rivista anarchica
anno 34 n. 296
febbraio 2004


 

Sensazioni viaggianti nello spazio e nel tempo

Una piccola raccolta di poesie: Poesia di corpi e di parole, edizioni Gazebo, 2003, ci offre ancora il pensiero di Nadia Agustoni, le sue sensazioni, viaggianti più di prima nello spazio e nel tempo.
poesie di corpi e di parole, perché il corpo degli umani in questo mondo è tutt’uno col pensiero, con le parole dette con coraggio, le sfide della mente avida di giustizia, di verità. Genova l’ha ribadito su tutti gli schermi, ancora e ancora una volta.
Così il lungo componimento che porta il nome del libro è un elenco di persone scomparse ma che hanno lasciato un segno nella storia, volontariamente, con le loro idee pagate care, o involontariamente, come vittime di un destino che prima o poi comunque deve essere compreso, interpretato dalla politica, e che deve essere cambiato.
“(...).
Erano sei o sette righe su un giornale
sei o sette righe, son sicura
ma forse erano cinque,
per dire che era morta
in un buco di paese in Turchia
uccisa dai fondamentalisti islamici
perché era femminista, scrittrice
e probabilmente pensava pensieri veri.
In aggiunta a mo’ di non so cosa
o a sostituire la pietà: “era moderata, portava il velo”,
ma l’hanno rapita, torturata e annegata ugualmente.
Che cosa c’è da capire?
(...).”

Capire: con questo contare le righe sul giornale Nadia ci dice che è inutile perdersi nel racconto degli sciatti cronisti globali: il fatto è che la violenza arriva su coloro che più disvelano la loro realtà non asservita, o su coloro che mettono in pericolo l’invenzione della realtà ad uso e consumo dei più forti. e quando la violenza arriva, è chi la infligge, e che non ti guarda in faccia, che decide, al di là di ogni regola e giustificazione.
La violenza ragionata e opportunista, Nadia ce la racconta anche nel suo viaggio tra le notizie di ogni giorno, come nella poesia “il naufragio della Exxon Valdez”:
“(...).
Ha posseduto gli oceani il Leviatano
con zanne e cuore polari.
Di ferro la sua storia, come la grande storia,
e di umor nero.
(…).”

È il ferro della “grande” storia che ci ferisce, ci imprigiona, o, poi scarcassato, si rompe in mezzo al mare rigettando il suo umore che tutto avvolge e asfissia.
In “preghiera naturale”, invece, Nadia Agustoni giunge in quel territorio condiviso da tante poetesse e scrittrici, come ad esempio Anna Maria Ortese (vedi il suo Corpo celeste): è lo spazio dell’amore per la natura e per gli alberi. “Gli alberi bisogna salvarli/Non saremo felici senza boschi”, scrive ma è ad altro che arriva, indipendentemente dal nostro godere della presenza degli alberi:
(...).
Ci toccherà piantare alberi
Piantandola con una vita mercenaria
Che ha km di ruote e tangenziali di ricordo
E uomini e donne che ci comprano
Ci spostano sui loro tabulati
Variazioni di mercato, estirpabili
(...).

È questo essere estirpabile che ci accomuna agli alberi, noi e loro, con la nostra naturale spontanea e sempre bella crescita.
E di fronte allo sfruttamento della natura, – gente, e al civilizzato e desolato modello di mondo che vogliono proporci, verrebbe da dire, con Patrizia Cavalli: vieni, foresta!
Nadia ci racconta dell’ex Italsider, di Carlo Giuliani, del suo vedere gli anni ’70 da bambina, di persone che non ha conosciuto ma che sente vicine.
Senza l’estrema vulnerabilità, l’immensità non appare”, cita da Maria Zambrano. Ma queste ferite che ci causa vivere possiamo curarle: la forza di Nadia è quella di riuscire ad analizzare con senso politico e grande umanità la realtà ed i sogni sfuggendo così allo sconforto ed alla confusione che invece spesso fagocitano gli animi ribelli e sensibili ed irriducibili, come quelli di chi scrive poesia.
Da questo mondo di menti colonizzate da cazzate televisive, tra l’infinità di menti e di corpi soggiogati dall’ansia di apparire, persone come Nadia spezzano l’incanto, riprendono ed esorcizzano il tempo, rientrano in possesso delle parole e dei nomi delle cose.
La memoria viene rianimata, gli orizzonti tornano visibili.
È della generazione di donne del post-femminismo che da questo hanno imparato qualcosa. Della schiera delle poetesse che si confrontano col proprio corpo in modo franco cercando di superare il dolore ed il malessere senza prospettive sofferto dalle nostre madri simboliche ma reali (Plath, Sexton, Rosselli e tante altre). Appartiene a questa generazione dalla quale, pur senza un soldo in tasca e lavorando duramente, escono fuori donne coraggiose e nuove che possono dire e fare molto vincendo ogni fatica.

Francesca “Dada” Knorr

Per la Gazebo, collana di poesia e prosa a cura di Mariella Bettarini e Gabriella Maleti, Nadia Agustoni aveva già pubblicato:
– grammatica tempo, 1994
– miss blues e altre poesie, 1995
– icara, o dell’aria, 2000.

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