Rivista Anarchica Online
Generale Maletti, Rumor ha parlato: confessa!
di R. Brosio
La pista tricolore della strage di Stato Quando sei anni fa scrivevamo che le responsabilità della strage di piazza Fontana andavano fatte
risalire alle alte sfere dello Stato, le sinistre democratiche alzavano le spalle e non davano peso alle
solite accuse dei soliti anarchici "fissati e vittimisti" - Sei anni dopo, però...
E così Maletti e La Bruna, rispettivamente generale e capitano del SID, massimi 007 del Servizio
Segreto Italiano, sono finiti in galera. L'accusa principale è di aver favorito la fuga del fascista Pozzan,
sul quale gravano pesanti sospetti di essere, con Freda e Ventura, uno dei responsabili diretti della strage
di Piazza Fontana, nell'ormai lontano 1969. Inoltre, pare che i due solerti funzionari abbiano anche
tentato di far evadere lo stesso Freda, avvalendosi dei servigi di Guido Giannettini, altro irreprensibile
galantuomo attualmente in galera, sempre per le bombe del 1969. Le giustificazioni degli accusati (non
conoscevano la reale identità di chi li aiutavano ad espatriare) sono tanto misere da diventare quasi delle
prove a carico, ma non è questa l'unica considerazione cui la vicenda si presta.
Infatti, se Maletti e La Bruna hanno tenuto mano ai fascisti, se li hanno protetti anche dopo che ignari
magistrati li avevano formalmente incriminati per la strage del '69, significa che essi stessi non vi erano
estranei, e se quindi neppure il SID, per quanto corpo separato, si è dato da fare ad organizzare congiure
da solo, senza preoccuparsi di ricercar coperture "più in alto", c'è da supporre che qualche
rappresentante della classe politica fosse, per lo meno, a conoscenza dei maneggi e delle trame, se non
addirittura, li abbia ispirati. C'è, ampiamente, da rabbrividire al pensiero di quale razza di "tutori
dell'ordine democratico" imperversi nel nostro paese. Queste, si badi, non sono illazioni gratuite,
avanzate dai "soliti anarchici" dalla mente distorta. Sono discorsi che, in tutta serietà, abbiamo trovato
sulla maggior parte dei giornali, a commento dell'incriminazione di Maletti e La Bruna. Noi, gli anarchici
dalla mente distorta, non abbiamo più bisogno di farli. Queste verità le abbiamo affermate da tempo, fin
dal giorno dopo le bombe, mentre la polizia ci perquisiva le case, le sedi, le redazioni, mentre i compagni
venivano fermati in questura (ma non "fermati" quando "si buttavano" dalla finestra), mentre i giornali
sproloquiavano sul terrorismo anarchico, sulla nostra malvagità e sete di sangue. Abbiamo subito
indicato all'opinione pubblica non solo l'innocenza di Valpreda, non solo l'assassinio di Pinelli, ma anche
la matrice statale della strage, la sua funzione provocatoria e reazionaria, la sua attitudine ad essere
sfruttata per scopi autoritari. Abbiamo parlato per primi di strategia della tensione e per primi ne
abbiamo indicato i responsabili e gli esecutori: classe politica corpi separati dello stato, organizzazioni
fasciste. E anche dopo, quando l'idea dell'innocenza di Valpreda in particolare e degli anarchici in
generale è stata accolta dal potere politico e giudiziario, per spostare il tiro sui fascisti e sulle "trame
nere" anche allora abbiamo ribadito che i fascisti non erano che dei burattini, che le responsabilità
organizzative, di gestione e utilizzazione dell'intera vicenda, andavano ricercate più in alto.
Ma, si sa, erano discorsi da anarchici fissati e vittimisti, e quindi avevano scarsi valore. I discorsi "seri",
"obiettivi", "confortati dai fatti" erano quelli che il potere ammanniva ai cittadini, cioè il balletto delle
versioni ufficiali sempre più imbarazzate e sempre più reticenti: sono stati gli anarchici, forse sono stati
gli anarchici, forse sono stati i fascisti, sono stati i fascisti, sono stati i fascisti forse aiutati da qualcuno...
Noi abbiamo sempre detto "è stato lo Stato" (si perdono il bisticcio) e non vediamo ormai come sia
possibile negarlo, se è vero che il SID ha amministrato l'intera strategia della tensione, se ha intrallazzato
con loschi figuri dalle ambizioni golpiste, se ne ha coperto le imprese con una rete di connivenze e di
quattrini. Ma a suo tempo, ci è stato risposto che esageravamo, che parlavamo per partito preso, che
le nostre interpretazioni erano frutto di preconcetti anarchici sul potere. Di più, per queste nostre
"esagerazioni", per questi nostri "preconcetti", siamo stati spesso chiamati in tribunale e condannati per
le offese che arrecavamo sulla nostra amata democrazia. Come la mettiamo adesso? Come si sentono
quelli che hanno seguito pedissequamente la trafila delle versioni ufficiali, che sono partiti segnandoci
a dito come mostri sanguinari, che hanno accettato di cambiare un po' delle loro idee ogni volta che una
nuova versione veniva loro proposta, e che adesso si ritrovano a dover dare ragione? Come si sentono
i giornalisti che si sono offesi quando li abbiamo chiamati pennivendoli del regime, voce del padrone?
Cosa dicono i poliziotti che ci hanno denunciato per vilipendio delle istituzioni, i giudici che ci hanno
condannati?
Ma la gente, si sa, ha la memoria corta, specie quando i ricordi sono imbarazzanti. Qualcuno obietterà
che stiamo facendo del chiasso fuori luogo, perché Maletti e la Bruna non sono ancora stati riconosciuti
colpevoli, sono solo accusati e come tali hanno diritto al beneficio del dubbio, alla sospensione del
giudizio in attesa del verdetto finale. A parte il fatto che, nel nostro paese, i "verdetti finali" sugli uomini
del potere hanno il valore che tutti sappiamo (oltre a non essere molto solleciti), non possiamo fare a
meno di notare che un tale trattamento non sarebbe esattamente quello che ci è stato riservato ai tempi
della strage. Anche noi eravamo soltanto accusati eppure siamo stati definiti "mostri", "bestie umane":
vi ricordate i titoli dei giornali, nei giorni dell'arresto di Valpreda? Possiamo avere il permesso di usare
gli stessi termini per Maletti e La Bruna? I morti, i mutilati, il sangue sparso a litri nel salone devastato
della Banca dell'Agricoltura, la teoria di bare sul sagrato, tutto questo pesa ora sulla loro coscienza e
con il sostegno di prove assai più convincenti che la testimonianza di un tassista ubriacone e bugiardo.
Possiamo allora frugare nella loro vita intima, gettar fango sulle loro abitudini, inventare qualche
particolare piccante? Possiamo toglierci il gusto di andare a dir loro (un "normale espediente
inquisitorio"): "Rumor ha confessato, parlate!", per vedere se si buttano dalla finestra?
È chiaro che non possiamo. Per Maletti e La Bruna, a motivazione di quanto hanno fatto, non si possono
tirare in ballo distorte idee anarchiche, le frustrazioni di ballerino fallito, il piede zoppo per il morbo di
Bürger. Essi hanno in testa, certamente, sani propositi d'ordine e legalità, la loro carriera passata è
brillante, il loro fisico non sarà quello di James Bond, ma è comunque esente da deformità. Quello che
hanno fatto, l'hanno fatto per servizio, per dovere, per ragione di stato. Per loro, si può parlare soltanto
di "deviazione dai compiti istituzionali", non di strage. Soprattutto, se ne può parlare sette anni dopo,
quando nessuno si ricorda più nulla, in margine ad un processo che non si farà mai.
Il vero criminale è lo stato? Per carità, tutti preconcetti.
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