Rivista Anarchica Online
LETTURE
a cura della Redazione
Pier Carlo Masini- Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli
attentati
Con l'uscita del secondo volume (Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati,
Rizzoli,
Milano 1981, pagg. 297, lire 20.000) a ben dodici anni di distanza dal primo (uscito
all'indomani della rivolta sessantottesca è rimasto per mesi ai vertici delle classifiche di
vendita), Pier Carlo Masini è arrivato al 1905 nella sua ricostruzione della storia
dell'anarchismo italiano a partire dal 1864. Mentre il primo volume copre quasi un trentennio,
fermandosi al '92 quando si consuma la scissione formale e definitiva tra il nascente socialismo
partitico ed il movimento libertario, questo si riferisce a poco più di un decennio: un decennio
particolarmente difficile per lo storico, per la generalizzata ed a volte drammatica
frammentazione dell'anarchismo. Forte della sua eccezionale conoscenza storica e della sua
altrettanto notevole capacità di scrittore, Masini riesce in questo volume a "ricucire" una storia
finora mai raccontata organicamente, collocando episodi e personaggi in un contesto coerente,
offrendone così un'interpretazione, ma ancor prima dando dignità ad un periodo della nostra
storia. Questa interpretazione di Masini non può certo trovare d'accordo in ogni sua parte.
Compagni, studiosi e lettori in genere avranno certo la loro da dire: anche noi abbiamo
qualcosa da rilevare, innanzitutto - è questa un'osservazione che già abbiamo sentito da molti -
sul titolo, in particolare sulla scelta di evidenziare "l'epoca degli attentati", che suona tanto
incoerente con la natura stessa del volume quanto strumentale per i fini commerciali
dell'editore. Va riconosciuto che Masini, nell'Avvertenza posta all'inizio del libro, sente
l'esigenza di giustificare il titolo: Il titolo (...) - scrive infatti - deve esser chiarito nel senso che
si
è voluto identificare un'epoca, non un movimento politico. Sarebbe anzi un errore confondere,
anche per questo periodo, anarchismo e terrorismo. È vero, degli anarchici commisero attentati
contro sovrani, sovrane, presidenti di repubbliche, primi ministri, etc. e questi eventi, anche per il
culto che circondava certi personaggi posti ai vertici della piramide sociale, impressionarono
seriamente l'opinione pubblica. Ma l'anarchismo non si esaurì in questi fatti ed anzi proseguì i
suoi fini per strade diverse dal terrorismo; dalla propaganda agli esperimenti comunitari, dal
dibattito ideologico alle campagne di protesta, dall'organizzazione di protesta alle agitazioni di
massa (...). Resta il fatto, indiscutibilmente negativo, che il titolo si esaurisce proprio nel
"terrorismo", che gli attentati evocano inesorabilmente, rinnovando la logora accoppiata tra
anarchismo e violenza terroristica. Che la questione della violenza giochi un ruolo importante, ed
a tratti determinante, nel periodo
storico oggetto di questo secondo volume di Masini è comunque un dato di fatto. E Masini, dopo
aver ricostruito con precisione e con passione episodi e figure come quella di Sante Caserio e di
Gaetano Bresci, dopo aver ripercorso nelle loro pagine più significative le polemiche in seno
all'anarchismo sulla violenza, riesce a fornire anche in questo campo un "panorama" completo e
soprattutto equilibrato delle diverse concezioni presenti, a volte contrapposte. Come il primo
volume si conclude con una delle più belle citazioni degli scritti di Errico Malatesta in tema di
violenza, di odio, di amore, così è ancora Malatesta ad attraversare ed a segnare il dibattito tra
gli anarchici, con una forte accentuazione polemica verso i sostenitori ed i simpatizzanti delle
tesi più esasperatamente violente. La posta in gioco, su questa questione forse più ancora che
sulle altre, è l'identità stessa dell'anarchismo: non a caso trent'anni dopo, durante un ennesimo
processo a suo carico, Malatesta rivendicherà quale suo massimo contributo in seno
all'anarchismo l'aver contribuito (con Francesco Saverio Merlino) a combattere ed a
sconfiggere proprio queste tendenze violentiste, indicate come ravacholismo. Se Malatesta
è inevitabilmente il vero filo rosso-nero anche di quest'epoca, se la sua azione ed il
suo pensiero si pongono con forza al centro del dibattito e della narrazione, ciò non significa
che altre figure rimangano in ombra, anzi: spiccano, fra gli altri, Francesco Saverio Merlino,
Pietro Gori e soprattutto Luigi Fabbri, il quale si avvicina giovanissimo all'anarchismo negli
ultimi anni dell'800. Nell'ultimo capitolo (in gran parte a lui dedicato) Masini ne mette in luce la
figura ed il ruolo, esaltandolo come la mente più acuta e la voce politicamente più matura
dell'anarchismo italiano e sottolineando come la sua devozione verso Malatesta non gli
impedisce di assumere fin dall'inizio del secolo una linea autonoma, originale e, in certi casi,
antitetica. Ma non si può trascurare il fatto che sarà poi lo stesso Fabbri a rivedere
criticamente
gran parte di quelle posizioni (dal commento all'attentato di Czolgosz alla questione ben più
complessa del sindacalismo) che in questi anni lo separano da Malatesta. Materiale per discussioni,
approfondimenti, precisazioni ce n'è a iosa ed è auspicabile che con il
tempo almeno le questioni principali sollevate da questo volume possano esser oggetto della
doverosa attenzione (accenniamo, per esempio, alle precise distinzioni, tutt'altro che
terminologiche, tra anarchismo, anarchia, anarchia spontanea). Quel che ci sentiamo fin d'ora
di affermare è che con questo secondo volume Masini ha dato un ulteriore fondamentale
contributo alla storiografia dell'anarchismo. E l'ha dato non con uno dei soliti volumi
pallosissimi "da storico" cui altri ci hanno abituati, bensì con un libro/romanzo godibilissimo,
vivace, ben scritto.
Pippo Guerrieri - ... Un idal l'amante mia (Cronache post-sessantottesche dal Profondo
Sud)
Un contributo inconsueto al riesame delle vicende dell'ultimo decennio viene dal volumetto... Un
ideal l'amante mia (Cooperativa Zuleima Editrice, Ragusa 1981, pagg. 142, lire 3.500), che reca
come sottotitolo "Cronache post-sessantottesche dal Profondo Sud". Né è autore Pippo
Guerrieri, militante anarchico di Ragusa, che in questi anni è stato tra gli animatori del
periodico Sicilia Libertaria, del "Movimento autonomo di base" (MAB), un'organizzazione
libertaria dei ferrovieri e di altre iniziative di propaganda e di lotta. Nei sette capitoletti l'autore
ricostruisce un po' la storia della presenza giovanile anarchica a Ragusa nell'ormai mitico '68:
non si tratta di una vera e propria ricostruzione storiografica, quanto di un susseguirsi di
"situazioni" sempre descritte con uno stile snello, vivace, a tratti avvincente. Comizi, entusiasmo,
discussioni, manifestazioni, "porci con le ali", scazzi, volantinaggi, crisi di coppia, femminismo,
rapporti con gli altri gruppi, Bologna '77, lo svacco: nel libro c'è un po' di tutto questo, ed altro
ancora. C'è insomma la storia di un insieme di compagni e compagne, raccontata a pennellate
da uno di loro, o meglio, da uno di quelli che non hanno mollato. Non a caso il volume finisce
con una nota positiva, con la riaffermata volontà di lottare: "Nel prato della morte si infilzano le
curve discendenti di dieci anni, i fiori appassiti smorti chini falciati. Ma là in mezzo, scosso da
tanto tanfo e contro di esso, nasce un fiore nuovo: una libreria nella quale Franca, Giorgio,
Giovanni, Mario, Silvestro, Minicu, Vincenzo, Emanuela, Sandro, Bartolo e altri compagni
cercano di ritrovarsi, per resistere, reagire, ritornare negli spazi perduti e conquistarne altri.
Rimanere sempre in piedi". Il libro va richiesto alla Libreria Zuleima, via G. B. Odierna 13, 97100
Ragusa.
Italino Rossi - La ripresa del Movimento Anarchico Italiano e la propaganda orale dal 1943
al 1950
Di grande interesse è anche il periodo storico oggetto dell'ultimo volume edito dalle Edizioni
Erre Elle: si tratta de La ripresa del Movimento Anarchico Italiano e la propaganda orale dal
1943 al 1950 (Edizioni Erre Elle, Pistoia 1981, pagg. 284, lire 6.000), del compagno Italino
Rossi. Si parte infatti dalla Resistenza armata contro i nazi-fascisti per arrivare alla soglia degli
anni Cinquanta, in piena ricostruzione: sono anni tumultuosi, ricchi di speranze e di delusioni,
di entusiasmo e di crisi. "Dentro" ci sono la politica dei Comitati di Liberazione Nazionale
(CLN) e la questione istituzionale, i comunisti al governo, le scissioni sindacali e quella di
Palazzo Barberini, la tumultuosa conflittualità sociale, l'insoddisfazione e la rabbia di molti
partigiani per il "tradimento" della Resistenza, la divisione del mondo in blocchi, l'amnistia ai
fascisti, la conferma del Concordato clerico-fascista, lo stalinismo, e mille altri fatti. Anche nella
storia del movimento anarchico questi sono anni importanti: c'è dapprima la partecipazione alla
Resistenza, ove possibile con formazioni specifiche, altrove al fianco di altre forze antifasciste:
va sottolineato che già allora le attività anarchiche sono discriminate, ostacolate, perseguitate
dal "nuovo" potere antifascista (alleati, badogliani, ecc.). Fin dal periodo clandestino vengono
ritessute le fila del Movimento, grazie all'instancabile attività di numerosi militanti, alle prime
riunioni, ai convegni. Questa attività sfocerà poi, nell'autunno '45, nella costituzione a Carrara
della Federazione Anarchica Italiana (FAI), comprendente quasi l'intero Movimento.
Riprendono le attività editoriali, i giri di propaganda, l'attività sociale in genere. In una sinistra
colonizzata dalla mitologia stalinista (anche nei suoi settori socialisti), il compito degli
anarchici si presenta duro: contrariamente a quanto molti credono - anche per il silenzio
assoluto della storiografia ufficiale - l'impegno complessivo degli anarchici nella realtà sociale
è in quegli anni grandissimo, seppure spesso frammentario. L'elenco delle conferenze (pur
forzatamente incompleto) tenute tra il '45 ed il '50 può aiutare a farsi un'idea della mole di
questa attività: e si consideri che spesso alle conferenze seguiva un'intensificazione dei rapporti
tra compagni, una più accentuata presenza sociale, una più vasta area di
simpatie. Ancora oggi si discute nel nostro movimento su scelte che furono fatte (o non/fatte) in
quegli
anni: in campo sindacale, per esempio. La decisione congressuale di dar vita ai Comitati di
Difesa Sindacale (CDS) in seno alla CGIL, invece di impegnarsi nell'effettiva rifondazione
dell'Unione Sindacale italiana (USI), è da molti giudicata un grave errore. Così pure le
modalità
con le quali si costituì la FAI vengono da altri giudicate esasperatamente "unitarie", "di sintesi",
a scapito di un più preciso orientamento. Altri però hanno opinioni divergenti in merito: è
da
quegli anni che se ne discute, anche perché questi ed altri problemi si sono riproposti in seguito
in termini nemmeno tanto dissimili. Data l'assenza di opere di ampio respiro dedicate a questo
periodo e anche l'importanza e
l'attualità delle questioni allora oggetto di dibattito, da tempo si sente la necessità di uno studio
che al contempo sappia ricostruire le linee essenziali degli avvenimenti e fornirne
un'interpretazione da dibattersi con l'occhio attento ai giorni nostri. Il volume di Italino Rossi ci
sembra decisamente inferiore alle aspettative. Non è certo facile "metter mano" a quegli anni
tumultuosi, ma già l'impianto stesso del volume non aiuta certo a districarvisi: quasi 2/3 del
volume sono occupati da un'appendice documentaria che raccoglie, senza eccessivo rigore
logico, documenti di ogni tipo, spesso senza adeguato inquadramento e quindi di scarsa utilità. I
nove capitoletti in cui si suddivide la prima parte del libro vero e proprio (dedicati alle vicende
del nostro movimento dal '43 al '47) ci sembrano troppo "veloci", lacunosi. Non mancano pagine
più felici, come quelle del capitolo III dedicato alla ricostruzione della presenza nostra nella
Resistenza. La seconda parte del volume, dopo una premessa dell'autore, contiene il citato
elenco delle conferenze dalla "Liberazione" a tutto il '50. Seguono le schede biografiche di 37
militanti anarchici, perlopiù sconosciuti a chi non abbia vissuto quell'epoca. Da segnalare
negativamente anche la nota che gli editori hanno voluto premettere al volume: in poche righe si
vogliono prendere le distanze da alcune affermazioni dell'autore, senza ben precisare di quali
affermazioni si tratti. È pieno diritto dell'editore precisare quanto ritiene indispensabile, ma
sarebbe meglio - tralasciando toni polemici che mal si addicono ad un volume - affrontare nella
sostanza gli argomenti contestati: senza così lasciarli talmente nel vago da risultare enigmatici
anche agli "addetti ai lavori". Perché il nostro movimento ha immenso bisogno di dibattiti, non
di polemiche.
Dal mese di luglio la gestione del Centro di Documentazione Anarchica (C.D.A.) è passata da
Torino ai compagni del Collettivo Anarchico di via dei Campani, a Roma. "Per ovvi motivi di
riorganizzazione (archivio - biblioteca - vendita per corrispondenza) - informano i nuovi gestori
- non potremo assicurare nel breve periodo che un'attività minimale, mentre rimandiamo
all'uscita del prossimo numero del bollettino la presentazione della nuova gestione del C. D. A.".
Il nuovo indirizzo è il seguente C.D.A., via dei Campani 69, 00185 Roma.
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