rivista anarchica
anno 40 n. 356
ottobre 2010


storia

Contro il fascismo (e l’egemonia)
di Andrea Staid

L’esperienza degli Arditi del Popolo contro la montante marea fascista alla luce dell’atteggiamento dei marxisti. E dell’attualità.

 

Perchè parlare di arditi del popolo oggi? Per diversi motivi, sono convinto che purtroppo la storia la scrivono i vincitori, ma non si può spiegare così l’oblio che l’arditismo popolare ha incontrato dalla sua morte ai giorni nostri.
Sorti su iniziativa di Argo Secondari nell’estate del 1921 con l’intento di difendere le masse lavoratrici dalle azioni squadristiche dei fascisti, gli Arditi del popolo si diffondono rapidamente su quasi tutto il territorio nazionale.
Vi aderiscono migliaia di giovani e di lavoratori di varia tendenza politica, che vedono nel movimento un efficace strumento di opposizione alla violenza delle camicie nere.
Furono uno dei fenomeni più interessanti e di breve durata del primo antifascismo.
È importante parlarne per diversi motivi, sicuramente perché sono caduti nell’oblio della storiografia istituzionale e solamente da pochi anni si sono sviluppati studi su questo fenomeno: quindi per non dimenticare. Ma non basta.
Questo articolo nasce dalla volontà di capire cosa possiamo trarre come insegnamento da un evento storico, un movimento come quello degli Arditi del popolo che ha operato quasi un secolo fa, per capire cosa ci può “servire” dell’esperienza degli arditi del popolo per le nostre lotte quotidiane nel 2010.
Prima di tutto apro una piccola parentesi storica su quello che fu la posizione degli anarchici nei confronti degli Arditi del popolo e la differente posizione del partito comunista.
Gli Anarchici decisero di appoggiare gli Arditi del popolo sia a livello teorico sia prendendovi parte attiva, pur mantenendo la propria specificità. Non si riscontrarono pretese di monopolizzare tale movimento, come invece, erano emerse tra i comunisti. Al contrario, fu la reciproca autonomia, pur nella lotta contingente comune, a rimanere un punto fermo.
Le decisioni che un anno prima erano state prese al congresso di Bologna, nel luglio 1920, affidavano ai militanti anarchici all’interno degli organismi unitari delle precise indicazioni:

i gruppi anarchici, che sono rivoluzionari, devono fiancheggiare, facilitare, sussidiare con i propri mezzi l’opera degli specialisti gruppi d’azione; svolgere una propaganda che crei intorno a questi l’atmosfera più favorevole possibile; criticarne qualche errore eventuale in modo di non screditarne o ostacolarne l’attività in generale, svolgere la propria attività di partito, di critica e di polemica, in modo da evitare risentimenti, collere fra le varie fazioni operaie, ma orientarle tutte contro la borghesia e lo stato;essere a disposizione dei gruppi d’azione per aiutarli ogni volta che ve ne fosse necessità. A lotta iniziata, i gruppi anarchici parteciperanno all’azione perché questa azione si svolga quanto più rivoluzionariamente e liberamente è possibile, in modo di espropriare al più presto i capitalisti ed esautorare ogni governo; vecchio o nuovo che sia.
Secondo gli anarchici le condizioni materiali e morali dell’esistente vanno rovesciate tramite l’azione rivoluzionaria delle minoranze coscienti; compito degli anarchici è prendere parte a questa azione e in un secondo momento, cercare di impedire che si ricostituiscano forme di autorità e nuovi governi, per lasciare corso alla libera evoluzione della società, senza imposizioni di volontà particolari. Malatesta scrive:
Se è ammesso il principio che l’anarchia non si fa per forza, senza la volontà cosciente delle masse, la rivoluzione non può essere fatta per attuare direttamente ed immediatamente l’anarchia, ma piuttosto per creare le condizioni che rendano possibile una rapida evoluzione verso l’anarchia.
Dato che la rivoluzione non può essere immediatamente anarchica, perché le “grandi masse” non sono anarchiche, il compito degli anarchici sarà dunque:
cercare quello che di meglio si potrebbe fare in favore della causa anarchica in un rivolgimento sociale quale può avvenire nella realtà presente.
1920 – Anarchici e Arditi del Popolo

Il boicottaggio del Partito Comunista

Con gli arditi del popolo gli anarchici avrebbero potuto iniziare il cammino che, partendo dalla sconfitta del fascismo, sarebbe poi potuto andare oltre, intraprendendo la strada della rivoluzione sociale senza egemonia politica e nel rispetto delle differenze.
Il partito comunista al contrario, sicuro dei suoi scopi e sostenuto da una fiduciosa visione dell’evolversi della storia, non concepì la rivoluzione se non come comunista e come instaurazione della dittatura del proletariato. Boicottò quindi l’azione degli arditi del popolo, deciso a non scendere a compromessi con le forze non perfettamente allineate al suo pensiero e alle sue direttive.
Argo Secondari, considerato il fondatore
degli Arditi del Popolo

La difesa proletaria per i vertici del neonato partito comunista doveva realizzarsi esclusivamente all’interno di strutture controllate direttamente dal partito, e gli Arditi del popolo – definiti infondatamente «avventurieri» e «nittiani» dovevano considerarsi alla stregua di potenziali avversari.
Il 14 luglio del 1921, un comunicato dell’esecutivo del partito avvertiva i militanti, in sostanza, di non lasciarsi trasportare dalla foga della lotta antifascista, partecipando a iniziative esterne al partito comunista italiano; piuttosto li invitava a pazientare in attesa che venissero emanate disposizioni ufficiali circa l’inquadramento in gruppi comunisti.

L’inquadramento militare rivoluzionario del proletariato deve essere a base di partito, strettamente collegato alla rete degli organi politici di partito; e quindi i comunisti non possono né devono partecipare ad iniziative di tal natura provenienti da altri partiti o comunque sorte al di fuori del loro partito. La preparazione e l’azione militare esigono una disciplina almeno pari a quella politica del Partito Comunista. Non si può obbedire a due distinte discipline.
Il 7 agosto un ulteriore comunicato dell’Esecutivo nazionale troncava ogni residuo dubbio circa i rapporti con l’arditismo popolare, invitando i comunisti che ancora si trovavano nelle fila degli Arditi del popolo ad uscirne immediatamente, per inquadrarsi solo nelle squadre comuniste. Il comunicato, reso necessario dalla disattenzione delle precedenti disposizioni, iniziava con un fermo richiamo alla disciplina di partito, rivolto a tutti i militanti che avevano partecipato, o addirittura organizzato, formazioni estranee al partito con esplicito richiamo agli Arditi del popolo.
Nonostante le chiare e precise disposizioni diramate per la formazione dell’inquadramento comunista, che non rappresentano un’improvvisazione sportiva, ma corrispondono ad un lavoro iniziato da molti mesi, specie nelle file della gioventù comunista, parecchi compagni e alcune organizzazioni del partito, insistono nel proporre e nell’attuare talvolta la partecipazione dei comunisti adulti e giovani ad altre formazioni di iniziativa estranea al nostro partito, come gli Arditi del Popolo; o addirittura, anziché porsi al lavoro nel senso indicato dagli organismi centrali prendo-no l’iniziativa di costituire gruppi locali di Arditi del popolo. Si richiamano questi compagni alla disciplina [...].
L’inquadramento militare proletario essendo l’estrema e più delicata forma d’organizzazione della lotta di classe, deve realizzare il massimo della disciplina e deve essere a base di partito. La sua organizzazione deve strettamente dipendere da quella politica del partito di classe. Invece l’organizzazione degli Arditi del popolo comporta la dipendenza da comandi, la cui costituzione non è bene accertata, e la cui centrale nazionale, esistente malgrado non sia ancora agevole individuarne l’origine, in un suo comunicato assumeva di essere al di sopra dei partiti politici e a disinteressarsi dell’inquadramento tecnico militare del popolo lavoratore, il cui controllo e dirigenza resterebbe così affidato ai poteri indefinibili e sottratto all’influenza del nostro partito. Il partito comunista è quello che per definizione si propone di inquadrare e dirigere l’azione rivoluzionaria delle masse; di qui un’evidente e stridente incompatibilità.

Queste citazioni prese da i documenti storici per l’inquadramento del partito comunista ci fanno capire bene cosa vuol dire una politica egemonica, che non rispetta le differenze e non crede nella possibilità di una lotta unitaria di gruppi che agiscono per affinità.

L’anarchico Errico Malatesta
insieme con alcuni Arditi del Popolo

Arditi del popolo oggi?

Stiamo parlando di un fenomeno storico sicuramente interessante e particolare si possono trarre insegnamenti utili per il presente da questi due anni di lotta degli arditi del popolo, ma è inutile pensare di “copiare” tale e quale il loro operato nel 2010.
Nascono e muoiono in un periodo estremamente diverso dal nostro e non possiamo fare finta di niente nella nostra analisi su questo fenomeno.
Riproporre una organizzazione pensata e attuata quasi cento anni fa non ha senso dobbiamo pensare a qualcosa che oggi con il nostro “bagaglio culturale” possa contrastare i “fascismi” di qualsiasi colore essi siano. Quindi studiare gli arditi da un punto di vista storiografico, contro il revisionismo imperante è fondamentale ma possiamo anche fare un passo in più, studiando la loro storia possiamo imparare qualcosa per la nostra lotta quotidiana.
Detto questo, è interessante analizzare il problema dell’egemonia e dell’autoritarismo all’interno di questo movimento, che come ho dimostrato e documentato nel mio studio “Arditi del popolo, la prima lotta armata al fascismo” la morte di questo movimento è legata anche a un problema di repressione interna dovuta a una forte egemonia politica come quella del partito comunista che non lasciava spazio di azione ai suoi militanti.
L’egemonia descrive il processo attraverso cui diverse fazioni lottano tra loro per importanza di identità e potere politico. Per usare le parole di Gramsci,

“un gruppo sociale che aspira all’egemonia cerca di dominare i gruppi antagonisti, tendendo a liquidarli o soggiogarli anche con la forza delle armi, oltre che guidare i gruppi affini o alleati”.

E qui nasce uno dei problemi fondamentali per noi libertari, quello che vogliamo è proprio la distruzione del dominio nelle nostre vite; ben sappiamo che il fine non giustifica i mezzi, quindi non possiamo pensare, teorizzare e vivere la lotta per una società migliore con in seno la serpe della società del dominio e dell’autorità. L’egemonia è una lotta contemporaneamente coercitiva e consensuale per la supremazia, che i vari marxismi hanno attuato in tutte le lotte del XIX, XX e XXI secolo. In tempi di crisi afferma Gramsci,

“se un gruppo cerca l’egemonia deve impegnarsi a dominare o liquidare i gruppi antagonisti con il ricorso alla forza delle armi se necessario”.
Quindi ci interessa parlare di Arditi del popolo oggi perché possiamo capire attraverso la loro esperienza come i partiti con il loro autoritarismo e settarismo portano oggi come ieri alla morte dei movimenti autogestionari che credono nell’azione diretta.
Perché possiamo capire come ci si deve opporre a qualsiasi egemonia politica e che solo nella differenza attraverso l’affinità si possono sviluppare lotte vincenti.

Andrea Staid

La copertina del volume di Andrea Staid
dedicato agli Arditi del Popolo.

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