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                 a cura della redazione 
                 
                   
                  “Chi paga l'inflazione” 
                  si domanda senza punto interrogativo la copertina del n. 47 
                  (maggio 1976) della rivista. Senza punto interrogativo, perché 
                  la risposta è scontata e la si deduce dalla foto di alcuni 
                  operai, con alle spalle lo striscione “Basta! Non paghiamo 
                  più un aumento”. Ma il lungo saggio, che all'interno 
                  del numero sviluppa il tema di copertina, è tutt'altro 
                  che scontato. Già il titolo (“L'inflazione creatrice”) 
                  incuriosice. E nel sommarietto è scritto: “Quali 
                  le cause, come si sviluppa, quali processi innesca l'inflazione? 
                  – L'insufficienza dei modelli intepretativi unicamente 
                  economici – Secondo Albert Meister l'inflazione funge 
                  da elemento regolatore dell'equilibrio sociale attenuando lo 
                  scontro tra le classi”. Una conferma dell'attenzione di 
                  “A” verso nuovi possibili modelli interpretativi 
                  della società, senza accontentarsi dei soliti “slogan”. 
                  Un'attenzione particolare viene dedicata, in campo internazionale, 
                  all'Argentina, all'indomani del golpe del generale Videla & 
                  soci. All'analisi, come sempre lucida, di S. Parane (cioè 
                  Louis Mercier Vega) è affidata una prima interpretazione 
                  del golpe e a una lettera dall'Argentina di un non meglio precisato 
                  “compagno argentino” il racconto degli sviluppi 
                  in sede locale, dal dileguarsi del movimento peronista alla 
                  politica antiproletaria dei generali al potere. Sempre in campo 
                  internazionale, ma da un altro paese di lingua castigliana, 
                  proviene l'analisi della situazione spagnola, e in particolare 
                  dell'indistruttibile Cnt, la storica centrale anarco-sindacalista, 
                  di Juan Gomez Casas, storico militante e noto esponente di quel 
                  sindacato, nonchè suo apprezzato storico.
                
   
                  Alla Beat Generation è dedicato uno scritto fortemente 
                  critico del veneto Gianfranco Varagnolo. Vi si analizzano aspetti 
                  positivi e limiti di quel fenomeno storico che ancora oggi, 
                  oltre mezzo secolo dopo, pone interrogativi tutt'altro che scontai 
                  su idee, metodi, pratiche per contestare anche nella quotidianità 
                  un sistema di vita dominato dal consumismo e dall'autorità. 
                  Su questo tema – la Beat Generation, appunto – contiamo 
                  di pubblicare tra qualche numero un nuovo dossier, per riprendere 
                  le fila di quella riflessione, tra memoria storica e progettualità 
                  libertaria. 
                   Curiosa 
                  l'intervista realizzata da Paolo Finzi a Franco Trincale, 
                  definito “un compagno libertario ancora iscritto al Pci”.Titolo 
                  (significativo): “Aspettando l'espulsione”. Nel 
                  sommarietto si legge: “Il noto cantastorie sociale, ancora 
                  iscritto al Pci, contesta la linea del partito e si dichiara 
                  fautore dell'autogestione. Fino a quando Berlinguer & C. 
                  saranno disposti a tollerarlo?”. In realtà già 
                  qualche anno prima il cantastorie siciliano, trapiantato a Milano, 
                  aveva stracciato pubblicamente la tesserea del partito, contestandone 
                  la linea politica, dopo uno sgombero a Milano. E dopo l'aveva 
                  ripresa. E “A” aveva puntualmente seguito la cosa.  
                  Il fatto è che l'inquieto Franco, tra le voci più 
                  radicate e note nel mondo dell'emigrazione dal Sud in Italia 
                  e fuori dai confini (numerosissimi i suoi concerti tra gli emigranti 
                  italiani in Francia, Belgio, Germania, Svizzera, ecc.), è 
                  sempre stato anche vicino a noi anarchici, e a noi di “A” 
                  in particolare, come dimostra – tra l'altro – l'uscita 
                  proprio in quel periodo di un suo lp “La casa è 
                  di chi l'abita – Canti libertari”, che in copertina 
                  vedeva Franco stesso accanto ad un muro con una cubitale “A” 
                  cerchiata. E, tanto per chiudere, ricordiamo che proprio nel 
                  dossier Pinelli sullo scorso numero, in apertura, abbiamo riportato 
                  stralci dal sua Lamientu per la morte dell'anarchico Pinelli, 
                  in vernacolo siciliano, da lui composto e cantato per la prima 
                  volta già all'inizio del gennaio 1970, a pochissimo dal 
                  volo in Questura del nostro compagno. 
                  Ci piace segnalare, in “A” 47, la pubblicazione 
                  della seconda puntata, di una lunga serie, della rubrica di 
                  recensioni cinematografiche “Al cinema”, 
                  a cura di Rozac, pseudonimo dietro il quale si celava il mitico 
                  Paolo Zaccagnini, per tantissimo tempo critico musicale del 
                  quotidiano romano “Il Messaggero”, anarchico. 
                  Per anni la sua è stata una delle “cose” 
                  più seguite di “A” e nel corso delle nostre 
                  periodiche assemblee con i lettori oggetto di critiche, consensi, 
                  passionalità. A conferma della capacità comunicativa 
                  del cinema e anche di quella del nostro amico e compagno, che 
                  oggi vive lontano una situazione difficile: e nessuno ce ne 
                  vorrà se ne approfittiamo per salutarlo.
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