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				 memoria 
                  
                La Resistenza? Andiamo al museo 
                  
                testo e foto di Andrea Perin  
                
                   
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                    |   Fosdinovo, Museo della Resistenza  | 
                   
                 
                  
                Nella storia politica e culturale italiana, i musei della Resistenza rappresentano un punto di riferimento significativo. 
Per ragioni politiche e tecnologiche, si tratta di un mondo in profonda evoluzione. 
                 
                  Il museo, istituzione nata in 
                  Europa più di duecento anni fa, è ormai diventato 
                  uno dei fulcri della produzione e del consumo culturale della 
                  società contemporanea: non solo come luogo di conservazione 
                  ed esposizione del patrimonio artistico, archeologico, naturalistico 
                  e scientifico di una nazione, ma anche come tassello per la 
                  costruzione dell'identità della comunità di appartenenza: 
                  le scelte fatte in termini di esposizione e percorso rispecchiano 
                  solitamente il pensiero della classe dirigente e, soprattutto 
                  nei musei storici, sono spesso consapevolmente utilizzate per 
                  scrivere la memoria di una comunità. 
                  In Italia ad esempio nella seconda metà dell'ottocento 
                  si assistette alla creazione di una serie di musei nelle quali 
                  la classe dirigente di allora definì il culto del Risorgimento, 
                  spesso depotenziandone le istanze anche rivoluzionarie e anticlericali 
                  e proponendo non di rado le modalità quasi religiose 
                  del culto dei martiri. 
                  Lo stesso accadde dopo la Grande guerra, quando il regime fascista 
                  impostò un programma di costruzione della memoria edificando 
                  sacrari, monumenti e ovviamente anche musei, non di rado all'interno 
                  degli stessi Musei del Risorgimento per affermare un percorso 
                  lineare di costruzione della nazione: la narrazione del conflitto 
                  assunse il carattere della raccolta dei cimeli per raccontare 
                  l'abnegazione e il sacrificio eroico delle truppe italiane per 
                  le terre dell'amato paese. 
                  La narrazione imposta dal governo fascista represse e cancellò 
                  quella profondamente antimilitarista che nei primi anni dopo 
                  il conflitto venne portata avanti da socialisti e anarchici, 
                  procedendo alla distruzione sistematica dei numerosi monumenti 
                  pubblici che erano stati edificati per iniziativa popolare per 
                  commemorare le “vittime” della guerra per mano del 
                  capitalismo. 
                  Diversa è stata la gestione e costruzione della memoria 
                  relativa alla Seconda guerra mondiale e soprattutto alla Resistenza: 
                  probabilmente a causa dei tanti conflitti rimasti aperti dopo 
                  la fine della guerra, ma soprattutto in seguito alla espulsione 
                  dopo il 1947 delle forze di sinistra dal governo e dalla gestione 
                  del paese complice anche il clima da Guerra fredda, la Resistenza 
                  non diventò mai un mito fondativo della Repubblica Italiana, 
                  al di là delle dichiarazioni di facciata. 
                  La Resistenza diventò bandiera prevalentemente delle 
                  componenti socialiste e soprattutto comunista, che hanno spesso 
                  privilegiato e valorizzato soprattutto le esperienze a loro 
                  più vicine. 
                  Per rimanere nel campo delle istituzioni museali, che rappresentano 
                  appunto uno dei fulcri della narrazione istituzionale dell'identità 
                  di una nazione, non esistono a tutt'oggi musei nazionali, cioè 
                  di emanazione statale, dedicati alla Resistenza ma solo istituzioni 
                  gestite da privati (spesso con partecipazione di enti pubblici) 
                  o da enti pubblici locali. 
                  Nel primo dopoguerra la memoria e la sua gestione rimasero in 
                  realtà affidate principalmente ai testimoni e alle loro 
                  eventuali raccolte di immagini, documenti e oggetti: con poche 
                  eccezioni, l'impegno di amministrazioni locali, partiti e associazioni, 
                  spesso guidate da amministratori provenienti da queste esperienze 
                  di lotta o appartenenti a partiti di sinistra, si dedicò 
                  a eventi commemorativi di battaglie ed eccidi, all'edificazione 
                  di cippi e monumenti, all'intitolazione di vie e luoghi pubblici. 
                  Forse le vicende erano troppo vicine per pensare all'edificazione 
                  di musei, forse quelli esistenti rimanevano troppo distanti 
                  dalle vicende umane e politiche per costituire un modello. 
                
                   
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                    |   Gattatico, Museo Fratelli Cervi  | 
                   
                 
                 
                  La presenza di ex partigiani 
                 I musei dedicati alla resistenza cominceranno a sorgere soprattutto 
                  negli anni settanta, forse perché i fatti storici avevano 
                  cominciato ad allontanarsi dall'esperienza diretta, forse per 
                  il clima politico più disponibile. Sebbene esistano alcuni 
                  casi di sezioni dedicate all'interno di musei storici locali 
                  (ad esempio Museo Storico di Lecco, Museo Storico di Trento, 
                  Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara, Museo 
                  della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina di Roma, 
                  Museo Risorgimento e età contemporanea di Faenza – 
                  ora chiuso al pubblico, Museo Civico del Risorgimento Luigi 
                  Musini di Fidenza), tutte le istituzione ebbero carattere locale 
                  e nacquero soprattutto da raccolte spontanee e per iniziativa 
                  dei protagonisti stessi, solitamente in assenza delle classiche 
                  figure di riferimento professionale e istituzionale (accademia, 
                  storici di professione). 
                  A questa indipendenza da una possibile narrazione imposta a 
                  livello nazionale, non ha fatto riscontro una scelta che si 
                  distaccasse dallo schema dei musei storici tradizionali italiani: 
                  con un allestimento che ha risentito spesso delle limitate risorse 
                  economiche a disposizione, in gran parte hanno mantenuto un'esposizione 
                  di cimeli e oggetti d'epoca (armi, divise, documenti, oggettistica 
                  varia, eccetera) nell'ottica dell'omaggio e della commemorazione 
                  dei caduti e di onore verso i martiri, venendo spesso a costituire 
                  una sorta di culto civile o di sacrario laico. Univoco è 
                  poi spesso il racconto politico, legato all'immagine che nei 
                  decenni il Pci ha costruito sui protagonisti e i miti della 
                  Resistenza. Sebbene manchi ancora una lista completa dei musei 
                  dedicati alla Resistenza, la distribuzione è concentrata 
                  nell'Italia settentrionale, soprattutto in Emilia Romagna e 
                  in Piemonte. 
                  Elemento qualificante di questi musei è stata spesso 
                  la presenza di ex partigiani, testimoni in grado di dialogare 
                  e mediare tra gli oggetti esposti e i visitatori (soprattutto 
                  studenti), venendo a costituire essi stessi motivo di visita 
                  e comprensione dei percorsi. 
                  L'esempio che meglio rappresenta questa situazione, quello che 
                  in qualche maniera ha probabilmente condizionato anche le esperienze 
                  successive, è il Museo Cervi di Gattatico (Reggio Emilia): 
                  la casa colonica della famiglia dall'immediato dopoguerra diventò 
                  meta di un “pellegrinaggio laico” di singoli cittadini 
                  e associazioni che si recavano in visita a questo luogo, diventato 
                  ben presto uno dei simboli più significativi legati alla 
                  Resistenza. Papà Cervi raccontava la vita e la morte 
                  dei suoi figli, spesso i visitatori portavano doni, non di rado 
                  oggetti realizzati appositamente con intenzioni simboliche e 
                  commemorative. Proprio per organizzare questi doni e su richiesta 
                  di papà Cervi, nel 1964 venne ampliata la cascina e istituita 
                  una sala espositiva, nel doppio segno della raccolta di cimeli 
                  e del racconto diretto dei protagonisti. Nel 1972 venne fondato 
                  l'Istituto Alcide Cervi (Provincia Reggio Emilia, Comune di 
                  Gattatico, Anpi, Alleanza nazionale dei contadini) e nel 1975, 
                  con l'acquisizione del podere da parte della provincia, si attuò 
                  la definitiva trasformazione della casa colonica in museo. 
                  Il suo aspetto attuale, grazie a una ristrutturazione terminata 
                  nel 2001, presenta un percorso su tre ambiti: il primo riguarda 
                  il lavoro contadino, attraverso le testimonianze legate alla 
                  famiglia Cervi, mentre il secondo parla dell'antifascismo e 
                  Resistenza nel Reggiano e dell'eccidio dei sette fratelli. In 
                  ambedue sono esposti oggetti d'epoca e e grandi riproduzioni 
                  fotografiche insieme a brani di testimonianze. L'ultima sezione, 
                  la più interessante per comprendere la genealogia e il 
                  retroterra del progetto museale, ospita una selezione dei doni 
                  portati dai visitatori nel corso degli anni, dai semplici souvenir 
                  alle bandiere, sino a oggetti realizzati appositamente (busti, 
                  modellini, eccetera): omaggi che appaiono sinceri e appassionati, 
                  ma che rischiano anche di sembrare doni devozionali, quasi ex 
                  voto. 
                  Accanto a quelli dedicati alla Resistenza, oltre ai pochissimi 
                  sulla Seconda guerra mondiale (ma anche la Casa museo Badoglio 
                  a Grazzano Badoglio, Asti), sono state realizzati alcuni musei 
                  dedicati alla deportazione. Tra questi il Museo-Monumento al 
                  Deportato Politico e Razziale di Carpi, progettato dallo studio 
                  Bbpr con Renato Guttuso e aperto nel 1973, e il Museo della 
                  Risiera di San Sabba di Trieste: inaugurato 1975, ospita una 
                  piccola sala espositiva ma soprattutto le strutture detentive 
                  e quanto rimane del forno crematorio. 
                
                   
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                    |   Gattatico,  
                        Museo Fratelli Cervi  | 
                   
                 
                 
                  Il ruolo delle nuove tecnologie 
                 Una svolta significativa si comincia ad avere a partire dagli 
                  anni '90 del secolo scorso, quando per la prima volta dal dopoguerra 
                  il potere viene assunto da forze politiche di destra che si 
                  richiamano direttamente all'esperienza fascista, come Alleanza 
                  nazionale (già Movimento sociale italiano), o con tratti 
                  esplicitamente xenofobi come la Lega nord. 
                  Da parte delle istituzioni, sia a livello nazionale che a livello 
                  locale, si assiste non più a una accettazione alla memoria 
                  della Resistenza, seppure a volte di maniera o di facciata, 
                  ma addirittura a una diversa lettura storica che porta a rivedere 
                  la scala dei valori, non di rado rivalutando la Repubblica sociale 
                  italiana o parificando i valori in campo. Non a caso, ad esempio, 
                  nel 1995 a Milano venne chiuso dal comune a gestione leghista 
                  il Museo di storia contemporanea, inaugurato nel 1963, che terminava 
                  proprio con una sezione dedicata alla Resistenza. 
                
                   
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                    |   Trieste, 
                        Risiera San Sabba  | 
                   
                 
                 
                  Comincia ad apparire evidente che i musei esistenti dedicati 
                  alla Resistenza così come sono realizzati sono spesso 
                  statici, poco accattivanti – se non per i “fedeli”, 
                  incapaci di dialogare con strati ampi della società e 
                  destinati a perdere attrattiva e significato man mano che i 
                  protagonisti diretti, veri animatori, vengono a mancare. 
                  Il primo museo che, conscio di questa situazione, propone una 
                  formula innovativa è il Museo audiovisivo della Resistenza 
                  delle province di Massa Carrara e La Spezia a Fosdinovo (Ms), 
                  inaugurato nel 2000 e gestito da un'associazione di cui fanno 
                  parte, oltre alle province, anche i comuni e le sezioni Anpi 
                  locali e alcuni istituti storici. 
                  La peculiarità di questo luogo è la totale mancanza 
                  di oggetti esposti e un allestimento curato da Studio Azzurro 
                  che “mette in mostra” le persone che hanno avuto 
                  un ruolo nella Resistenza: il tocco del visitatore attiva proiezioni 
                  in cui partigiani e deportati, donne e contadini, sacerdoti 
                  e vittime della rappresaglia, ormai anziani, raccontano la loro 
                  esperienza, intensa non solo come lotta armata ma come partecipazione 
                  alle dure vicende che attraversarono queste zone. 
                  È un museo nuovo non solo per le tecnologie utilizzate, 
                  ma soprattutto per la ricerca nell'apertura di un dialogo con 
                  i visitatori (senza la presenza fisica dei testimoni), soprattutto 
                  i giovani, dove sono le esperienze dei protagonisti a parlare, 
                  e non i cimeli. È un'esperienza intensa per il visitatore, 
                  di grande empatia, dove si sceglie autonomamente e non passivamente 
                  cosa ascoltare. L'operazione non è stata comunque esente 
                  da critiche, soprattutto per la mancanza di un apparato di inquadramento 
                  storico altrettanto valido, che rischia di non contestualizzare 
                  i racconti e di lasciare alle sole emozioni il compito di raccontare 
                  una storia.
                
                   
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                    |   Trieste, 
                        Risiera San Sabba  | 
                   
                 
                Ecomuseo o museo diffuso 
                 Sulla scorta di questa esperienza si inaugura nel 2003 a Torino 
                  il Museo Diffuso della Resistenza, della deportazione, della 
                  guerra, dei diritti e della libertà, anche questo gestito 
                  da un'associazione costituita da enti pubblici e privati. Si 
                  tratta di un percorso multimediale interattivo, più complesso 
                  del museo di Fosdinovo, che conduce il visitatore in un viaggio 
                  virtuale nella città nel decennio che va dall'approvazione 
                  delle leggi razziali del 1938 alla Costituzione repubblicana 
                  del 1948. Anche in questo caso l'esposizione si struttura su 
                  filmati attivati dalle persone, non solo racconti ma anche pezzi 
                  d'epoca. È presente un solo oggetto scelto per la sua 
                  valenza simbolica: la sedia delle esecuzioni. 
                  Ambedue i musei, oltre a innovative scelte progettuali e comunicative, 
                  segnano anche una più marcata distanza rispetto alla 
                  visione militante e partitica della Resistenza di buona parte 
                  dei musei sino ad allora allestita, probabilmente anche condizionata 
                  dalle mutate condizioni storico-politiche in cui questi due 
                  musei vengono a nascere e dal bisogno di essere condivisibili 
                  a un pubblico meno militante. 
                  Un altro ambito espositivo innovativo per la museografia della 
                  Resistenza è costituito dagli ecomusei, o museo 
                  diffuso: “un patto con il quale la comunità 
                  si prende cura di un territorio” attraverso la riappropriazione 
                  della collettività del proprio patrimonio culturale, 
                  intervenendo sui paesaggi, l'architettura, il saper fare, le 
                  testimonianze orali della tradizione, eccetera. Tradizionalmente 
                  dedicati alle società rurali, a partire dal 2000 ne sono 
                  stati aperti alcuni sul tema della Resistenza: “Il Codirosso” 
                  (Cn, in Alta Val Sangone (To), in Val Pellice (To), sul Colle 
                  del Lys (To), in alta Vallecamonica (Corteno Golgi, Aprica, 
                  Edolo e Monno – Bs). 
                  Questi ecomusei della Resistenza propongono un nuovo rapporto 
                  con la storia, fatta di sentieri da ripercorrere e luoghi da 
                  visitare che furono teatro di avvenimenti, offrendo una coincidenza 
                  stretta, vissuta in prima persona, tra territorio e storia. 
                  Spesso, grazie alle nuove tecnologie digitali, con la possibilità 
                  di fruire di informazioni sui percorsi (cartine, itinerari e 
                  note di carattere storico) sui tablet. 
                
                   
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                    |   Torino,  
                        Museo della Resistenza  | 
                   
                 
                 
                  Strumenti di conoscenza e di elaborazione 
                 A quasi settant'anni dalla fine della Resistenza, oltre alle 
                  poche innovazioni citate, il panorama per quanto riguarda i 
                  musei della resistenza appare decisamente statico. La distanza 
                  cronologica che ci separa da quegli anni aumenta al punto da 
                  cancellare progressivamente tutte le testimonianze dirette, 
                  le persone che hanno vissuto quel periodo. I piccoli musei, 
                  strutturati intorno alle loro persone e gestite dal volontariato, 
                  fanno sempre più fatica a sopravvivere. Non di rado, 
                  le amministrazioni privilegiano interventi per la realizzazione 
                  di memoriali (come ad esempio il Binario 21 a Milano, “luogo 
                  della memoria” allestito nella stazione Centrale da dove 
                  partivano i convogli per i campi di sterminio nazisti). 
                  Nel frattempo cominciano a proporsi visioni alternative per 
                  la Resistenza. Sono anni ad esempio che si discute a Salò 
                  dell'allestimento di un Museo della Repubblica sociale italiana: 
                  la sede già esiste, pare anche un primo progetto che, 
                  secondo voci, viene definito non nostalgico. 
                  Difficile capire se è il modello del museo stesso a essere 
                  in crisi, con la sua struttura chiusa nell'immaginario del culto 
                  dei martiri, o la congiuntura economica che, anche a causa degli 
                  alti costi di realizzazione e di manutenzione dei musei di nuova 
                  generazione (Fosdinovo e Torino), scoraggia nuovi interventi. 
                  O forse è semplicemente l'incapacità di uscire 
                  dalla mitologia e dai riti della Resistenza come fenomeno storico 
                  e politico a costituire il più grosso impedimento alla 
                  realizzazione di luoghi che non siano semplicemente commemorativi 
                  ma strumenti di conoscenza e di elaborazione.
                  Andrea Perin 
                
                   
                    Alcune letture suggerite 
                       Guida 
                        ai musei della Resistenza e della lotta di Liberazione 
                        in Italia, Brescia 2012 
                        Fiorenzo Basenghi, Gabriella Bonini, Mirco Zanoni (a cura 
                        di), Istituto Alcide Cervi, Provincia di Reggio 
                        Emilia, Reggio Emilia 2008 
                        Maurizio Fiorillo, Francesca Pelini, Paolo Ranieri (a 
                        cura di), Museo audiovisivo della Resistenza, edizioni 
                        RES, La Spezia 2004 
                        John Foot, Fratture d'Italia. Da Caporetto al G8 di 
                        Genova la memoria divisa del paese, Rizzoli, Milano 
                        2009 
                        Ilaria La Fata, La liberazione diffusa. Per un repertorio 
                        dei musei della Resistenza, in “Zapruder”, 
                        gennaio-aprile 2006, n° 9, pp.104-106 
                        Claudio Silingardi, I musei della Resistenza in Emilia 
                        Romagna, in “Nuova Museologia”, novembre 
                        2002, n° 7, pp. 9-15 
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