Rivista Anarchica Online
Le mille e una Seveso
di P. F.
Inquinamento
All'IPCA di Ciriè negli ultimi anni sono morti 140 operai in seguito al tumore alla vescica; all'ACNA di
Cesano Maderno per la stessa malattia sono morti in 100; imprecisato è invece il numero delle vittime
alla SNIA Viscosa di Colleferro, si sa comunque che non sono poche. Effetti sicuramente cancerogeni
ha anche il cloruro di vinile, usato negli stabilimenti Montedison di Brindisi, Marghera, Terni, Bollate
e Villadossola; negli stabilimenti SIR-Rumianca di Cagliari, Porto Torres e vicino a Torino, in quelli
dell'ANIC a Ravenna, della Solvay a Rosignano e Ferrara, della Liquichimica a Matera. Alla Montedison
di Marghera, di Milano e di Massa, così come in tre depositi della SNIA e dell'IBC situati nell'hinterland
milanese, sono conservati senza sufficiente sicurezza ingenti quantitativi di fosgene, un prodotto in grado
di uccidere migliaia di persone. E si potrebbe andare avanti per pagine intere con questo drammatico
elenco di episodi già verificatisi e di pericoli sempre imminenti per la salute e spesso anche per la stessa
sopravvivenza dei lavoratori di numerose fabbriche.
Diamo un'occhiata anche alla situazione delle nostre italiche "chiare, dolci, fresche acque": ecco alcune
perle. Il fiume Lambro è morto ("in certi punti - ha dichiarato un esperto a L'Espresso - un bicchiere
della sua acqua può uccidere un elefante sul colpo"): parimenti morti possono essere ormai considerati
l'Olona e il Seveso (l'unico segno di vita dato dal Seveso è il suo periodico straripamento, con il
conseguente estendersi della sua area di inquinamento e di contaminazione). L'ex-fiume Bormida è
talmente inquinato che un pesce messo nelle sue "acque" muore più rapidamente che se tenuto
all'asciutto: il merito, in questo caso, va allo stabilimento ACNA-Montedison di Cengio che vi scarica
a turno 126 sostanze diverse. Becchino di un intero lago (quello d'Orta) è stato invece lo stabilimento
Châtillon, che ne ha ucciso ogni forma di vita con i suoi scarichi di rame. Sul punto di poter essere
considerati definitivamente morti sono pure i laghi di Nemi, Bracciano e Bolsena.
Questi pochi tratti - essenziali ma significativi - sono certo sufficienti per tratteggiare l'immagine
"ecologica" dell'Italia 1976. Un'immagine sconvolgente, un volto deturpato dalla cinica legge del
profitto.
Come sempre accade, purtroppo, c'è voluta una tragedia per "scoprire" la realtà. Ci volle il terremoto
del Belice per farci scoprire che i sismografi dello stato italiano di notte riposano (funzionavano, e forse
ancora oggi funzionano, solo di giorno). C'è voluto poi il terremoto del Friuli per sapere chi si era
mangiato i molti miliardi destinati alle popolazioni del Belice (tanto per cambiare, se li è intascati la
nostra beneamata burocrazia). Ed oggi c'è voluta la famigerata nube alla diossina di Seveso per
"scoprire" tante cose: che le multinazionali (in questo caso, la Roche) se ne fregano non solo della salute
dei loro dipendenti ma anche di quella di intere popolazioni; che l'Italia ospita fabbriche che per la loro
pericolosità sono state rifiutate da altri stati; che a volte (ed è proprio il caso dell'ICMESA) vi si
fabbricano e progettano armi micidiali poi impiegate dalle forze armate statunitensi; ecc. ecc. Mirabili
"scoperte", queste, per la nostra stampa democratica, indignata, offesa, sorpresa, e chi più ne ha più ne
metta: per noi, invece, non sono che drammatiche conferme della nostra analisi dello sfruttamento
capitalistico e tecnoburocratico, delle sue ciniche leggi, della sua intrinseca disumanità.
Se poi all'inquinamento materiale da diossina si aggiunge quello "spirituale" provocato dalla nefasta
influenza della Chiesa Cattolica - rappresentata in massa a Seveso da numerosissimi attivisti di
"Comunione e Liberazione" (piombati come avvoltoi da tutta la Lombardia) - allora il quadro si farà più
completo. I giovani integralisti cattolici di C.L. hanno fatto di tutto per minimizzare i danni ed i pericoli
della diossina e comunque per terrorizzare le donne incinte nel tentativo di dissuaderle dall'abortire.
Ancora una volta la religione è stata utilizzata al servizio del potere, contro gli interessi del popolo.
Bisogna riconoscere che da parte della sinistra rivoluzionaria (o sedicente tale) vi è in genere una
sostanziale sottovalutazione della questione "ecologica", erroneamente giudicata come un argomento
sviante, mistificante, da lasciare ai padroni perché lo risolvano loro, o in ogni caso da rimandare
all'indomani della rivoluzione. Niente di più sbagliato: si pensi che alcuni dei danni perpetrati dalle grandi
industrie pubbliche e private (e non solo da quelle chimiche) sono ormai irreparabili, nel senso che le
distruzioni operate ed i mutamenti biologici provocati sono, allo stato attuale delle conoscenze
scientifiche, irrevocabili. È sbagliato trascurare questa tematica ecologica, lasciandola gestire da
associazioni equivoche e probabilmente non disinteressate come "Italia Nostra". Non si tratta di
difendere un'astratta armonia naturale o una tradizione paesaggistica: è in gioco l'intero equilibrio
dell'ambito nel quale si svolge la nostra vita. E se i padroni si agitano solo quando lo smog,
l'inquinamento ed eventualmente anche la diossina raggiungono anche le loro case, noi dobbiamo
muoverci subito, denunciare tutte le situazioni anomale, rifiutarci di avallare con il nostro tacito assenso
le mostruosità del regime. È questa una battaglia concreta, che subito ci fa scontrare con i padroni, con
il loro sistema e la loro cinica logica: una battaglia nella quale impegnarci, nel nostro interesse immediato
(per sopravvivere e per vivere meglio) e nell'interesse dell'intera umanità. Perché l'Italia - ricordiamocelo
bene - è piena di fabbriche più o meno micidiali, di tante ICMESA sparse un po' dovunque.
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