Rivista Anarchica Online
Un discorso impolitico per il sei politico
di L. L.
Le premesse per lo scontro all'interno del movimento degli studenti c'erano tutte, le posizioni tra le varie
fazioni erano inconciliabili. Su tutti si aggirava lo spettro della disoccupazione una volta ottenuto
l'agognato "pezzo di carta". Trovato il detonatore del sei politico, la mina studentesca è esplosa: qualche
contuso, molta confusione.
Le posizioni sono differenziate. F.G.C.I, M.L.S., A.O. da un lato con un progetto di nuova
restaurazione, al lato opposto gli autonomi contro la selezione, passando attraverso le posizioni sfumate
di L.C., C.L., fino agli anarchici imposizione outside.
Tutto il dibattito in corso trascura, volutamente o involutamente, la centralità del problema: la cultura.
Lo scontro verte unicamente sulla funzione dell'organismo preposto alla trasmissione e alla codificazione
del sapere: la scuola, resta cioè al livello di istituzioni e non di contenuti.
Ora noi tutti siamo convinti che la distruzione dell'accademia sia un "passaggio obbligato" (ne parlava
già il caro vecchio Bakunin) per la reale emancipazione dell'uomo, resta il fatto che il movimento
rivoluzionario degli studenti lungi dall'aver operato in questo senso, ha compiuto una operazione di
svuotamento: ha mantenuto intatte (o quasi) le strutture formali dell'accademia e non ha proposto nulla
di veramente alternativo. Così la scuola è sopravvissuta, perdendo le sue connotazioni selettivo-meritocratiche, ma perdendo nel contempo anche la capacità di trasmettere quella cultura un po' muffa,
greve, nozionistica che l'aveva caratterizzata fino al '68, non acquisendo altri contenuti.
Il problema della scuola è molto vasto e complesso, non intendiamo certo esaurirlo in queste poche
righe. Quello che ci preme evidenziare è che la carenza di proposte del '68 si è tradotta, dopo dieci anni,
in rifiuto della cultura nel suo complesso. Per usare un luogo comune: insieme all'acqua del bagno
abbiamo buttato via il bambino.
Il sei politico non è altro, quindi, che una proposta fuorviante perché inserita nella logica della scuola
di regime, trascurando il problema dell'appropriazione da parte dei giovani della cultura.
Purtroppo ci si ferma sempre all'aspetto superficiale dei problemi, così come si espropriano i beni, cioè
l'aspetto superficiale e accessorio del privilegio, si dovrebbe espropriare la cultura ai padroni. Notiamo
invece la tendenza a lasciare la reale fonte del privilegio ai padroni e ai loro figli. Anche in questo caso
il movimento rivoluzionario è in ritardo rispetto ai tempi oltre che vago e impreciso nelle proposte. I
nuovi padroni basano i loro privilegio non sui beni che possiedono, ma sul sapere, se vogliamo realmente
trasformare la società dobbiamo abolire, cioè ripartire fra tutti, le basi del nuovo potere: il sapere,
appunto. Il sei garantito non sposta di un millimetro la stratificazione sociale, ritarda solo nel tempo il
momento della selezione, è un palliativo che risolve poco o nulla. Questo non vuole assolutamente dire
che vogliamo ridare credibilità alla scuola, tutt'altro, però dobbiamo anche essere coscienti del fatto che
senza cultura non si può essere uomini liberi, cioè affrancati dalla sudditanza di qualunque specie essa
sia.
Date queste premesse il sei garantito perde molto del suo smalto, obiettivo opaco per rivoluzionari
opachi. Esso potrebbe essere tuttalpiù un espediente, tra i tanti, per mettere sempre più in crisi
l'istituzione scolastica, ma attribuirgli significati più vasti è illusorio.
Ma le illusioni sono sempre le ultime a cadere, soprattutto se è più semplice lottare per un obiettivo di
immediata realizzazione piuttosto che affrontare il più difficile compito di una riappropriazione del
sapere al di fuori e contro l'istituzione-scuola.
Non per amore dei "testi sacri" ma per rimeditare il nostro intervento nella scuola riproponiamo queste
parole di Bakunin: "Che cosa dobbiamo consigliare al mondo operaio per spezzare questo cerchio fatale?
Naturalmente d'istituirsi, di impadronirsi di quell'arma tanto forte che è la scienza senza la quale potrà
sì fare delle rivoluzioni, ma non sarà mai in grado di stabilire sopra le rovine dei privilegi borghesi, quella
uguaglianza, quella giustizia, quella libertà che costituiscono la base stessa di tutte le sue rivendicazioni
politiche e sociali".
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