Rivista Anarchica Online
Germania - Elezioni e repressione
di Alfred Marquardt
Dopo Schmidt ... Schmidt
Già il giorno dopo le elezioni nella Germania Federale solo i manifesti strappati con le facce e le
parole d'ordine dei diversi partiti, i volantini ormai sporchi e gli autoadesivi sulle vetture
ricordavano la lotta dei giganti. Il candidato della CDU e della CSU, Franz Josef Strauss, si è
ritirato nella sua Baviera. Helmudt Schmidt, cancelliere vecchio e nuovo di questa repubblica, si
sta preparando con i suoi consiglieri alla nuova fase di governo e il partito liberale (FDP) si gode
lo splendore della vittoria. Se si vuol credere a ciò che dice la stampa e alle dichiarazioni
programmatiche dei politici, rimarrà tutto come prima. Il popolo tedesco, tra "Sicurezza per la
Germania" (SDP) e "Fermare il socialismo - votare CDU", che era il programma della
CDU/CSU, ha scelto per la sicurezza e la stabilità della situazione attuale. Il quotidiano austriaco
Wiener Presse commenta "È il bisogno di sicurezza dell'elettore... il
desiderio che tutto rimanga così come è stato finora", che ha spinto i tedeschi a votare per
SPD
ed FDP. Tutto rimarrà come prima, come si era abituati. Nessuno disturberà il trantran tedesco
verso l'uniformità del 1984. Neanche i gruppuscoli di sinistra o il nuovo partito ecologico, "I
Verdi". Ci ha già pensato la clausola del 5%, che tiene lontano dalla politica del dopoguerra tutti
i partiti che non hanno raggiunto il 5%. Gli elettori seguiranno come sempre, con lo sguardo
fisso, le discussioni al Parlamento e spereranno solo di potere ancora fra quattro anni scegliere tra
il male minore e il male maggiore. Gli unici veri vincitori sono i tesorieri dei partiti. Si fregano le
mani dalla contentezza, perché per ogni voto ricevono dallo Stato ben 3,50 marchi (1.700 Lire).
In realtà nessuno pensava che il risultato sarebbe stato diverso. Le previsioni degli istituti di
ricerca dicevano già da settimane al lettore interessato chi avrebbe vinto la corsa. Se talvolta
l'elettore ama fare una sorpresa, stavolta si è comportato in modo conformista. Ciò è
senz'altro
dovuto anche ai candidati dell'Unione CDU/CSU. Franz Josef Strauss, candidato per il CDU/CSU, primo
ministro bavarese dal 1979, è sempre
stato la pietra dello scandalo della politica tedesca del dopoguerra. Le opinioni su di lui sono
estremamente discordi. Per gli uni è l'uomo forte che con la scopa d'acciaio farà pulizia in questo
paese in crisi. Per gli altri è l'uomo che vuole portare a nuova gloria le tendenze conservatrici e in
parte fascistoidi della società. Pertanto la battaglia elettorale si polarizzò sulla persona di Franz
Josef Strauss. La sinistra, che finora aveva sostenuto la scheda bianca, chiedeva con annunci e
volantini di votare per "il male minore" SPD. Artisti, scrittori e sindacalisti hanno sostenuto la
candidatura di Helmut Schmidt, anche se "criticamente e scetticamente", per tenere lontano dal
governo l'uomo forte della Baviera, ché si dice abbia stretti contatti con gruppi fascisti in Italia,
Francia, Spagna, Portogallo e America Latina. Un gruppo di attori portò in una "marcia
anacronistica" la poesia di Brecht "Libertà e Democracy" da Sonthofen in Baviera, attraverso
tutta la Germania, a Bonn, per smascherare la personalità fascistoide di Strauss. Studenti sono
stati sospesi, operai e impiegati licenziati perché portavano distintivi con frasi come "Stop
Strauss". L'SPD e il suo piccolo partner FDP hanno capito subito che era su Franz Josef Strauss che si
sarebbero accese le polemiche. Praticamente tutta la campagna elettorale dei partiti di governo e
dei partiti minori era dominata da affermazioni contro Strauss e la sua Unione. I manifesti erano
carichi di dichiarazioni "Stop Strauss". Il ministro degli Esteri e presidente dell'FDP, Hans-Dietrich Genscher,
dichiarò all'interno del suo partito: "Con Franz Josef Strauss non può
succederci niente. È il nostro uomo migliore". Anche per il candidato di punta dell'SPD, il
cancelliere Helmut Schmidt, Strauss è da tempo uno degli avversari preferiti. Lui e il suo partito
hanno così potuto fare a meno di dichiarazioni e analisi concrete. La paura di Strauss ha avuto una
funzione unificante sia per i diversi gruppi politici, sia per una
gran parte della popolazione tedesca, e ciò è stato abilmente sfruttato dai partiti del governo,
nella loro caccia all'elettore. Nessuno praticamente parlò più del 1977, dei morti di
Stuttgard-Stammheim, della cruenta liberazione degli ostaggi di Mogadiscio, dei divieti professionali (il
famigerato Berufsverbot), della limitazione delle libertà civili in Germania durante il governo
della coalizione social-liberale. Le poche voci venivano sopraffatte nella sindrome-paura di Franz
Josef Strauss. Anche l'attacco terroristico contro gli ospiti dell'Oktoberfest di Monaco il 26
settembre non ha poù potuto cambiare nulla. Strauss ha promesso agli elettori di fare piazza
pulita con l'estremismo di destra e di sinistra. Ma il suo discorso era decisamente inattendibile.
L'aiuto che i fascisti hanno voluto dare a Franz Josef Strauss per le elezioni con una bomba non
ha reso. Nessuna delle ultime battaglie elettorali era tanto vuota di contenuti e insignificante
come questa. È stato un giocare con le paure dell'elettore e non un tentativo di guadagnarsi
concretamente il voto dell'elettore. E ce n'è di paura in questo Paese, eccome! Paura di una nuova guerra
mondiale, della disoccupazione, della mancanza di petrolio, di
cambiamenti politici e di tante altre cose. Commento del quotidiano berlinese di sinistra
"Tageszeitung": "Nella battaglia elettorale si è cercato di nascondere e nello stesso tempo
sfruttare le paure, che la follia nella nostra società e nel mondo crea nella gente, indicando il
partito avversario come responsabile e presentandosi come salvatori. Non sono tanto i
programmi che si differenziano, quanto i tipi di paura con i quali i diversi partiti cercano voti.
L'Unione specula su coloro che hanno paura della situazione attuale e che cercano una
stabilizzazione; l'SPD sulla paura di qualsiasi cambiamento dell'equilibrio instabile, che
potrebbe solo peggiorare la situazione, l'EDP sulla paura della maggioranza assoluta di uno dei
due grossi partiti di massa". In questa battaglia elettorale si è anche rispecchiata la situazione
sociale della Germania Federale
1980. La maggioranza della popolazione non vuole cambiamenti, rifiuta qualsiasi esperimento.
La paura del futuro incerto ha fatto rivotare l'attuale coalizione governativa. Una vera alternativa
agli attuali partiti all'interno del sistema parlamentare manca in Germania. Anche il partito
ecologico, "I Verdi", che è già rappresentato in vari Comuni e nelle Regioni di Brema e del
Baden-Württemberg, non è riuscito a essere una alternativa a livello di partito. Benché il 30%
degli aventi diritto al voto si fosse dichiarato favorevole ad un'alternativa ecologica, "I Verdi"
hanno raggiunto solo l'1,5% (568.265 voti). La polarizzazione della battaglia elettorale ha avuto
chiaramente un effetto negativo anche per questo partito. Anche se c'è un forte movimento
ecologico e anti-nucleare in Germania, anche se ovunque sorgono iniziative, al momento del voto
l'elettore tedesco rimane conservatore. C'è anche un altro fatto che può spiegare il
comportamento dell'elettore. Tutti sanno che la
politica è una cosa sporca, che "quelli lassù" fanno comunque quello che vogliono e che il popolo
viene sempre ingannato. Ma il senso di impotenza, il rito per cui "si va a votare" spinge gli
elettori alle urne. E visto che deve votare, il cittadino medio preferisce votare i vecchi partiti che
conosce. Con questi sa almeno che verrà ingannato e poi potrà mugugnare. Nelle file della
sinistra "I Verdi" hanno risvegliato illusioni parlamentari, che tanti credevano di avere ormai
superato. Molte delle azioni e iniziative extraparlamentari sono state assorbite dalle attività
partitiche a favore di una "nuova forza politica". Da qui dovrà partire la discussione nelle
prossime settimane e mesi, se la sinistra tedesca non vuole continuare ad aspettare cambiamenti
in Parlamento, come il coniglio che sta a guardare con gli occhi fissi il serpente sibilante. Il motto
dei candidati verdi "Votiamoci" esprime molto di più di una crocetta per un partito "diverso".
Indica la strada verso l'assenteismo parlamentare! Solo se la sinistra in Germania capirà questo,
sarà in grado di indicare una strada che liberi la gente dalla messa sotto controllo da parte del
Parlamento, e la porti ad avere fiducia nella propria forza.
Il caso Teufel
Da due anni e mezzo è in corso alla Corte per la Sicurezza dello Stato, a Berlino, il processo
contro i presunti aderenti al movimento "2 giugno". Ronald Fritsch, Gerald Klöpper, Till Meyer,
Ralf Reinders, Fritz Teufel e Andreas Vogel sono accusati di appartenenza ad associazione
terroristica, dell'uccisione del presidente della C.D.U. (la D.C. tedesca) berlinese Peter Lorenz,
dell'assalto ad un'armeria di Berlino e di due rapine in banca. Dalla metà del 1975, quando furono
tutti arrestati, si trovano nel carcere giudiziario Moabit: dalla fine dell'anno scorso si trovano in
isolamento nella sezione di massima sicurezza. Il processo si è dimostrato fin dalle prime battute
una sceneggiata, condotta in pieno accordo dalla pubblica accusa e dai magistrati con il fine
evidente di dare un fondamento legale alla loro preconcetta dichiarazione di colpevolezza. Non
solo non è stata addotta alcuna prova "obiettiva" a carico degli imputati, ma anche si è assistito
alla caduta, uno dopo l'altro, dei testimoni a carico. Invece di corroborare l'accusa confermando
le responsabilità degli imputati, i testimoni hanno confermato la loro estraneità. A due anni e
mezzo dall'inizio del processo, è ora la pubblica accusa ad essere "sotto processo"
di fronte all'opinione pubblica: la norma secondo la quale all'imputato va contestata l'azione di
cui si sarebbe reso responsabile è stata infatti capovolta. D'altra parte è da molto tempo sotto gli
occhi di tutti che questa norma-base dell'ordinamento giudiziario non viene applicata, soprattutto
nei processi per terrorismo. È stata questa comunque la prima volta che nel corso di un processo
a presunti appartenenti ad "associazione terroristica e criminale" si è riusciti a documentare le
macchinazioni della "giustizia" statale. Basandosi semplicemente su alcune testimonianze, per di più
incerte, il pubblico ministero ha
giudicato gli imputati responsabili di tutti i reati loro ascritti ed ha chiesto condanne da 15 anni
all'ergastolo. Due settimane dopo la requisitoria del pubblico ministero chiese la parola Fritz Teufel, un tempo
membro della Comune 1, e dallo scranno di accusato si fece accusatore. Con le parole "Ho un
alibi per il rapimento Lorenz, per l'uccisione del giudice Drenkmann, per la razzia all'armeria"
fece crollare l'accusa contro di lui. Sensazionale. Cinque anni di galera si era preso Fritz Teufel,
per poi rivelare un alibi poco prima che il processo terminasse. Ha spiegato il perché di questo gesto,
presentandosi perfettamente rasato e con i capelli corti
"Per mostrare finalmente il vero volto del terrore" ha detto Teufel. "Questo era il mio scopo e
questa era l'occasione buona per mettere a nudo i metodi della Sicurezza dello Stato e della
giustizia. Quando si tratta di processi per guerriglia urbana, mancando prove, si fanno bastare -
e questa è la regola, non l'eccezione - vaghi indizi e ardite costruzioni per condannare chiunque
non sia in grado di provare la propria innocenza o non voglia prendere le distanze dalle azioni
incriminate. In uno stato di diritto ciò dovrebbe portare alla sospensione di tutti i mandati di
cattura. Io non ci credo.". Presentando un alibi Fritz Teufel ha scompigliato i piani attentamente studiati.
Nell'ambito di
questo processo è venuta alla luce un'altra circostanza sintomatica per i metodi di accertamento e
di conduzione di un processo in Germania. Juliane Plambeck, che era stata arrestata insieme a
Fritz Teufel nel 1975, aveva fornito un'alibi per l'uccisione del presidente della Corte Suprema
poco dopo il suo arresto. Le testimonianze a discarico, fatte da persone che dichiararono davanti
al giudice competente che la Plambeck, era a Monaco nel periodo in questione, furono ignorate.
Juliane Plambeck, detta "Biene" (ape), prevenne un ulteriore chiarimento delle circostanze: fuggì
con altre tre compagne dal carcere femminile nel 1976. Da allora ricercata con mandato di
cattura, "Biene" è morta in un incidente automobilistico nell'agosto 1980. Ma restiamo alle vicende
giudiziarie berlinesi. Mentre a Berlino veniva rapito Peter Lorenz
(citiamo dalle dichiarazioni dei rapitori, la cosiddetta "Canzone di Lorenz": "era un bel giovedì,
c'era la rugiada, quando Peter Lorenz fu rapito a Zehlendorf. Venne subito messo in cassa e
pian pianino capì che era un prigioniero del 2 giugno...". Fritz Teufel si recava al lavoro in una
fabbrica di Essen, e questo è confermato dai suoi colleghi di allora. Tutta la struttura delle accuse
contro Fritz Teufel, il "Politclown" dell'opposizione extraparlamentare (come lo definì la Bild-Zeitung)
crollò con le dichiarazioni a discarico come un castello di carte. Chi però credeva che
ora Teufel sarebbe stato rimesso subito in libertà, rimase deluso. Fritz Teufel ha lavorato ad
Essen solo fino a fine maggio. Dopo di che scomparse per due settimane in un pensionato
studentesco a Bochum. E così il pubblico ministero accusò Teufel, e fece emettere un nuovo
mandato di cattura, di avere partecipato ad una rapine in banca a Berlino nel luglio. Si pensava così di
poter giustificare la lunga detenzione e di avere inoltre la possibilità di tenere
ulteriormente in carcere l'accusato. Non avevano però fatto i conti con Fritz Teufel. Il pubblico
ministero chiese una pena di dieci anni, ma Teufel aveva portato con sé il suo cilindro magico,
dal quale tirò fuori un nuovo "a-libi". Ma questa volta non aiutò gli accusatori e i giudici nel loro
lavoro: presentò un "b-libi", un "alibi di seconda categoria, una storia che non poteva essere
provata, ma che non poteva venire respinta". Anzi "pregò" i suoi nemici mortali (Axel Springer,
l'editore di Bild, la Giustizia, la Sicurezza dello Stato): Usate il vostro potere! Aiutatemi a trovare
testimoni insospettabili tra il popolo. Dopo questa dichiarazione di Teufel, il pubblico ministero rischiava di
condannare un innocente.
Nonostante ciò, ignorando la regola "nel dubbio, a favore dell'imputato", insistette sulla sua
richiesta di pena. I tribunali berlinesi non vogliono la giustizia, ma l'eliminazione dei militanti.
Prove sì, prove no, la Giustizia vuole, non importa come, legittimare l'imprigionamento, Fritz
Teufel ha potuto dare delle prove della sua innocenza. Ma non vanno dimenticati gli altri
militanti. Con loro succede la stessa cosa. Non è stato possibile trovare una loro partecipazione
alle azioni del "movimento 2 giugno" né hanno dichiarato di avervi partecipato. Ma la Giustizia
sta tramando per condannarli, usando testimoni discutibili e ancor più discutibili indizi. Una cosa
è certa. Anche se non è ancora stato emesso il verdetto, la giustizia avrà delle grosse
difficoltà per legittimare una condanna di Fritz Teufel. Ma la linea strategica finora intrapresa
dimostra chiaramente che si farà di tutto per costruire una partecipazione all'azione. Fritz Teufel non
si è solo "meritato a modo suo lo stato di diritto", come scrive la rivista Der
Spiegel, ma ha smascherato la strategia dello "stato di diritto" che viene applicato oggi in
Germania, nella speranza che la gente capisca come funzioni questo sistema. Il principio
giuridico: "Nel dubbio, a favore dell'imputato" non è stato ignorato solo nel caso del processo
contro gli appartenenti del "Movimento 2 giugno". "Chi tace è colpevole", questo è il motto col
quale sono già stati condannati migliaia di "criminali".
Quando questo articolo era già stato composto in tipografia, ci è pervenuto dalla
Germania il
resoconto della seduta finale del processo, con la sentenza: Ralf Reinders e Till Meyer, 15 anni;
Gerald Klöpper, 11 anni e 2 mesi; Ronald Fritsch, 13 anni e 3 mesi; Andreas Vogel, 10 anni.
Fritz Teufel è stato condannato a 5 anni, per cui è stato subito scarcerato, avendo già
scontato
più dei 5 anni sentenziatigli. Appena scarcerato, Teufel ha sottolineato che la sua liberazione
non modifica la situazione degli altri condannati, per la cui liberazione ha anzi invitato ad
intensificare la campagna.
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