Rivista Anarchica Online
Marius Alexander Jacob
di E. M.
Cari compagni della redazione (*)... è stata
per me una gradita sorpresa leggere sulla vostra rivista
il ricordo del mio nobile e caro amico Jacob. Vi invio il testo di una lettera, doverosa
e fraterna difesa di Jacob, che scrissi nel lontano '55 ad un
quotidiano di Roma che aveva parlato di questo coraggioso, intelligente, coerente alle proprie idee fino
alla morte, in termini odiosamente questurineschi. Ve la invio perché contiene episodi inediti della
vita
di Jacob, vissuti negli orrendi "in pace" della tremenda Cajenna, episodi raccontati dalla sua viva
voce... ... Alessandro Jacob fu una delle figure più affascinanti del movimento
anarchico francese. Era ciò che
in Francia si chiamava un anarchiste de la belle epoque... Quando si diede volontariamente
la morte,
per evitare la decrepitezza della tarda vecchiaia, Jacob aveva 74 anni di cui 26 trascorsi nel bagno
penale alla terribile Cajenna durante i quali non si piegò mai, malgrado le atroci
sofferenze patite;
nulla e nessuno fu capace di intaccare le sue lucide convinzioni e la sua fervida, indomabile passione.
Dire della vita avventurosa ed eroica di Jacob, significa fare la storia del movimento anarchico
francese. Alessandro Jacob appartiene alla nobile schiera degli audaci di cui le
prospettive del bagno penale,
della ghigliottina, della garrote o della fucilazione non fermavano l'azione e che facevano tremare i
potenti. Durante il suo processo alle Assise d'Amiens, processo che durò 15
giorni, le porte del Palazzo di
Giustizia erano strettamente asserragliate da forze di polizia e da gendarmi mobilitati in pieno assetto
di guerra nel cerchio di dieci chilometri. Né agli sparuti governanti, tutto questo enorme
spiegamento
di armati parve sufficiente, talché si chiese il rinforzo di un battaglione di fanteria che, per due
intere
settimane, tenne in stato d'assedio tutte le strade d'accesso. Senonché Jacob era un buon
anarchico;
non il capo di uno stato maggiore clandestino o di ipotetiche brigate d'assalto nascoste nelle vie della
città.
I lavoratori della notte "Solo"
aveva condotto la lotta implacabile; solo rispondeva ai mastini della società, senza cullarsi in
vane illusioni. Durante cinque anni, con i compagni componenti lo storico e leggendario gruppo
anarchico: "i lavoratori della notte", aveva saccheggiato un po' tutta la Francia: castelli,
banche,
cattedrali, non per arricchirsi o per arricchire i suoi compagni, ma per sostenere la causa
dell'Anarchia, alla quale apparteneva per intero il frutto delle sue "espropriazioni". Prendere ai ricchi,
alle istituzioni della potenza sociale, quello di cui queste s'erano appropriate togliendolo ai deboli, agli
inconsci, agli abbruttiti; tale era il suo compito. E, nella impossibilità di restituire ai derubati da
questo
sistema sociale di sfruttamento, donava tutto alla propaganda, che sola poteva liberare definitivamente
il genere umano da ogni giogo, da ogni ingiustizia, da ogni miseria. Tale fu questo espropriatore
incorruttibile che ogni notte rischiava la vita. Di giorno al ristorante leggeva Réclus e Kropotkine
tra
un boccone di pane e formaggio innaffiato di acqua. Alessandro Jacob era dunque un giustiziere
implacabile e leale; asceta, con i tacchi delle scarpe logorati, non mai un ladro
volgare... Ghermito dalla polizia, non senza una tragica lotta, nella quale uno sbirro
lasciò la pelle, giudicato
alla Assise di Amiens per un miracolo evitò la ghigliottina; la evitò appunto
perché l'inchiesta ed il
dibattito giudiziario, rivelarono in maniera inconfutabile, il suo assoluto disinteresse, il suo completo
altruismo. I magistrati del presente ordine sociale, basato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo,
rimasero allibiti di tanta probità. Jacob, a 22 anni destinato alla ghigliottina, venne invece
condannato
al bagno penale a perpetuità.
La Cajenna infernale Al bagno
non gli si presentarono più ricchezze da convertire. Ma un giorno, un sotto direttore delle
isole maledette aveva perduto la chiave della cassaforte ed era disperato. Fu chiamato Jacob, e Jacob
in pochi minuti, servendosi di una stecca di balena tolta da un busto femminile e d'un biglietto di carta
da sigarette, mostrò al direttore allibito la sua sorprendente abilità scassinatrice.
Guadagnò per questo
miracolo dieci pacchetti di sigarette e l'ammirazione della moglie del sotto direttore che ebbe per lui
un entusiasmo... dimostrativo. Ma la vita di Jacob al bagno fu d'una durezza spietata.
Egli si trovò dinanzi feroce ed implacabile la
muta dei sorveglianti militari che esprimeva la ferocia dell'ordine sociale che egli aveva audacemente
sfidato. Jacob sostenne l'urto con una dignità e fermezza inflessibili, senza mai un istante di
debolezza.
Visse gli anni migliori della sua giovinezza, il suo lungo, eterno periodo di forzato nelle tremende celle
di San Giuseppe alle Isole. Restò in quelle spaventevoli geenne per sei anni consecutivi, nutrito
solo
di pane ed acqua e serrato di ferri ai piedi, incatenato come fosse una belva. Malgrado ciò non
domandò mai la grazia. A Danan un mese prima di morire disse queste parole: "Nel mio letto
di uomo
libero, io dormo sempre coi piedi serrati l'uno con l'altro, come al tempo in cui portavo i ferri a San
Giuseppe". Senza dubbio la sua vita di sopravvissuto, graziato senza che lo volesse, fu di quando in
quando, tormentata da altri allucinanti ricordi ereditati dall'infernale Cajenna. In tutti i modi gli furono
fatte pressioni perché vacillasse la sua fede. Non disperò mai; all'occasione fu beffardo
e seppe ridere
di ironia. Tuttora amava ridere dei lunghi anni atroci vissuti alla Cajenna.
Cervella di uomo in
padella Parlò una volta, di quel cuciniere Lambert
che soleva acquistare, per un pacchetto di tabacco alla
chirurgia, i cervelli dei forzati che rimanevano, miseri e poveri avanzi umani, dalle autopsie quasi
quotidiane. Egli li serviva al burro nero, alla tavola degli ospiti di riguardo, come cervelli prelibati di
bue o di bufalo, trattenendo per sé e per i suoi compagni invece i commestibili che riceveva
dall'economato. Cosicché tutti i governatori di Cajenna, diceva giubilando Jacob tenendosi il
ventre
per non scoppiare dal ridere, tutti gli ispettori generali che venivano da Parigi in visita alle Isole
maledette, tutti i rari parlamentari venuti a studiare sul posto lo spaventevole regime penitenziario,
gustavano saporitamente, alla tavola del direttore - cuciniere Lambert - il cervello dei dannati.
Vecchiaia serena Alessandro
Jacob, in un villaggio grigio e verde del Berry, in una oasi di serenità che tanto contrastava
con il ricordo atroce della crudele Cajenna, nonostante la memoria delle tremende sevizie patite, era
ancora un bel vecchio dal volto dolce, intelligente e severo ad un tempo. Egli viveva la sua esistenza
in una tranquilla solitudine. La sua unica gioia erano restati il grosso cane cieco ed i bimbi del vicinato
che non vedevano in lui l'orso delle favole, bensì il buon nonno. A quei bimbi nelle giornate
vuote di
lavoro, preparava egli stesso le gioie del palato con gustosi dolci fatti dalle sue stesse mani e che
regalava con un sorriso. Sulla sua umile tomba nel piccolo cimitero di Reuilly,
fiammeggiano i fiori rossi del ricordo, della
riconoscenza, della fratellanza degli uomini liberi, che non dimenticheranno questo puro, solitario ed
eroico combattente, pioniere.
(*) Riportiamo alcuni brani di una lunga e interessante lettera inviataci dal compagno E. M. su
Marius
Alexander Jacob, l'avventuroso anarchico espropriatore di cui scrivemmo su A 6 ("Arsenio Lupin
anarchico") che egli conobbe personalmente.
|