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 MEDITERRANEO. 1  
I colori del Mediterraneo 
                      
 
                      È uscito lo scorso anno, e ha avuto brevissima 
                        vita nei cinema, il documentario di Bruno Bigoni “Il 
                        colore del vento”, prodotto da Minnie Ferrara 
                        & Associati. 
                       Al momento non è disponibile nè visibile. 
                       Ma noi ne parliamo lo stesso, pubblicando alcuni testi, 
                        molto diversi tra loro, nati per il libretto che avrebbe 
                        affiancato una nostra produzione del DVD (mai realizzata): 
                        una “recensione” di Silvia Bevilacqua, 
                        due articoli di Melita Richter e 
                        Mariano Brustio e uno scritto 
                        dello stesso regista Bigoni. 
                     
                     
 
                     
 
 
Utopia di mare: un possibile sguardo  
di Silvia Bevilacqua  
 
Storie, vite, persone, questo il Mediterraneo che ci presenta Bigoni. 
                     
                        
                      Il documentario “Il 
                      colore del vento” (Minnie Ferrara & Associati, 
                      Milano 2010, 76') del regista Bruno Bigoni, prende spunto 
                      da Creuza de ma di Fabrizio De André e Mauro Pagani per 
                      andare a rivisitare il Mediterraneo nei suoi tanti possibili 
                      “usi”: mare di guerra e di pace, di speranza 
                      e di morte, di sogni e di naufragi, di anarchia e di repressione. 
                      Abbiamo chiesto alla nostra collaboratrice Silvia Bevilacqua 
                      le sue riflessioni “a caldo”, dopo la visione 
                      del DVD. 
                       
                      Chi ha steso braccia al largo 
                      battendo le pinne dei piedi 
                      gli occhi assorti nel buio del respiro, 
                      chi si è immerso nel fondo di pupilla 
                      di una cernia intanata 
                      dimenticando l'aria, chi ha legato 
                      all'albero una tela e ha combinato 
                      la rotta e la deriva, chi ha remato 
                      in piedi a legni lunghi: questi sanno 
                      che le acque hanno volti. 
                      E sopra i volti affiorano 
                      burrasche, bonacce, correnti 
                      e il salto dei pesci che sognano il volo 
                       
                      Opera sull'acqua 
                      Erri De Luca 
                       
                      Il mare è utopia, senza luogo, senza paese, immaginazione 
                      di mondi. 
                      Il mare può trovare paese nei volti, negli sguardi, nella 
                      realizzazione di mondi. 
                      Bruno Bigoni è forse ciò che si può dire un poeta 
                      biografico. Il suo racconto è un gesto poetico che 
                      attinge alla ragione del cuore. è un gesto che non 
                      appare in un'evidenza chiara, immediata ma che si annida 
                      fra le immagini e le narrazioni che si snocciolano in un 
                      sentire altro, in un altro modo. Il gesto poetico ha inizio 
                      con due volti quello dell'anziana testimone del passato, 
                      di una Spagna non troppo lontana, di un passato che ancora 
                      non è passato e riaffiora dall'altro volto quello 
                      della giovane, del presente. 
                      Un passato e un presente che sembrano dirci di guardare 
                      ancora aldilà l'umanità futura. 
                      Lì in quel primo filmato, che appare discontinuo da tutto 
                      il resto della narrazione, segna in realtà la traccia 
                      che accompagnerà il susseguirsi delle immagini e 
                      che darà la sensazione di non trovarci di fronte 
                      ad un semplice documentario ma ad un invito. Un invito ad 
                      essere dentro a quel mondo che si racconta, di comprenderne 
                      le sfaccettature di saperne ascoltare la sonorità, 
                      i profumi, di sentirci vicini. 
                      Bigoni ci chiede di stare, di restare per qualche attimo 
                      di fronte all'utopia mare, di averlo di fronte nella nostra 
                      prospettiva per immaginare cosa fare di quella immensità 
                      indistinta, che non ha strade, spaesante, che sa confondere 
                      i suoi precari confini con la linea del cielo e con il movimento 
                      dell'onda che non fissa mai il suo punto di arrivo. 
                      Lì ci conduce Bigoni, sulla riva, non in solitudine ma accanto 
                      a delle vite, dei volti, delle storie. 
                      Persone che a loro volta hanno guardato il mare e hanno 
                      immaginato che lì ci fosse un ponte, un altro mondo, persone 
                      che si sono lasciate andare al viaggio con quel coraggio 
                      che ha a che fare con il desiderio di libertà. 
                      Sì perché qui sembra che sia suggerito che l'anarchia 
                      non sia una moda che passa ma un desiderio da agire, un 
                      impegno da trattenere, un progetto da costruire, una possibilità 
                      di cambiare nel mondo in cui siamo, nella quotidianità 
                      che viviamo. 
                      
                     Lo si dice a Tangeri il nostro sogno qui? Qui non siamo 
                      liberi si dovrà andare altrove. Il mare tiene dentro 
                      a sé questa possibilità di migrare di lasciare spazio 
                      al sogno, al semplice sogno di vivere. Il migrare delle 
                      voci raccolte da Bigoni sono un'onda che torna si ripete 
                      e non si ferma, sono la memoria di ciò che è stato 
                      cancellato, censurato revisionato. Bari 1991, chi non ha 
                      presente quell'immagine, quella dello sbarco del Vlora era 
                      l'8 agosto 1991. Bigoni restituisce quell'immagine alla 
                      memoria, ad una memoria non strumentalizzata o sfruttata 
                      per sostenere politiche della sicurezza, della paura. Bruno 
                      la ricorda, ne ricorda la storia, ne ricorda il presente 
                      attraverso la traccia di vita di chi quella nave davvero 
                      l'ha presa, ha deciso di prenderla per dare una possibilità 
                      alla propria vita. Si parte, il mare è lì aspetta 
                      solo di essere attraversato. 
                      Di fronte al mare si pensa spesso alla libertà, accade 
                      che quell'immensità lasci spazi alla nostra immaginazione 
                      al pensiero libero che tratteniamo nei dispositivi quotidiani, 
                      nelle maglie che sono state costruite con ragione di controllo 
                      nelle nostre società. Ogni luogo può dare catene, 
                      ogni persona può accettare catene così come ogni luogo può 
                      liberare e ogni persona può liberarsi. Questa è la 
                      traccia dell'anarchia può essere un seme sotto la neve. 
                      Di fronte al mare di Barcellona si è inseguita l'utopia, 
                      si è immaginato e cambiato qualcosa del nostro mondo, 
                      si è tenuta stretta a se l'idea che il desiderio 
                      di libertà e la decostruzione del potere siano una 
                      strada percorribile. 
                      Il mare di queste biografie non si perde, esso rimane nei 
                      desideri del viaggio della migrazione nel respiro salino 
                      della libertà e ne fa affiorare anche il suo lato 
                      buio, misterioso beffardo, a volte crudele. Bigoni non dimentica 
                      che il mare, qui il Mediterraneo, bacino, conca, spazio 
                      quasi totalmente chiuso, purtroppo talvolta trattiene, inghiotte 
                      nell'indifferenza generale, nessuno si cura si chi è 
                      stato lasciato sul fondo, di chi si è perso nelle 
                      profondità. Un mare infinito che diventa fine. Già 
                      nel passato il mare ha nascosto nel silenzio dei voli della 
                      morte della dittatura in Argentina la fine di chi ha combattuto 
                      per la libertà. Corpi desaparesidos che non hanno 
                      un porto. Corpi alla deriva, corpi rigettati, rimpatriati. 
                      Non più persone ma corpi. 
                      Bigoni costruisce una mare-grafia un'operazione complessa 
                      perché sul mare non restano tracce, tuttalpiù scie, scie 
                      temporanee, subito dimenticate e confuse. Bruno ne restituisce 
                      una testimonianza. Una geografia di gesti di libertà 
                      che hanno percorso distanze, abitato soglie, spalancato 
                      confini. 
                      Non solo luoghi ma utopie. 
                       
                      Silvia Bevilacqua 
                     
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