|   antifascismo 
                      Un altro genere di arditismo 
                      di Marco Rossi 
                        Gli Arditi del Popolo? 
                      Un'esperienza storica molto interessante, di cui ci siamo 
                      occupati anche recentemente. 
                      Questa volta parliamo delle donne sulle barricate antifasciste. 
                     
                       
                      I fascisti sanno di nulla rischiare…  
                      e sono tanto più feroci quanto 
                      più sono vili; 
                      e tanto più vili quanto più si accorgono 
                      che gli attaccati minacciano di risorgere. 
                       
                      (Virgilia D'Andrea) 
                       
                      È alquanto noto l'atto 
                      di nascita del movimento fascista, con la riunione in Piazza 
                      S. Sepolcro a Milano il 23 marzo 1919. Tra i circa centoventi 
                      partecipanti, di eterogenea provenienza politica, venne 
                      segnalata la presenza di appena nove donne, ma nonostante 
                      questo nel Programma dei Fasci di combattimento fu inserito 
                      l'obiettivo del suffragio universale “anche per le 
                      donne” (1). 
                      In realtà, tale attenzione nei confronti di potenziali elettrici, 
                      si ridusse alla fondazione, pressoché simbolica, dei Fasci 
                      femminili e quando questi accennarono ad assumere caratteri 
                      autonomi furono sciolti d'autorità dal Comitato centrale 
                      dei Fasci. La stessa Ines Donati, poi celebrata come indomita 
                      avanguardista del primo fascismo, fu mal sopportata dai 
                      dirigenti maschi a causa della sua irrequietezza. Inoltre 
                      il fascismo avrebbe al contrario propagandato e imposto, 
                      al fine di penetrare nel mondo del lavoro e raccogliere 
                      consensi operai, il licenziamento della manodopera femminile 
                      nelle fabbriche e negli uffici per risolvere il problema 
                      della disoccupazione a favore degli ex-combattenti e dei 
                      proletari di sesso maschile. 
                      Una volta al potere venne pure rinnegata la promessa del 
                      suffragio; infatti, il 14 novembre 1922, Mussolini dichiarò 
                      al «Journal» di Parigi: “Non darò il voto alle donne. 
                      È inutile. In Germania e in Inghilterra le elettrici votano 
                      per gli uomini”. Nel 1923, di conseguenza, venne riconosciuto 
                      tale diritto in modo così limitato da apparire farsesco: 
                      le donne facenti parte delle categorie “prescelte” 
                      furono poco più di un milione, su oltre 12 milioni, e potevano 
                      recarsi alle urne solo nelle consultazioni amministrative 
                      (2). 
                      In seguito, Mussolini avrebbe connotato il regime in senso 
                      pesantemente familista e sessista tanto che, nel 1933, «Critica 
                      Fascista» avrebbe sentenziato “Resta provato essere 
                      il femminismo esagerato nient'altro che del chiaro e preciso 
                      antifascismo”. 
                      Ma tornando agli esordi va sottolineato che il vero volto 
                      del fascismo “diciannovista” si palesò subito 
                      nella sua essenza controrivoluzionaria, antiproletaria ed 
                      anche maschilista: basti ricordare che la prima vittima 
                      della violenza “tricolorata” fu un'operaia sovversiva, 
                      di nome Teresa Galli, in quello che lo stesso Mussolini 
                      ebbe a definire come “il primo episodio della guerra 
                      civile”. 
                      
                     
                      
                      Le Ardite Rosse di Trieste 
                     A Milano, il 13 aprile 1919, durante una manifestazione 
                      socialista, a seguito dell'intervento della polizia si erano 
                      verificati gravi disordini in via Corsieri culminati con 
                      l'uccisione di un dimostrante e il ferimento di molti altri. 
                      Due giorni dopo, i socialisti e la Camera del Lavoro proclamarono 
                      uno sciopero generale tenendo un nuovo, imponente, comizio 
                      all'Arena per protestare contro la repressione poliziesca. 
                      Alle ore 16 circa, come ebbe a ricostruire Gaetano Salvemini: 
                      “Dopo che il comizio socialista si era sciolto, una 
                      parte della folla che ostentava bandiere rosse e nere e 
                      ritratti di Lenin e dell'anarchico Malatesta, si mise in 
                      marcia verso il centro della città. È chiaro che gli spartachisti 
                      e gli anarchici si erano messi d'accordo per organizzare 
                      una dimostrazione senza il concorso dei socialisti di destra 
                      e dei massimalisti”. Prima che il corteo, non-autorizzato 
                      e “incordonato” per quattro, raggiungesse Piazza 
                      Duomo venne attaccato tra via Mercanti e via Dante. 
                      Gli aggressori erano circa 3-400 tra arditi-futuristi (una 
                      quarantina), ufficiali studenti del Politecnico oltre ad 
                      aderenti alle varie associazioni tricolori; dopo essersi 
                      riuniti presso la redazione de «Il Popolo d'Italia» in via 
                      Paolo da Cannobio armandosi di mazze ferrate, pugnali, pistole 
                      e bombe a mano, sotto la guida di Vecchi e Marinetti affluirono 
                      verso il centro cercando lo scontro, non impedito dai carabinieri 
                      e dai militari in servizio d'ordine pubblico. In questo 
                      frangente, oltre a vari feriti, rimase uccisa la diciannovenne 
                      Teresa Galli. Alle 17,30 circa dal teatro degli incidenti 
                      il gruppo in cui dominava il grigioverde anche se ingrossato 
                      da borghesi esaltati, con a capo Vecchi e altri ex-ufficiali 
                      si diresse alla sede del quotidiano socialista in via San 
                      Damiano assaltandola. Dalle finestre della redazione si 
                      rispose con rivoltellate; ma la difesa durò poco e, penetrati 
                      nella sede del giornale, gli attaccanti distrussero e incendiarono 
                      tutto. Alla fine della drammatica giornata il bilancio fu 
                      di quattro morti (la giovane operaia, un soldato di guardia 
                      e due socialisti, Pietro Bagni e Giuseppe Lucioni) e di 
                      trentanove feriti. 
                      Da allora sino alla Marcia su Roma, nel corso delle sue 
                      spedizioni punitive, il fascismo uccise non meno di quaranta 
                      donne che, in vario modo, si erano opposte agli squadristi 
                      oppure rimaste vittime occasionali delle loro pratiche terroristiche. 
                      Si tratta senz'altro di un capitolo ancora tutto da scrivere, 
                      ma di cui si possono individuare alcune tracce interessanti, 
                      anche se i rapporti di polizia e le stesse memorie antifasciste, 
                      comunque redatte da uomini, hanno finito per oscurare o 
                      minimizzare questa resistenza sommersa (3). 
                      Semisconosciuto, ad esempio, il raggruppamento delle Ardite 
                      rosse, segnalato dagli organi di polizia a Trieste come 
                      struttura “al femminile” collaterale a quella 
                      dei più noti Arditi rossi e consistente in una ventina di 
                      aderenti socialcomuniste (4). 
                      Questa esperienza, per quanto limitata, assume comunque 
                      il valore dell'eccezione in un panorama declinato al maschile 
                      in modo quasi totale, se si eccettua la presenza di alcune 
                      donne, rilevata in un registro sequestrato dalla polizia 
                      a Torino, nell'elenco nominativo degli aderenti alla locale 
                      sezione degli Arditi del Popolo. 
                      Circostanza questa del tutto insolita se si considera che 
                      l'organizzazione ardito-popolare non prevedeva l'inquadramento 
                      per le donne, per questo appare non meno significativo il 
                      fatto che il 15 ottobre 1922 a Roma, l'anarchica Elena Melli 
                      sostituì Errico Malatesta, indisposto per motivi di salute, 
                      in occasione di un'assemblea degli Arditi del Popolo del 
                      quartiere S. Lorenzo. 
                      I fascisti, da parte loro, pur avendo nella struttura del 
                      partito una componente femminile, mostrarono stupore ogni 
                      volta che si trovarono di fronte delle nemiche invece che 
                      dei nemici. Uno squadrista napoletano, nel suo diario, annotò 
                      turbato: “accorsero dalla strada le donne armate di 
                      sassi, e gridando come ossesse si scagliarono contro di 
                      noi. Stranissime donne. Sembravano arpie” (5). 
                      Non più madri accoglienti, ma donne disumanizzate e senza 
                      pietà, come quella sovversiva che, secondo il martirologio 
                      fascista, nel maggio 1921 a Soave Mantovano avrebbe finito 
                      uno squadrista “spaccandogli il cranio con un randello” 
                      o come la popolana che, nel luglio 1921 a Sarzana, avrebbe 
                      infierito con un forcone su un fascista ferito. 
                     
                      Anche 
                      le donne socialiste 
                     Per la loro opposizione al fascismo molte donne subirono 
                      la punizione dell'olio di ricino, come riportato da E. Lussu, 
                      od altre umiliazioni quali il viso sporcato col nerofumo; 
                      ma in numerosi casi costò loro la morte ed anche peggio 
                      (6). 
                      Tra il 1919 e il 1922 si verificarono situazioni che videro 
                      le antifasciste non soltanto vittime ma anche protagoniste 
                      degli scontri, in quanto militanti delle organizzazioni 
                      di sinistra o del movimento fiumano, ma soprattutto quali 
                      appartenenti alle classi popolari come Alba Bartolini, una 
                      giovane donna arrestata e processata per aver preso parte 
                      alla Rivolta di Ancona nel 1920 o quella “anonima 
                      ragazza di diciassette anni” che, nell'agosto 1922 
                      a Parma, “tenendo levata in alto una scure e agitandola” 
                      da una finestra aveva gridato ai compagni delle barricate 
                      “Se vengono, io sono pronta!” (7). 
                      Le donne socialiste, ad esempio, si dimostrarono più lucide 
                      e decise dei loro dirigenti, al punto da contestarne la 
                      linea rinunciataria; in un articolo redazionale comparso 
                      sul giornale «La Difesa delle Lavoratrici» del 30 luglio 
                      1921 veniva sostenuto che “la ‘resistenza passiva' 
                      da parte del proletariato non ha fatto altro che imbaldanzire 
                      i nemici e creare, colla complicità del Governo, innumerevoli 
                      vittime”. 
                      A Bologna, tra il 1921 e il '22, si verificano almeno due 
                      episodi in cui gli squadristi ebbero la peggio; un gruppo 
                      di donne bastonò un fascista e in un altro “numerose 
                      donne” misero in fuga due squadristi che stavano diffondendo 
                      «L'Assalto». 
                      Nell'aprile del 1921, la contadina Luisa Bracciali fu uccisa 
                      a revolverate in quanto accusata di aver ferito un fascista 
                      con un forcone durante l'agguato di Foiano della Chiana 
                      (Ar); nel giugno seguente, a S. Vincenzo (Li), l'anarchica 
                      Anita Ristori difese coraggiosamente la bandiera della Lega 
                      femminile, aderente all'USI, durante una spedizione punitiva 
                      fascista. 
                      Altre tracce significative sulla presenza attiva delle donne 
                      nei conflitti del periodo vengono fornite dagli stessi resoconti 
                      fascisti che, quasi con orrore, riferiscono di “streghe” 
                      sovversive e popolane sulle barricate nei conflitti a Sarzana, 
                      Parma, Novara, Roma, Civitavecchia, Bari, Napoli, Livorno, 
                      Firenze, Empoli. In quest'ultima città, nel 1924, tre donne, 
                      tra le quali una quattordicenne, additate come le “Tre 
                      Furie” avrebbero subito un crudele processo inquisitorio 
                      per la loro presunta partecipazione ai disordini del 1921. 
                      A Livorno appare invece eloquente quanto riportato sul giornale 
                      del Fascio cittadino dopo la morte dello squadrista Moriani, 
                      avvenuta nel corso di una spedizione punitiva nel quartiere 
                      proletario di Borgo Cappuccini nel 1921: 
                    
                       “Ed anche qui, come a Empoli come a Foiano, le 
                        donne sono state l'anima del delitto sono state le prime 
                        a dare il segnale dell'attentato, sono state viste armate 
                        di rivoltelle tirare anche esse nel vano di una finestra 
                        o di una porta. Madri? No! Impossibile. Megere abbrutite 
                        nell'alcool nel fumo nel vizio e nella prostituzione”. 
                        (8) 
                     
                     Di analogo tenore le “deduzioni” redatte nel 
                      marzo 1922 dai dirigenti del fascismo livornese, durante 
                      l'inchiesta governativa: “Il sesso femminile del basso 
                      ceto è quanto di peggiore si possa immaginare, per l'odio 
                      sempre nutrito contro le classi sociali più elevate, e quindi 
                      contro tutto ciò che abbia sapore o parvenza di borghesia, 
                      vedi quindi fascisti” (9). 
                       
                      Marco Rossi 
                    Note
 
                    - I loro nomi erano Regina Terruzzi, Giselda Brebbia, 
                      Luisa Rosalia Dentici, Maria Bianchi, Fernanda Guelfi Pejrani, 
                      Paolina Piolti De' Bianchi, Cornelia Mastrangelo Stefanini, 
                      Ines Norsa Tedeschi, Gina Tozzi, ed alcune di esse erano 
                      note “suffragiste” (Federica FALCHI, L'itinerario 
                      politico di Regina Terruzzi. Dal mazzinianesimo al fascismo, 
                      Milano, Franco Angeli ed., 2008, p. 165).
                      
 - Cfr. Aa.Vv., Piccole italiane. Un raggiro durato vent'anni, 
                      Milano, Anabasi, 1994.
                      
 - Su “Le assenti” si vedano le considerazioni 
                        di Andrea DILEMMI, Il naso rotto di Paolo Veronese. 
                        Anarchismo e conflittualità sociale a Verona (1887-1928), 
                        Pisa, Bfs, p. 247. 
                      
 - Si veda il fascicolo di Aurelia Benco nel Casellario Politico 
                      Centrale, ACS., ad nomen: nata nel 1905, “Quantunque 
                      appartenente a stimata e conosciuta famiglia di Trieste, 
                      la Aurelia, nota col soprannome di Frombolo per la 
                      sua indole irrequieta ed attivissima, si è dimostrata fin 
                      dai primi anni insofferente di ogni freno di correzione 
                      domestica ed animata da spinti sentimenti sovversivi […] 
                      intelligente, di buona cultura, amatissima delle letture 
                      avventurose e studiosa di letteratura politica»”; 
                      fin dal 1918 è attiva propagandista tenendo conferenze a 
                      giovani militanti socialisti presso la Camera del Lavoro 
                      di Trieste. Collabora ai giornali comunisti «Il Lavoratore», 
                      «Avanguardia» e «Compagna». Organizza le squadre delle Ardite 
                      rosse, oltre a dedicarsi con grande impegno al riordinamento 
                      della sezione triestina della Federazione giovanile comunista, 
                      ricoprendo anche incarichi dirigenti nel partito. Verso 
                      le autorità era ritenuta tenere «contegno provocatore» (Ringrazio 
                      Martina Guerrini per la segnalazione).
                      
 - Piero GIRACE, Diario di uno squadrista, Napoli, 
                      Rispoli, 1939, pp. 63-64 (Citato in Mimmo FRANZINELLI, Squadristi, 
                      Milano, Mondadori, 2004, p. 49).
                      
 - Tra le tante violenze commesse, si sa dello stupro punitivo 
                      di una donna a Rivisindoli nel gennaio 1923 da parte di 
                      una ventina di fascisti e le sevizie compiute su un'altra 
                      a Lendinara (Carlo MATTEOTTI, Il volto economico della 
                      dittatura fascista, Milano-Roma, Società Editrice Avanti!, 
                      (1945?), p. 67.
                      
 - Guido PICELLI, La rivolta di Parma, «Lo Stato Operaio», 
                      Parigi, ottobre 1934, p. 757.
                      
 - Articolo, firmato L.M., I violenti siamo noi?, 
                      in «A Noi!», 20 maggio 1921.
                      
 - Da relazione “di parte”, depositata presso 
                      l'Archivio di Stato di Livorno, riportata in Nicola BADALONI, 
                      Franca PIERONI BORTOLOTTI, Movimento operaio e lotta 
                      politica a Livorno (1900-1926), Roma, Editori
  
                       
                       
                    
                       
                        |   Donne uccise per mano 
                            fascista 1919-’22 
                             
                          1919 
                             
                            15 aprile, Milano. Teresa Galli, operaia, sovversiva. 
                            15 giugno, Bologna. Geltrude Grassi, bracciante socialista, 
                            uccisa da squadristi nazionalisti. 
                            13 luglio, Trieste. Nell'incendio dell'Hotel Balkan 
                            muore la giovane figlia di Hugen Roblek. 
                             
                             
                          1920 
                             
                            9 settembre, Trieste. Angela Cremese, uccisa durante 
                            funerale del socialista Foragioni. 
                            4 novembre, Comiso (Rg). Uccise, in sparatoria provocata 
                            da nazionalisti, fascisti e guardie regie, l'anziana 
                            signora Corallo e la bambina Nunziata Scipione. 
                            21 novembre, Bologna. Nell'attacco fascista a Palazzo 
                            d'Accursio, resta uccisa la socialista Carolina Zecchi. 
                             
                             
                          1921 
                             
                            23 febbraio, Minervino Murge (Ba). Uccisa una donna 
                            in sparatoria contro la folla. 
                            8 marzo, Pieve di Cento (Fe). Angelina Toni, lavoratrice, 
                            uccisa a rivoltellate. 
                            18 marzo, Venezia. Luisa Cicogna, passante, uccisa 
                            in sparatoria. 
                            20 marzo, Greco Milanese (Mi). Durante spedizione 
                            punitiva resta uccisa una popolana. 
                            22 marzo, Ceretto (Pv). Maria Monchetti, uccisa in 
                            sparatoria durante spedizione punitiva. 
                            6 aprile, Minerbio (Bo). Giuseppina Pilati, uccisa 
                            da colpo di pistola durante spedizione punitiva. 
                            18 aprile, Foiano della Chiana (Ar). Luisa Bracciali, 
                            contadina, uccisa per rappresaglia. 
                            20 aprile, Acqui (Al). Angela Casagrande, casalinga, 
                            colpita da arma da fuoco nel corso di aggressione 
                            a comizio comunista. 
                            15 maggio, Berceto (Pr). Palmira Magri, trentenne 
                            antifascista. 
                            15 maggio, Cerignola (Fg). Maria Russo, uccisa assieme 
                            ai due figli militanti di sinistra. 
                            21 maggio, Parma. Angela Martegani, lavoratrice. 
                            22 maggio, Sant'Agata Bolognese (Bo). Uccisa la madre 
                            del consigliere socialista Adriano Guiduzzi durante 
                            spedizione punitiva. 
                            26 maggio, S. Agata Bolognese (Bo). Agata Pizzi, madre 
                            di Adriano Guiduzzi, uccisa durante spedizione punitiva. 
                            2 giugno, Carrara. Uccisa la madre del socialista 
                            Renato Lazzeri, assassinato anch'esso. 
                            10 luglio, Berra (Fe). Uccisa una donna, contadina 
                            e moglie di un socialista, assassinato anch'esso. 
                             
                             
                          1922 
                             
                            2 gennaio, Milano. Primizia Tronetto. 
                            27 febbraio, S. Benedetto Val di Sambro (Bo). Adele 
                            Naldi, madre del socialista Amedeo Barbari, uccisa 
                            durante incursione punitiva. 
                            8 luglio, Gazzo Padovano (Pd). Uccisa la madre di 
                            Francesco Basso, fittavolo socialista, anch'esso assassinato. 
                            17 luglio, Milano. Ida Bolchi, bambina. 
                            24 luglio, Rimini. Olga Rossi, anarchica, uccisa assieme 
                            al compagno durante spedizione punitiva. 
                            6 agosto, Pontelongo (Ve). Assunta Perni, uccisa nel 
                            corso della reazione allo sciopero legalitario. 
                            20 agosto, San Giovanni in Croce (Cr). Giuseppina 
                            Bissolati, uccisa durante spedizione punitiva in una 
                            osteria. 
                            24 ottobre, Napoli. L'anziana Carolina Santini è uccisa 
                            da spari durante sfilata fascista. 
                            28 ottobre, Roma. Nei giorni della Marcia su Roma, 
                            durante gli scontri, vengono uccise due donne. 
                            28 ottobre, Imola. La socialista Fedora Farolfi è 
                            picchiata e ferita mortalmente per rifiuto del saluto 
                            fascista. 
                            30 ottobre, Brescia. Rosa Ardese, uccisa nel corso 
                            di violenze squadriste in città.  | 
                       
                     
                     
                     
                     
                    
                       
                        |   Leggere gli 
                            arditi 
                           
                          a cura di Paolo Rasconà   
                          Dal lontano 1997, quando vide la luce la prima pubblicazione 
                          di Marco Rossi sugli Arditi del popolo, in una dozzina 
                          d'anni, un numero crescente di studiosi si è interessato 
                          alla breve epopea dell'arditismo popolare, contribuendo 
                          ad aggiungere nuovi tasselli, o evidenziando limiti, 
                          di quella che, già nel 1921, fu la prima lotta allo 
                          squadrismo mussoliniano.   Ponendosi nel filone 
                          che vede l'arditismo popolare in continuità con l'arditismo 
                          da trincea, gli storici che si sono interessati all'argomento 
                          sottolineano il carattere principalmente proletario 
                          dell'organizzazione, espressione di una classe sociale 
                          che, in tutta Italia, veniva duramente attaccata per 
                          le sue conquiste economiche e politiche ottenute in 
                          più di trenta anni di lotte. Oltre alle numerose ricerche 
                          che ricostruiscono a livello locale e territoriale (Parma, 
                          Roma, Sarzana, Civitavecchia, Viterbo...) le vicende 
                          dell'arditismo popolare, queste sono le principali pubblicazioni 
                          riguardanti, a livello nazionale, la nascita e lo sviluppo 
                          degli Arditi del Popolo.   
                          ARDITI, NON GENDARMI! Dalle trincee alle barricate: 
                          arditismo di guerra e arditi del popolo (1917-1922) 
                          di Marco Rossi (BFS edizioni, Pisa, 2011). È il primo 
                          testo sull'arditismo popolare e ne ricostruisce le origini, 
                          iniziando dalla creazione dei reparti d'assalto (sul 
                          finire del primo conflitto mondiale), fino alle barricate 
                          popolari del 1922. Oltre gli eventi che videro protagonisti 
                          gli Arditi del popolo, importanti sono i capitoli dedicati 
                          all'Impresa di Fiume, la festa rivoluzionaria, che segnò 
                          un solco tra arditi filo d'annunziani e fascisti.  
                           
                          ARDITI DEL POPOLO. Argo Secondari e la prima 
                          organizzazione antifascista (1917-1922) di 
                          Eros Francescangeli (Odradrek edizioni, Roma, 2000). 
                          La ricostruzione storiografica degli Arditi del Popolo 
                          è accompagnata da brevi biografie dei protagonisti e, 
                          a volte, dalle ambiguità che li contraddistinsero. Vengono 
                          ricostruiti i rapporti fra gli Arditi del popolo e le 
                          forze politiche di allora, la loro dislocazione territoriale, 
                          la simbologia e gli inni dell'organizzazione, mutuati 
                          dall'appena concluso conflitto mondiale.   
                          GLI ARDITI DEL POPOLO. Dalla guerra alla difesa 
                          del popolo contro le violenze fasciste di Luigi 
                          Balsamini (Galzerano editore, Salerno, 2002). Riprendendo 
                          le principali pubblicazioni sull'arditismo, approfondisce 
                          i rapporti fra Arditi del popolo e le forze politiche 
                          di allora, evidenziando, pur nella sua frammentarietà, 
                          il contributo del movimento anarchico all'organizzazione 
                          popolare.  
                           
                          GLI ARDITI DEL POPOLO. La prima lotta armata 
                          contro il fascismo (1921-1922) di Andrea Staid 
                          (La Fiaccola edizioni, Ragusa, 2010). Concentrandosi 
                          sugli eventi cruciali dell'arditismo popolare fra il 
                          1921 e 1922 si ricompongono i due anni tramite le pubblicazioni 
                          dei giornali anarchici e comunisti del periodo. Si aggiunge 
                          un'importante riflessione sull'argomento: la difficoltà 
                          nel ricostruire la partecipazione femminile alla prima 
                          lotta al fascismo.  | 
                       
                     
                     
                       
                       
                     Riccardo Siliprandi ‘Ariè' 
                    Una memoria viva e futura 
                       
                      Il 5 maggio scorso, in occasione del 91° anniversario della 
                      morte di Riccardo Siliprandi, una delle prime vittime del 
                      fascismo in provincia di Reggio Emilia e in Italia, la Federazione 
                      Anarchica Reggiana e la sezione Usi – Unione Sindacale 
                      Italiana – Ait di Reggio Emilia, hanno inaugurato 
                      una targa in sua memoria nel nativo comune di Luzzara. 
                      La targa, in marmo bianco di Carrara, riporta un piccolo 
                      capolavoro letterario scritto in dialetto luzzarese, che 
                      Cesare Zavattini dedicò al compaesano. 
                      A ricordare la figura di questo giovane ardito del popolo, 
                      anarchico, anarco-sindacalista, sono intervenuti numerosi 
                      compagni della Fai e dell'Usi, oltre alle Anpi del territorio, 
                      associazione che ha contribuito all'evento. Un corteo di 
                      oltre cento persone ha così sfilato per il paese reggiano 
                      e ricordato una pagina poco nota del primo antifascismo. 
                      
                      Il fenomeno degli Arditi del popolo infatti è stato spesso 
                      relegato a poche righe sui libri di storia e all'oblio divulgativo, 
                      per l'incapacità dimostratra dai partiti del tempo, poi 
                      incensati dalla Repubblica del 1946, di riconoscere la vera 
                      natura del montante fascismo e l'errore commesso nel condannare 
                      la prima resistenza armata allo squadrismo. 
                      Una storia, quella di Ariè, emblematica che mosse i suoi 
                      passi, fra l ‘altro, partendo dalle tradizioni di 
                      lotta della vicina e combattiva Camera del lavoro di Suzzara 
                      (Mn), associata all'Usi. Con questa manifestazione si è 
                      realizzata dunque una forte iniziativa, con la quale si 
                      è ribadito quanto difendere i valori di tutte le resistenze 
                      al fascismo significhi affermare una memoria collettiva 
                      fondata sulla libertà e la giustizia sociale, contro ogni 
                      forma di autoritarismo, come ha sottolineato il vivace e 
                      documentato intervento di Federico Ferretti della Fai-Usi 
                      Reggiana. 
                      Gli anarchici e gli anarco-sindacalisti pagarono un prezzo 
                      altissimo nella battaglia al fascismo in Italia, in Spagna 
                      e in esilio. Per tutto questo la Fai Reggiana e l'Usi-Ait 
                      continuano a valorizzare le esperienze straordinarie legate 
                      ad una storia ancora attuale. 
                       
                      Federazione Anarchica Reggiana/Unione sindacale 
                      italiana-Ait 
                      sezione di Reggio Emilia 
                     La Fai Reggiana e l'Unione sindacale italiana- 
                      Ait ringraziano l'Anpi di Luzzara, il presidente dell'Anpi 
                      provinciale Giacomo Notari e i numerosi intervenuti per 
                      la riuscita e partecipata manifestazione antifascista di 
                      sabato 5 maggio 2012 in ricordo di Riccardo Siliprandi. 
                    
                       
                          
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                        “Cosa 
                            facevo il giorno che è morto Ariè?   
                            Avevo vent'anni./Era un cariolante,/un anarchico, 
                             
                            buono come il pane./   
                            Da quando quelli là comandavano/stava nascosto 
                            nel  
                            bosco./ Loro lo puntavano./   
                            Una mattina aveva rischiato/venendo in paese per/ 
                             
                            salutare sua madre./   
                            L'hanno visto, in quattro gli hanno sparato,/lasciato 
                             
                            contro il muro/ a seccarsi/come un pipistrello fiondato.”  | 
                       
                     
                    Grazie 
                      a Gemma Bigi per la collaborazione 
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