Rivista Anarchica Online
I carri armati del desarrollo
di anonimo
Lettera dall'Argentina Nel resoconto del compagno argentino le ore drammatiche del golpe contro Isabelita - Il dileguarsi del
movimento peronista quale neve al sole - La politica antiproletaria dei generali al potere.
Siamo vissuti per oltre un mese in una situazione critica, "cruciale", contrassegnata da una serie di
episodi, che non è il caso di menzionare, caratteristici del clima agonizzante di un regime in rapida
decomposizione, con grotteschi tentativi di stabilizzare la situazione e di salvare la tanto declamata
normalità costituzionale. Filo-governativi e oppositori si prodigarono in gesti che risultano adesso
ridicoli e a volte patetici. Giorno per giorno si parlava a tutti i livelli della possibilità di un golpe, mentre
i militari mantenevano un atteggiamento ermetico e apparentemente marginale, mentre da mesi stavano
preparando questo golpe sopraggiunto nella mattina del 24 marzo con precisione matematica e senza
colpo ferire. Il complotto realizzato ai primi di dicembre da un settore delle forze aeree, comandato dal
brigadiere Capellini, mise in subbuglio l'intero paese per tre giorni, con voli raso terra sulla capitale, con
lanci di volantini "sovversivi" di contenuto fascistizzante e senza altra conseguenza che un accordo
amichevole e l'arresto per alcuni giorni del capo del complotto.
Il clima generale esistente, quindi, era in certo modo propizio a giustificare questo sbocco. Questo
tentativo fallito fu un avvertimento. Questo processo di decomposizione si accentuò al punto che una
quantità di gente, tra i quali anche dei peronisti, dichiarava a voce alta che era una situazione
insostenibile. Il generale Videla, comandante generale dell'esercito, adottò in questo caso un
atteggiamento neutrale che tacitamente giustificava l'accaduto e inoltre non prese nessuna misura
repressiva di fronte a un atto di ribellione manifesta
Quella fu un'anticipazione. Però la manovra di "salvataggio" iniziata dagli alti ranghi doveva essere
iniziata molto prima. Solo così si può spiegare il fatto che, passata la mezzanotte del giorno 23 marzo,
si siano messe in movimento simultaneamente in tutti i punti chiave del paese le unità militari che
dovevano spodestare le autorità costituite e occuparne i posti senza un minuto di ritardo. Una azione
simultanea che poté avere luogo perché l'apparente mastodontico movimento che appoggiava la "signora
presidentessa" - C.G.T., 62 organizzazioni peroniste, movimento giustizialista - risultò essere un potere
fittizio, putrido all'interno, i cui dirigenti intuendo cosa stava accadendo pensarono solo a salvare la
pelle. Ci fu un cambiamento repentino al vertice.
Per 48 ore le radio e i canali televisivi passavano, a catena, musica militare e folkloristica e comunicati
dettati dalla Junta Militare formata dal comandante dell'Esercito (Videla), della Marina (ammiraglio
Massera) e dell'Aviazione (brigadiere Agosti). Si "portava a conoscenza" della popolazione che di fronte
all'evidente decomposizione del regime che minacciava l'integrità dello stato argentino, le Forze Armate
avevano preso il potere al fine di favorire la ricostruzione del paese per arrivare a una Repubblica
autenticamente democratica.
Inoltre si minacciava con pene severe da 10 anni di prigione fino alla pena di morte chiunque avesse
preso le armi o esercitato violenza contro le Forze Armate e la Polizia. Si aveva l'impressione che gli
autori del golpe temessero qualche forma di resistenza. Così si spiega il fatto che proibirono per ben 48
ore ogni forma di spettacolo, cinema, teatro, attività sportive o altre situazioni che avrebbero permesso
di riunire molta gente favorendo l'espressione della protesta.
Il concentramento di carri armati nelle strade principale è un'altra prova di questa precauzione. Però non
vi fu niente. E tre giorni dopo tutte le attività ripresero tranquillamente. Le misure cautelative prese delle
nuove autorità si concretizzarono in: arresto della "presidentessa" e il suo trasferimento in un hotel
pubblico situato a Neuquen, in ambiente di lusso; arresto inoltre di una quantità di personaggi
rappresentativi del regime destituito sospetti di manovre delittuose; chiusura di una ventina di sindacati
dei più rappresentativi della C.G.T., come la U.O.M. (Unione Operai della Metallurgia), della
Costruzione, Telefonici, Meccanici e altri. I sindacati non coinvolti da queste misure repressive potevano
occuparsi solo di cose di ordinaria amministrazione e di servizi sociali. Tutti gli scioperi furono proibiti,
come anche - apparente imparzialità - ogni azione padronale che violasse regolamenti legali. I partiti
politici furono sciolti senza essere messi fuori legge. Gli unici che furono messi fuorilegge furono dei
partiti quasi inesistenti, quali il P.C. rivoluzionario, il P.S. dei lavoratori, il Partito Operaio Trotskista
e un altro maoista. I primi due non opposero alcuna resistenza, essendo praticamente inesistenti.
Nei comunicati trasmessi dagli organi di informazione si informò, tra l'altro, che la Junta Militare - i tre
Comandanti Generali - avrebbe designato "un cittadino che eserciterà l'incarico di presidente della
Repubblica". Si poteva pensare che si sarebbe trattato di un individuo al di fuori dell'apparato di regime,
ma non fu così. Il 26 stesso si informò che la scelta del Presidente era "caduta" sul Tenente Generale
Jorge Rafael Videla, con tutti gli attributi di un capo di stato non provvisorio (Videla faceva già parte
della Giunta). Il giorno 29 prestò giuramento ad un uditorio ristretto, puramente militare, tra cui il
Brigadiere Capellini che fu calorosamente salutato. Il giorno seguente fu designato il Consiglio dei
Ministri, composto da sei militari e due civili, a questi ultimi furono assegnati i ministeri dell'economia
e dell'educazione e cultura. Il sistema vigente attribuisce ad ogni ministero una quantità di "segretari di
stato", ognuno dei quali è una specie di sottosegretario. Furono distribuiti compiti militari in tutte le
province a individui che a loro volta nominarono altri incaricati - delle tre Forze Armate - in tutti i
Municipi, così come nell'ambito della C.G.T. e in tutte le istituzioni a carattere governativo.
Considerando l'enorme quantità degli incarichi così distribuiti che implicano la sistemazione di varie
migliaia di individui, da un lato risulta evidente la straordinaria pletora parassitaria dei colonnelli,
brigadieri, generali, comandanti e graduati, dall'altro rivela con quanta minuziosità e da quanto tempo
si stesse preparando questo vastissimo apparato governativo.
La questione economica e sociale venutasi a creare, può essere caratterizzata da un revanchismo contro
i lavoratori e dalla messa in pratica delle conosciute ricette del "liberalismo" accompagnato da uno
"statismo" sui generis, che pesa esclusivamente sui lavoratori e la piccola e media borghesia.
La proibizione di scioperi viene accompagnata da un'altra disposizione secondo la quale il Governo si
riserva di concedere aumenti salariali, che devono servire "in funzione dell'aumento della produttività".
Viene inoltre promulgata una legge "secondo la quale è permesso licenziare qualsiasi operaio o
impiegato concedendogli un indennizzo equivalente a un mese di salario per ogni anno di servizio". Sono
esclusi da tale indennizzo coloro i quali hanno diffuso "idee sovversive" o sabotato in qualche modo il
processo produttivo. Sappiamo, da notizie apparse sui giornali, che molti impresari stanno licenziando,
favoriti da queste disposizioni, delegati di sezione o altri lavoratori che, a giudizio padronale, sabotavano
la produzione. Degno rappresentante della politica economico-sociale dell'équipe Videla è il Ministro
dell'Economia Alfredo Martinez Dehoz, personaggio di tradizione oligarchica che era a capo della
presidenza del più grande complesso sidero-metallurgico, l'impresa Acindar. In un discorso di due ore
il Ministro fece un esame minuzioso della situazione del paese in questo ramo, spiegando che essa era
peggiore di quanto si credesse. Affermò con sufficiente chiarezza che tutto sarebbe dipeso dallo sforzo
produttivo, dall'aumento delle esportazioni e, implicitamente, dalla diminuzione del consumo interno
e da uno sforzo concentrato in un tempo minimo di due anni per permettere all'Argentina di sollevarsi
dall'attuale situazione disastrosa. A questo fine, tra altre misure, fu deciso lo sblocco dei prezzi,
l'aumento dei combustibili, la creazione di nuove imposte, ecc., così che praticamente i salari sono stati
congelati, posto che, vietati gli scioperi, l'unica soluzione permessa è quella di chiedere l'intervento
governativo, che risolverà la vertenza in funzione dell'aumento di produzione. A questo riguardo è
interessante notare che il nuovo governo permette l'applicazione di una clausola repressiva (contenuta
in una legge dei giustizialisti) di "sicurezza di stato", secondo la quale si può punire con la reclusione
da due a sei anni di prigione chiunque propaganderà uno sciopero dichiarato illegale dalle autorità di
lavoro. Tale illegalità risulta automatica sotto il regime attuale.
In altro ordine di cose la politica economica tende a trasferire ad attività private la maggior parte delle
industrie statali o semi-statali, elimina le restrizioni agli investimenti di capitale straniero e si pone nel
sistema ortodosso dei paesi sviluppati. Evidentemente questo liberalismo economico fa una eccezione,
per ciò che concerne il movimento operaio, cioè lo stato si riserva il diritto di maneggiarlo a suo
piacimento e mantenerlo in stato di ibernazione.
Questa, a grandi linee, la situazione conseguente al golpe del 24 marzo. Per completare il quadro è
necessario segnalare che si sono costituiti consigli di guerra per giudicare coloro che contravvengono
alla legge sulla detenzione di armi ed esplosivi: si attendono dure sentenze contro vari processati.
Tutto questo impressionante apparato repressivo non ha impedito che ci siano stati assalti ed assassinii.
Finora sono stati liquidati una decina di poliziotti, inclusi due commissari di alto rango. Dall'altra parte
si trovano quotidianamente ovunque cadaveri, quasi sempre di giovani studenti, che rivelano la stessa
tecnica omicida che da due anni vanno esercitando le formazioni parapoliziesche. Così il regime giustifica
la necessità di eliminare la violenza sovversiva di qualsiasi segno.
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