Rivista Anarchica Online
Il ruolo di Luigi Fabbri
a cura di Giampiero Landi
"Il movimento anarchico agli inizi del secolo presenta un uomo nuovo. (...) È Luigi Fabbri,
questo giovane anarchico marchigiano, di famiglia medio-borghese (il padre era il farmacista di
Fabriano), che dalla sua terra, satura di umori laici e libertari, trae il nutrimento per la sua
formazione. Entrato nel movimento da adolescente, passato attraverso le prigioni e il domicilio
coatto, a venticinque anni (era nato nel 1877) si afferma come la mente più acuta e la voce
politicamente più matura dell'anarchismo italiano. Luigi Fabbri possiede due doti che mancano
ad altri anarchici, anche fra i maggiori: una solida base culturale, formata attraverso studi seri
e via via aggiornata con un attento interesse per le correnti di pensiero del mondo
contemporaneo, e la capacità critica di mettere arditamente in discussione quelle posizioni
teoriche o pratiche dell'anarchismo chi egli ritiene errate o superate. Soprattutto la sua
devozione verso Malatesta non gli impedisce di assumere fin dall'inizio del secolo una linea
autonoma, originale e, in certi casi, antitetica".
Così Pier Carlo Masini apre il XIII e ultimo capitolo, dedicato appunto a "Luigi Fabbri e la
svolta libertaria", della sua Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati (1). Sul fatto
che Fabbri abbia esercitato un ruolo di notevole importanza nello sviluppo e nella
configurazione teorica ed organizzativa del movimento anarchico italiano dei primi decenni del
novecento, esistono da tempo valutazioni concordi nella storiografia. Per lungo tempo però
questo ruolo è stato visto ed identificato pressoché esclusivamente in rapporto a Malatesta, e
l'immagine di Fabbri è venuta assumendo i contorni di miglior discepolo, interprete, e
completatore del pensiero malatestiano. Questa immagine, che è anche quella che lo stesso
Fabbri ha dato più volte di sé, è senz'altro vera, ma diventa riduttiva se viene assunta in
modo
troppo esclusivo, limitandosi a valorizzare nel caso migliore le grandi capacità intellettuali e
politiche, lo spessore culturale, la chiarezza espositiva, ma non tenendo in adeguato conto gli
aspetti di autonomia e di originalità del suo apporto. Il libro di Masini, che occupandosi
del periodo che va dal 1892 al 1905, prende in esame
necessariamente solo gli esordi dell'attività di Fabbri, viene ora a correggere opportunamente, e
con grande autorevolezza, i giudizi più diffusi e accreditati. Va rilevato che in campo
storiografico vi era stato negli anni scorsi almeno un precedente significativo, con l'informata e
illuminante introduzione di Maurizio Antonioli alla riedizione dell'opuscolo di Fabbri
L'organizzazione operaia e l'anarchia (2). Esaminando gli scritti dell'inizio del novecento sul
problema dell'organizzazione anarchica e dell'organizzazione operaia, Antonioli mette in risalto
come Fabbri fosse un deciso assertore della necessità di entrambe, con una certa prevalenza
eventualmente della seconda sulla prima. Fabbri appare ad Antonioli come il più lucido e
preparato teorico del sindacalismo anarchico in Italia, talvolta in marcato dissenso da
Malatesta, che sul valore rivoluzionario dell'organizzazione sindacale manifestò sempre forti
riserve. Fabbri finì però per confluire sulle posizioni di Malatesta verso la fine della prima
decade del secolo, con un allineamento convinto e completo che costituiva una rinuncia ad
esercitare un ruolo più autonomo, e che di conseguenza avrebbe lasciato piuttosto in ombra le
sue notevoli capacità sul piano dell'elaborazione teorica creativa. Gli scritti di Antonioli e
Masini aprono la strada a una valutazione più sfumata e articolata della figura di Fabbri,
rimarcando la necessità di rapportare costantemente, in termini critici, la sua opera
all'influenza malatestiana, che resta centrale per la comprensione della sua esperienza umana e
politica, ma sottraendo contemporaneamente il discepolo a ogni interpretazione che lo
appiattisca nel ruolo di gregario capace ma, tutto sommato, scarsamente originale. L'importanza
e la grandezza di Malatesta come teorico e come agitatore rivoluzionario sono
fuori discussione, ed è parimenti fuori discussione che egli abbia rappresentato e rappresenti la
figura di maggior rilievo espressa dall'anarchismo italiano, dotata di una fortissima personalità
in grado di esercitare un'influenza che non trova riscontro in nessun altro esponente del
movimento, e che travalica gli stessi confini nazionali e linguistici. Ma se l'influenza di
Malatesta è stata assolutamente preminente, essa non ha potuto sempre esercitarsi direttamente.
Va rilevato infatti che per lunghi periodi, prolungatisi anche per decenni, egli dovette restare
forzatamente assente dall'Italia per sottrarsi alle numerose condanne accumulate nel corso della
sua attività rivoluzionaria. È stato notato che i rientri di Malatesta coincisero tutti con periodi di
grande fermento sociale e politico, quando la situazione italiana appariva potenzialmente
matura e prossima a grandi sommovimenti insurrezionali (la crisi di fine secolo, la Settimana
Rossa, il primo dopoguerra). Nei lunghi anni di relativa calma trascorsi tra questi avvenimenti
più o meno rivoluzionari,
l'attività del movimento anarchico si esaurì quasi completamente nell'opera di ricostruzione
continua di un tessuto organizzativo che mostrava una propensione tutta particolare a logorarsi
e a sfaldarsi, nel lavoro di agitazione e di propaganda scritta e orale che sembrava quasi
sempre dare frutti limitati rispetto alla generosità degli sforzi, nello stillicidio quotidiano delle
piccole e grandi persecuzioni delle autorità, nelle polemiche tra compagni che spesso
travalicavano l'ambito delle discussioni necessarie e proficue sulle tendenze e le valutazioni
politiche, per investire con più o meno astio le persone e i comportamenti individuali. Si trattava
di un'attività paziente e spesso frustrante, che costituiva in fondo una forma di eroismo
particolare, quotidiano, certo meno eclatante di quello che si manifestava nelle barricate o in
certi attentati individuali, ma che era forse anche più difficile, perché rappresentava una
faticosa e pericolosa scelta di vita che veniva rinnovata ogni giorno. In assenza di Malatesta (di
cui comunque arrivavano dall'estero, irregolarmente, indicazioni preziose e suggerimenti,
attraverso la stampa e le lettere private), l'attività più qualificata fu portata avanti all'interno da
altri esponenti del movimento, e in particolare da Fabbri. Fu Fabbri a rappresentare
ininterrottamente il necessario elemento di continuità e il punto di riferimento in Italia per la
tendenza comunista anarchica organizzatrice che si ispirava a Malatesta. Fu Fabbri ad
approntare, soprattutto con i giornali da lui fondati e diretti, gli strumenti e i canali mediante i
quali le potenti sintesi malatestiane penetravano in Italia e venivano chiarificate, esplicitate,
amplificate, in definitiva tradotte in linea politica operativa. E, ciò che preme qui soprattutto
ancora una volta sottolineare, questo enorme lavoro fu condotto da Fabbri, oltre che con
dedizione febbrile e notevole capacità, con un senso dell'equilibrio, una originalità e
un'acutezza, che fanno di lui il maggior esponente dell'anarchismo italiano della sua
generazione, e uno degli scrittori più interessanti in assoluto nell'ambito libertario. Un
esame del percorso ideale e politico di Fabbri, per quanto necessariamente condotto in modo
frettoloso, (3) permette di cogliere quanto sia stata profonda e duratura l'impronta da lui
lasciata nel movimento e nel pensiero libertario. Seguendo una ripartizione indicata da Ugo
Fedeli, si può dividere il quarantennio di attività di Fabbri in "almeno quattro grandi periodi"
(4):
Il periodo di formazione e gli anni del "Pensiero"
Fabbri entrò nel movimento anarchico giovanissimo, a soli diciassette anni, dopo aver
attraversato una breve fase repubblicana. Determinante per l'adesione del giovane agli ideali
libertari, fu la propaganda di un individualista di Recanati, Virgilio Condulmari, che lo
indirizzò nei suoi primi passi con letture e discussioni. Dall'individualismo il giovane approdò
ben presto, per evoluzione personale, a concezioni "armoniste" kropotkiniane. A questo punto
nel 1897, quando già si era messo in evidenza come ribelle e aveva sperimentato il carcere,
avvenne un fatto di importanza decisiva nella sua vita: l'incontro con Malatesta, che nascosto
sotto falso nome, dirigeva ad Ancona il periodico L'Agitazione. Si creò immediatamente tra
i
due rivoluzionari un rapporto di amicizia e di collaborazione che sarebbe durato tutta la vita. In
collaborazione con Pietro Gori, nel 1903 Fabbri fondava la rivista Il pensiero, che continuava
ad uscire ininterrottamente fino al 1911, affermandosi ben presto come la più importante
pubblicazione anarchica italiana dell'età giolittiana, "con un taglio ed uno spessore che non la
faceva sfigurare a fronte di altre riviste coeve, come la Critica sociale di Turati, Il
Socialismo di
Ferri, la Rivista popolare di Colajanni, Il Divenire sociale di Leone" (5). Di notevole
livello
politico e culturale, Il Pensiero si avvaleva della collaborazione dei maggiori esponenti
dell'anarchismo internazionale, oltreché dell'apporto di letterati ed artisti di una certa fama non
anarchici, come Giovanni Cena, Rina Faccio (Sibilla Aleramo), Sem Benelli, Filiberto Scarpelli,
il sociologo Roberto Michels, e altri. Sulle pagine della rivista, praticamente diretta dal solo
Fabbri, a causa dei lunghi viaggi all'estero e delle precarie condizioni di salute di Gori, vennero
dibattuti e sviluppati tutti i problemi di maggiore interesse coi quali il movimento libertario si
trovava allora a fare i conti (individualismo, organizzazione, sindacalismo, libero pensiero,
educazionismo, controllo delle nascite, ecc.). La rivista assolse a un compito fondamentale di
chiarificazione e di orientamento, contribuendo potentemente a restituire al pensiero libertario il
posto che gli spettava nella cultura politica del tempo.
Gli anni di "Volontà" e l'agitazione contro la guerra
L'esperienza del Pensiero, si esaurì proprio mentre si apriva nel paese un periodo
agitato e
convulso, caratterizzato da grandi lotte sociali, in parte dirette dai sindacalisti rivoluzionari e
dagli anarchici confluiti nell'Unione Sindacale Italiana. Col rientro di Malatesta in Italia, nel
1913 iniziava ad uscire ad Ancona Volontà, che si proponeva di affiancare criticamente le
agitazioni popolari indirizzandole verso uno sbocco coscientemente rivoluzionario. Il fallimento
dei moti della Settimana Rossa (giugno 1914) che rappresentano il punto più alto di scontro
sociale raggiunto fino a quel momento nella storia dell'Italia unita, e la nuova fuga di Malatesta
attivamente ricercato dalla polizia, imposero a Fabbri l'assunzione in prima persona della
responsabilità del giornale. Nuovi e drammatici problemi si affacciavano. Lo scoppio della
guerra europea provocò nel paese una frattura tra interventisti e neutralisti, che divise lo stesso
campo sovversivo. La grande maggioranza degli anarchici, con Fabbri in prima fila si schierò
decisamente contro la guerra e lottò disperatamente per evitare un coinvolgimento dell'Italia. La
guerra, egualmente dichiarata, comportò la sospensione di Volontà e di quasi tutti gli
altri
organi di stampa libertaria. L'attività antimilitarista rivoluzionaria proseguì tra notevoli
difficoltà, clandestinamente, per tutta la durata del conflitto. A Fabbri si deve, tra l'altro,
uno dei documenti politicamente più rilevanti di questo sforzo anti-bellico: il manifesto La guerra
europea e gli anarchici, apparso a Torino nell'aprile 1916, a firma
"Un gruppo di anarchici", in risposta al noto "Manifesto dei Sedici", pubblicato a Parigi da
esponenti intellettuali di primo piano dell'anarchismo internazionale (Kropotkin, Cornelissen,
Grave, ecc.), che si erano dichiarati favorevoli alla guerra a fianco dell'Intesa. Sempre a Torino,
nell'aprile 1917, apparve "edito a cura del circolo operaio", in realtà scritto da Fabbri, il
numero unico Eppur si muove!, la prima dichiarazione pubblica dell'anarchismo italiano sulla
rivoluzione russa ("finalmente un fascio di luce viva e sfolgorante ha rotto all'improvviso, la fitta
e buia nebbia di dolore e di sangue, di menzogna e di morte, che da ormai tre anni avvolge e
uccide l'umanità").
Il biennio rosso e la lotta contro il fascismo
La guerra aveva avuto l'effetto, tra l'altro, di mettere in movimento enormi masse di uomini, e di
creare grandi aspettative e speranze, alimentate dalle stesse promesse dei governi. Con la fine
del conflitto le agitazioni economiche e politiche, per anni compresse, risposero con enorme
virulenza in ogni paese. Lo scoppio della rivoluzione in Russia aveva acceso d'entusiasmo il
proletariato d'occidente e anche in Italia la parola d'ordine divenne "fare come in Russia". In
realtà gli avvenimenti russi riproponevano in termini di drammatica attualità il problema
tipicamente anarchico della difesa della libertà nella rivoluzione. Nel movimento anarchico,
contagiato anch'esso inizialmente dall'entusiasmo per la rivoluzione vittoriosa, subentrarono
ben presto le cautele e i distinguo nei confronti del nuovo potere dittatoriale, e infine, quando
arrivarono notizie attendibili sulle persecuzioni cui erano oggetto in Russia i rivoluzionari non
bolscevichi, si giunse all'aperta condanna. Ancora una volta fu Fabbri a distinguersi
particolarmente nell'opera di necessaria chiarificazione del concetto anarchico di rivoluzione e
nella polemica coi bolscevichi russi e con i loro epigoni italiani confluiti nei Partito comunista
(6). Destreggiandosi con abilità nella delicata situazione del momento, sorretto dal suo
grande
equilibrio, Fabbri rimise la discussione sui suoi binari storici, cioè sulle sostanziali differenze
fra anarchismo e bolscevismo, e fissò i termini della "querelle" tra le due correnti
"discriminando il moto rivoluzionario russo dall'apparato statale sovietico e attaccando i
comunisti, senza tuttavia nulla concedere all'anticomunismo preconcetto dell'opinione pubblica
borghese" (7). Questa battaglia, condotta principalmente sulle colonne della rinata Volontà
e di
Umanità Nova quotidiano, trovò una sistemazione organica nel libro Dittatura e
rivoluzione, (8)
(1921, ma già pronto l'anno precedente), forse l'opera più importante di Fabbri, in assoluto uno
dei testi più significativi della letteratura politica anarchica. Notevole anche la polemica a
distanza condotta da Fabbri con alcuni dei più prestigiosi dirigenti bolscevichi, tra cui
Bucharin, in risposta al quale scrisse l'opuscolo Anarchia e comunismo "scientifico" (9). La
spinta rivoluzionaria delle masse stava intanto rifluendo, lasciando spazio alla reazione fascista.
Fabbri, il cui impegno durante la fase montante rivoluzionaria si era esplicato soprattutto sul
piano dell'organizzazione anarchica, con l'apporto determinante dato alla fondazione e alla vita
dell'Unione Anarchica Italiana, colse rapidamente il pericolo rappresentato dal fascismo
emergente, e ne seppe analizzare con grande acutezza i caratteri fondamentali. Con l'opuscolo
La Controrivoluzione preventiva, (10) (1922), in cui il successo reazionario trovava una
spiegazione alla luce soprattutto delle debolezze strutturali e degli errori soggettivi dello
schieramento proletario, egli sviluppava un'analisi del fenomeno "tuttora valida e riscontrabile,
anche a distanza di quasi cinquant'anni, in sede di storiografia contemporanea" (11). Dalla
collaborazione con Malatesta nasce la rivista Pensiero e Volontà (1924-26), momento di
riflessione e di sintesi di elevato valore intellettuale ed etico.
L'esilio
Nel 1926, con un espatrio clandestino, Fabbri si sottraeva alle persecuzioni del regime fascista e
riprendeva all'estero la lotta divenuta per lui impossibile in patria. Trovato inizialmente rifugio
in Francia, insieme a un gruppo di compagni (T. Gobbi, U. Fedeli, F. Vezzani, C. Berneri)
fondava a Parigi il quindicinale Lotta Umana (1927-29), interrotto per l'espulsione dal paese dei
principali redattori. Dopo una breve sosta in Belgio, si trasferiva in Uruguay, dove riprendeva
l'attività pubblicistica con la rivista Studi Sociali che dirigeva fino alla morte, avvenuta nel
1935. Tre anni prima, "esule in patria", era scomparso Malatesta, la cui perdita aveva toccato
Fabbri
nel profondo. Al vecchio maestro egli dedicava significativamente l'ultima opera di notevole
impegno, Malatesta - L'uomo e il pensiero (12). Si tratta di un'accurata ricostruzione, condotta
con amore e scrupolo filologico, del pensiero del grande rivoluzionario, di cui costituisce in
pratica quella presentazione sistematica che Malatesta, pensatore non sistematico per
eccellenza, aveva sempre rifiutato di fare nonostante le sollecitazioni. Nessuno poteva in effetti
assolvere questo compito meglio di Fabbri, presentato dallo stesso
Malatesta al Congresso Internazionale Anarchico di Amsterdam nel 1907 con queste parole:
"Mon fils".
NOTE (1) Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati, Rizzoli, Milano,
1981, p. 211. (2) Luigi Fabbri, L'organizzazione operaia e l'anarchia, Crescita politica,
Firenze, 1976. (I ed.:
Casa Editrice Libraria "Il Pensiero", 1906). (3) Problemi di spazio impediscono di approfondire in maniera
adeguata questi brevi cenni
biografici. Altre notizie si possono trovare nell'articolo di Camillo Levi (Paolo Finzi), Alla scuola
di Malatesta, apparso nel numero 27, marzo 1974, di questa rivista. (4) Ugo Fedeli, Luigi
Fabbri, con prefazione di Luce Fabbri, Gruppo editoriale anarchico,
Torino, 1948, p. 43. Questo volume, che a tutt'oggi costituisce l'unica monografia di discrete
dimensioni apparsa su Fabbri, rappresenta uno dei lavori meno riusciti dell'autore, e può essere
considerato un classico esempio di infortunio. Il libro si riscatta unicamente per il valore di
testimonianza di alcune pagine, data l'intima amicizia e la fraterna collaborazione stabilitasi per
diversi anni tra i due personaggi. L'autore riporta in appendice una bibliografia dei principali
scritti di Fabbri. Il panorama degli studi storiografici dedicati specificamente alla figura di Fabbri
si presenta estremamente scarno e deludente. Di una certa importanza, e strumenti utili per
ulteriori studi, sono gli Appunti per una vita di Luigi Fabbri, pubblicati dalla figlia Luce a
puntate su "Studi Sociali" (a. X, n.14 (II s.), 29 luglio 1939, e sgg.). Essi arrivano purtroppo solo
al 1905, in quanto furono interrotti con la cessazione della rivista, e la loro pubblicazione non fu
più ripresa. Il silenzio è stato rotto infine in questi ultimi anni da una giovane studiosa di
Fabriano, Nora Lipparoni, con la pubblicazione dell'opuscolo Le origini del fascismo nel
pensiero di Luigi Fabbri (Edizioni del Pensiero Cittadino, Fabriano, 1975), e con il saggio Il
contributo di Luigi Fabbri alla dinamica dell'ideologia libertaria, apparso in "Studi Urbinati di
storia, filosofia e letteratura", a. XLIX, nuova serie B, n. 2, 1975. Alla stessa autrice si deve
anche una tesi di laurea inedita sull'illustre conterraneo. (5) P.C. Masini, op. cit. pp.
215-16. (6) Si veda l'ottima ricostruzione di P.C. Masini, Gli anarchici italiani e la rivoluzione
russa,
"Rivista Storica del Socialismo", a. V, n.15-16, gennaio-agosto 1962. (7) Ibidem, p. 166. (8)
Luigi Fabbri, Dittature e rivoluzione, Antistato, Cesena, 1971. (9) Ora riprodotto in N. Bucharin-L.
Fabbri, Anarchia e comunismo scientifico, Altamurgia
editore, Ivrea, 1973. (10) L. Fabbri, La Controrivoluzione preventiva (riflessioni sul fascismo),
Collana Vallera,
Pistoia, 1975. (11) N. Lipparoni, Le origini del fascismo... Cit., p. 9. (12) Questo libro, apparso
originariamente in spagnolo nella traduzione di D. A. De Santillan, col
titolo Vida y pensamiento de Malatesta, (Editorial Tierra y Libertad, Barcellona) purtroppo non
è
mai stato pubblicato interamente in lingua originale. Sia la prima edizione italiana (R.L. Napoli,
1951) che la seconda (Anarchismo, Catania, 1978), che ne è semplicemente il reprint, omettono
la parte più propriamente biografica. Nel 1982 cadrà il cinquantenario della morte di Malatesta, e
già si annunciano convegni e iniziative varie per commemorarlo. Tra le case editrici vicine al
movimento anarchico ci sarà chi prenderà l'iniziativa di pubblicare in edizione integrale quella
che rimane a tutt'oggi l'opera più importante scritta sulla sua figura?
|