Rivista Anarchica Online
Il messaggio attacchinato
di Paolo Mancini
Se vi capita di parlare con qualcuno dei manifesti politici, o anche di quelli pubblicitario-commerciali (ad
esempio in un seminario universitario, in un convegno o forse dopo questo
articolo), la prima cosa che può succedervi, andando poi a spasso per la città, è quella di
accorgervi per la prima volta delle mille cose che è possibile capire dai manifesti e addirittura
qualche volta di accorgervi con stupore dell'enorme quantità affissa per le strade, quantità a cui
prima non avevate prestato la minima attenzione. Ma detto questo occorre anche dire che il manifesto politico
sta oggi progressivamente perdendo
la funzione di primo elemento di formazione della coscienza politica, a discapito dei media
elettronici, e va diminuendo la sua importanza nel determinare l'aspetto urbanistico-ambientale
della città. È un fatto importante che segna una chiara linea di demarcazione tra paesi
industrializzati e paesi in via di sviluppo: il manifesto è infatti espressione tipica di questi ultimi
paesi, soprattutto il manifesto politico, cosa spiegabile e giustificabile con la grande diffusione di
altri mezzi di comunicazione nei primi paesi. Se andate in Francia o in Inghilterra in periodo
elettorale, rimarrete stupiti dalla calma che regna nelle città e dalla pulizia dei loro muri: qualche
raro manifesto qua e là e niente più. Al contrario in molti altri paesi, in special modo nei
latino-americani, vi attrarrà l'enorme dispendio, peraltro gradevolissimo di immagini, colori, figure,
richiami, proclami, disegni, schizzi ecc.. L'Italia si trova a metà strada tra questi due estremi ma
mi sembra innegabile che negli ultimi anni la propaganda murale sia sensibilmente diminuita
(pensate all'enorme differenza tra la quantità di manifesti prodotti per il referendum sul divorzio
del 1974 e quella prodotta in occasione delle ultime elezioni amministrative). Ciononostante il manifesto svolge
ancora una funzione di sintesi e di ancoraggio nei confronti
dei temi trattati degli altri media. Grazie infatti alla sua costituzione (immagine e testo) e alla sua
lettura inconscia (per cui non esige la nostra volontarietà ad entrare in contatto con il messaggio),
il manifesto si presta bene a sintetizzare temi e problemi trattati dettagliatamente con altri
strumenti e nello stesso tempo ad ancorare la nostra attenzione su slogan o parole d'ordine che
richiamano poi il contenuto dei messaggi degli altri media. In questo modo il manifesto svolge
un'operazione, spesso inconscia, di formazione di una rudimentale ed iniziale coscienza politica
successivamente specificata ed approfondita in altri modi. Del manifesto politico (mi occupo qui soltanto di
questo, ma molte nozioni sono valide anche per
quello pubblicitario-commerciale) sono possibili diverse letture semiotiche. La più tradizionale è
quella effettuata nell'ambito della semiotica connotativa per cui l'attenzione viene posta
essenzialmente sui significanti connotati, quindi sui simboli, sulle immagini, sui temi e sulle
implicature connesse. Lettura possibile ma oggi non sufficiente per l'analisi soprattutto del
concetto d'ideologia che non può essere data soltanto dai significati connotati (com'è appunto in
questo tipo di semiotica) bensì deve comprendere tutti i meccanismi di costruzione discorsiva e
le operazioni linguistiche e quindi la loro individuazione nei modi di produzione di un testo. Altra lettura
possibile è quella effettuata in termini di retorica classica e di studio
dell'argomentazione con tutti i parametri utilizzati in questo approccio. La lettura che propongo e che ho
utilizzato nell'analisi dei manifesti della campagna per il
referendum sul divorzio (P. Mancini, Il manifesto politico, per una semiologia del consenso,
ERI, Torino 1980) considera il manifesto, sia testo che immagine, come discorso e lo esamina in
termini di analisi discorsiva usufruendo anche di alcune ipotesi provenienti dalla teoria degli atti
linguistici e dalla semiotica greimasiana sulla manipolazione. L'immagine sta allora a
rappresentare una parte del discorso (può rappresentare l'emittente, cioè colui che parla e non
solo il partito che produce il manifesto, o l'enunciazione, le cose dette per convincere, o il
destinatario, cioè colui che è possibile individuare come interlocutore preferenziale) e come tale
va analizzata al di là della sua funzione analogica. Questa analisi permette in modo particolare di
esaminare i meccanismi di costruzione ideologica del messaggio ed evidenzia, come principale
discriminante ideologica tra i partiti, i modi di costruzione del destinatario. Dopo questa parentesi dotta ma
necessaria vediamo nel concreto alcune caratteristiche
dell'immagine nel manifesto ed alcune applicazioni. L'immagine, di qualsiasi tipo essa sia
(ritratto, fotografia di un avvenimento, foto di gruppo, schizzo grafico), non è mai
autosufficiente: deve essere disambiguata dal testo e a sua volta serve a disambiguare alcuni
significati del testo. Ciò significa che l'immagine è parte del discorso del manifesto, parte a cui si
assegna una importanza fondamentale tanto che viene resa figurativamente proprio per
aumentarne il ruolo all'interno del messaggio oltreché naturalmente per carpire meglio
l'attenzione di chi legge. Proprio per questo essa non è autosufficiente e il testo interviene per
specificarne la collocazione e il senso che le va attribuito. Viceversa essa serve per rendere il
giusto significato a parti del testo che potrebbero essere interpretate in diverse maniere. Un
manifesto costituito dalla sola immagine ha una funzione mnemonica di acquisizione progressiva
di simboli e figure che devono entrare nel patrimonio conoscitivo di ciascuno, magari con la
segreta speranza che nella solitudine del voto possa tornare alla mente inconsciamente il simbolo
visto più volte. Ma il manifesto di sola immagine non ha evidentemente nessun messaggio da
trasmettere. Abbiamo detto che l'immagine può rappresentare l'emittente del discorso (vedi il manifesto
della
DC con i due anziani coniugi che raccontano la propria storia); può costituire il destinatario (il
manifesto del PSI con i due sposi a cui sembra essere diretto il messaggio); può costituire il
contenuto (vedi ancora il manifesto dei gruppi della sinistra extraparlamentare raffigurante
Almirante e Fanfani). In tutti e tre i casi l'immagine serve però essenzialmente per fornire
maggiori elementi di riconoscimento al lettore. Quella del riconoscimento è una delle
categorie costitutive del discorso politico per cui esso si
rivolge essenzialmente a chi già condivide alcune opinioni proponendogli elementi in cui
riconoscersi, in cui trovare conferme. In questa maniera il discorso politico, almeno un certo tipo
di discorso politico, sembra più rafforzare le idee e le credenze preesistenti piuttosto che cercare
di convincere gli avversari o gli incerti. O almeno anche agli incerti, se non agli avversari,
propone alcune cognizioni sicuramente già condivise. In questo senso il discorso politico svolge
una funzione di conservazione rispetto a nozioni immaginarie che rientrano nel senso comune o
che almeno costituiscono la base di consenso di ciascuna società. Così l'immagine nel manifesto
politico serve molto spesso a rafforzare gli elementi di riconoscimento; nel manifesto del PSI
questo tentativo è evidente: i due sposi raffigurano i destinatari del messaggio, chiamano a
riconoscersi nell'immagine raffigurata "coloro che credono nel matrimonio" ed esattamente nel
matrimonio cattolico come testimoniato dal loro abito. Nel manifesto della DC l'immagine rappresenta
l'emittente del messaggio, tuttavia essa contiene
anche molti significati connotati di riconoscimento: l'immagine di una serena vecchiaia di due
sposi felici, borghesi, innamorati (la mano di lui che cinge lei che a sua volta gli tiene la mano),
rettamente possidenti (la collana di perle di lei, l'abito non ricco ma decoroso di lui, le piante del
loro giardino che accudiscono con cura e amore). Così il discorso coinvolge tutta quella cultura,
in particolar modo cattolica, che si rispecchia in questo manuale per una serena vecchiaia. I modi di costruzione
del riconoscimento, e quindi i modi di costruzione del destinatario,
costituiscono uno dei principali elementi di differenziazione ideologica. Nel manifesto dei gruppi
della sinistra extraparlamentare è evidente la diversità con i due manifesti prima analizzati: in
esso infatti si costruisce, anche se non testualmente, una problematica del destinatario. È
chiamato a riconoscersi nel messaggio chi già condivide alcune presupposizioni politiche
abbastanza nette: l'opposizione sia a Fanfani che ad Almirante, la cognizione che la crociata
contro il divorzio nasce da una loro comunanza di intenti ecc.. Nel momento in cui il possibile
destinatario di questo discorso è reso da presupposizioni molto precise (tanto da rendere difficile
all'analista l'individuazione di questo destinatario) si parla e si richiamano nozioni politiche ed
ideologiche certe, si costruisce una problematica che definisco problematica del destinatario. Nel
manifesto della DC questo non succede: se esiste un destinatario egli è rappresentato da tutta una
cultura, non è individuato precisamente sulla base di idee e di un dibattito politico, piuttosto è
reso da stereotipi genericamente accettati, da un senso comune predominante. Non si costruisce
cioè un destinatario politico, esiste piuttosto l'esigenza all'indifferenziazione come vuole la linea
di un partito interclassista. Questo manifesto più che diretto ad interlocutori precisi, è specchio di
una cultura, di un consenso che si dà per acquisito su alcuni temi cari alla propria morale e reso
tramite il ricorso all'istinto di sicurezza, di unanimismo ecc.. Ultima cosa che voglio mettere in luce è
la spettualizzazione, il taglio dell'immagine ed il tipo di
interazione che essa intende mettere in atto con i lettori. Nell'altro manifesto della DC
raffigurante la ragazza che afferma di cercare un marito che crede nella famiglia e non nel
divorzio, ella è raffigurata di fronte, in primo piano (pur se tra altri giovani), intende provocare il
suo possibile interlocutore, chiamarlo, instaurare con lui un'interazione diretta. Negli altri
manifesti invece le figure rappresentate non parlano immediatamente al destinatario o perché
sono raffigurate di fianco o anche quando sono poste di fronte tuttavia assumono un
atteggiamento piuttosto distaccato nei confronti del lettore. Queste figure vogliono piuttosto
rappresentare e testimoniare una cultura, vogliono consentire elementi di riconoscimento, non
hanno intenzione di entrare in contatto diretto con il destinatario, vogliono ricordargli la loro
presenza. Così il grado di coinvolgimento di questi manifesti non è minore; è diverso e
diverse
sono le modalità passionali a cui ricorre il discorso. Il messaggio che lancia la ragazza del
manifesto DC è un messaggio provocatorio, che vuole sfidare, che vuole creare l'occasione per
una risposta immediata da parte del lettore. Nel manifesto del PSI l'azione passionale attuata dal
discorso è più suadente, più seducente; non chiama alla seconda persona "tu", piuttosto
blandisce
e lusinga chi crede nel matrimonio cattolico e gli ricorda indirettamente che esso (matrimonio
cattolico) può convivere con l'istituto del divorzio. Il tentativo di questo manifesto sembra infatti
essere quello di rendere plausibile la coesistenza tra matrimonio e istituto del divorzio e quindi di
convincere i cattolici, a cui si rivolge, di questa possibilità. Nel manifesto politico è possibile
leggere tante cose, è possibile scoprire tante caratteristiche del
discorso politico (che contiene molti elementi conservatori) proprio perché più evidenti e
macroscopiche, in quanto sintetizzate, ed è possibile capire i meccanismi di costruzione e di
mantenimento del consenso del controllo sociale.
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