rivista anarchica
anno 43 n. 379
aprile 2013



Tenacia e cambiamento


Si può scrivere o filmare le proprie idee, a me pare che si possa e si debba farlo tentando di correggere il corso della vita. Raccontare la realtà cercando di cambiarla. La nostra? Quella degli altri? Il cinema che possiede quest'ambizione trova grandi difficoltà ad arrivare al grande pubblico che è poi quello che ne ha più bisogno. Il bisogno di cambiare.
Chi oggi progetta e realizza film, vive una situazione difficile. Non perché manchino idee o temi ma perché ci si trova a combattere con una realtà produttiva (e distributiva) ignorante e poco coraggiosa. È difficile dire qualcosa di valido, di diverso, anche perché non te lo fanno dire. Se poi qualcuno di buona volontà e grande coraggio ci riesce, si è subito accusati di fare un cinema difficile, poco comprensibile, inadeguato al grande pubblico. Bisogna rassegnarsi di fronte a questa realtà? Consiglio ai giovani cineasti la lettura dei diari del giovane Che Guevara. Nel suo diario si trova l'onestà, la sincerità, la precisione delle cose che l'umanità avrebbe dovuto avere e che invece non ha. Il suo continuo desiderio e impegno per cambiare una realtà inaccettabile. Ci si può far prendere dallo sconforto, chiedersi se vale la pena lottare per proporre qualcosa di nuovo a questa umanità così distratta, così preoccupata del solo benessere materiale. Non è questione di essere pessimisti, ma di questi tempi ci si dovrebbe sentire obbligati a dimostrare e a provare quello che si sente, ad andare fino all'origine di un principio.
C'è inoltre (e tutto ciò è molto visibile) l'insicurezza e l'inquietudine che deriva dall'esercitare questo lavoro, che viene dal fatto che è molto più difficile filmare che scrivere o dipingere. Il cinema è un'arte che si confronta sempre di più con la tecnologia e quest'aspetto rende tutto più complicato. Oggi la maggior parte dei registi prova a dire qualcosa con i propri film, con più o meno successo. Non tutti lo fanno con la chiarezza e l'onestà che dovrebbe essere prerogativa di chi lavora nell'ambito dei mezzi di comunicazione di massa. Le influenze economiche, politiche e sociali spingono sovente il cinema italiano (e non solo quello) in una condizione di deficit sia culturale che di comunicazione. Si vede tanto cinema inutile e poco cinema intelligente. Eppure ce ne sarebbe così tanto bisogno. E dire che questo cinema esiste, viene realizzato ma non riesce quasi mai ad arrivare nelle sale. Vorrebbe parlare a un pubblico che potrebbe apprezzarlo, ma che gli è negato in partenza. Pazienza. Insistere e non mollare. Sforzarsi di parlare in modo chiaro, sincero, con semplicità e asciuttezza, badare più alle forme e indirizzare i contenuti su ciò che realmente viviamo, questa è la sfida.

Bruno Bigoni