rivista anarchica
anno 41 n. 364
estate 2011


anti-nucleare

11 ragioni contro (poi ci sono le altre)
di ElektrizitätsWerken Schönau (EWS)

Riportiamo qui le schede relative a 11 ragioni.
Scelte un po’ a caso (meno quella sui terremoti).
Bastano e avanzano.
Ne mancano comunque una novantina...

 

8. Mancanza di uranio
Le miniere di uranio non riescono più a coprire il consumo delle centrali nucleari già da venti anni.

Dal 1985 è evidente che le centrali nucleari utilizzano, di anno in anno, sempre più uranio di quanto ne venga estratto. L’uranio estratto nell’anno 2006 nelle miniere di tutto il mondo è meno di due terzi della quantità necessaria al funzionamento delle centrali. I gestori delle centrali hanno ricevuto finora il combustibile nucleare mancante da scorte civili e militari, che però si stanno esaurendo. Per garantire l’approvvigionamento del combustibile nucleare necessario alle attuali centrali, la quantità di uranio estratto dovrebbe aumentare nei prossimi anni di più del 50%. Per raggiungere questo scopo dovrebbero essere messe in funzione moltissime nuove miniere di uranio, con i disastri che ne conseguirebbero per l’ambiente e la salute.

12. Pericolo di cancro
Le centrali nucleari non fanno ammalare solo i bambini.

Quanto più vicino un bambino cresce a una centrale nucleare, tanto più alto è il rischio che corre di ammalarsi di cancro. I bambini sotto i cinque anni che vivono nel raggio di cinque chilometri dalle centrali nucleari si ammalano di cancro il 60% in più rispetto alla media nazionale. I tassi di leucemia sono addirittura più del doppio (+120%). L’irraggiamento radioattivo causa facilmente l’insorgere della leucemia. Dati provenienti dagli usa indicano che anche gli adulti nelle vicinanze delle centrali nucleari si ammalano di cancro con tassi superiori alla media.

21. Rischio legato all’età
Quanto più a lungo una centrale è in funzione, tanto più diventa insicura.

Tecnologia ed elettronica non resistono in eterno. Tantomeno in una centrale nucleare. Le condutture diventano fragili, i controlli si bloccano, valvole e pompe si inceppano. Le incrinature si allargano, i metalli si corrodono. Nella centrale nucleare Davis Besse (Ohio, Usa) a causa della corrosione si è aperto, senza essere notato, un foro nell’acciaio del pressurizzatore spesso 16 cm. Solo un sottile strato di acciaio inossidabile nella parte interna ha impedito il formarsi di una falla.

25. Pericolo di terremoto
Le centrali atomiche non sono abbastanza sicure in caso di terremoto.

Il caso recente del disastro di Fukushima lo sta a dimostrare. Nonostante le centrali nucleari giapponesi fossero state realizzate per resistere ai grandi terremoti di cui è oggetto da sempre la terra del Sol Levante, quella che era stata ritenuta un’ipotesi statisticamente improbabile si è realizzata. L’11 marzo, alle 14:46, un devastante terremoto di intensità 8.9-9 della scala Richter colpisce il Giappone e la centrale di Fukushima Daiichi, nel Nord-Est del Paese. Si sono immediatamente azionati i sistemi di arresto dei tre reattori attivi nella centrale, così come quelli degli altri reattori del Paese interessati dal sisma. Attraverso l’inserimento delle barre di controllo all’interno del nocciolo, i reattori sono stati resi sottocritici. Tuttavia, almeno sull’unità 1, una o più barre di sicurezza non sono penetrate a sufficienza nel nocciolo: ciò è indirettamente confermato dal fatto che parecchie ore dopo l’incidente i responsabili dell’impianto hanno cercato di iniettare boro nel nocciolo (che è un forte assorbitore neutronico) al fine di prevenire escursioni di potenza localizzate dovute appunto alla non perfetta inserzione delle barre di sicurezza.
Contemporaneamente i sistemi di raffreddamento di emergenza sono entrati in funzione, iniziando ad abbassare la temperatura all’interno dei reattori, nei quali i prodotti di fissione altamente radioattivi continuano a generare una notevole quantità di calore. 55 minuti dopo la prima violentissima scossa di terremoto, uno tsunami generato dal sisma ha investito la centrale mettendo fuori uso i generatori diesel che garantivano il funzionamento delle pompe di raffreddamento.
Dopo numerosi tentativi infruttuosi per cercare di mantenere elevato il livello dell’acqua all’interno dei nuclei dei reattori, i tecnici hanno cominciato a immettere nei reattori acqua di mare miscelata con acido borico, in modo da ricoprire le barre di combustibile e abbassarne la temperatura, scongiurandone così in parte la fusione. Nonostante ciò secondo quanto riferito dalla società che gestisce l’impianto, la Tepco, le barre di combustibile contenute nei reattori attivi al momento del terremoto (1, 2 e 3) e quelle contenute nella piscina di raffreddamento del reattore numero 4, spento prima del sisma, sono rimaste scoperte per un periodo sufficientemente prolungato da portare la temperatura delle barre di combustibile a livelli tali da rendere possibile una rapida ossidazione dello zirconio, metallo di cui è costituita la parte più esterna degli elementi di combustibile (questo metallo se raggiunge una temperatura elevata quando viene a contatto con acqua o vapore produce grandi quantità di idrogeno). Nei reattori nucleari deve essere costantemente assicurata la presenza di un livello d’acqua sufficiente a coprire interamente gli elementi di combustibile. In caso contrario, come è accaduto a Fukushima, il calore di decadimento prodotto dagli elementi radioattivi contenuti nel combustibile può causare la produzione di idrogeno e il danneggiamento delle barre, con la conseguente fuoriuscita di isotopi radioattivi che hanno contaminato l’acqua di raffreddamento, nonché prodotto la parziale fusione del combustibile.
L’Italia è uno dei quattro Paesi dell’ue a più alto rischio sismico (terremoti oltre i 7 gradi della scala Richter). In Italia, i terremoti con magnitudo superiore ai 6 gradi della scala Richter, che hanno fatto molti danni e vittime nella Penisola dall’inizio del secolo scorso a oggi, sono almeno sette, fra cui il più devastante di tutti è stato quello di Messina e Reggio Calabria (1908), seguito da un vero e proprio tsunami con onde fino a 13 metri, e con circa 120.000 morti. Una tragedia che dovrebbero ricordare coloro che dicono che in Europa non sono possibili catastrofi come quella giapponese. Prima dell’Aquila (2009), ci sono stati poi i terremoti dell’Irpinia (nel 1980 e nel 1930, con 2.570 e 1.400 morti rispettivamente) quello del Friuli (1976), con 989 vittime, quello del Belice (1968) con 236 morti e quello di Avezzano (1915) con 32.610 morti.

33. Rischio umano
Gli uomini commettono errori, in una centrale nucleare è fatale.

Valvole azionate in maniera erronea, segnali di allarme trascurati, interruttori dimenticati, ordini fraintesi, reazioni sbagliate – nelle centrali nucleari ci sono dozzine di casi nei quali non la tecnologia ma l’uomo è responsabile di situazioni pericolosissime. Il Rischio di errore umano non è calcolabile.
È proprio l’uomo invece, la squadra dei gestori della centrale, che deve, in caso di incidente, attuare le misure di emergenza per evitare una fusione del nocciolo. La centrale nucleare pretende uomini senza difetti, che però non esistono, soprattutto in situazioni di stress molto forte come in caso di incidente.

41. Collasso dell’economia
Un incidente atomico di gravissima portata conduce a un collasso politico-economico.

Il peggiore degli scenari immaginabili di incidente atomico causerebbe in un Paese come la Germania danni dai 2,5 fino ai 5,5 miliardi di euro. Questo secondo il calcolo della compagnia Prognos ag già 20 anni fa, in uno studio per il Ministero dell’Economia. Considerata la variazione dell’inflazione, la somma sarebbe oggi sicuramente ancora più alta.
A confronto: i pacchetti congiunturali delle 20 maggiori potenze economiche mondiali per far fronte alla attuale crisi economica hanno un volume totale di 3,5 miliardi di euro.
Nel recente caso del Giappone, la maggior parte dei danni provocati dal terremoto e dallo tsunami si sono verificati nella regione di Tohoku, che rappresenta circa l’8% del pil nazionale. In particolare, le città costiere più colpite sono state Fukushima, Miyage, Ibaraki e Aomori. Queste prefetture producono un combinato per poco meno del 6% del pil del Giappone. L’agenzia internazionale Standard & Poor’s ritiene che il terremoto in Giappone sarà probabilmente la catastrofe più costosa della storia. Il più costoso terremoto mai registrato finora è stato il Northridge, verificatosi nel 1994 in California, che causò 15 miliardi di dollari di perdite. Si ritiene che il terremoto di Sendai potrebbe superare il danno economico sia dello tsunami del 2004 (10 miliardi di dollari) sia quello di Kobe del 1995 (100 miliardi di dollari). Ma tutte queste cifre sono destinate, comunque, a crescere nei prossimi mesi quando sarà possibile fare un rendiconto preciso dei danni.

69. Prezzi della corrente
L’energia nucleare alza i prezzi.

I prezzi della corrente salgono da anni, in Germania come in tutti gli altri paesi, nonostante l’elettricità prodotta dai reattori nucleari. Uno dei principali motivi è la forza sul mercato dei quattro grandi complessi che dominano l’offerta di energia alla borsa elettrica di Lipsia. Dal 2002 al 2008 Enbw, E.On, Rwe e Vattenfall hanno guadagnato 100 miliardi di euro. Nello stesso lasso di tempo i prezzi della corrente sono aumentati di oltre il 50%.
Le centrali atomiche garantiscono sempre più forza sul mercato alle imprese del nucleare e assicurano loro guadagni di miliardi. Già oggi le energie rinnovabili agiscono in senso contrario sul mercato, abbassando i prezzi. Grazie all’energia eolica i consumatori risparmiano ogni anno svariati miliardi di euro (il cosiddetto “effetto merit-order”).
Venissero a mancare le attuali enormi agevolazioni per il nucleare (attraverso l’introduzione di una realistica somma di copertura nelle assicurazioni contro terzi delle centrali nucleari, una tassazione dei fondi, o una tassa sul combustibile), la corrente prodotta con l’energia nucleare sarebbe inaccessibile: la compagnia Prognos ag di Basilea ha calcolato già nel 1992 un prezzo realistico di circa 2 euro per chilowattora.

77. Raggiro delle masse
La favola che “senza il nucleare si spengono le luci” la raccontano le imprese energetiche già da più di 30 anni.

«Sole, acqua e vento possono coprire anche a lungo termine non più del 4% del nostro fabbisogno di corrente». È quello che annunciavano i gruppi dell’energia elettrica a metà del 1993 sui giornali a tiratura nazionale. La realtà però è questa: nel 2009 più del 16% della corrente elettrica utilizzata in Germania proviene da energie rinnovabili, nel 2020 potrebbe raggiungere già quasi il 50%. Entro la metà del secolo è possibile che l’approvvigionamento di corrente provenga al 100% da energie rinnovabili.
Questo indipendentemente da quanto raccontano i complessi industriali, che combattono per posticipare la chiusura delle loro centrali nucleari, e ancora oggi ci raccontano la favola del black out lungo giorni. Chi ci crede ancora?

84. Munizioni all’uranio
Le scorie dell’arricchimento dell’uranio diventano munizioni radioattive.

Molti eserciti, tra cui quello degli Usa, utilizzano munizioni ottenute dall’uranio impoverito. In caso di urto queste si polverizzano, esplodono e contaminano l’ambiente. Le particelle radioattive causano gravi danni alla salute di soldati e civili. I militari sfruttano la grande forza di penetrazione di questo materiale estremamente denso, mentre l’industria del nucleare approfitta di uno “smaltimento” a basso costo delle proprie scorie radioattive.
In Italia si sono potute verificare le conseguenze sanitarie della diffusione dell’uranio impoverito sui militari che hanno partecipato a varie missioni all’estero, soprattutto nei paesi dell’ex Jugoslavia. Infatti, hanno definito «Sindrome dei Balcani» la malattia che ha colpito diversi giovani militari italiani di cui non pochi sono deceduti. Si è sempre sospettato che la causa delle malattie mortali potesse essere collegata al famigerato depleted uranium, l’uranio impoverito. Durante la guerra del Kosovo furono lanciati, come ha ammesso il Pentagono, ben 11 mila proiettili a uranio impoverito. Venivano scagliati contro i mezzi blindati per perforarli, grazie all’enorme forza d’impatto dell’uranio impoverito.
La commissione presieduta dal professor Mandelli arrivò alla conclusione che il numero dei decessi era nella media nazionale. Tuttavia la lista delle malattie mortali e dei militari deceduti nell’ultimo decennio si è allungata in misura allarmante. «Effettivamente – afferma Falco Accame, che fu presidente della commissione Difesa – far risalire con certezza la morte all’uranio impoverito è impossibile. Ma nemmeno abbiamo la certezza contraria, che cioè l’uranio impoverito sia innocente, estraneo alla tragica fine di tanti giovani».
In Bosnia e Kosovo sono morti 28 militari italiani, e oltre 150 sono stati colpiti da neoplasie maligne. Non hanno perso la vita in operazioni belliche, sono deceduti perché colpiti da malattie inguaribili durante la loro missione nei territori della ex Jugoslavia. Il dato impressionante è contenuto nelle relazioni annuali che il ministero della Difesa ha trasmesso al Parlamento.
Con sentenza pronunciata in data 19 dicembre 2008, il Tribunale di Firenze, accogliendo la domanda di parte attrice, ha affermato la responsabilità del Ministero della Difesa per patologie contratte da militare in servizio in conseguenza di esposizione all’uranio impoverito. Nel caso in questione il militare aveva partecipato alla missione Ibis in Somalia.

90. Modello obsoleto
L’energia nucleare ormai è un modello vecchio in tutto il mondo.

18 dei 46 Stati europei utilizzano l’energia nucleare. Solo in due di questi si stanno effettivamente costruendo nuovi reattori. All’interno dei 27 Stati dell’Ue la percentuale di reattori, come anche la percentuale di energia nucleare impiegata nella produzione di corrente, sta diminuendo.
Negli ultimi dieci anni, in tutto il mondo sono stati allacciati alla rete 35 reattori, per una potenza totale di 26 Gigawatt. Dei 438 reattori esistenti, 348 (per una potenza totale di 293 Gigawatt) hanno più di 20 anni. Anche solo per sostituire queste centrali nucleari bisognerebbe allacciare alla rete un nuovo reattore ogni 18,5 giorni, da oggi fino al 2030. Siamo chiaramente molto lontani da questo obiettivo.

93. Chernobyl e Fukushima
L’incidente al reattore nucleare di Chernobyl ha distrutto la vita a centinaia di migliaia di persone. Sul recente incidente di Fukushima non abbiamo ancora dati certi, ma possiamo immaginare quante migliaia di persone ne subiranno gli effetti per un lungo periodo.

Dopo il Super-Gau (il massimo incidente ipotizzabile in una centrale nucleare) di Chernobyl, in Ucraina, circa 800.000 “liquidatori” sono stati trasferiti in Unione Sovietica per prestare soccorso e aiutare nei lavori di sgombero. Oltre il 90% di queste persone è oggi invalido. Vent’anni dopo la catastrofe nucleare 17.000 famiglie ucraine ricevono finanziamenti statali perché il padre è morto prestando servizio come “liquidatore”.
Il tasso di tumori in Bielorussia è aumentato del 40% tra il 1990 e il 2000, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità prevede che nella regione di Homel più di 500.000 bambini verranno colpiti da un cancro alla tiroide nel corso della loro vita. Dopo l’incidente, gli aborti spontanei, i parti prematuri e i parti con feto morto sono aumentati drasticamente. 350.000 persone che abitavano nei pressi del reattore hanno dovuto lasciare per sempre la loro terra.
Anche 1.000 km più lontano, in Baviera, si sono riscontrati fino a 3.000 casi di malformazioni dovute alle radiazioni. L’aumento della mortalità neonatale dopo Chernobyl ha mietuto all’incirca 5.000 vittime nei paesi europei.
È un dato ormai consolidato quello che paragona l’incidente della centrale di Fukushima in Giappone a quello di Chernobyl in Ucraina. La catastrofe nucleare giapponese è classificata di livello 7 secondo la International Nuclear Event Scale (Ines). 7 è il livello massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto in precedenza, appunto, solo durante l’incidente a Chernobyl del 1986.
Ciò che lasciamo alle generazioni future non può essere valutato a prescindere dai danni genetici e dalle altre conseguenze di incidenti di questo tipo. Di sicuro però le catastrofi del 1986 come quella del 2011 non sono ancora finite.

ElektrizitätsWerken Schönau (EWS)