Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 75
giugno 1979 - luglio 1979


Rivista Anarchica Online

Stato d'Israele, palestinesi, ecc.
di Horst Stowasser

Sull'ultimo numero di Impulso (un periodico libertario in spagnolo edito in Germania) appare una lettera violentemente critica con i Kibbutz, Israele, il sionismo, ecc., senza operare le necessarie distinzioni. La risposta redazionale, firmata dal compagno Horst Stowasser, ci sembra intelligente ed equilibrata. Ne pubblichiamo qui ampi stralci.

(...) In primo luogo bisogna rendersi conto che non si può parlare di kibbutz e basta, dal momento che ne esistono di vari tipi differenti: ci sono i Kwuza, i Kibbutzim, i Moschaw Shitufi e i Moschaw Owdim. I Moschaw Shitufi, per esempio, sono comunità agricole fondate negli anni venti, quando lo stato d'Israele non esisteva del tutto. I loro fondatori e componenti erano libertari "a tutta prova": rifugiati dall'Ucraina libertaria del movimento makhnovista o rifugiati tedeschi, a partire dal 1930, influenzati soprattutto dagli scritti del noto anarchico tedesco Gustav Landauer, in particolare dal suo "appello al socialismo" (Landauer fu un militante anarchico nella comune rivoluzionarie di Monaco di Baviera nel 1918; fu ucciso a calci e pugni dalle truppe "bianche" che in quello stesso anno occuparono la città).

Proprio questo tipo di kibbutz furono ispirati dai pensatori libertari, i quali sostenevano la necessità di fondare il maggior numero possibile di queste entità libertarie in un determinato paese, in modo da rendere sempre meno "necessario" lo stato e da sostituirlo un po' alla volta con queste nuove strutture libertarie. Non voglio addentrarmi qui nel dibattito sulla validità o meno di questa prospettiva: quel che è certo è che i suoi sostenitori agirono in quegli anni con un grande idealismo e senza certo poter essere definiti "agenti dello stato israeliano", che allora ancora non esisteva.

D'altra parte io non so se le comuni produttive ed agricole, a cui oggi danno vita molti giovani libertari in Spagna e altrove, siano o meno rivoluzionarie. Ciò che so è che questi giovani sono mossi da un grande idealismo libertario e che loro, nella loro convivenza, realizzano più ideali libertari di molti di noi. Se alcune di queste comuni si trovano a vendere alcuni dei loro prodotti al mercato "libero" e si trovano anche nella necessità di dover acquistare il terreno - dal momento che hanno la sfortuna di non vivere come gli spagnoli del '36 in un'epoca rivoluzionaria, non mi passerebbe mai per la testa di accusarli di essere "un sostegno del capitalismo". Altrettanto assurda è l'accusa ai kibbutz di vendere i loro prodotti nel mercato capitalista. In quale mercato dovrebbero piazzarli?

Supponiamo poi che il compagno E. decida oggi di emigrare - per esempio - in Madagascar e di fondarvi una rete di comunità libertarie di tipo agricolo insieme con molti altri compagni. Supponiamo sempre che, per una ragione qualsiasi, la Spagna sia invasa da una qualsiasi potenza straniera e gli spagnoli cerchino nel mondo un luogo nel quale rifugiarsi e fondare una "nazione spagnola" - obiettivo questo per niente condiviso dal compagno E. e dagli altri compagni con lui. Supponiamo anche che questi spagnoli scelgano proprio l'isola di Madagascar, opprimano le popolazioni indigene e vi si installino come "nazione spagnola". Di quale colpa potrebbero essere accusati E. ed i suoi compagni? Sarebbe assurdo incolparli per il solo fatto di essere anche loro spagnoli.

È esattamente ciò che è successo con i kibbutz. Non sono stati i kibbutz a porre le basi dello stato d'Israele e sarebbe falso e tendenzioso l'identificare le due cose. Furono infatti i kibbutz socialisti, e nel loro seno ricordiamo una personalità libertaria della statura morale di Martin Buber, a formare un blocco compatto all'interno dell'Histradut (il sindacato israeliano) contrario alla fondazione di uno stato nazionale israeliano. In opposizione proposero una libera federazione di arabi e di israeliani, ma con il passare degli anni e soprattutto con l'immigrazione di grandi masse di ebrei provenienti proprio dai paesi arabi e che ignoravano le idee socialiste e libertarie questa posizione è diventata sempre più minoritaria. Lo stato d'Israele, comunque, fu fondato nel '48, cioè una trentina di anni almeno dopo la fondazione dei primi kibbutz e contro l'aperta opposizione di quelli dove maggiormente sviluppata era la coscienza socialista.

Non è mia intenzione salvar l'onore dei kibbutz né difendere il loro sistema sociale - questo compito spetterebbe al caso a loro stessi - ma è necessario che la verità non venga stravolta.

È indiscutibile che i kibbutz si trovano su di un territorio che politicamente appartiene alla Giordania, alla Siria o alla Turchia, che sono paesi arabi, e che su di esso abitavano i palestinesi. Ed è altrettanto indiscutibile che l'espulsione di questo popolo da parte dello stato israeliano (e non dei kibbutz) è più che un'ingiustizia, è un atto chauvinista che arriva fino al genocidio. Ma ciò non deve far abbracciare certamente la "causa araba", dal momento che il loro atteggiamento nei confronti dei palestinesi non è stato differente da quello israeliano: gli arabi hanno perseguitato i palestinesi esattamente come hanno fatto gli israeliani (basti citare l'atteggiamento di Hussein in Giordania) e da più di 35 anni li lasciano vivere in condizioni disumane nei campi-profughi.

Mi sembra che il nostro dovere di anarchici non sia quello di difendere la causa di una nazione contro un'altra (cadendo nell'errore commesso da Kropotkin durante la prima guerra mondiale, quando sostenne la causa dell'Intesa), parlando dell'eroico popolo palestinese e rigettando invece l'eroica gioventù israeliana. Il nostro dovere è quello di prender posizione per le povere vittime umane che ci sono da entrambi i lati, perché da entrambi i lati domina lo stesso chauvinismo nazionalista. Tantopiù che lo stato che vorrebbero fondare i leader palestinesi non sarebbe certo meno brutale di quello israeliano. I popoli, più che eroici (parola della quale diffido molto) non sono che vittime della politica degli stati.

Se il compagno E. domanda se le donne ed i bambini assassinati dalle truppe israeliane sono delle persone sì o no, è chiaro che gli si risponde affermativamente, esattamente, però, come lo sono le donne ed i bambini che muoiono sotto le bombe dei palestinesi, terroristi tanto quanto gli israeliani. Non prendiamo parte per questa nazione o per quell'altra, difendiamo invece le persone e costruiamo alternative umane! Sostenere che una delle due popolazioni stava lì prima e quindi l'altra non avrebbe nessun diritto di restare lì significa ragionare con le categorie dello stato e delle nazioni. Dal momento che invece preferiamo pensare in termini di comunità libere, senza tetto, questo problema cessa di esistere. Se no, anche i libertari latinoamericani non dovrebbero poter svolgere alcuna forma di attività, dal momento che un tempo quel suolo apparteneva agli indios che ancora oggi vivono là, come la penisola iberica apparteneva agli arabi, e prima di loro ai celti, ecc. ecc..

Stiamo ben attenti alle motivazioni di tipo nazionale, di razza e di diritti storici. Ricordo un passo del libro "Il nuovo Israele", nel quale il noto anarchico tedesco Augustin Souchy riferisce un suo incontro con un gruppo di giovani palestinesi a Gerusalemme nel 1961. Souchy spiegava loro che se i palestinesi e gli israeliani, invece di pensare ciascun popolo al suo stato nazionale, si fossero uniti formando libere comunità, liberamente federate, composte tanto di palestinesi come di ebrei, questo problema sarebbe scomparso immediatamente. Questo ragionamento non convinse però quei giovani, accesi sostenitori della "causa palestinese", che lo guardarono male e se ne andarono senza comprenderlo.

Io spero che nel movimento libertario ci sia un po' più di ragionamento e di comprensione del problema. E non voglio concludere senza citare il passo della lettera del compagno E. che più mi è piaciuto. È là dove domanda: perché non vi fate promotori della creazione di una libera comunità ebraico-palestinese? Appunto, perché? Nemmeno i libertari israeliani possono vivere del loro passato e debbono affrontare la realtà ed i tempi attuali. E questa domanda mi pare debba essere posta con la necessaria urgenza - per essere messa in pratica.