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				 NO TAV 3 
                  
                Lettere sul Tav 
                  
                di Gianni Milano 
                    
                Il ovimento No Tav è vario e composito. 
Tra i suoi membri, il poeta Gianni Milano, classe 1938, maestro in pensione e studioso di pedagogia. Questi brevi racconti epistolari sono stralci del suo diario poetico sulla lotta in Val Susa. 
                
  
                Lettera a chi fa finta di niente 
                 Freddo, pioggia, neve. Arroganza dei 'poteri' su giornali, 
                  radio e televisioni. E gente. Gente che sta al freddo, sotto 
                  la pioggia e la neve, irrisa dai 'poteri', controllata dalle 
                  'divise' quasi fossero pericolosi malfattori. Attorno la Val 
                  di Susa che, martoriata da sempre, rischia di diventare un tubo 
                  d'intestino, una cloaca a cielo aperto, una 'riserva' per i 
                  pochi che ancora vi abiteranno, studiati da antropologi alla 
                  Lombroso, testardi discendenti d'un popolo che tanto ha subìto 
                  e tanto ha dato, in lotte, in morti, in laboriosità. 
                  Di coloro che testimoniano l'assurdità e la violenza 
                  d'un'opera che buca la montagna per 50 chilometri, che asfissia 
                  una valle già stretta e collassata, che produrrà 
                  effetti mortiferi anche sulle zone circostanti; di coloro che 
                  con il semplice buonsenso dimostrano quanto poco valga la vita 
                  per coloro che detengono il potere, per coloro che piangono 
                  magari sulle sorti del Pianeta salvo contribuire con forza a 
                  modificarlo negativamente con il sorriso del 'giusto', di colui 
                  che non dovrà rendere conto a nessuno; di coloro che 
                  stanno nei presidi in Valle sto parlando, eredi di sfruttati 
                  e violentati nei secoli, strumentalizzati quando faceva comodo 
                  salvo poi abbandonarli al freddo, alla pioggia, alla neve. 
                  Povera Resistenza! Povera vita nostra, deprivata di valori, 
                  di solidarietà e di speranza. Poveri giovani ai quali 
                  si insegna che chi si oppone è un malvagio, che chi obietta 
                  è un terrorista! 
                  “Dovete sempre ricordarvi che gli uomini e tutte le altre 
                  creature che abitano questa Terra sono sacri e come tali devono 
                  essere trattati”, ricorda Alce Nero della nazione Sioux. 
                  La lotta per la preservazione di un territorio fragile come 
                  la Val di Susa vale per tutti gli esseri che si dicono umani 
                  e per tutte le altre creature. Dimenticando ciò, la strage 
                  continuerà: resterà soltanto più il capitale! 
                  
                Lettera al vin brulé 
                 Dappertutto rumori, grancasse frastornanti. È festa! 
                  Avete diritto al saccheggio come truppe d'occupazione. Gli apparenti 
                  opposti schieramenti hanno trovato un punto d'accordo: fottersene 
                  del 'popolo' (parola in disuso), abolire le minoranze, marciare 
                  trionfanti alla conquista del territorio e “guai ai vinti!”. 
                  La cornice meteorologica evidenzia le miserie del potere. Buffoni 
                  e leccaculi saltellano tra le righe dei giornali battendo le 
                  mani. E io mi vergogno. Mi vergogno di fronte alle montagne, 
                  alle piante, agli animali. Mi vergogno di fronte agli umani 
                  solidali con la vita. Mi vergogno perché c'è troppa 
                  razza padrona. Mi vergogno ma non mi do per sconfitto. In saccoccia 
                  non ho forze armate né uomini addestrati alla repressione. 
                  In saccoccia ho la mia dignità, che non ha frontiere, 
                  che parla le lingue le più diverse, che dà un 
                  senso alla vita. 
                  Nicoletta, quella 'senza se e senza ma' propone di uscire dall'enclave 
                  in cui si rischia l'oscuramento e l'ammaina bandiera. Sono d'accordo 
                  con lei. Già a suo tempo avevo invitato a un pow-wow 
                  nel quale le voci le più diverse si unissero in un grido 
                  “Noi siamo per la vita non per il profitto”. Famiglie, 
                  lavoratori, artisti. Un fronte agile e dinamico che finalmente 
                  si espone e dice la propria perché ci sia veramente la 
                  democrazia, perché le morti passate sui monti della Val 
                  Susa si trasformino in qualcosa di brillante, come i fiori dei 
                  pascoli in primavera. Abbiamo bisogno di tante api, per impollinare 
                  le idee. 
                  Mi rivolgo ai professionisti della comunicazione: musicisti, 
                  scrittori, attori... È il vostro momento per dimostrare 
                  che la cultura non è roba da ricchi ma scambio permanente 
                  con la natura, restituzione di quanto ci è stato dato. 
                  Dove e come realizzare l'incontro... L'appello a chi legge. 
                  L'invito a Nicoletta, donna sagace e saggia, molto più 
                  pratica di me. Io ci sarò, con le mie poesie, con i miei 
                  capelli bianchi, con l'orgoglio di 40 anni d'insegnamento sempre 
                  per la vita, mai opportunistico, sempre solidale. E se tutto 
                  andrà in porto, un porto che si sposta di continuo nello 
                  spazio e nel tempo, un vin brulé, alla salute, alla pace 
                  ed alla condivisione. 
                  
                 Lettera 
                   al paese delle teste di legno 
                 “... Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col 
                  fuoco acceso; ma il fuoco era dipinto, e accanto al fuoco c'era 
                  dipinta una pentola che bolliva allegramente e mandava fuori 
                  una nuvola di fumo, che pareva fumo davvero….” 
                  ('Pinocchio' – Carlo Lorenzini detto Collodi) 
                  I paesi sono sovente come le matrioske russe. Dentro ad una 
                  bambola ce n'è un'altra e così via. Può 
                  capitare così che dentro ad un paese di teste pensanti 
                  se ne annidi un altro di teste di legno. 
                  Con tutto il rispetto per il legno, io continuo a non capire 
                  se i plaudenti all'altezzosa Tav, sponsorizzata dagli alti poteri, 
                  finanziata con i soldi di tutti che pesano diversamente secondo 
                  la quantità, per cui valgono di più quelli dei 
                  poveri che ne hanno meno, siano, i plaudenti, affetti dalla 
                  sindrome di Stoccolma o masochisti o balenghi. Ci si è 
                  aggiunto a battere le mani anche un principe della chiesa cattolica 
                  torinese che dichiarando di essere super partes ha poi invitato 
                  il sindaco, i leghisti, Pd e Pdl (per non far torto a nessuno) 
                  a proseguire sulla loro strada senza farsi intimidire (da chi? 
                  dalle vittime? da quelli che battono allegramente i denti ai 
                  presidi?), al che il sindaco ha perso l'occasione di stare zitto 
                  e si è offerto allo sghignazzo pubblico con l'invito 
                  al prelato (si dice così?) di partecipare alla prossima 
                  ammucchiata a favore della Tav. 
                  La Val di Susa ha già conosciuto l'Inquisizione. Dio 
                  lo vuole, dicono da Roma ed allora si va avanti! E chi si oppone 
                  sarà sbattuto fuori. Ci mancava solo più questo. 
                  Ma se oltre 2000 persone a Torino, di tutte le età, donne 
                  e uomini, si sono messe in marcia per dire no ai carotaggi, 
                  preludio del serpentone che sbucando dalle Terre Alte divorerà 
                  un'idea di vita consapevole, ragionata e dialogante, vuol dire 
                  che la Val di Susa non è sola. Come potrebbe essere diversamente! 
                  Torino è il tappo della Valle. Tutto quello che si scava 
                  in Valle o prima o poi, grazie al föhn, arriva in città. 
                  Arriverà anche lo smarino d'amianto ad uccidere lentamente 
                  come è successo a Casale. Noi che siamo vecchi avremo 
                  la triste visione di conferma ma i piccoli hanno già 
                  un'ipoteca sulla loro vita. Da Avigliana, Rivoli, giù 
                  giù per corso Francia il vento porterà questo 
                  lugubre messaggio: Non si può violentare la natura e 
                  la vita senza pagare scotto. Teste di legno a non pensarci! 
                  Al di là d'ogni emozione solidaristica, al di là 
                  d'ogni testimonianza di civiltà, qui si tratta della 
                  vostra-nostra pelle e di quella di migliaia di creature piccole 
                  o grandi. Fu scritto: “Faranno deserto”. Una voglia 
                  di annichilimento, di corsa verso cosa? E poi facciamo le collette 
                  per Haiti allungando la mano per ricuperare i soldi della brava 
                  gente, che si sente haitiana anche qui a Torino, mentre con 
                  l'altra mano sperperiamo ricchezze. 
                  Forse non capisco più niente, forse il vin brulé 
                  mi ha reso troppo lucido. Sono anziano, piccolo e non particolarmente 
                  robusto. Non tema Eminenza! Non sarò io a turbarle i 
                  sogni. E la coscienza? Ma quella è un affare suo. La 
                  mia, di coscienza, dolorante davanti alle morti portate alla 
                  carne viva della natura, annichilita di fronte alla presunzione 
                  e violenza dell'homo oeconomicus (non 'sapiens'), tende a fondersi 
                  con le vittime reali, scarta i potenti e, quando può, 
                  fa loro uno sberleffo. Non si farà ingannare dal Gatto 
                  e dalla Volpe di turno. Sa che le false promesse sono come il 
                  fuoco acceso dipinto sulla parte della casa di Geppetto. Un 
                  fuoco 'dipinto', non reale, che non scalda, che illude ed inganna 
                  mentre il freddo morde le mani delle genti ai presidi. 
                Lettera al gusto d'arancia 
                 Oggi, mercoledì, sul quotidiano, cronaca locale, pagina 
                  dedicata, con evidente soddisfazione, al fatto che le trivelle 
                  sono 'penetrate' ( sembra quasi un verbo da stupratore) in Valle 
                  ed hanno iniziato a perforare, protette da poliziotti (meglio 
                  per loro qua, nonostante l'aria gelida, che non a rincorrere 
                  delinquenti o, come auspicano alcuni, quelli che non parlano 
                  italiano). Fin qui niente di nuovo ma un particolare che, distratto, 
                  non avevo mai notato, mi colpisce. Da una parte ci sono i No 
                  Tav (chi sono? una rinnovata banda Bassotti?), anonimi (e l'anonimato 
                  rinvia al terrorista, al pericoloso) mentre dall'altra ci stanno 
                  la Presidente Bresso, il Presidente Saitta, l'Assessore Borioli, 
                  persone che hanno diritto a un nome, perché sono decenti, 
                  mentre gli altri, si capisce, sono teste calde, prodotti montanari 
                  extra-urbani. Ora ne capisco il senso, che va al di là 
                  del malcelato razzismo sparso a pugni tra le righe dei resoconti. 
                  In realtà non si parla di creature viventi, di problemi 
                  reali, di diritti violati, ma di astrazioni, di No Tav, appunto, 
                  figure ombrose che oggi sono qua e domani là e, alla 
                  faccia del parlare pulito dei sopraddetti presidenti e assessori 
                  saliti a Susa per spiegare al 'volgo' il busillis, non vogliono 
                  recedere. Ombre testarde. Ma non è vero, non è 
                  vero no. Hanno un corpo, una storia, dei desideri, delle sofferenze, 
                  una vita, una morte. Non sono bidimensionali come immagini di 
                  fumetti, sono umani che patiscono il freddo, che s'incazzano, 
                  che ridono, che bevono il vino caldo, che chiedono aiuti alimentari 
                  perché hanno uno stomaco, come me e te, ed hanno diritto 
                  a rispetto, hanno diritto a un nome. Lo hanno Luca e Francesca 
                  e Nico e Riccardo e Massimo... e quelli il cui nome ho dimenticato 
                  perché anch'io sono un vivente, con un corpo che patisce 
                  ed una mente che dimentica. Come la Valle che, però, 
                  non può dimenticare perché la sua memoria è 
                  la sua morfologia, il suo corpo, la sua tragica storia. Eppoi, 
                  cari signori, qui di nomi ce ne sono a profusione. Qualcuno 
                  ne ha addirittura due e lo scopriamo negli annunci mortuari, 
                  quando lo 'stranom' è più evidente del nome anagrafico, 
                  perché lo 'stranom' è amicizia, condivisione. 
                  Il nostro corpo si sporca, grida e piange, fa figli che bisogna 
                  mantenere, muore. Il nostro corpo merita onore come il corpo 
                  della Valle di Susa che, fraterna, ospita i corpi di chi non 
                  c'è più (quanti sono mancati in questi anni?) 
                  e prepara nuove nascite, forse nuove creature libere, non drogate 
                  dal profitto, senza titoli istituzionali, senza privilegi. Il 
                  papà di Francesca m'ha detto “Sai che è 
                  morto uno degli otto lupi del Parco? Luca ne è rimasto 
                  molto colpito...”. Luca e i lupi, l'amore e Francesca, 
                  l'età che passa e quella che arriva, mentre la Dora scorre, 
                  il cielo è d'alluminio ma il tutto è vero, solido, 
                  materiale. Ditelo al cardinale che questa materia è anima 
                  e che se vuole pregare venga qui dalla parte delle vittime e 
                  s'accorgerà che la sua mente ed il suo cuore si apriranno 
                  e imparerà dai pastori a dire parole sagge, che danno 
                  coraggio. 
                  “Ma, Gioanin, perché una 'lettera al gusto d'arancia'?”. 
                  Perché mia nonna desiderava le arance, piene di sole 
                  e di succo e le succhiava, le teneva in bocca. Lei contadina, 
                  lei terragna. Il sole nel ventre. La tenerezza dei corpi. Un 
                  abbassarsi un poco per innalzarsi molto. 
                  
                Lettera a Mandrake (ovvero il Grande 
                  Imbroglio) 
                  
                 Tutto è iniziato con il 'dar per scontato'. Il che, 
                  a ragionarci su, è una forma di dogmatismo prepotente 
                  che accompagna l'esercizio del potere, da quando qualcuno dichiarò 
                  “Così è” e bruciò sul rogo 
                  chi dissentiva. Non mi stupisco, quindi, caro Mandrake, che 
                  i nostri tempi siano una sorta di mega-illusione, più 
                  grande di molto rispetto a quelle che tu producevi. Ciò 
                  che, invece, mi fa strizzare le budella con effetti conseguenti, 
                  è la trasformazione di un'opinione, autoritaria fin che 
                  vuoi, in certezza. 
                  Nessuno obietta all'affermazione “Il cielo sta sulla nostra 
                  testa” e solo Asterix teme che un giorno possa cadergli 
                  in testa. E' naturale che il cielo stia su e noi sotto. Non 
                  c'è da discutere. Così di 'scontato' in 'scontato' 
                  si è costruito un mappamondo di 'opinabilità certe', 
                  di 'particolarità totalitarie'. “Il mondo è 
                  piatto” si diceva un tempo oppure “Il Sole gira 
                  attorno alla Terra” e Galilei doveva chiedere scusa per 
                  aver scritto il contrario. Tutto questo perché “Dio 
                  lo vuole”, e giù massacri, stupri, sconcezze, apocalissi... 
                  Ora al potente autocratico dominio dei dogmi religiosi si è 
                  sostituita la filosofia dell'economia, la pratica del profitto, 
                  la strumentalizzazione selvaggia (chiedo scusa alle 'selve'). 
                  Il far soldi, ca costa lòn ca costa, diventa un comandamento. 
                  Ed allora che te ne importa di chi viene tagliato fuori, delle 
                  marginalità territoriali, dei guasti irrimediabili al 
                  piacere di vivere su questa Terra! “Bisogna”, ti 
                  rispondono. Bisogna, in nome del Progresso. La trama del Grande 
                  Imbroglio incomincia a delinearsi. Far soldi è l'equivalente 
                  del progresso che è l'equivalente della felicità, 
                  che è universale... Chi non lo capisce, chi non accetta, 
                  stia pure fuori, sempre che non ostacoli gli strombazzanti armamentari 
                  demolitori degli ostacoli. 
                  Dillo ieri, dillo oggi, dillo domani, carota e bastone, elemosina 
                  e promozione, giornali, televisione, scuola, una certa dose 
                  di 'buonismo' e pian piano l'associata profitto-progresso diventa 
                  l'ovvio, l'ovvio diventa il bene e chi si tira fuori è 
                  automaticamente il retrogrado, il villano, lo zoticone o il 
                  terrorista. L'ultima chicca che sta girando come una zanzara, 
                  ripresa ovviamente dall'inglese (sempre in nome della modernità) 
                  è la frase “Non nel mio giardino”. Traduciamo. 
                  Che il 'giardino' sia tuo e non mio è già motivo 
                  di fastidio, ma lo è ancor di più l'idea stessa 
                  di ‘giardino', di accettazione armonica della natura, 
                  di felicità non di corsa, non accumulativa. Poi c'è 
                  la sottile interpretazione che ti fa comprendere come, ad esempio, 
                  i valligiani della Val di Susa, da sempre custodi delle montagne, 
                  siano egoisti a voler evitare lo scempio previsto dalla TAV, 
                  perché si tengono fuori dal progresso, perché 
                  ci tengono al 'giardino', perché non idolatrano un profitto 
                  che li esclude e li ha sempre esclusi. I Valsusini sono i reprobi, 
                  i nuovi diavoli. Il fronte degli inquisitori va da destra a 
                  sinistra e tutti fanno a chi grida più forte contumelie. 
                  Vedi, caro Mandrake, perché non capisco più niente? 
                  Si sono capovolte le prospettive. La morte della montagna (microclima, 
                  falde, amianto – non allucinazioni catastrofiche ma realtà 
                  già altrove sperimentate) diventa vita e la vita, 'vivente' 
                  si spera, con le sue svariate possibilità di creatività, 
                  solidarietà, gioia di esserci, diventa un intralcio. 
                  Per questo bisogna ricondurre i Valsusini a più miti 
                  consigli, come una volta quando si mettevano gli alunni ribelli 
                  dietro alla lavagna, oppure, in tempi non lontani, nelle patrie 
                  prigioni! 
                  Vedi Mandrake, in tutto questo orrido imbroglio di massa, chi 
                  sentenzia più forte se ne sta lontano da qui e la Tav 
                  non sfiorerà il suo giardino. E poi, mal che vada, potrà 
                  sempre andarsene ai Tropici, cercando di speculare anche lì. 
                  Ci sento puzza di 'machismo', a partire dai 'patri' valori, 
                  dalle esigenze della 'patria' (chiamata in causa oggi contro 
                  la Val di Susa e ieri, contro il mondo intero a fianco dell'ariano 
                  Hitler). A me pare, invece, bello essere accolto dalla Valle 
                  (al femminile), 'matria' di una energia, di una vita, di creature 
                  che non hanno mai fatto male a nessuno, non sono mai andate 
                  a sporcare nei giardini altrui ma, da sempre, hanno fatto da 
                  piedistallo, purtroppo, ai potenti di turno. 
                  Non è ora di dire basta? Se ci riusciremo sarà 
                  bello vederti trasformare i manganelli in fiori, gli scudi in 
                  fieno, con le vacche pascolanti, ancora e sempre, nel giardino 
                  della nostra speranza. 
                  
                 Lettera 
                   a “qualcuno che sa” 
                 Tempo fa ho letto sulle patrie gazzette un invito-consiglio-minaccia 
                  (tipico di certa gente!) a 'traslocare' dalla Val di Susa gli 
                  oppositori alla Tav. Il perché lo si sa. I giornali lo 
                  scrivono riportando voci dall'alto: i No Tav sono inquinati 
                  da anarco-insurrezionalisti e centri sociali. La cosa mi giunge 
                  nuova e a me, che sono cresciuto nelle speranze e nei sogni 
                  d'un radicale cambiamento sociale, il fatto che nelle terre 
                  della Dora ci siano tanti disposti all'insurrezione e, quindi, 
                  alla rivoluzione, mi riporta indietro negli anni, quando come 
                  una capra ancora camminavo e camminavo su per i sentieri alpini. 
                  Ma, ahimé!, sono tutte balle. Lo capisce chiunque. E 
                  per chi non è più giovane tutto ciò rinvia 
                  a passati tempi quando con le parole si faceva il pane e con 
                  la propaganda si moltiplicavano le vacche. L'Italia era un paese 
                  florido, si diceva, e chi mostrava i segni della fame lo si 
                  inviava in Africa a rubare terre ad altri legittimi nativi. 
                  Ma io sono 'soltanto' un cittadino, incazzato fin che vuoi, 
                  ma sempre soltanto un cittadino. 
                  Quel che devo fare oggi me lo scrivevano, una volta, sui muri: 
                  Credere, Obbedire, Combattere. Molte pareti delle nostre case 
                  ricordano il motto che il tempo non è riuscito a cancellare, 
                  neanche il sangue dei partigiani. In cambio quel Qualcuno Che 
                  Sa e rappresenta gli alti poteri dello Stato (mentre i Valsusini 
                  sono periferia rompiballe) ci informa, per il nostro bene, che 
                  non le malattie, gli inquinamenti, gli scoramenti per le stupidaggini 
                  politiche, l'amianto, la perdita della gioia di vivere, ci portano 
                  rapidamente al declino, noi e i nostri eredi, ma i No-Tav ovvero 
                  gli anarco-insurrezionalisti, parola difficile da pronunciare 
                  e, credo, inventata da servizi segreti & c., i ragazzi dei 
                  centri sociali (isole di 'socialità' sempre più 
                  rara e, a detta del Qualcuno Che Sa, pericolosa). Per questo 
                  motivo, per salvare la purezza della razza ossequiente, quella 
                  del sissignore, viene 'consigliato' (verbo un po' mafioso) di 
                  allontanare (da dove?) i dissidenti che, ricordiamolo ai Valsusini 
                  increduli, sono tutti facinorosi, fanno scorta di sassi e sono 
                  pronti all'insurrezione. 
                  Fa freddo. Bello sarebbe un po' di sole ad illuminare Valle 
                  e menti. 
                  Al Qualcuno Che Sa, ideatore della proposta del trasloco (vecchia 
                  come il cucco e in Italia sperimentata in un'epoca oscura), 
                  voglio offrire io un invito. Mi sono informato (ero ancora troppo 
                  piccolo per essere 'pericoloso' a quell'epoca) ed ho ricuperato 
                  una parola: confino. Ecco! Mandiamoli tutti, questi diavoli 
                  dissidenti, non nei gulag (siamo un Paese troppo abitato), ma 
                  in luoghi dove di gente ce ne sia di meno e soprattutto sia 
                  impossibile far veicolare le idee. Mandiamoli dove il mare isola 
                  e si può parlare soltanto con i delfini! 
                  Signor Qualcuno Che Sa, veda un po' Lei. 
                  EccoLe un piccolo elenco di posti di confino: Lampedusa, 
                  Ustica, Ponza, Lipari, Ventotene, Tremiti, Brancaleone calabro... 
                  Ripeto: con il freddo del nostro nord-ovest quando anche i lupi 
                  penano, magari... 
                  Però, signor Qualcuno Che Sa, ci invii in estate, ci 
                  faccia fare delle vacanze, ci faccia vedere il mare che da qui 
                  è lontano. Ci faccia questo piacere! E, soprattutto, 
                  non Le venga in mente di collegare le isole con qualche ponte. 
                  Vanificherebbe il tutto! E non si sa mai, magari darebbe vita 
                  ad un nuovo dissenso, ad una nuova opposizione, a nuovi No-Ponte, 
                  e così la storia ricomincerebbe. Che farebbe allora? 
                  Ritrasferirebbe i confinati nelle valli del nord-ovest, tra 
                  i terroristi, gli anarchici e i pericolosi centri sociali? Dia 
                  ascolto a me, che sono vecchio. Si rinfreschi le idee, beva 
                  un buon bicchiere di vin brulé ai presidi e parli con 
                  la gente, con quella gente della Valle che le fa paura. Magari 
                  capirà qualcosa, magari le frulleranno altre idee, non 
                  più di carta ma di carne, di vita, di rabbia e speranza. 
                  I terribili strangolatori, terroristi e soci se li cerchi nei 
                  romanzi di Salgari, magari seduto in poltrona, che lei avrà 
                  senz'altro, al caldo e non al freddo come nei presidi, ed immagini, 
                  immagini, immagini... Non fa male immaginare, ma non ci militarizzi 
                  la Valle. 
                  Quella sì, la militarizzazione, ci fa male e ci offende. 
                  Cordialmente, da un terribilmente pericoloso ultra settantenne...
                  Gianni Milano
                  Canto una storia 
                   
                  Cantare voglio la Valle resistente 
                  che molto ha dato e non ha chiesto niente, 
                  i monti, il fiume, la gente che lavora 
                  e nonostante tutto eccola ancora 
                  unita nel dir no a questa furia 
                  che trapana la terra ed è un'ingiuria, 
                  difesa da milizie prezzolate 
                  tolte da Oriente e in Valle trasportate 
                  col sorriso sprezzante di chi crede 
                  d'aver sempre ragione e più non vede 
                  che a fronte c'è la vita, c'è la storia, 
                  c'è l'umile onestà dei senza boria. 
                  Canto chi non s'arrende e nella lotta 
                  del quotidiano vivere ha la rotta 
                  così che la milizia dei venduti  
                  ai mafiosi e ai politici fottuti 
                  più non comprende, compressa nella gogna 
                  dietro al reticolato di vergogna. 
                  Ma nella Valle il vento soffia ancora 
                  e l'acqua scorre veloce nella Dora, 
                  la lotta sarà dura ed è per tutti, 
                  per quelli che non vogliono dei lutti 
                  ma libera montagna verde e fiera 
                  che ci abbraccia di fiori in primavera.
                  G. M. 
                  (musicata e cantata da  Margot Galante Garrone) 
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