rivista anarchica
anno 35 n. 313
dicembre 2005 - gennaio 2006


 

Noi lesbiche zapatiste

Marcos più di una volta ha ricordato le lesbiche e i gay chiamando per nome gli oppressi nei suoi scritti politico-poetici. Con la VI Dichiarazione della Selva Lacandona gli zapatisti ci invitano a parlare con loro di quanto ci sta a cuore e ci invitano a trovare le parole per nuove narrazioni del mondo, che siano nostre. Le lesbiche zapatiste del Messico hanno risposto all’appello e questo documento che è parte di questa risposta. Altro ancora verrà detto, altre voci si stanno alzando, alcune per la prima volta, ma con la consapevolezza e il desiderio che un ascolto autentico sia possibile.
In Italia sta nascendo un gruppo di sostegno alle lesbiche zapatiste, che intende estendere all’interno della comunità GLBT (Gay Lesbiche Bisessuali Transessuali) la discussione iniziata con la lettura della VI Dichiarazione della Selva Lacandona. Il primo passo è stato fatto e aspettiamo consigli e contatti (scriveteci a: poetan@tiscali.it).

Nadia Agustoni
Germana Gemignani


Fratelli e sorelle del movimento zapatista e delle organizzazioni qui presenti: Lunas è un’organizzazione nata 3 anni fa come gruppo di riflessione lesbica e che, col tempo si converte in un gruppo di azione femminista sessual-politica. Nel 1994 la maggior parte di noi erano ancora delle adolescenti, ma abbiamo appreso da voi l’esempio della lotta possibile e vittoriosa per la dignità. E così, quando abbiamo cominciato a lavorare per le nostre rivendicazioni, lo abbiamo fatto per la visibilità e coscienza lesbica. Ed è da questo punto di partenza che noi oggi veniamo a aderire alla VI dichiarazione della Selva Lacandona ed a offrire la nostra partecipazione per la creazione di questo altro mondo che è già un dato di fatto.
Vogliamo cominciare col dirvi che cosa implica essere lesbica: significa, nascendo di sesso femminile, essere nel mezzo di una guerra in cui il territorio disputato è il nostro corpo.
Da una parte si incontrano i mercenari del sesso che ci chiamano “mujeres” (donne, mogli) e sembra proprio che così chiamino il loro nemico, perché ci bombardano con costanza. Ci convertono in merci di scambio e vendono le nostre anime in annunci alla Tv, riviste e media in generale, ci attribuiscono un valore commerciale e ci costringono in tutti quegli spazi dove la donna è convertita in “attrazione”. Ci rincretiniscono da bambine facendoci credere imperfette, per convertirci in consumatrici di bei vestiti ed accessori, e persino di corpi torturati dalla chirurgia estetica, per conformarci al modello desiderato, in quello che la norma stabilisce come “accettabile”. E oggi, oltre a doverci conquistare la vita come operaie con salari da insulto o come schiave del gran capo neoliberale, la guerra è diventata più dura.
Con sempre maggior frequenza, stanno prendendo i nostri corpi e le nostre vite sia per divertirsi, sia per costringerci a botte ai lavori domestici, sia per vendere i video dei massacri e delle torture che subiamo o per esibire parti del nostro corpo come trofei da portare sul collo. Questo avviene negli stati di Mexico, Ciudad Juarez, Morelos e Leon, solo per citare alcuni territori: siamo assassinate qui in Messico, ma lo stesso sta accadendo nel resto del mondo.
Dall’altra parte c’è la guerra cosiddetta di “bassa intensità”, dove ci uccidono a poco a poco, quotidianamente. Dalla nascita ci impongono il ruolo di mogli e con questo pretendono affermare che siamo soggette a questa rigida costruzione culturale dove è già prima stabilito che cosa ci è permesso e che cosa non ci è permesso fare. Dove è già stabilito chi domina e chi è dominata. Ci dicono con chi ci è permesso avere relazioni sessuali o amorose. Persino anche chi deve stare sopra e chi sotto nell’atto sessuale, e c’è persino chi pretende imporci l’atto sessuale soltanto finalizzato alla riproduzione. Concetti che non hanno nessun fondamento.
Le cose si complicano quando oltre ad essere donne siamo lesbiche, perché l’ordine stabilito punisce quelle di noi che tentano di violarlo e quelle che vivono in altro modo. Ma tutto ciò non è abbastanza: occorre che le lesbiche fuggano dall’ordine imposto perché non siamo né il territorio né il trofeo da conquistare, né il prodotto da consumare, né un corpo per il loro piacere, né la vittima, né la nemica sottomessa che dorme nel loro stesso letto, né l’incubatrice con le gambe nella quale pretendono convertirci. Rivendichiamo il diritto al piacere, rivendichiamo il diritto di decidere con chi fare sesso affettivo, il diritto di decidere del nostro corpo, se vogliamo o meno la maternità; e che fare con le nostre vite e gli affetti e rivendichiamo, sempre, che tutti gli atti sessuali siano un accordo informato e cosciente tra chi li fa. Nel corso di questa campagna elettorale ci hanno perseguitate , prese in giro, maltrattate, imprigionate ed uccise. C’è una chiara ragione in questo: la lesbofobia è un odio che ha origine nella paura che provano i potenti.
Con la nostra pratica amorosa e politica noi mettiamo in crisi l’ordine esistente, pieghiamo il potere che sottomette le relazioni tra gli esseri umani. Mettiamo esplicitamente in discussione gli assunti tradizionali dell’uomo e della donna e condanniamo la terribile oppressione della sessualità e la violenza tra i generi sessuali. Implicitamente, noi ci opponiamo a tutte le altre forme possibili di oppressione, che siano di classe, etniche, economiche, religiose, nazionali, politiche, culturali, linguistiche o di qualsiasi altro tipo. E pertanto notiamo che una vittoriosa strategia di chi detiene il potere ha impedito, sino ad ora, l’alleanza tra uomini e donne, convertendoli in contendenti/nemici per mezzo di costrizioni fisiche, culturali, ideologiche e psicologiche.
Allo stesso modo, il potere ha impedito alleanze nel mondo dell’eterosessualità che impone obbligatoriamente tutte le forme di dissidenza sessuale nei nostri confronti. Queste divisioni distraggono la nostra attenzione rispetto a chi oggi si sta appropriando del mondo e lo sta sfruttando per i propri interessi, sottomettendoci.
È per questo che siamo qui a ricordarvi che l’oppressione sessuale è una forma di oppressione politica. Che è un fronte di lotta irrinunciabile, come la lotta contro il razzismo o l’oppressione economica. Che nonostante la storica partecipazione attiva delle lesbiche, per esempio, a numerosi movimenti sociali, e nel divenire politico in generale, sono state dimenticate/messe da parte le nostre rivendicazioni e noi continuiamo ad essere senza volto, senza voce, continuiamo ad essere oggetto di persecuzione. Vogliamo inoltre affermare, forte e chiaro, che per parlare di un progetto di mondo opposto al neoliberismo, per poter dire che esiste un progetto della sinistra, per una società alternativa nazionale e mondiale, questo progetto deve concretamente comprendere l’inclusione e la visibilità di tutte le forme di dissidenza sessuale.
Inoltre bisogna dire che è ormai improcrastinabile la revisione totale di ciò che oggi la cultura stabilisce essere “uomo” ed essere “donna”, per conquistare il libero esercizio della dignità umana libera dalla violenza e dall’imposizione.
In definitiva, finiamola di opprimerci, gli uni contro le altre, gli altri contro le stesse. La lotta congiunta è un’opzione importante e Lunas, come gruppo d’azione politico di lesbiche femministe, sta qui per dire: mai più la sinistra, né il mondo, senza di noi.

lunasdec@yahoo.com.mx
in collaborazione con Lesbianas Feministas Re-evolucionarias
(traduzione dal castigliano di Germana Gemignani)

 

 

Monumento all’anarchico Sbardellotto

“Per essere liberi...”. Così domenica 16 ottobre, a Mel (Belluno), un nutrito gruppo di persone ha ricordato Angelo Pellegrino Sbardellotto, il giovane anarchico fucilato dai fascisti a Roma nel 1932, per aver confessato l’intenzione di uccidere Mussolini. Aveva 25 anni. Al secondino che gli era accanto nelle ultime ore di vita, confessò di aver avuto la possibilità di colpire il dittatore ma che rinunciò perché c’era il rischio di coinvolgere nell’attentato anche degli innocenti. E proprio su questo dettaglio, specchio della personalità del giovane emigrante, domenica si sono soffermati lo storico ed editore Giuseppe Galzerano e il sindaco di Mel Ruggero Dalle Sasse, che hanno preso la parola dopo Gianantonio Gallina del circolo anarchico di Belluno nonché cantante dei Fiori del popolo, che alla figura di Sbardellotto ha dedicato una canzone.
Il corteo si è mosso dal grazioso centro storico di Mel, dov’era allestito un banchetto di divulgazione con libri e altri materiali, per raggiungere il vicino parco della Giazzera, dove è stata collocata la stele, realizzata da Cristiano Olivotto.
La breve cerimonia al parco è stata aperta da Gianantonio Gallina, che ha tratteggiato la figura di Angelo Pellegrino Sbardellotto insistendo sull’amore per la libertà e sulla scelta di mettersi in gioco fino in fondo contro la barbarie della violenza fascista e contro l’ingiustizia.

Mel (Belluno) - Il cippo realizzato da Cristiano Olivotto

Gallina ha ricordato le solide tradizioni socialiste, ma anche anarchiche e comuniste, di quest’area del Bellunese che comprende il capoluogo e i dintorni, una terra di montagna che fu uno dei principali teatri della resistenza ai nazifascisti in Italia. Così il giovane oratore ha voluto inserire la vicenda tragica e straordinaria di Sbardellotto in questo filone dell’antifascismo che ha radici in una tensione alla libertà e alla giustizia diffusasi fin dall’800 con la crescita del movimento operaio nelle sue varie anime.
In proposito varrà la pena ricordare che ben prima della diffusa attività partigiana in Valbelluna, la zona era caratterizzata da una significativa presenza antifascista. Lo stesso capo della polizia del regime valuta, dopo un decennio di lunga e spietata repressione, che nel 1939 tra i pochissimi canali di comunicazione anarchica con l’estero sopravvissuti vi fosse quello dalla provincia di Belluno con Ginevra (accanto a quelli da Firenze e dal Valdarno con Marsiglia; dalla provincia di Livorno con New York e con la Francia; da Roma con Parigi). Nella vicina Carnia (Udine) gli anarchici contribuirono alla istituzione della Repubblica partigiana (www.carnialibera1944.it/) e tra le varie azioni cui parteciparono vi fu l’assalto alla caserma tedesca di Sappada.
Interessante, per un inquadramento storico, anche rammentare che il municipio socialista di Belluno e la locale Camera del lavoro furono tra i principali obiettivi dei fascisti e delle loro spedizioni punitive nel 1921. Significativo anche il dato degli iscritti alla federazione socialista di Belluno risultanti dalle relazioni del congresso di Firenze del PSIUP (aprile 1946): con 19 mila tesserati risultava la quinta d’Italia (la principale era Milano con 53 mila iscritti).

Un'immagine di Angelo Sbardellotto

A questa storia si è dunque voluto richiamare Gallina nell’evidenziare la portata del gesto di questo giovane emigrante che tornò clandestinamente dal Belgio in Italia più volte per tentare di uccidere il despota sanguinario Benito Mussolini.
Anche Giuseppe Galzerano, autore di un libro sulla vicenda di Sbardellotto (Angelo Sbardellotto. Vita, processo e morte dell’emigrante anarchico fucilato per l’“intenzione” di uccidere Mussolini, Galzerano Editore, 2003, pag. 528-XXXII, € 25,00), ha voluto richiamarsi all’anelito di libertà respirato dall’anarchico negli anni della sua formazione. Una formazione che si completò all’estero, dalla Francia al Belgio, nell’incontro con numerosi compagni antifascisti.
Tanto che, come ha ricordato Gallina, Sbardellotto si doterà di un rimarchevole bagaglio teorico, come traspare dai suoi pochi scritti di cui si ha disponibilità.
Nel suo breve saluto il sindaco di Mel, tra l’altro, ha difeso la collocazione della stele in un parco anziché nel centro storico sostenendo che quel luogo sarà sempre più un punto d’incontro con la storia locale.
Galzerano ha rievocato la vicenda di Angelo Sbardellotto e in particolare le fasi dell’arresto, del processo sommario e dell’esecuzione nei loro diversi risvolti. Lo storico salernitano ha pure sollecitato l’amministrazione comunale di Mel – dove il centrosinistra ora è passato all’opposizione – a dedicare all’anarchico anche una via o una piazza del paese, come ha già deciso di fare il Comune di Belluno.
Alla scopertura della stele ha partecipato anche l’ex sindaco socialista di Mel Emilio Isotton, ora consigliere provinciale dello SDI.
Tra i presenti alla manifestazione di Mel c’era anche Piero Marchese, uno dei cinque consiglieri comunali di Rifondazione Comunista a Belluno, promotore della proposta, già accolta, di intitolare a Sbardellotto una piazza del capoluogo provinciale. Ora è in corso un confronto all’interno della maggioranza comunale (un centrosinistra composto da Alleanza di progresso, Margherita e Rifondazione) per stabilire quale sarà il luogo dedicato all’anarchico di Mel: probabilmente si tratterà di una nuova piazzetta nella frazioncina collinare di Mares, alle porte della città.

Zenone Sovilla
Liberamente ripreso dal sito di Nonluoghi alla pagina www.nonluoghi.info/nonluoghi-new/modules/news/article.php?storyid=262.

Mel (Belluno), 16 ottobre 2005 - Da sinistra: Cristiano Olivotto, lo storico Giuseppe Galzerano che stringe la mano all'assessore
Emilio Isotton. Tra i due, il sindaco Ruggero Dalle Sasse