Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 38
aprile 1975


Rivista Anarchica Online

Con la coda tra le gambe
di L. L.

La fotografia, apparsa su molti quotidiani, dell'ambasciatore americano in Cambogia John Gunther Dean che scappa da Phnom Penh con la bandiera americana sotto il braccio, è forse una delle immagini più eloquenti della disfatta americana in Indocina. Raccattate le loro cose, dopo anni di stragi, di bombardamenti, di torture, gli americani se ne vanno e i burocrati di Washington si preparano a chiudere la "pratica Indocina" nella colonna delle perdite. Gli americani hanno dovuto piegare la testa e andarsene nonostante le loro immense possibilità belliche e nonostante i loro dollari.
Nelle intenzioni del pentagono e della C.I.A., la Cambogia non doveva più servire da rifugio per i vietcong, poiché i famosi "santuari" in territorio cambogiano erano una spina nel fianco dell'esercito U.S.A.. Così nel 1970 un colpo di Stato depose il principe Sihanuk ed il potere veniva assunto da un fedele servitore della C.I.A., il generale Lon Nol.
Dopo anni di strapotere in Indocina il governo americano prova oggi l'amaro sapore della sconfitta e questo non può ovviamente che farci piacere. La sconfitta nel Vietnam deve essere per loro ancora più bruciante di quella in Cambogia poiché nel conflitto vietnamita gli americani avevano giovato anche molta della loro credibilità e il loro goffo tentativo di "vietnamizzare" la guerra si è risolto con un fiasco completo. Infatti il regime di Van Thieu, senza l'esercito americano e nonostante i rifornimenti di una quantità enorme di armi e la collaborazione dei servizi segreti U.S.A., si è dimostrato inconsistente tanto quanto il suo esercito mercenario, che si sta sfaldando sotto i colpi dei guerriglieri comunisti.
La vittoria dei comunisti nel Vietnam del Sud, non comporterà, prevedibilmente, una immediata riunificazione con il Nord; la prima tappa sarà, con tutta probabilità, la costituzione di un governo di coalizione fra alcune frange dell'attuale cricca al potere ed i rappresentanti del Governo Rivoluzionario Provvisorio. Solo l'ostinazione di Van Thieu nel non voler mollare il suo scranno rende più difficile questa operazione, peraltro inevitabile. Quello che stupisce è che il pretendente alla successione sia il generale Cao Ky, un nazista, l'elemento più a destra di un governo reazionario.. Come sarà possibile l'intesa tra quest'ultimo e i rappresentanti dei vietcong è per noi un mistero, ma le capacità di mediazione dei politici sono infinite e certamente sapranno risolvere anche questo problema apparentemente insolubile.
La riunificazione tra Nord e Sud è ormai solo questione di tempo e le pressioni esterne contribuiranno in forte misura a determinare le modalità e i tempi di attuazione. Per il Vietnam del Sud si apre un periodo nuovo, ma francamente non crediamo si possano verificare condizioni favorevoli alla rivoluzione sociale, come invece molti amano credere. La propaganda di sinistra, ufficiale e soprattutto extra-parlamentare, sta infatti mitizzando quanto avviene nel Sud-Est asiatico. Vediamo quali sono le forze in campo. Da un lato abbiamo il regime corrotto e fascista di Saigon, privo di un qualsiasi seguito nel Paese e che si sostiene unicamente grazie all'appoggio di Washington. Dall'altro vi sono i vietcong e i Nord-vietnamiti. I primi non sono (o lo sono forse alcune frange minoritarie) dei rivoluzionari; essi possono, in una certa misura, essere paragonati ai partigiani italiani: un coacervo di forze sociali e politiche diverse fra loro, dai comunisti ai moderati, dai cattolici ai buddisti, dai rivoluzionari ai dissidenti del regime scopertamente fascista di Thieu. Un fronte popolare unito da un obiettivo comune: la lotta contro gli americani e i loro collaborazionisti. Un movimento antifascista di liberazione, ma non per questo rivoluzionario. E nemmeno i dirigenti Nord-vietnamiti possono essere definiti rivoluzionari; essi sono i rappresentanti di uno Stato in guerra contro il neocolonialismo americano per ottenere l'indipendenza nazionale. Inoltre non dobbiamo dimenticare che questi dirigenti hanno annullato nel sangue tutte le opposizioni di sinistra nel Nord-Vietnam e si preparano a comportarsi nello stesso modo nel Sud-Vietnam "liberato".
Forse la nostra posizione potrà sembrare strana a qualche lettore: tutti questi anni di guerra contro gli invasori americani hanno distorto l'obiettività di giudizio; come era logico, sentimentalmente le simpatie e il sostegno sono andate (giustamente) a chi si opponeva, armi alla mano, ad una palese e brutale ingiustizia; ma bisogna precisare che esercito di liberazione non è sinonimo di movimento rivoluzionario. Lo riscontriamo nella storia e nei fatti attuali: tutti i movimenti di liberazione e di indipendenza nazionale hanno dimostrato di essere il nucleo di una nuova classe dirigente che vuole abbattere il colonialismo per instaurare il proprio potere. I dirigenti vietcong non fanno eccezione a questa regola.
Molti, fra qualche tempo, resteranno delusi per gli sviluppi politici che si avranno in Vietnam q penseranno che la rivoluzione ancora una volta è stata tradita. Purtroppo non ci sarà stato alcun tradimento ma si tratterà del logico sviluppo di un processo di cui già oggi sono identificabili i tratti dominanti. La guerra di liberazione, se da un lato ha mostrato al popolo la sua forza e le sue capacità, dall'altro ha ritardato inevitabilmente la sua presa di coscienza dei suoi reali interessi. La lotta contro il "grande nemico esterno" ha impedito ai contadini ed operai di individuare i loro nemici vietnamiti, i nemici della loro classe sociale, cioè i dirigenti che si sostituiranno a quelli attuali.
Sono parole che suonano male nel clima di euforia generata dalle vittorie dei Khmer rossi e dei vietcong, ma è una verità che non ci dobbiamo nascondere. Rimane la potenzialità rivoluzionaria di un popolo che ha combattuto per cacciare i neocolonialisti americani, come diversi anni fa ha cacciato i colonialisti francesi. Quando questo popolo si accorgerà che i suoi generosi sforzi sono serviti solo per sostituire ad un padrone bianco un padrone con il suo stesso colore di pelle, forse riprenderà la lotta.

L. L.