Rivista Anarchica Online
LETTURE
a cura della Redazione
Che cosa sono i G.I.A., Edizioni del C.D.A., Torino 1976, pagg. 112, lire 1.200.
Dopo il volumetto dedicato ai Gruppi Anarchici Federati (recensito su "A" 49) è ora la volta dei
Gruppi d'Iniziativa Anarchica, i quali hanno dato alle stampe - per i tipi del Centro di Documentazione
Anarchica (Torino) - un volumetto tendente a chiarire (com'è indicato nel sottotitolo) "perché e come
sono nati i G.I.A.". In effetti, si tratta della raccolta di documenti, prese di posizioni, articoli ed altro
materiale scritto e pubblicato da quei militanti anarchici che undici anni fa abbandonarono la
Federazione Anarchica Italiana (F.A.I.) e diedero vita ai Gruppi di Iniziativa Anarchica (G.I.A.). La
scissione fu causata da un grave dissenso sulla forma di organizzazione della Federazione ed ebbe un
particolare rilievo perché fino ad allora la F.A.I. (costituita nel 1945) aveva raccolto in sé quasi tutto
il movimento anarchico in Italia. A distanza di undici anni da quelle vicende, i G.I.A. riconfermano -
nell'introduzione - la validità di quella loro scelta.
La nuova forma con la quale si volle regolamentare l'organizzazione - vi si legge - va sotto il nome di
'Patto Associativo' contenente delle 'norme' da applicare alla stessa che, nell'intenzione dei proponenti,
dovevano servire ad 'aumentarne l'efficienza', a renderla più capace di 'incidere nei fatti della vita sociale',
'aumentare il rendimento dell'azione degli anarchici' nella lotta per la rivoluzione sociale, per l'anarchia.
Noi rifiutando il Patto Associativo sostenevamo - e sosteniamo - che parecchie di quelle norme (una
delle quali, a nostro avviso la più grave, è costituita dalla facoltà legislativa attribuita ai Congressi)
serviva ad annullare, di fatto, la libertà e l'autonomia di ogni singolo associato; rappresentava il
presupposto - insieme alla facoltà di iniziative non delegate riconosciuta alla Commissione di
Corrispondenza (C.d.C.) - per trasformare l'organizzazione in un vero e proprio partito politico
autoritario, non diverso sostanzialmente, dai vari partiti autoritari che si richiamano al socialismo.
Pertanto per noi il Patto Associativo è in contrasto con i principi dell'anarchismo; è antianarchico!
Come si vede, la polemica tra "nuova" F.A.I. e G.I.A. in tema di organizzazione non è venuta meno,
anche se i G.I.A., nell'esporre la loro peculiare concezione dell'anarchismo, sottolineano il loro
desiderio di sfatare le false attribuzioni di "individualisti" ed "anti-organizzatori" che loro sono state
fatte.
Nel complesso il volumetto in questione, se da una parte illumina le ragioni che nel '65 spinsero alla
costituzione dei G.I.A., non aiuta certo a capire chi essi siano e che cosa rappresentino oggi. Su alcuni
problemi di grande interesse e di rinnovata attualità, primo fra tutti quello connesso con la presenza
libertaria in seno al movimento operaio e contadino, alla critica serrata delle altrui posizioni non
corrisponde una sufficiente esposizione delle proposte concrete che i G.I.A. avanzano in proposito. E
questa carenza, forse in parte inevitabile date le ridotte dimensioni del volume, dovrà a nostro avviso
essere colmata.
L'anarchia (storia dei movimenti libertari nel mondo), di Domenico Tarizzo, A. Mondadori editore,
Milano 1976, pagg. 323, lire 8.000.
Caratterizzato da un notevole e (dato l'argomento) insolito battage pubblicitario, reclamizzato sui
principali quotidiani e settimanali politici, oggetto di recensioni e persino di una lunga tavola rotonda
su Panorama, è uscito in queste settimane il "volumone" del Tarizzo dedicato all'anarchia. Tarizzo, chi
era costui? Scrittore e saggista, non aveva mai avuto finora l'occasione di occuparsi d'anarchia e di
anarchici: dandosi un gran daffare, frequentando biblioteche, incontrando vecchi militanti, girando
un po' il mondo alla ricerca di testi e di informazioni, Tarizzo ha cercato di dare un panorama quanto
più completo non solo dell'anarchismo, ma anche di quei movimenti e gruppi spontanei che adottano
una pratica libertaria pur non avendo rapporti con il movimento specifico. Non si è limitato a
"registrare" avvenimenti ed opinioni, ha cercato di interpretarli e di trarne delle conclusioni di merito.
Nonostante l'indubbia simpatia che il Tarizzo (chiaramente vicino al marxismo) dimostra per
l'anarchismo, la sua fatica interpretativa ci appare sprecata e sostanzialmente fuorviante. Manca, in
Tarizzo, la chiara percezione dei tratti distintivi del movimento anarchico rispetto a quell'"area
libertaria" che in effetti è oggetto del suo libro. Non a caso, dunque, egli giunge a vedere nel partito
radicale il prosecutore della "vecchia" tradizione del socialismo libertario. Manca poi, nel suo libro,
un impianto organico, ordinato secondo un filo logico (cronologico o tematico che sia). Non si tratta
di una semplice questione strutturale: l'intero discorso del Tarizzo risulta infatti disorganico, saltando
da un argomento all'altro, da un episodio all'altro senza - a volte - senso apparente. A rendere ancora
più "squilibrato" il volume è il fatto che alcuni fatti secondari sono trattati per esteso, mentre altri
fondamentali sono appena accennati. Sta di fatto che l'immagine dell'anarchia che ne ricava il lettore
generico non corrisponde che in piccola parte alla realtà.
Unico punto a favore del testo è la ricchezza di informazioni, attinenti l'anarchismo e le lotte libertarie
in tutto il mondo; non possiamo non rilevare, comunque, che il Tarizzo non ha verificato molte delle
notizie date, che risultano così spesso imprecise. Anche in questo campo ci si è limitati ad un lavoro
meramente giornalistico, senza quello scrupolo di esattezza che i migliori storici hanno sempre avuto.
Ben diverso il discorso per quanto riguarda la parte grafica dell'opera, talmente ricca e ben curata
da giustificare (quasi) il prezzo davvero impopolare del libro. È davvero un piacere sfogliare questo
libro per gustarsi le splendide riproduzioni in quadricromia di manifesti, giornali, quadri dell'epoca,
raffiguranti le più disparate figure dell'anarchismo internazionale. Dal punto di vista grafico, questa
è certamente una delle migliori opere che siano state pubblicate sull'anarchia.
Tutto sommato, si tratta di un libro interessante per chi già conosca il nostro movimento, ma che non
può certo soddisfare chi vi si avvicina (tramite la lettura). Meraviglia perciò che uno studioso stimato
come l'anarchico americano Paul Avrich vi abbia premesso un suo giudizio sostanzialmente positivo -
pubblicato con grande rilievo dagli editori.
Libertà, uguaglianza, rivoluzione, scritti scelti di Michail Bakunin, Edizioni Antistato, Milano 1976,
pagg. 397, lire 3.500.
Anche le Edizioni Antistato hanno voluto "ricordare" Bakunin, nel primo centenario della sua morte,
con la pubblicazione di un volume a lui dedicato. Si tratta dell'antologia di scritti bakuniniani curata
dall'anarchico statunitense Sam Dolgoff, pubblicata quattro anni fa in America con il titolo "Bakunin
on Anarchy". In questa versione italiana sono state operate alcune modifiche, rispetto all'originale in
inglese: tolti gli iscritti pre-anarchici del rivoluzionario russo (e qualcos'altro), sono stati aggiunti gli
scritti pubblicati da Bakunin sul giornale L'Egalité sul tema "L'istruzione integrale".
Dei tre elementi che compongono il titolo di questo volume (libertà, uguaglianza, rivoluzione), il primo
è forse quello che va maggiormente enfatizzato: secondo Dolgoff, essa è "la pietra angolare del
pensiero di Bakunin". È questa una lettura che ci trova pienamente d'accordo - afferma Nico Berti nella
presentazione dell'edizione italiana - e l'efficace trinomio che dà il titolo all'edizione italiana di questa
antologia, libertà-uguaglianza-rivoluzione, esprime sinteticamente questa "lettura", dove uguaglianza
è ancora libertà (la sua dimensione sociale) e rivoluzione è contemporaneamente rivolta (cioè espressione
di libertà) e strumento di liberazione.
Fra gli scritti riprodotti nell'antologia, ricordiamo qui il Catechismo rivoluzionario, il programma
della Fratellanza Internazionale, la lettera ad Albert Richard (con un'interessante puscritto di Sam
Dolgoff), Dio e lo Stato, la Comune di Parigi e l'idea di Stato, stralci da Stato e anarchia. Da
segnalare, infine, le esaurienti note biografiche bakuniniane di James Guillaume.
Gli anarchici nella rivoluzione russa, di paul Avrich, edizioni La Salamandra, Milano 1976, pagg. 220,
lire 2.800.
Bolscevismo ed anarchismo, di Rudolf Rocker, edizioni La Fiaccola, Ragusa 1976, pagg. 112, lire
1.500.
Nel recensirne (su "A" 33) l'edizione originale inglese, ci rammaricammo che ancora non fosse stata
tradotta in italiano l'antologia di Paul Avrich dedicata agli anarchici nella rivoluzione russa. Ora,
finalmente, il volume è stato tradotto e pubblicato in Italia da una giovane casa editrice (La
Salamandra), con una presentazione positiva.
L'antologia è divisa in nove capitoli, dedicati ai seguenti temi: la rivoluzione di febbraio, aspetti
dell'anarchismo, il controllo operaio, la rivoluzione sociale, l'insurrezione d'ottobre, la guerra civile,
Machno, anarchici in prigione, Kronstadt. Ogni capitolo si compone di diversi brani tratti dalle opere
di svariati autori, nonché da documenti originali: il tutto è preceduto da una lunga nota introduttiva.
Ne risulta un quadro di insieme estremamente incisivo, ricco di dati e di annotazioni psicologiche, dal
quale traspare l'immane tragedia dell'anarchismo russo, protagonista di quella rivoluzione che,
condotta e strumentalizzata dai bolscevichi, segnò nel giro di qualche anno lo stritolamento dell'intero
movimento libertario dall'Ucraina agli Urali.
Al medesimo argomento è dedicato il volume "Bolscevismo ed anarchismo", pubblicato ora per la
prima volta in traduzione italiana, ad oltre mezzo secolo dalla sua prima edizione. Ne è autore
l'anarchico tedesco Rudolf Rocker, uomo di profonda cultura storica ed umanistica (dello stesso autore
è preannunciata la ripubblicazione, per le edizioni della rivista Anarchismo, del volume "Nazionalismo
e cultura" - da tempo esaurito). Si tratta di un saggio scritto prima ancora della morte di Lenin e
dell'epurazione di Trotsky da parte di Stalin, subito dopo il massacro di Kronstadt e l'annientamento
della machnovicina. Risente dunque - come osservano gli editori - di un'analisi a caldo degli
avvenimenti, anche se l'autore non scade nella polemica fine a se stessa, riuscendo anzi sempre ad
inserire le vicende russe nel più grande contrasto che da mezzo secolo andava contrapponendo le
concezioni del socialismo libertario e quelle autoritarie di Marx, Engels e dei loro seguaci (Lenin in
testa). Puntuale è anche la critica di Rocker all'atteggiamento di quegli anarchici che, sopraffatti dagli
avvenimenti contingenti e dalla martellante propaganda bolscevica, si fecero strumentalizzare dalla
nuova classe dirigente "rossa" e contribuirono così alla sconfitta della rivoluzione ed alla distruzione
anche fisica dell'intero movimento anarchico russo.
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