rivista anarchica
anno 43 n. 384
novembre 2013


Sacco e Vanzetti

La storia infinita
di Nicola e Bart

di Luigi Botta


Le ultime parole prima dell'esecuzione, i funerali, il trasporto delle ceneri dagli Stati Uniti all'Italia (fascista).
Nuove acquisizioni e verità nella tragica vicenda dei due anarchici divenuti simbolo “globale” della criminalità del potere.


Aveva visto giusto Bartolomeo Vanzetti quando a Dedham, a conclusione del processo a carico suo e di Nicola Sacco, rivolgendosi al giudice Webster Thayer che in modo disattento anziché seguirlo si occupava d'altro, aveva sostenuto che il nome del magistrato, anche quando le sue ossa non sarebbero state che polvere, sarebbe risuonato a lungo nella storia del mondo, perché responsabile di un crimine contro l'umanità che i giusti avrebbero ricordato per sempre.
A 85 anni dall'esecuzione, il caso di Sacco e Vanzetti, i due anarchici accusati del duplice omicidio di South Braintree, Massachusetts, avvenuto nel corso della rapina del 15 aprile 1920, sembra essere sempre più oggetto di attenzione, nei contenuti della vicenda e nella vergognosa conduzione del giudizio processuale, da parte dell'opinione pubblica di tutto il mondo.
Ogni anno studi e ricerche si aggiungono a studi e ricerche, nuovi libri vengono editati, documentari e filmati diffondono ovunque gli estremi della vicenda, mentre pittori, poeti, cantanti, attori tramandano, ognuno a modo proprio, la vicenda e i personaggi che l'hanno vissuta e sofferta. Anche la filatelia e la numismatica consolidano l'interesse verso il caso.
Incredibile a dirsi, ma ancor oggi, superando di fatto le notizie che il tempo ha codificato e che la tradizione e la consuetudine hanno tramandato, gli aggiornamenti, le revisioni, le riletture, insieme alla scoperta di ulteriori e sconosciuti documenti, forniscono nuovi e significativi spunti di conoscenza. Sembra essere il destino di una vicenda che diventa un monito e che, per non essere dimenticata, di tanto in tanto rivela nuovi e significativi aspetti che il racconto del tempo – soprattutto la consuetudine a riciclare il riciclato e la superficialità nell'individuare le fonti alle quali attingere – ha forse provvisoriamente celato.
Inseguiamo qui un dettaglio modesto, anche se importante, della vicenda di Sacco e Vanzetti: la loro esecuzione, il funerale, l'incenerimento e il trasferimento delle ceneri in Italia. Segnalando fatti nuovi o dirimendo croniche o parziali inesattezze.

Alcuni primi fotogrammi delle sequenze del film The Good Shoemaker
and the Poor Fishpeddler
, che mostra il funerale di Sacco e Vanzetti
a Boston il 28 agosto 1927 (Brandeis University, Waltham;
Boston Public Library, Boston), così come riordinato da Jerry Kaplan
con la supervisione di Bob D'Attilio (Sacco and Vanzetti
Commemoration Society, Boston)

Le ultime parole

La diffusione di un film come quello di Giuliano Montaldo (Sacco e Vanzetti, Italia, 1971), diventato un vero caposaldo per la rilettura dell'intera storia, proiettato migliaia e migliaia di volte, con centinaia e centinaia di milioni di spettatori, distribuito in videocassetta e dvd a tutte le latitudini, scaricato milioni di volte in rete, ha rappresentato e rappresenta un veicolo mediale eccezionale per la propagazione della conoscenza del caso. Ebbene: quando nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1927, dopo l'esecuzione capitale di Celestino Madeiros, il portoricano autoaccusatosi dei crimini per i quali i due anarchici italiani sono stati condannati a morte, prima Sacco e poi Vanzetti vengono condotti di fronte al giustiziere Robert Elliot e alla sedia elettrica, entrambi si rivolgono ai presenti, a modo loro. Il regista ne offre una sua interpretazione.
Nicola Sacco, nel film, ripercorre mentalmente, come un mantra, il testo della sua ultima lettera indirizzata al figlio Dante. Bartolomeo Vanzetti, invece, colpisce nel profondo dei sentimenti per quel convinto e inequivocabile “Viva l'anarchia!” che pronuncia fieramente, senza lasciar spazio ad alcun ripensamento, di fronte ai testimoni dell'esecuzione. Una versione, questa, che è quella di Montaldo, ma che, è evidente, viene ripresa da un testo preesistente. È quello del dramma in tre atti che Mino Roli e Luciano Vincenzoni scrivono tra il 1959 ed il 1960 e che viene portato in scena la prima volta a Roma dalla Compagnia degli attori associati. Il testo di Roli e Vincenzoni fa da base alla maggior parte delle rappresentazioni teatrali contemporanee e attinge a pubblicazioni e studi precedenti.
In realtà, la notte dell'esecuzione, di fronte al boia, ai testimoni e al direttore del carcere Warden Hendry, Vanzetti non pronuncia alcun accenno all'anarchia ma intesse invece un discorso compiuto sulla sua innocenza, ringraziando tutti per il trattamento “umano e civile” che gli è stato riservato.
È invece Sacco, quand'è già accomodato sulla “sedia”, a pronunciare, con tono deciso e convinto, la frase “Viva l'anarchia”. Poi si rivolge ai figli, alla moglie e agli amici, augura la buona notte e si commiata con “Farewell, mother!”.
La versione corretta è frutto della testimonianza di William Playfair, reporter dell'Associated Press, estratto a sorte già nel 1921 al momento della sentenza e chiamato, unico giornalista, ad assistere all'esecuzione. Playfair annota nel dettaglio le parole dette di fronte al boia dai due anarchici italiani (non rileva, invece, le reazioni di Madeiros), ma non le comunica per esteso ai quotidiani che ne danno notizia sin dagli immediati lanci d'agenzia. Così le versioni, fornite “a memoria” e con l'urgenza della pubblicazione si differenziano, seppure di poco, le une dalle altre. E c'è anche chi – periodico, libro, filmato, rappresentazione – interpretando con estrema libertà le press agency, fornisce versioni non proprio rispondenti al vero.
Solo nel 2007 la pubblicazione dei Reporters of the Associated Press (edita da Princeton Architectural Press di New York con la prefazione di David Halberstam), dà l'esatta versione, così come trascritta da Playfair, di quanto dissero Sacco e Vanzetti prima di finire i loro giorni. Ed emerge con certezza che quel “Viva l'anarchia” non appartiene al pescivendolo di Villafalletto, bensì al calzolaio di Torremaggiore.

La scheda che certifica l'ingresso e la cremazione
di Nicola Sacco (archivio Forest Hills Cemetery, Boston)

La scheda che certifica l'ingresso e la cremazione di
Bartolomeo Vanzetti (archivio Forest Hills Cemetery, Boston)

Il funerale

Le notizie sono scarse e anche i giornali limitano le loro cronache. Ormai l'esecuzione è consumata (quella era la vera notizia) e la segnalazione di quanto avviene a Boston il 28 agosto 1927, giorno del funerale, non farebbe che accendere ulteriormente gli animi accrescendo ancor più i già numerosi problemi di sicurezza e stabilità politica del Massachusetts (e non soltanto). I giornali tacciono o danno informazioni molto diverse (in Italia La Stampa anticipa in sesta pagina che “Soltanto 200 persone accompagneranno le bare al cimitero”; negli Usa il New York Times titola a una colonna citando settemila presenze; in Francia l'Humanité titola di spalla in prima sui “400.000 travailleurs suivent les cercueils de Sacco et Vanzetti”). Il documento che più di ogni altro racconta il fatidico momento del trasferimento delle salme in pubblico corteo, dalla Funeral home di Joseph Langone, in North End, al cimitero di Forest Hills, è il filmato che, in modo incompleto, la rete propone oggi in diversi siti rendendo familiari e note le scene della gran quantità di gente che segue i feretri attraverso Hanover street. Dal filmato si intuisce la folla oceanica che accompagna le salme dei due nell'ultimo loro percorso lungo le strade di Boston.

L'ingresso del Forest Hills Cemetery di Boston,
dove il 28 agosto 1927 vengono cremati Sacco e Vanzetti

Anche la storia di questo filmato è particolarmente controversa e la sequenza delle scene, sin qui mostrata, inesatta e frutto di un montaggio che non ha tenuto conto della temporalità dell'avvenimento e ha sovrapposto momento a momento e addirittura introdotto più volte, in “spaccati” diversi, le medesime sezioni di scena.
Il giorno prima del funerale il Moving Picture World, un giornale che si occupa di industria cinematografica, segnala sulla sua prima pagina che i filmati relativi al caso Sacco e Vanzetti non verranno più distribuiti, anzi dovranno essere bruciati. Anche questa è una misura “precauzionale” che il governo statunitense sceglie di adottare per evitare che la memoria possa troppo facilmente tramandarsi ed esasperare chi intende non allinearsi (la Library of Congress di Washington, proprio a causa del rogo della celluloide ordinato dallo stato, possiede solo 13 minuti di riprese riguardanti Sacco e Vanzetti). Con queste premesse e nonostante il divieto, alcune cineprese si predispongono comunque, su invito del Comitato di difesa, lungo il percorso di Hanover street. Non si sa, però, cosa riprendano, quanto riprendano e quale fine facciano le pellicole. Soltanto due o tre anni dopo, Gardner Jackson, già giornalista del Boston Globe, animatore e segretario del Comitato con Aldino Felicani ed altri, viene informato dell'esistenza di qualche decina di metri di pellicola e riesce ad acquistare per 1.000 dollari, presso una delle potenti agenzie cinematografiche di Hollywood, una parte dei filmati. Li fa montare segretamente a New York e li conserva in cassaforte. Sono due bobine in pellicola da 35 mm.
Il 22 agosto 1930, in modo quasi carbonaro, auspice The Sacco-Vanzetti National League, il filmato del funerale viene proiettato presso la Town Hall di New York. Il 1931 ricompare a Boston, presso l'Auditorium Scenic. Poi sparisce. Solo alla fine del 1950 Francis Russell, nella fase di preparazione del suo libro Tragedy in Dedham. The Story of the Sacco Vanzetti Case – che verrà pubblicato in Italia nel 1966 per Mursia –, con la collaborazione di alcuni ultimi componenti del Comitato, ritrova il film. È molto mal messo. Un laboratorio di restauro va giù in modo grossolano. Per ricomporlo taglia e incolla come può. Nel 1959 viene mostrato alla Community Church di Boston e infine concesso come donazione nel 1962, insieme ad altro materiale sul caso, alla Brandeis University di Waltham, Massachusetts, dove finisce nel dimenticatoio. Solo nel 1970 torna ad essere riscoperto.
La Boston Public Library, che è prossima a ricevere in donazione dagli eredi di Aldino Felicani l'intero materiale d'archivio appartenuto al Comitato, provvede a promuovere due copie negative del filmato, in 35 e 16 mm. La rimanenza è storia recente, che si concretizza con la diffusione in rete.
Solo che il filmato del funerale – che possiede il titolo originale The Good Shoemaker and the Poor Fishpeddler – è totalmente fuori posto. Scene doppie, riprese mal collocate, montaggio approssimativo e casuale. Così la Sacco and Vanzetti Commemoration Society di Boston decide di adoperarsi per riordinare il documento. Jerry Kaplan riprende in mano le sei sezioni del film, che durano all'incirca sei minuti. Le seleziona e le studia, eliminando le ripetizioni e le riprese extra soggetto. Rimangono complessivamente 4'30 di proiezione. Li rimonta cronologicamente, seguendo scrupolosamente i quarantatré stacchi di scena. L'intero filmato viene pubblicato, il 22 agosto 2013, sul sito saccoandvanzetti.org, che è la vetrina in rete della Society. Bob D'Attilio (soprannominato per la sua grande conoscenza del caso “mister Sacco and Vanzetti”) ripercorre con la dovuta precisione tutta la storia de “La marcia del dolore” (altro appellativo assegnato al film).

“Rose” Zambelli e Luigina
Vanzetti il giorno (22 agosto
1927) che anticipa l'esecuzione
del marito e del fratello, si
dirigono verso il carcere di
Charlestown, Boston, dove
i loro cari sono detenuti

“Omicidio giudiziario”

“Judicial homicide”. Da Hanover street i feretri di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vengono trasportati al Forest Hills Cemetery, tappa finale di questa dolorosa marcia che pone fine alla vicenda terrena dei due anarchici italiani. C'è la pioggia torrenziale, ci sono gli scontri con la polizia. Il corteo si disperde e chi riesce ad arrivare staziona all'esterno del luogo dei morti, in attesa che la più penosa delle operazioni, la cremazione, abbia a compiersi. Luigina Vanzetti, Dante e “Rose” Sacco sono chiusi in un'auto con le tendine tirate. Alcuni componenti del Comitato occupano un'altra auto. Anche se le salme sono note e la presenza di una folla ancora straboccante non lascia dubbi circa l'identità delle due sepolture giunte al cimitero, l'impiegato di turno deve prendere atto, come da prassi, dell'identità dei morti.
E capita la più incredibile delle storie, che nessuno prima d'ora ha mai pubblicato nero su bianco, né negli Stati Uniti, né in Italia, né altrove. L'incaricato alla compilazione dei documenti compie un atto eroico che, all'epoca, gli sarebbe potuto costare estremamente caro. Nel segnalare che Nicola Sacco – scheda n. 10201 – e Bartolomeo Vanzetti – scheda 10202 –(rispettivamente di 36 e 39 anni) sono deceduti il 23 agosto 1927, indica che sono stati cremati il 28 agosto (il giorno stesso del funerale) e le ceneri consegnate il giorno 29 (presumibilmente all'impresa di pompe funebri Langone, che è citata in fondo alla scheda). Come causa di morte segnala: “electric shock”, vale a dire scarica elettrica, in conseguenza a “Judicial homicide”, cioè “Omicidio giudiziario”. Proprio “Omicidio giudiziario”!
In pratica indica, a futura memoria (in effetti la scoperta è recentissima), qual è il suo pensiero. Gli assassini, per lui, sono i giudici; e non Sacco e Vanzetti, indicati invece come vittime.
Le ceneri, divise o mescolate? Le ceneri, negli Stati Uniti, possono circolare liberamente. Ritirate dal Forest Hills Cemetery, vengono consegnate dall'impresa Langone al Comitato di difesa. È previsto, per le medesime, un lungo tour in numerose città americane. Ma si soprassiede, preferendo far circolare le maschere mortuarie, anche per evitare lo scontro con la polizia (che di fatto sconsiglia – cioè impone – di portare in giro i resti dei due anarchici).
Il 31 agosto, due giorni dopo la consegna delle urne, “Rose” Sacco e Luigina Vanzetti incontrano i componenti del Comitato per decidere il da farsi. Viene concordato che una parte delle ceneri di Sacco venga deposta presso il cimitero di Malden, dove dimora la famiglia. La rimanenza sarà portata in Italia dalla sorella di Vanzetti, che provvederà a darvi sepoltura, in contemporanea e nello stesso luogo a quelle di Bartolomeo.
Luigina lascia Boston l'ultima settimana di settembre e si imbarca sul transatlantico Mauretania. Porta con sé le due urne. L'una contiene i resti di suo fratello e l'altra ciò che è destinato all'Italia del compagno di sventura Nicola Sacco. Approda a Cherbourg-Octeville, il porto francese poco distante da Le Havre, il 4 ottobre. Siccome il trasferimento dei contenitori con le ceneri – per le quali non è consentita la libera circolazione – è previsto con un furgone speciale, piombato, la donna incontra la polizia e le autorità locali per ricevere ordini. Il commissario di pubblica sicurezza Leluc, con gli ispettori Royère e Lasserre, salgono sulla nave e la obbligano ad aprire il baule già sigillato, indirizzato a Villafalletto e pronto per essere consegnato al furgone e quindi alle ferrovie francesi. Vogliono vedere quel che c'è dentro. Appurare che non si nasconda qualcos'altro. Estraggono la cassetta che contiene le due urne, ne accertano il contenuto, tornano a impiombare il baule.
Fanno firmare a Luigina un verbale di responsabilità. La versione italiana: “Affermo che le ceneri di mio fratello e del suo disgraziato compagno sono state divise tra il Comitato Sacco-Vanzetti e me. Una parte è rimasta in America, l'altra è in mio possesso ed è stata suggellata in mia presenza dal commissario di polizia per essere spedita in Italia, via Modane. Nessun'altra particella di cenere è stata distratta”. La versione francese, che riporta alcune modeste differenze: “Je jure, sur la mémoire et les cendres de mon frère, que son cendres et cendres de Sacco sont partie en Amérique, partie dans l'urne que je transporte. Je jures encore que je n'en al pas [sic!] envoyè en France ou ailleurs à des lieurs, et que personne n'à pu en envoyer”.
A ricevere Luigina al porto ci sono anche gli anarchici Louis Lecoln e Séverin Ferandel, ai quali viene posto assoluto divieto di salire sul transatlantico. I due incontrano però il commissario Leluc e gli segnalano che il Comitato francese, prevedendo l'isolamento della sorella di Bartolomeo imposto dalla polizia (con lo scopo di rendere impossibile la manipolazione delle urne), si era fatto spedire da Boston una porzione delle ceneri, giunte sane e salve a Cherbourg viaggiando come pacco postale col piroscafo Ile de France che aveva solcato l'Atlantico tre settimane prima (non è chiaro se si tratti di semplice provocazione o la notizia corrisponda al vero). Detto ciò Lecoln e Ferandel rientrano con rapidità a Parigi per presentare richiesta all'autorità governativa di sfilare in corteo nelle strade del centro, con le ceneri in loro possesso e con le maschere mortuarie dei due martiri, anch'esse arrivate col medesimo sistema. La manifestazione, naturalmente, viene negata. Così decidono di esporre le urne (o l'urna?) contenenti la porzione francese delle ceneri nella vetrina di un magazzino del centro.

Giovampietro Isaia, Guido e Giovanni Ramonda,
fotografati a Villafalletto con l'urna destinata a contenere
le ceneri di Bartolomeo Vanzetti (Istituto Storico Cuneo
e Provincia, Cuneo, Fondo Bartolomeo Vanzetti)

Semplici cilindri in rame

Luigina Vanzetti lascia Parigi l'8 ottobre. Viaggia in treno, da sola, in uno scompartimento di seconda classe. Il contenitore con le urne, invece, è accompagnato a parte da due gendarmi. Fa frontiera a Modane. Il Piemonte ormai è a due passi. La donna vede avvicinarsi il suo paese, Villafalletto, dove i resti del fratello e quelli del compagno Sacco, secondo le volontà espresse a Boston, devono essere sepolti nel cimitero cittadino. Le formalità di rito per lo sdoganamento dei resti dei due anarchici impongono troppo tempo e pertanto lascia da sola il luogo di frontiera e raggiunge Torino il 9 ottobre. Il giorno stesso prosegue, inattesa, per Villafalletto, il paese nativo di Bartolomeo Vanzetti. Il 10 ottobre è a Cuneo dove cerca di ottenere il nulla osta per il trasporto delle due urne, che sono ancora a Modane. E lì rimangono sino al 13 ottobre, quando finalmente Luigina, dopo aver raggiunto Torino e inoltrato nuove domande, riesce a far svincolare il carico.
Dopo alcuni contatti con i parenti di Sacco, contrariamente a quanto stabilito in precedenza, viene deciso che i resti saranno destinati a Torremaggiore, in Puglia, paese nativo di Nicola Sacco. Rimarranno a Villafalletto alcuni giorni, in attesa che il fratello possa giungere dal Sud. Il 14 ottobre, scortato da alcuni commissari di polizia, il convoglio che trasporta le ceneri si ferma nella stazione di Villafalletto. Vengono fatti saltare i sigilli al carro: una cassetta da imballaggio di una fabbrica francese di cioccolato è al centro del vagone. È portata nella sala d'aspetto. Eliminata la ceralacca e aperto il contenitore, si estraggono le due urne, che sono immerse in trucioli di legno, avvolte in carta celeste e tenute insieme da una cordicella fissata con altra ceralacca recante il timbro di Cherbourg. Sono semplici cilindri in rame, chiusi con un coperchio a cerniera. Su ogni cilindro compare il nome, distinto, dell'uno e dell'altro condannato a morte.
Dopo poco, alle ore 11, l'urna coi resti di Nicola Sacco riparte per Torino. Non si attende l'arrivo di alcun parente e tanto meno si accetta la proposta di Luigina di continuare ad essere lei stessa l'accompagnatrice dei miseri resti. L'ordine è tassativo: le autorità fasciste impongono che l'urna viaggi con urgenza verso Torremaggiore. L'ultimo capitolo di questa storia deve chiudersi in fretta. È accompagnata, in un comune scompartimento, da alcuni agenti di polizia.
Alle ore 14 si celebrano i funerali di Vanzetti: il contenitore in rame viene posto in una cassetta lignea predisposta in precedenza. Dalla stazione parte il corteo che si dirige in paese superando quel ponte sul Maira che Bartolomeo Vanzetti aveva più volte ricordato nei suoi testi e nelle sue lettere. Superato anche l'ostacolo dell'accesso al camposanto, che sembrava insormontabile (nei giorni precedenti pareva non esserci il nulla osta della chiesa alla sepoltura, in conseguenza al rifiuto di Vanzetti di comunicarsi), le ceneri trovano momentanea collocazione nella tomba dei Caldera.
Il giorno successivo, 15 ottobre, un sabato, Sabino Sacco viene invitato a raggiungere San Severo dove, allo scalo ferroviario, è previsto l'arrivo del convoglio che trasporta l'urna con le ceneri del fratello. La medesima viene poi trasferita su un camioncino chiuso e quindi trasportata a Torremaggiore. Il corteo funebre, che è composto dal solo Sabino scortato da un commissario di pubblica sicurezza, segue via Carlo Alberto e quindi il viale del cimitero. C'è parecchia polizia. Un po' di gente assiste ai lati della strada. Ai familiari viene impedito di prendere parte alla cerimonia. L'urna è collocata in un loculo la cui lapide non presenta altra indicazione al di fuori del nome e cognome e della data di nascita e di morte. La tumulazione, per dimenticanza, non viene segnalata sul Registro dei morti. Settant'anni dopo, il 14 novembre 1998, Torremaggiore dedica un monumento funebre alla memoria di Ferdinando “Nicola” Sacco e il contenitore con le ceneri, trasportato dalla nipote Maria Fernanda, viene trasferito dal vecchio loculo all'apposita nicchia destinata a ospitarlo per sempre.
L'intero percorso seguito dalle urne con le ceneri, dalla consegna al Forest Hills Cemetery sino all'arrivo ai rispettivi cimiteri italiani, costellato da una documentazione copiosissima che segue giorno per giorno il cammino dell'“ingombrante” (perché soggetta all'attenzione del mondo intero) presenza, rende poco attendibile l'ipotesi – frutto probabilmente di una diceria popolare sorta già al tempo del trasferimento dagli Usa all'Italia e poi consolidata perché mai messa in dubbio – che le ceneri di Nicola Sacco e di Bartolomeo Vanzetti siano state prima mescolate e poi ridistribuite nelle due urne. Troppi elementi testimoniano il contrario. Tra cui la scelta, presa sin da subito da Luigina Vanzetti e da “Rose” Sacco, di mantenere integre e distinte le porzioni di ceneri destinate ai rispettivi camposanti italiani. Diversa, forse, la situazione per quanto riguarda le parti destinate, invece, ai Comitati di Boston e di Parigi.

Luigi Botta