalti da milioni di euro secondo un scientifico e 
                  ben oliato meccanismo di spartizione: ecco chi sono gli unici 
                  attori che beneficeranno delle tanto decantate “opportunità 
                  per il territorio”. Gli stessi che non spendono nemmeno 
                  una parola sui ritmi di lavoro, sulla sicurezza, sugli orari, 
                  sugli stipendi e sulle condizioni di lavoro di chi nei fatti 
                  sta costruendo i padiglioni e le infrastrutture di Expo. Di 
                  quanto succede nel cantiere, dietro la vetrina di Expo, non 
                  si sa niente, neanche quando avvengono gravi incidenti che passano 
                  nel silenzio. 
                  Expo 2015 è un evento salvifico solo per chi sta sfruttando 
                  la crisi per i suoi lauti guadagni, sottraendo miliardi di risorse 
                  collettive per gli affari privati di “cupole” e 
                  centri di potere legali ed illegali. Un evento che lascerà 
                  in eredità solo debito, cemento e precarietà ai 
                  territori che attraversa. Ma Expo è anche un grande laboratorio 
                  che anticipa il paese di domani. È il caso del Jobs Act 
                  – il provvedimento adottato dal governo Renzi che istituisce 
                  la precarietà a tempo indeterminato, taglia i diritti 
                  dei lavoratori, comprime i salari e lascia mano libera alle 
                  aziende nei luoghi di lavoro – anticipato dall'accordo 
                  del luglio 2013 tra Cgil-Cisl-Uil ed Expo 2015 S.p.A., che istituisce 
                  persino il lavoro gratuito come spina dorsale dell'Esposizione 
                  Universale del 2015. 
                  E mentre Expo ti chiede di lavorare sempre più duramente, 
                  anche di notte, per un salario da fame, che non è nulla 
                  in confronto ai loro guadagni, i sindacati confederali firmano 
                  tregue sindacali che limitano gli scioperi e accordi-truffa 
                  che ti rubano reddito e diritti. Se anche tu non vuoi più 
                  raccogliere le briciole che cadono dalle loro tavole imbandite, 
                  unisciti a noi nello scioperare l'Esposizione Universale da 
                  qui al 1 maggio del 2015 e oltre! 
                 Le compagne e i compagni  della Rete 
                  NoExpo 
                 
                 
                
                 
                 
                 
                Unione 
                  Sindacale Italiana 
                    
                   
                  Via Torricelli 19 -20136 Milano - Tel e fax 0289415932 
                  Via Treviso 33 - 20136 Milano Tel. 0289919073 - 0289919075 - 
                  fax 0240044537 
                  http://www.usi-ait.org 
                   
                  “Il Primo Maggio non è in 
                  vendita” 
                   
                  Renzi minaccia una precettazione ma il Primo Maggio resta la “FESTA DEI LAVORATORI” 
                  con tutto il suo valore e la sua storia. 
                  Istituita in Italia nel 1891 soppressa nel1925 e restituita 
                  nel 1945. 
                  EXPO immagine da tutelare?  Bella immagine quella di EXPO 
                  inquisita per collusione con la mafia.  Ci chiedono di 
                  lavorare sacrificando la nostra festa per salvaguardare l'immagine 
                  di Milano, 
                  dell'Italia, dell'Expo.  Sempre i lavoratori in prima linea, 
                  quei lavoratori che secondo Renzi non hanno diritto di tutele 
                  quali l'articolo 18, devono essere sempre più precari 
                  e flessibili, che non avranno diritto alla pensione, che quella 
                  sbadata della Fornero ha riformato aumentando l'età pensionabile 
                  e creando dal nulla i tristemente famosi esodati. 
                  Adesso hanno bisogno di noi. 
                  Il Primo Maggio non può essere usato come merce di 
                  scambio da nessuno e da nessun sindacato.   
                  Renzi dice di essere pronto a tutto pur di inaugurare EXPO (anche 
                  la mafia è in trepida attesa per concludere i suoi affari) 
                  il Primo Maggio alla Scala con la prima di Turandot ( che non 
                  è neanche un prodotto scaligero). 
                  CARO RENZI AND FRIENDS LA SOLUZIONE C'È: VIA LA CRAVATTA 
                  E IMPUGNATE IL MARTELLO E INAUGURATELO VOI L'EXPO DEGLI SCANDALI 
                  MAFIOSI ALLA SCALA DI MILANO. 
                  Io non sono in vendita e il primo maggio non lavoro.
                  Un lavoratore della Scala aderente all'USI 
                  – AIT
                   
                  Come Unione Sindacale Italiana (USI – 
                  AIT) esprimiamo tutta la nostra piena solidarietà ai 
                  lavoratori della Scala che rivendicano il proprio diritto di 
                  non prestare la loro opera nella giornata del 1° Maggio. 
                   
                  Il Primo Maggio, prima ancora di essere considerato una giornata 
                  di festa irrinunciabile, è stato, e lo è tutt'ora, 
                  una giornata di lotta e di rivendicazione, costata enormi sacrifici 
                  alla classe lavoratrice. Ricordiamoci soprattutto delle sue 
                  origini: la condanna all'impiccagione a Chicago per 5 anarchici 
                  colpevoli di aver guidato la rivendicazione della giornata di 
                  8 ore estesa a tutti i lavoratori e le lavoratrici. 
                  Renzi può sbraitare quanto vuole, minacciando rappresaglie 
                  contro quei lavoratori della Scala non disponibili a sacrificare 
                  il Primo Maggio in omaggio all'apertura dell'Expo decisa in 
                  quella giornata. 
                  Un Expo che per noi significa, al di là delle balle che 
                  le Istituzioni raccontano, enorme spreco di denaro pubblico, 
                  devastazione ambientale, regalo alle cosche mafiose; significa 
                  essere al sevizio delle multinazionali nella loro opera di speculazione 
                  e di controllo nell'affare della distribuzione del cibo nel 
                  pianeta; significa sfruttamento della mano d'opera giovanile 
                  praticando contatti di lavoro pagati 1 euro al giorno. 
                  Noi, contro tutto ciò, ci opporremo fermamente! 
                 USI – AIT Sezione di Milano 
				continua 
                  la lettura del dossier 
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