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				 biografie 
                  
                Donne nel Cpc 
                  
                a cura di Martina Guerrini 
                    
                Le edizioni Zero in Condotta hanno appena pubblicato 
Donne contro. Ribelli, sovversive, antifasciste  
nel Casellario politico centrale, di Martina Guerrini. 
Riproduciamo in queste pagine le schede di polizia di Irma Zanella 
e delle tre sorelle Zecca, precedute dalle note dell'autrice. 
                
  
                  1. Lo sguardo maschile sulle schedate 
                 L'intento che mi prefiggo è soprattutto quello di evidenziare 
                  quanto la discriminazione di genere riesca a permeare l'articolazione 
                  delle schedature delle donne nel Cpc (Casellario politico centrale). 
                  I fascicoli che ho potuto analizzare contengono spunti significativi 
                  a riguardo. È essenziale evidenziare quanta influenza 
                  abbia giocato la cultura, il pregiudizio, la collocazione ideologica 
                  di ogni singolo estensore dei fascicoli – spesso un oscuro 
                  impiegato d'ufficio – nel suggerire motivazioni e moventi 
                  fortemente discriminatori e sessisti per le azioni e scelte 
                  delle donne in oggetto. 
                  Gli uomini preposti alla classificazione e all'allestimento 
                  delle biografie sovversive hanno un posizionamento ben definito: 
                  eterosessisti con forte pregiudizio omofobo, membri della classe 
                  politica dominante, fiduciosi nel ruolo disciplinante della 
                  famiglia autoritaria – non a caso oggetto di continui 
                  rimandi e definizioni da parte di Mussolini – così 
                  come nel ruolo dello Stato, del paternalismo patriarcale e violento 
                  fascista, della funzione pedagogica del Partito. 
                  È quindi con questi occhi che i compilatori descrivono 
                  e talvolta inventano profili inattendibili di donne militanti 
                  o sovversive, spesso definite come “dedite alla prostituzione” 
                  perché compagne non sposate di un sovversivo, oppure 
                  perché già sposate ma compagne di un uomo diverso, 
                  oppure semplicemente perché frequentatrici di compagnie 
                  politiche maschili: quale diverso motivo avrebbe potuto spingere 
                  uomini ad accogliere con tanta frequenza una donna durante i 
                  loro incontri, non essendole attribuita alcuna capacità 
                  o volontà autonoma di autodeterminazione in ambito pubblico? 
                  Raramente una sovversiva è ritenuta capace di scegliere. 
                  Se una donna è schedata perché antifascista, con 
                  alta probabilità sarà definita “aver abbracciato 
                  la fede del marito o del compagno”, oppure “aver 
                  seguito la malsana compagnia del compagno” comunista/anarchico: 
                  in nessun caso si fa menzione all'autodeterminazione femminile 
                  in ambito politico, pur essendo talvolta costretti a tributare 
                  alle donne una personale capacità oratoria, organizzativa, 
                  teorica. 
                  Tragicamente, ancora oggi poco è cambiato e non solo 
                  tra gli sguardi repressivi, poiché le militanti politiche 
                  sono spesso accusate di seguire e cambiare il proprio orientamento 
                  politico in base alle frequentazioni affettive e amorose, mentre 
                  quasi mai si ammette che esse stesse possono essere capaci di 
                  orientare compagni di vita e di politica, o scegliere di condividere 
                  amore e orientamento politico come un continuum, senza 
                  gerarchiche relazioni maschiliste di causa-effetto (viene prima 
                  l'uomo e poi l'impegno e/o la capacità di astrazione!?). 
                  Le schedate nel Casellario saranno oggetto di sguardi maschili 
                  percorsi da un immaginario castrante, contraddistinto da intrinseche 
                  contraddizioni utili a rafforzare la norma predefinita: lo stigma 
                  sessuato. Le antifasciste sono “mantenute” se vivono 
                  secondo schemi monogamici ma “prostitute” se non 
                  lo fanno, “abili simulatrici”, “squilibrate”, 
                  “suggestionabili”, “nevrotiche”. 
                  Come esercizio non retorico, e sperando di attivare riflessioni 
                  autodeterminate, ho scelto di sollecitare poco i resoconti biografici 
                  delle donne prese in esame, limitandomi a interventi brevi o 
                  di carattere storico/storiografico. Che ciascuna-o affronti 
                  le pagine che seguiranno con personale disgusto e acume, cercando 
                  di scorgere e identificare segni, allusioni, illazioni, ricostruzioni 
                  architettate secondo le molteplici forme di oppressione presenti; 
                  che tutte sentano come propria la faccia trascritta e stravolta 
                  in ogni sua parte, fin nelle cicatrici più profonde, 
                  fin nelle più segrete corrispondenze, d'animo o di lettera. 
                  Durante il regime fascista la sottovalutazione patriarcale del 
                  ruolo autonomo femminile sarà dalle donne combattuto 
                  e usato, come accade in tempi fortemente repressivi, con l'intelligenza 
                  di chi conosce lo stereotipo e decide di farlo pagare caro all'ideatore 
                  o replicante: le staffette partigiane raccontano con sarcasmo 
                  decisamente malevolo di aver usato dosi massicce di mielosa 
                  leziosaggine per oltrepassare i posti di blocco nemici con biciclette 
                  completamente armate. Chi avrebbe resistito allo sguardo svenevole 
                  di una bella ragazza, quale uomo avrebbe potuto pensare che 
                  dietro all'innocenza o alla allusione da meretricio 
                  si celasse una militante disposta a tutto per distruggere 
                  l'oppressore? 
                  Successivamente si sarebbe potuto “scoprire” che 
                  le donne non sono solo puttane o madonne, ma fin dai mancati 
                  riconoscimenti al coraggio e ai rischi corsi durante la guerra 
                  di liberazione i conti iniziano a non tornare. 
                  Nell'attuale società spettacolare, da quando i media 
                  hanno assunto il ruolo di raccontare alle donne e agli uomini 
                  la loro vita, contribuendo non da soli a operare una scissione 
                  irriducibile tra l'esperienza e il suo simulacro (ormai sempre 
                  più simulacro di se stesso), l'orrore e lo sconcerto 
                  dei dominanti di fronte all'arresto di donne con ruoli dirigenti 
                  in ambito politico, magari ritenute capaci di usare armi non 
                  solo “seduttive”, è ormai un cliché 
                  abituale. Negli ultimi anni le sovversive che hanno dovuto subire 
                  provvedimenti restrittivi carcerari, hanno inoltre visto infliggersi 
                  un immaginario mainstream degno del miglior resocontista fascista: 
                  arpie, amanti di ogni frequentante maschile del proprio centro 
                  sociale, madri snaturate e irresponsabili le/i cui figli-e senza 
                  alcun demerito sono sbattuti-e con nome, cognome e indirizzo 
                  sui principali quotidiani; questo è ancora oggi lo sguardo 
                  disumanizzante che ogni servo del potere recupera dai peggiori 
                  incubi della storia. 
                  Per questo principale motivo rileggere sotto questo profilo 
                  il Cpc credo possa inchiodare coloro i quali vivono beatamente 
                  la democrazia e condannano il fascismo che fu, senza voler vedere, 
                  senza voler fare i conti con la (stra)ordinaria continuità 
                  di pratiche e teorie repressive che lo Stato affina ogni giorno 
                  contro chi lotta per essere libera-o. 
                2. Irma Zanella/“dotata di singolarescaltrezza” 
                 Irma Zanella di Mosè e di Maria Concetta De Carli, nasce a Adria il 
                  22 giugno 19001. Casalinga. 
È schedata come comunista-anarchica. 
Di statura bassa, esile, neri capelli ondulati; occhi piccoli e castani, volto di colore scuro. Possiede una cicatrice di forma circolare, piuttosto vistosa, sullo zigomo destro. 
“Nel pubblico riscuote cattiva fama perché abitualmente dedita alla prostituzione clandestina. Di carattere impulsivo, ha poca educazione e coltura [sic], avendo frequentato la sola quarta classe elementare, ma è dotata di intelligenza non comune. Poco amante del lavoro, ritrae i mezzi di sostentamento dalla prostituzione, e verso il padre si comporta bene.” 
Irma Zanella è infatti orfana di madre: siamo nel 1928, anno di apertura del suo fascicolo. Nonostante sia stata schedata come casalinga, la si definisce “prostituta”, pur senza aggiungere elementi in grado di circoscrivere e dettagliare maggiormente la fonte o la veridicità di tale supposizione. 
È ritenuta essere stata iscritta al Partito comunista e precedentemente ad “altro partito”, oltre ad essere stata in corrispondenza epistolare con militanti – definiti “già suoi amanti”: quasi la si sospettasse usare l'arma seduttiva, in mancanza di una capacità politica, per entrare in contatto con soggetti sovversivi. 
Non collabora né riceve o spedisce giornali o stampe sovversive, né ha mai tenuto conferenze: non si ritiene esserne in grado. 
Verso le autorità tiene contegno indifferente. 
È dotata di “singolare scaltrezza” oltre a essere coraggiosa, e a causa dei suoi “sentimenti sovversivi e anarchici” è ritenuta capace di complottare e commettere qualsiasi atto contro il regime. In questo quadro l'aggravante della prostituzione clandestina offre ulteriori e convincenti spiegazioni – agli occhi di chi sta schedando – alla coraggiosa determinazione di chi sembra essere capace di tutto: 
“Dall'ignobile sfruttamento di sé stessa approfitta anche per iscopi politici, facilitata in tale subdola e pericolosa azione dall'esercizio della prostituzione clandestina, che la pone in grado di avvicinare persone di qualsiasi posizione sociale e di qualsiasi età e sentimento politico.” 
Oltre a giudicare la sua condotta immorale – sempre qualora fosse accertato l'esercizio della prostituzione da parte della Zanella – viene ritenuta pericolosa anche perché facilmente assoggettabile alla volontà di “qualche facinoroso”. 
In poche parole, poiché Irma Zanella fa la prostituta, questo la rende volubile e utilizzabile: il suo percorso politico è quindi ritenuto l'inevitabile conseguenza dell'incontro avuto con uomini – i suoi “amanti” – che ne avrebbero condizionato la militanza e il contributo alla causa antifascista. 
“Recentemente prese parte ad un convegno di sovversivi in Adria per un tentativo di riallacciamento di rapporti con elementi di comune fede.” 
Dell'incontro dà conto Marco Rossi nel suo La Banda Boccato: 
                  “Ad Adria un folto gruppo di anarchici e comunisti venne 
                  accusato di 'riorganizzare le masse alla riscossa, capaci, e 
                  sempre pronti a favorire e partecipare ad un eventuale complotto 
                  contro i poteri del nuovo Stato Fascista, in collegamento con 
                  altri antifascisti adriesi emigrati nel Nord Italia'; per alcuni 
                  di loro vi fu il confino, per gli altri la misura dell'ammonizione 
                  o della viglianza2. 
                  [...] Vennero confinati Antonio Camerini, Cesare Galimberti, 
                  Mario Garbin, Fausto Beghin (o Bighin) ed Irma Zanella; vennero 
                  sottoposti a vigilanza Giuseppe Moretti, l'ombrellaio Giovanni 
                  Beccheri, Luigi Vivarini, Ruschi Vicolo, il barbiere Nino Donà, 
                  il capomastro Zanforlin (probabilmente Ferruccio), Celeste Chiossi, 
                  Leonida Zen, il maestro di musica Stignani, Giovanni Baruffali, 
                  Paolo Beghin (o Bighin), Antonio Mori, Remo Fabbris, Aristide 
                  Marchiandi, Delladea, Ennio Boccato, il calzolaio Menina, il 
                  capomastro Enrichetto Barbiani ed i fratelli Guarnieri3”. 
                  Il 12 luglio 1928 è quindi assegnata al confino di polizia 
                  per due anni e tradotta a Lipari4; 
                  successivamente la Commissione d'Appello ridurrà la pena 
                  a un anno. 
Il 5 luglio 1929 Irma Zanella torna ad Adria presso il padre, ma decide nel dicembre di trasferirsi a Venezia presso la suocera. Il marito, Riccardo Secondo Banzato, è un comunista confinato politico a Lipari: dal marzo del 1930 la Zanella deciderà di raggiungere il marito confinato per un anno, tornando, assieme a lui, a Venezia nel luglio dell'anno successivo. 
Il 16 agosto 1932 si trasferisce di nuovo ad Adria per assistere il padre infermo: sembra che la decisione di tornare nella città paterna sia dettata anche da divergenze coniugali. 
La relazione con il marito riprende dal dicembre 1932, e la prefettura di Venezia compila l'ultima annotazione rintracciabile all'interno del fascicolo – il 24 gennaio 1940 – con un laconico “nulla da segnalare”. 
                3. Le sorelle Zecca/ “con ostentato 
                  disprezzo” 
                 Le sorelle Zecca vengono ammonite nel 1935 a seguito del seguente rapporto 
                  del Direttore della Colonia di Ponza: 
                  “Quest'ufficio da parecchio tempo esercitava una particolare 
                  oculata vigilanza sul conto delle donne qui appresso indicate, 
                  le quali si erano messe in evidenza per la sospetta assiduità 
                  con cui frequentavano i confinati di questa Colonia, specie 
                  quelli più pericolosi e turbolenti5.” 
                  Anna Maria, Luisa e Silveria manifestano apertamente simpatia 
                  per i confinati di Ponza, e “non fanno misteri dei loro 
                  sentimenti ostili al Regime e tengono un contegno sprezzante 
                  verso le Autorità”. 
                  Sono colpevoli di partecipare a “riunioni clandestine 
                  tra confinati, ove con brindisi e balli si festeggiavano anniversari 
                  sovversivi”. 
                  Tuttavia, sembra non esistere una fonte attendibile di quanto 
                  appena riportato: 
                  “Di tali occulte manifestazioni antinazionali, che avevano 
                  luogo negli alloggi cosiddetti diurni dei confinati, recentemente 
                  soppressi, non si è mai riuscito ad avere la prova per 
                  una concreta denunzia all'Autorità Giudiziaria competente, 
                  e ciò per le cautele di cui si circondavano i partecipanti, 
                  coadiuvati in questo dalle predette donne, le quali, anche con 
                  la complicità dei propri famigliari, a turno si collocavano 
                  di vedetta in punti adatti, sventando così le sorprese.” 
                  Spesso, in occasione di “cerimonie patriottiche”, 
                  all'avvicinarsi dei cortei erano dette rientrare in fretta in 
                  casa mostrando le spalle “con ostentato disprezzo”. 
                  Questi episodi inducono chi compila il profilo delle sorelle 
                  a sostenere: 
                  “I principi sovversivi professati dalle predette donne 
                  sono così profondamente radicati in esse da spingerle, 
                  tra l'altro, a compiere azioni che possono provocare la giusta 
                  reazione dell'elemento fascista locale.” Sono inoltre 
                  sospettate, in virtù di un non meglio precisato e approfondito 
                  “complesso di indizi”, di essere complici dello 
                  scambio di corrispondenza clandestina tra confinati, “nei 
                  cui riguardi operano in modo così scaltro da non lasciare 
                  alcuna traccia concreta della loro illecita attività”. 
                  Infine, si ritiene evidente che “per la loro attività 
                  e per i sentimenti antifascisti inequivocabilmente manifestati” 
                  esse costituiscano “un rilevante pericolo nei riguardi 
                  della disciplina e della sicurezza della Colonia, in particolare, 
                  e dell'ordine pubblico, in generale”. 
                  Sono quindi sottoposte a un provvedimento di polizia che impedisca 
                  loro di frequentare i confinati politici di Ponza e conseguentemente 
                  di agevolare – secondo i sospetti – la loro corrispondenza 
                  epistolare. 
                  Ciononostante, il motivo di allarme per il regime fascista è 
                  più sottile e talmente urgente da essere necessario evidenziarne 
                  con estrema precisione tutta la portata politica: 
                  “il provvedimento si impone, inoltre, e, soprattutto per 
                  mettere gli organi di polizia nelle condizioni di esercitare 
                  un più rigoroso ed attivo controllo sulle attività 
                  di tali donne, allo scopo di impedire la trasmissione all'estero 
                  e nell'interno del Regno di notizie mendaci e allarmistiche 
                  sulle organizzazioni e disciplina di questa Colonia e sul trattamento 
                  usato ai confinati, poiché è indubbiamente da 
                  ritenersi che alcuni confinati in questa Colonia, che rappresentano 
                  figure di un certo rilievo, si servono dell'opera delle predette 
                  donne, sfruttandone i sentimenti sovversivi, per riuscire a 
                  corrispondere con ex confinati e sovversivi in genere, per fini 
                  politici, certamente esiziali per gli interessi dello Stato.” 
                  Anna Maria 
                Anna Maria Zecca di Luigi e di Maria Feola, nasce a Ponza 
                  l'11 novembre 19066. Casalinga. 
                  Schedata come antifascista. 
                  Ammonita7. 
                  Si sposa il 6 marzo 1936 a Ponza con il confinato politico Mario 
                  Malgaretto. 
                  Viene attentamente vigilata e ritenuta nutrire 
                  “sentimenti ostili al Regime ed alle Istituzioni Fasciste, 
                  con contegno sprezzante verso le Autorità, dimostrando 
                  speciale simpatia per i confinati assegnati alla colonia di 
                  Ponza.” 
                  L'11 luglio 1935 viene prosciolta dai vincoli del monito in 
                  seguito all'atto di clemenza di Mussolini. 
                  Nel novembre 1937 Anna Maria si trasferisce con il marito a 
                  Mestre “senza dar luogo a rilievi di sorta”. 
                  Resta vigilata.
                 Luisa 
                  Luisa Zecca nasce a Ponza il 9 ottobre 19118. 
                  Lavandaia. Schedata come antifascista. Confinata. 
                  È alta un metro e sessanta. Ha i capelli castani e ondulati; 
                  gli occhi marroni e la pelle rosata. Tra i caratteri professionali 
                  è segnalato l'“abituale colorito roseo delle mani”. 
                  Il 30 marzo 1938 viene assegnata al confino politico di due 
                  anni ad Altomonte (Cosenza) assieme alla sorella Silveria. 
                  In una nota del 5 aprile 1938 di lei si scrive: 
                  “Pericolosità specifica per reati politici, ma 
                  relativa a speciali contingenze di luogo, cioè ambientali. 
                  Il provvedimento di polizia dell'ammonizione non ha prodotto 
                  su di lei alcuno effetto. Forse potrà essere salutare 
                  il provvedimento del confino, in quanto la isolerà dall'ambiente 
                  in cui è vissuta fin dalla giovanissima età. 
                  Carattere piuttosto altero, indole ribelle. 
                  Verso le autorità mantiene un contegno sprezzante.” 
                  Luisa svolge il suo abituale lavoro di lavandaia, secondo quanto 
                  riportato nel fascicolo, “quasi ad esclusivo uso di questi 
                  confinati politici con i quali ha frequenti contatti”. 
                  È inoltre responsabile di essere “in intima amicizia 
                  con le altre donne del luogo le quali simpatizzano con l'elemento 
                  confinato”. 
                  “Ha vissuto nell'isola di Ponza fin dalla nascita. Appartiene 
                  a famiglia di mediocri condizioni sociali, e, ancor giovanetta, 
                  ha appreso il mestiere di lavandaia. Per condizioni ambientali 
                  e di lavoro, ha frequentato, unitamente alla germana Anna Maria 
                  e Silveria, la malsana compagnia dei confinati politici di colore 
                  comunista, dai quali le è stato istillato nell'animo 
                  una sorda avversione al Governo Fascista, ed alle istituzioni 
                  nazionali. Non ha mancato di manifestare tali suoi sentimenti 
                  in occasioni di feste patriottiche e, in simili ricorrenze, 
                  ha spesso indossato abiti o comunque indumenti di tinta rossa.” 
                  Il 7 ottobre 1935 – successivamente al provvedimento di 
                  ammonizione – viene denunciata alla Pretura di Ponza per 
                  oltraggio e resistenza alla Pubblica Sicurezza, nonché 
                  per contravvenzione al monito: 
                  “Ad ora della sera piuttosto inoltrata, essendo stata 
                  diffidata da un agente di Pubblica Sicurezza e da un milite 
                  a rincasare, in ottemperanza agli obblighi imposti dal verbale 
                  di sottoposizione, si rivolta in malo modo e con parole oltraggiose, 
                  ed oppone viva resistenza ai verbalizzanti.” 
                  Con medesimo rapporto, e per gli stessi motivi, viene denunciata 
                  anche la sorella Silveria, comportatasi, verso la Pubblica sicurezza, 
                  nell'identica maniera. 
                  Verrà assolta per insufficienza di prove il 25 gennaio 
                  1936 dal Tribunale di Napoli. 
                  Nel maggio 1936 sarà amnistiata come le sorelle, per 
                  atto di clemenza di Mussolini, dal provvedimento di ammonizione. 
                  Una nota del novembre 1937 riferisce che Luisa si reca “spesso 
                  a Napoli, ed è fortemente sospettata di favorire l'inoltro 
                  di notizie e di corrispondenza clandestina per la terraferma”. 
                  Nel 1938 è quindi tradotta ad Altomonte per scontare 
                  un periodo di due anni di confino, ma il 15 ottobre 1939 è 
                  prosciolta condizionalmente per atto di clemenza del Duce, avendo 
                  dato “prove di ravvedimento”, e riportata a Ponza. 
                  Il 10 novembre 1939 si trasferisce a Mestre, dove si iscrive 
                  ai Sindacati dell'Industria. 
                  Una nota del 1943 della prefettura veneziana dispone: “Non 
                  avendo la stessa, finora, dato prova di ravvedimento viene opportunamente 
                  vigilata”. 
                   
                  Silveria 
                  Silveria Zecca nasce a Ponza il 1° gennaio 19149. 
                  Lavandaia. Schedata come antifascista. Confinata. 
                  È alta un metro e sessantadue. Ha i capelli castani, 
                  folti e ondulati; gli occhi marroni e la pelle rosata. Tra i 
                  caratteri professionali è segnalato l'“abituale 
                  colorito roseo delle mani”. 
                  “Carattere suggestionabile, e piuttosto scontrosa. Verso 
                  le autorità mantiene un contegno indifferente. La si 
                  ritiene correggibile, ed anche utilizzabile.” 
                  Il fidanzato, Mario Pianesi, è confinato politico a Ponza. 
                  È la più piccola delle sorelle, ed è presente 
                  in entrambe le circostanze che la porteranno a condividere le 
                  ammonizioni che colpiranno la sorella Luisa. 
                  “L'antifascista in oggetto, durante la sua permanenza 
                  a Ponza, manifestava idee avverse al Regime favorendo anche 
                  la corrispondenza clandestina tra i confinati politici ed i 
                  sovversivi residenti nella penisola, nonché il recapito 
                  dei fondi del soccorso rosso.” 
                  Sarà anche lei prosciolta condizionalmente dal provvedimento 
                  di confino grazie all'atto di clemenza di Mussolini. 
                  Si trasferisce, il 10 novembre 1939, a Mestre e si iscrive come 
                  la sorella Luisa ai Sindacati dell'Industria.
                  Martina Guerrini
                 Note  
                  - Acs, Cpc ad nomen.
                  
 - Marco Rossi, La Banda Boccato, in «Rivista Storica 
                  dell'Anarchismo», anno 10 – numero 2(20), Luglio-Dicembre 
                  2003, pp. 79-80.
                  
 - Cfr. Adriano Dal Pont, et al. (a cura di), Aula IV. Tutti 
                  i processi del Tribunale speciale fascista, Roma, La Pietra, 
                  1961.
                  
 - Nel fascicolo si annota che il 5 luglio 1928, una settimana 
                  prima del procedimento di confino della Zanella, è stato 
                  arrestato nella città di Venezia Romeo Veronese, ritenuto 
                  essere in rapporti con «l'anarchica».
                  
 - La proposta di ammonizione colpisce anche Anna Maria Zecca 
                  (figlia di Domenico e Maddalena Aversano, nata a Ponza il 16 
                  marzo 1877), Maria Migliaccio e Ida Scarpati.
                  
 - Acs, Cpc ad nomen.
                  
 - Nel fascicolo sono presenti note attribuite erroneamente a 
                  Anna Maria Zecca, di Domenico e Aversano Maddalena, nata a Ponza 
                  il 16 marzo 1877, schedata come antifascista. La causa è 
                  da rintracciarsi probabilmente, oltre all'omonimia, al fatto 
                  che quest'ultima sarà ammonita assieme alle tre sorelle 
                  Zecca.
                  
 - Acs, Cpc ad nomen.
                  
 - Acs, Cpc ad nomen.
  
                  
                La prefazione di Marco Rossi al volume Donne contro 
                di Martina Guerrini è stata pubblicata 
                parzialmente in “A” 373 (estate 2012), con il 
                titolo Un altro genere di arditismo.  
                   
                
                  
                      | 
                    Donne 
                        contro.  
                        Ribelli, sovversive,  antifasciste 
                         
                        nel Casellario Politico  Centrale 
                         
                       
                        Edizioni Zero in Condotta, 2013, € 10,00 
                       
                        Per informazioni e contatti: 
                       
                        Edizioni Zero in Condotta, 
                        www.zeroincondotta.org; 
                        e-mail: zic@zeroincondotta.org  | 
                   
                 
                
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