Con 
                  il primo numero del suo ottavo anno (“A” 62, febbraio 
                  1978) la rivista si presenta profondamente rinnovata. Intanto 
                  le pagine passano da 36 a 44, un 20% in più. Tre anni 
                  prima erano passate da 28 a 36. Poi la grafica: la prende in 
                  mano Ferro Piludu, grande amico e grande grafico, che per qualche 
                  mese salirà (da Roma) a Carrara per partecipare con noi 
                  della redazione all'impaginazione del numero, presso la tipografia 
                  anarchica di via San Piero, accanto allo storico teatro degli 
                  Animosi (dove nel corso di decenni si sono teute tante iniziative 
                  e congressi anarchici). Con Ferro viene da Roma anche Carletta 
                  Cacianti, sua “allieva” che continuerà a 
                  darci una mano anche quando Ferro si limiterà a seguire 
                  “da lontano” la nuova grafica. 
                  Questo primo numero della nuova “A” ha una copertina, 
                  tipicamente “ferriana”, di grande impatto. Il tema 
                  dominante del numero è “mass-media e comunicazione 
                  libertaria”, come si legge in copertina e la grafica rossa 
                  e nera con le bandiere rosse che occupano progressivamente il 
                  logo della RAI colpisce e segnala un salto professionale come 
                  molti notano. Tra i numerosi articoli e interviste che costituiscono 
                  il dossier sulla comunicazione, ci piace ricordare qui una nostra 
                  intervista a Gianfranco Manfredi e a Ricky Gianco, due cantautori 
                  di punta in quegli anni (sintetizzabili nel Festival del Proletariato 
                  Giovanile al Parco Lambro di Milano, di cui “A” 
                  si era ampiamente occupata) e che in questi decenni abbiamo 
                  ritrovato più volte al nostro fianco. Fino ai giorni 
                  nostri. 
                  Tra le altre cose presenti in questo numero 62, segnaliamo nel 
                  primo interno di copertina la cronaca e alcune riflessioni in 
                  merito all'avvenuto scioglimento dei Gruppi Anarchici Federati 
                  (GAF), dopo una decina di anni di presenza all'interno del movimento 
                  anarchico di lingua italiana. Durante questo decennio dall'ambito 
                  dei GAF sono nate varie esperienze culturali e militanti, tra 
                  le quali la stessa rivista “A”, che peraltro per 
                  lucida scelta non ne è mai stata l'espressione “ufficiale” 
                  né ufficiosa. Tra le altre iniziative ricordiamo: la 
                  Crocenera Anarchica, la nuova gestione delle edizioni Antistato, 
                  il Comitato Spagna Libertaria, la libreria Utopia di Milano 
                  (ne nasceranno poi altre due omonime, a Venezia e a Trieste) 
                  e altre ancora. 
                  A firma del Gruppo Gioventù Anarchica di Milano (eh sì, 
                  la presenza milanese è decisamente maggioritaria nella 
                  rivista di quegli anni!) viene pubblicato lo scritto “Costituzione: 
                  la codificazione dello stato totalitario di diritto”, 
                  con una lettura tutta ideologica e senza se né ma della 
                  legge fondamentale (e, appunto, costituente) dello Stato, con 
                  la “s” maiuscola. In questo come in altri scritti 
                  (spicca tra gli altri lo scritto di apertura: “Scelta 
                  rivoluzionaria e vita quotidiana” di Luciano Lanza) si 
                  evince una concezione netta e determinata della contrapposizione 
                  e dello scontro sociale, anche se non mancano interrogativi. 
                  “La stessa rivoluzione – scrive Lanza – sembra 
                  a volte diventata una parola vuota, perché non si hanno 
                  più significati con cui riempirla: forse si è 
                  perso il senso della rivoluzione. Non c'è spesso la volontà 
                  di essere soggetti attivi e propositivi, ma ci si accontenta 
                  di vivacchiare all'insegna dei più triti luoghi comuni 
                  del sinistrese [...] Il discorso che stiamo abbozzando potrà 
                  a molti sembrare pessimistico, ma rimane il fatto che porsi 
                  determinate domande in un momento come quello attuale è 
                  quanto mai ncessario. Si deve saper valutare in modo obiettivo 
                  se le strade che stiamo percorrendo ci avvicinano alla meta 
                  prefissa”. 
                  È questo, dell'analisi per quanto possibile disincantata 
                  e comunque critica e auto-critica, il messaggio di fondo più 
                  interessante e attuale che ci viene dalla rivista di quegli 
                  anni ormai lontani. Su tante questioni e anche impostazioni 
                  di fondo l'esperienza, o meglio le tante esperienze filtrate 
                  attraverso le nostre sensibilità individuali e “collettive”, 
                  le opinioni, i punti di approccio, le priorità sono ben 
                  diverse da quelle espresse in quegli anni. Sono cambiate le 
                  situazioni, siamo cambiati noi. Per fortuna. Guai se non fosse 
                  stato e non fosse così. 
                  Ma questo approccio aperto, attento ai cambiamenti, aperto ai 
                  più diversi contributi di segno e sensibilità 
                  libertaria, è rimasto, anzi – a nostro avviso – 
                  si è positivamente accentuato. E fa sì che la 
                  nostra rivista rimanga ancora oggi, in un clima generale certo 
                  meno vivace di 37 anni fa, uno spazio aperto di informazione 
                  e di riflessione.
                
    
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