Rivista Anarchica Online
Ricordando Aurelio Chessa
di Paolo Finzi
Il 26 ottobre scorso, a Rapallo, è morto Aurelio Chessa. Era nato 83 anni
fa a Putifigari (Sassari) e da qualche
mese le sue condizioni di salute erano andate aggravandosi a causa di un tumore, tanto che da Cecina - dove da
qualche anno resiedeva ed aveva trasferito l'Archivio Famiglia Berneri - dopo qualche ricovero in ospedale si era
trasferito a Rapallo, dove resiedono la figlia Fiamma ed il nipote Marzio. Con lui scompare un militante anarchico
ben conosciuto, che ha occupato un posto di tutto rilievo nelle attività - soprattutto editoriali e culturali
- del
nostro movimento, nell'ultimo mezzo secolo. A Genova, dove ha risieduto fino alla fine degli anni '60, è
stato
uno dei promotori delle attività dei Gruppi Anarchici Riuniti, contribuendo quotidianamente per oltre un
ventennio all'apertura della storica sede (tuttora aperta) di piazza Embriaci. All'indomani della morte di Giovanna
Caleffi Berneri (compagna di Camillo Berneri, militante e pensatore anarchico assassinato dagli stalinisti a
Barcellona nel '37), Aurelio inizia ad occuparsi dell'Archivio Famiglia Berneri, che diventerà il fulcro
della sua
instancabile attività - prima a Pistoia, poi ad Iglesias, a Genova, nuovamente - per tanti anni - a Pistoia,
per poi
finire a Cecina dopo una breve parentesi pugliese. Aurelio, che - ferroviere - era quanto di più lontano
si possa
immaginare dalla classica figura dell'"intellettuale", ha saputo per decenni tenere in vita ed allargare l'Archivio,
facendone un punto di riferimento sia all'interno del movimento anarchico sia - soprattutto - per studenti, studiosi,
ecc., che numerosi lo hanno consultato, favoriti dall'eccezionale ospitalità di Aurelio, che - se gli erano
simpatici
- offriva loro non solo un letto per dormire, ma anche squisiti pranzetti. Era un ottimo cuoco, nella sua cucina gli
ho sempre invidiato la sfilata di vasetti con cibarie conservate o fresche deliziose (mitica la bottarga). In campo
editoriale, oltre alle edizioni dell'Archivio Famiglia Berneri (che hanno tra l'altro avuto il merito di riproporre
molti scritti sconosciuti e inediti/introvabili di Berneri), Aurelio va ricordato per il suo contributo alle edizioni
RL, alla collana Vallera, ecc.. Per anni è stato lui, dietro alle quinte, ad assicurare la continuità
editoriale ed
amministrativa della rivista Volontà, a lui particolarmente cara. E poi ha seguito con
particolare attenzione la vita
de L'Internazionale e dei Gruppi d'Iniziativa Anarchica (GIA), di cui era stato - nel '65 - uno dei
promotori della
nascita, nella lacerante scissione dalla Federazione Anarchica Italiana (FAI). Aurelio era in corrispondenza con
centinaia di persone - compagni, studenti, vedove di compagni, detenuti, giovani, negli Stati Uniti come in
Australia. Era al centro di una fitta rete di iniziative e di relazioni. Era, a mio avviso, un compagno buono, con
un cuore grande, ospitale - come prima ricordato - sensibile. Aveva, in questo, fatta propria la migliore tradizione
dell'anarchismo, filtrata tramite la frequentazione di quei militanti di almeno una generazione più vecchi
di lui
(e di due o tre generazioni più vecchi di me), l'affetto verso i quali ci accomunava: Alfonso Failla,
Umberto
Marzocchi, Pio Turroni e tanti, tanti e tante altre. E questo aldilà delle divergenze politiche, dell'essere
della FAI
o dei GIA o quant'altro. A testimonianza di questo suo affetto, c'erano le decine, centinaia di foto di compagne
e compagni, che conservava gelosamente e fieramente teneva esposte, quasi una sintesi del suo profondo vincolo
con quel movimento anarchico che era il suo mondo, ma anche la fonte delle sue non infrequenti incazzature.
Aveva infatti, il nostro Aurelio, un carattere spigoloso, difficile, a tratti scontroso. Chi non ha litigato anche
accesamente con lui (e forse qualcuno ci sarà) alzi la mano. Pio Turroni, in proposito, amava ricordare
le origini
sarde e la forte, orgogliosa "sardità" di Aurelio: ma non basta e probabilmente non c'entra. Anche nel suo
modo
di gestire le numerose iniziative di cui era al centro molti - ed io tra loro - hanno avuto modo di esprimere dissensi
e riserve: ricevendo da Aurelio risposte non propriamente da educanda. Ma l'uomo era fatto così e
così andava
preso, in blocco. Anche perchè, dietro quella scorza ruvida ed a volte insopportabile, sentivi sempre
un'onestà
di fondo, l'attaccamento all'ambiente anarchico, la generosità. Ora Aurelio non c'è più.
Non ha voluto funerali,
ai quali certamente saremmo andati in tanti, perchè in tanti Aurelio ha lasciato un segno umano. Si
è fatto
cremare. Nell'obitorio dell'ospedale di Rapallo l'ho visto per l'ultima volta. Mentre mi recavo là, pensavo
alle
parole che forse avrei avuto occasione di pronunciare ai suoi funerali (come mi era capitato di fare con altri vecchi
compagni). Il suo volto, composto nell'immobilità della morte, mi sembrò lanciarmi un ultimo
saluto: un
abbraccio a tutti i compagni che gli hanno voluto bene ed un sonoro "Affanculo!", come quello che tante volte
ci ha propinato. Caro, vecchio, insopportabile Aurelio. Ci mancherai.
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