Rivista Anarchica Online
Berneri a Roma
di Pietro Adamo
Camillo Berneri (1897-1937) è stato tra gli intellettuali italiani più
creativi e importanti attivi tra le due guerre
mondiali. Dalle file socialiste passò ancora diciottenne all'anarchismo, cui portò grande passione
per
l'approfondimento storico e filosofico. Nei primi anni Venti accompagnò costantemente all'impegno
militante
lo sforzo di conferire all'anarchismo dimensioni teoriche e politiche che ne valorizzassero le potenzialità
immediate, mettendo in discussione le molte sfaccettature della vulgata comunista movimentista e massimalista
prevalenti nel movimento anarchico. Allievo di Gaetano Salvemini, tra i suoi punti di riferimento privilegiati nel
panorama culturale italiano troviamo il socialismo libertario e il radicalismo liberale: collaborò infatti
alle riviste
di Piero Gobetti e intrecciò un dialogo/confronto con Carlo Rosselli proseguito sino alla morte. Costretto
all'esilio
dai fascisti, fu espulso più volte da diversi paesi europei. All'epoca della rivoluzione catalana fu tra i
più influenti
leader anarchici. Nella notte del 5 maggio 1937, mentre infuriavano gli scontri per le strade di Barcellona, il corpo
di Berneri fu ritrovato dalla Croce Rossa in Plaza de la Generalitat. Sappiamo ormai da decenni - al di là
di ogni
dubbio - che l'omicidio fu perpetrato da un commando di stalinisti, forse composto anche da italiani, sicuramente
ispirato dagli agenti di Stalin. In seguito i comunisti - primo fra tutti proprio Togliatti, nel maggio 1937 segretario
dell'Internazionale - hanno cercato pateticamente di negare ogni addebito, dichiarandosi estranei ai fatti. In
verità,
le giornate di Barcellona si sono rivelate - più di Makhno, più di Kronstadt - l'episodio più
emblematico della
relazione tra l'anarchismo e il comunismo, segnalando l'incompatibilità di fondo tra i due progetti, una
incompatibilità particolarmente evidente nel momento storico in cui il comunismo mondiale
sovietico-dipendente
assumeva con maggiore decisione fattezze totalitarie. Proprio per questo motivo il convegno su Camillo Berneri,
organizzato dal Centro studi libertari di Milano, dalla "Rivista storica dell'anarchismo" e dal "Manifesto" e
tenutosi a Roma presso la libreria del "Manifesto" il 19 ottobre 1996, ha costituito un'importante occasione di
confronto e di analisi. La partecipazione del "Manifesto" all'impresa segnala che negli stessi ambienti comunisti
la necessità di trovare strumenti e percorsi nuovi, dopo il fallimento del comunismo reale, si coniuga con
l'esigenza di una revisione complessiva della loro tradizione e della loro storia. L'incontro è stato
coordinato da
Pietro Masiello, vera anima organizzativa del convegno. Hanno portato il loro contributo Enzo Santarelli (con
un'introduzione generale); Gianni Carrozza, che si occupa di Berneri ormai da decenni e che ha illuminato i
motivi principali dell'analisi berneriana del fascismo; Francisco Madrid Santos, autore di una quasi monumentale
monografia su Berneri, che si è qui concentrato sui risvolti del tema del federalismo; Claudio Venza, che
ha
spiegato il ruolo giocato dall'anarchico italiano in Spagna; Costanzo Casucci, impegnato nella ricostruzione dei
rapporti di fratellanza/antagonismo tra Rosselli e gli anarchici. Marco Scavino ha invece illustrato le radici
comuni dell'esperienza radical-liberale di Piero Gobetti e di quella anarchica di Berneri, identificando nel
magistero di Salvemini uno dei più significativi trait d'union tra i due. Infine, Goffredo Fofi,
che ha appena
mandato in libreria una nuova antologia berneriana da lui curata (Umanesimo e anarchismo, edizioni e/o), ha
appassionatamente "attualizzato" Berneri, mostrando come la sua lezione etica e politica sia ancora valida e come
i suoi suggerimenti e le sue analisi si rivelino ancora vitali per il movimento libertario del tardo ventesimo secolo.
Uno degli aneddoti fofeschi è irresistibile: nei tardi anni Cinquanta, a un convegno del "Mondo"
pannunziano,
il giovane Fofi si ritrova seduto accanto un arzillo vecchietto, il quale, finiti gli interventi, invita tutti i presenti
a cantare l'Internazionale; Fofi non la conosce e quindi tace, osservato con riprovazione dal vecchietto, il quale,
terminata la canzone, gli affibbia un sonoro ceffone; sentite le spiegazioni del povero Fofi, lo convoca il giorno
successivo dandogli un indirizzo. Si trattava della sede di "Umanità Nova" e il "vecchietto" era Armando
Borghi.
Il culmine del convegno è stato certamente la tavola rotonda finale, coordinata da Aldo Garzia, in cui le
problematiche storico-culturali relative alla figura di Berneri sono state reinterpretate in chiave più
immediatamente politica. Enzo Santarelli ha invitato gli anarchici a non mitizzare la rivoluzione catalana e a
tenere presente il più ampio sfondo europeo degli anni Venti e Trenta. Valentino Parlato, pur ammettendo
l'utilità
di un confronto con Berneri e ciò che ha rappresentato, ha rivendicato la centralità del comunismo
tra le ideologie
emancipatorie del ventesimo secolo, invitando a non confondere la necessità di una revisione e di una
rianalisi
con il bando al comunismo in quanto tale. Un lucido Nico Berti ha messo in discussione i presupposti stessi degli
argomenti di Parlato; il comunismo, lungi dall'essere ideologia emancipatoria, si è invece rivelato una
delle forme
più rilevanti del totalitarismo novecentesco; e questo risultato non si configura come un semplice prodotto
della
casualità storica, ma piuttosto come uno degli approdi logici del marxismo, come Berneri e gli altri
anarchici
avevano ben compreso sin dagli anni Venti del secolo. Gabriele Polo, del "Manifesto", ha insistito sulla
necessità
di cercare percorsi comuni, mentre Claudio Venza, chiudendo la prima serie di interventi, ha ripercorso i difficili
rapporti tra anarchici e comunisti, che i secondi hanno in genere impostato - quando hanno potuto - in modo
autoritario e repressivo. Nella seconda tornata l'imbarazzo dei marxisti - argomentativo prima ancora che politico
- era più che palese; mentre Parlato ha insitito nella sua difesa dell'eredità storico-culturale del
comunismo, per
lo meno in Occidente, Santarelli non ha trovato di meglio che appellarsi al "principio della tolleranza" (tra
comunisti e anarchici). Berti è stato nuovamente incisivo, ponendo il dito, per così dire, sulla
piaga maggiore: il
pensiero comunista resta saldamente imperniato, sia pure non più in una prospettiva apertamente
rivoluzionaria,
su una concezione del rapporto mezzi/fini che sembra ancora postulare amenità come "la dittatura del
proletariato", l'uso dello stato da parte di una particolare classe in termini emancipatori per l'umanità
intera, ecc.
Il convegno ha registrato un ottimo successo di pubblico, con giovani e meno giovani; sono stati particolarmente
presenti i compagni del circolo Bakunin.
|