Rivista Anarchica Online
La guerra del golf
di Claudio Albertani
Il campo da golf no. Cronaca di un'autogestione
Tepoztlán: The-poet's-land, la terra del poeta.
Lawrence Ferlinghetti
Tepoztlán è un cittadina dello stato messicano del Morelos abitata da un'antica
comunità india e da un nutrito
gruppo di stranieri che ne apprezzano la posizione ed il clima. Da anni, le sue ricche tradizioni attraggono
l'attenzione di antropologi e artisti. Negli ultimi tempi, Tepoztlán ha occupato le pagine della cronaca
internazionale - ne hanno parlato tra gli altri The New York Times, Le Monde e
il Manifesto - per la lotta dei suoi
abitanti contro la costruzione di un lussuoso club di golf con 600 residenze, un hotel da 5 stelle, un eliporto ed
un lago artificiale: un progetto da 700 milioni di dollari, promosso dal consorzio finanziario multinazionale KS,
a dispetto dell'equilibrio ecologico della regione, affetta da una cronica scarsità d'acqua. Esemplare
e creativa, la risposta dei tepoztechi va letta all'interno della trama dell'effetto Chiapas e sull'onda
lunga del fenomeno storico zapatista, nato non lontano, tra le comunità agrarie delle terre basse dello
stato. "Non
volevano cambiare e per ciò stesso fecero una rivoluzione" scrisse anni fa lo storico John Womack a
proposito
dei contadini allora insorti. Alla fine del secolo, mentre ovunque trionfa la passione dell'arricchimento e si
impongono i riti asettici
dell'economia, il paradosso si presenta di nuovo in questa rivolta dove passato, presente e futuro si intersecano
in continuazione. Per quanto remota, l'esperienza di Tepoztlán dimostra che il denaro non può
tutto e ci aiuta a
pensare un altrove possibile, un luogo di ricostruzione dell'identità fondato sulla tensione comunitaria e
la
passione ludica.
Sotto il vulcano Due imponenti catene montagnose attraversano il Messico
da nord a sud. La loro congiunzione dà origine a un esteso altopiano che è il centro geografico
e politico del paese. Mentre a nord
le terre alte declinano impercettibilmente fino a confondersi con deserti e steppe, a sud una scoscesa cordigliera
separa Città del Messico dalle regioni meridionali del Morelos e del Guerrero. L'autostrada che valica la
possente
Sierra del Ajusco discende verso Cuernavaca attraverso paesaggi che vanno dall'alpino al subtropicale. Sullo
sfondo, sempre coronato da un alone di nubi, si scorge il maestoso vulcano Popocatepetl (m 5.452). A poco
più 60 chilometri dalla capitale, quando le conifere sono gradualmente sostituite da una vegetazione
più
esuberante di tipo sub tropicale, una deviazione in direzione sud-est conduce a Tepoztlán, proseguendo
poi verso
Puebla e Oaxaca. Situato ad un'altezza di 1700 metri, il pueblo ha circa 20 mila abitanti ed
è sovrastato dalla Sierra del Tepozteco,
un insieme unico di forme scolpite nella roccia, coni, torri anfratti e piramidi naturali. Ritta sulla cima di uno dei
dirupi, la suggestiva piramide del Tepoztecatl, perfetto esempio in piccola scala di architettura mesoamericana,
appare quale depositaria di una tenace identità collettiva. Per entrare in paese è necessario
lasciare l'autostrada e discendere una serie di tornanti, fino a giungere al zocalo
dietro cui torreggia l'imponente convento domenicano del secolo XVI. Dal settembre 1995, i visitatori sono
ricevuti con un grande striscione: "Benvenuti a Tepoztlán, un paese che difende le sue usanze. No al club
di golf".
Dietro lo striscione c'è una barricata e dietro la barricata una lunga storia.
Le origini Tepoztlán è abitata fin da tempi remoti.
Nell'antichità fu un importante centro cerimoniale, al crocevia tra
l'altopiano e la regione calda delle terre basse. Gli abitanti, appartenenti alla tribù tlahuica, provenivano
dal mitico
Chicomostoc, (luogo delle sette caverne), la patria originaria del nord da cui, secondo la tradizione, arrivarono
in epoche successive anche i toltechi e gli aztechi. Come gli aztechi (con i quali però i rapporti furono
sempre
difficili), i tlahuica parlavano nahuatl ed alcuni archeologi hanno suggerito che Ce Acatl- Topiltzin, una delle
incarnazioni del mitico Quetzalcóatl (serpente piumato), sia nato proprio a Tepoztlán verso l'anno
800. Più o meno nello stesso periodo, vi sorse il culto a Ometochtli, divinità legata al pulque,
la bevanda alcolica più
diffusa nel Messico antico. Considerato un dono degli dei, il pulque si estrae dal maguey, una varietà di
agave
comune in Messico e particolarmente diffusa nella parte alta delle montagne di Tepoztlán. Per i tlahuica,
il
maguey era una pianta di grande importanza: le foglie servivano a fabbricare carta; la polpa, spessa e carnosa,
curava le ferite; le spine erano usate per cucire e le fibre erano trasformate in corde e tessuti. La linfa, che gli
spagnoli chiamarono aguamiel, è un liquido fresco e refrigerante di grande utilità
nei mesi della stagione secca.
Opportunamente fermentata produce il pulque. Tra le divinità associate al maguey, vi erano
Mayahuel, a cui si attribuisce il merito di aver per prima estratto
l'aguamiel ed il più famoso Ometochtli, letteralmente "due conigli", che prendeva il nome
dalla data del
calendario rituale in cui era festeggiato.
Gli dei protettori A Tepoztlán si adorava Tepuztecatl (Tepozteco nella
dizione spagnola), una delle più importanti manifestazioni
di Ometochtli e vi giungevano pellegrini da contrade tanto lontane come Chiapas e Guatemala. Narra il frate
cronista Bernardino de Sahagun che la festa si celebrava durante il tepeilhuitl, tredicesimo mese dei
diciotto del
calendario messicano, corrispondente al nostro ottobre. In Messico, è il mese in cui finisce la stagione
delle piogge e la natura è al massimo dello splendore: tutto è verde
ed i torrenti sono gonfi d'acqua. Il mais è maturo e questo suggerisce un significato propiziatorio, attinente
al ciclo
agricolo. L'intera comunità, uomini e donne, vecchi e bambini, partecipava alla cerimonia. Un grande
stendardo con
l'immagine della divinità veniva issato sulla cima della piramide, mentre, nel patio di fronte, si collocava
un
enorme recipiente pieno di pulque da cui ognuno attingeva per mezzo di apposite canne. Seguivano canti,
danze, offerte di incenso, fiori, piume e cibo. La festa, che assumeva toni orgiastici simili ai riti
dionisiaci della Grecia antica o ai baccanali romani, durava vari giorni. In essa si celebrava la vita, l'eterno
rinnovarsi del tempo, ed il contatto libero e familiare tra le persone. L'effetto inebriante della bevanda
favoriva la comunicazione ed agevolava la rimozione di barriere sociali e
morali. Nel ritmo agitato della festa, il sacro era oggetto di burla e diventava legittimo qualsiasi atto. Per
i macehuales (contadini) sottoposti alle vessazioni del tributo, era una fuga dalla vita ordinaria
mentre per
guerrieri e sacerdoti era un'occasione di contatto mistico con la divinità.
La resistenza Tepoztlán fu conquistata varie volte, prima dai toltechi
poi dagli aztechi, infine dagli spagnoli. Ogni volta
arrivarono nuovi costumi, influenze ed idee religiose, però la comunità riuscì sempre ad
assorbire tutto. Il cronista
spagnolo Bernal Díaz del Castillo ne ricorda le "belle indie" e lo spirito battagliero. Quando - narra Bernal
- nel
corso della campagna contro gli aztechi, Cortés piegò a sud per prendere alle spalle Tenochtitlan
(capitale
dell'impero e la futura Città del Messico), incontrò da parte dei tlahuica di Tepoztlán una
fiera resistenza. Essi
si rifiutarono di sottomettersi alle ripetute intimazioni di resa e, come rappresaglia, gli spagnoli bruciarono la
metà
delle loro case. In seguito, il villaggio passò per una difficile fase di assimilazione culturale in cui
i riti e le divinità locali furono
poco per volta sostituiti dalla religione dei vincitori. Conclusa l'attività bellica, alla Chiesa fu affidato il
compito
di portare a termine la conquista spirituale ed i frati crearono delle confraternite religiose che, come in Spagna,
si occuparono di organizzare messe, processioni, canti e feste. Tepoztlán venne suddivisa in
barrios (quartieri),
sulla base dei precedenti raggruppamenti clanici detti calpulli. Ciascun barrio fu
intitolato a un santo e dotato di una cappella, spesso edificata sulle rovine di una piramide. Per i missionari,
le feste servivano da pretesto per diffondere la dottrina cristiana. Tuttavia, i tepoztechi - come
del resto altri abitanti dell'America spagnola - "indianizzarono" i santi identificandoli con gli esseri soprannaturali
che proteggono la comunità dalle aggressioni esterne. Le confraternite destinarono al finanziamento
delle festività la coltivazione delle terre comunali, riattivando
l'antico regime di lavoro collettivo chiamato coatequitl, da cui, con il tempo, nacque una peculiare democrazia
comunale.
La festa Gli abitanti del Morelos amano la musica, la corrida,
i combattimenti di galli e grandi feste in cui il sacro e
l'ordine gerarchico si trasformano in riso dissacrante ed unione di tutto con tutti. Si dice che una delle prime
azioni di Zapata sia avvenuta proprio nel corso di una festa di paese, trasformata in una manifestazione contro
la dittatura di Porfirio Díaz. A Tepoztlán le feste hanno un sapore particolare: ogni
barrio (ve ne sono sette) ne organizza almeno un paio
all'anno solo per patroni e santi minori. A ciò bisogna aggiungere i Morti, la Vergine della Guadalupe,
il Natale,
i Re Magi, la Pasqua e l'anniversario del Tepozteco. In quest'occasione, dopo un pellegrinaggio notturno alla
piramide, si rappresenta in nahuatl l'opera teatrale La sfida del Tepozteco, che narra le vicende
dell'eroe locale
il quale, per salvare la comunità dai conquistatori, abiura la religione dei padri e si converte al
cristianesimo. Vi è poi il carnevale con il famoso ballo del chinelo, animato da bande
musicali finanziate dai comitati di barrio,
eredi delle antiche confraternite. I partecipanti indossano una tunica di velluto nero, profusamente ricamata in
colori sgargianti e motivi vari. La maschera, dipinta su un tessuto metallico a rete con appiccicata una barbetta
di crine, burla le fattezze europee. Guanti bianchi ed un copricapo a forma di mitra ornato con piume di struzzo
completano l'abbigliamento. Il sabato grasso, le bande (una per barrio) occupano la piazza e
si succedono una dopo l'altra, accompagnate da
una moltitudine esaltata. La danza consiste in un susseguirsi di passi, mosse, ondeggiamenti e sussulti che
l'immaginazione individuale arricchisce poi a piacimento. Quando comincia la musica, l'atmosfera diventa
elettrica e scompare ogni nozione di ordine mentre corrono fiumi di alcol.
Orgoglio La terra è fonte di vita e per la terra a Tepoztlán si
vive e si muore. La tradizione risale alle lotte contro gli aztechi
ed arriva alla rivoluzione del 1910. Allora, la comunità fu tra le prime del Morelos ad aderire all'appello
di
Zapata: tierra y libertad. Benché meticcio, Emiliano rivendicava la proprie radici indie e
considerava i vicini di
Tepoztlán come simbolo di quel popolo e della sua forza. Era per lui motivo di orgoglio che essi avessero
conservato gli antichi riti, le tradizioni e, soprattutto, che parlassero ancora l'armonioso nahuatl. E proprio ai
tepoztechi, che avevano fama di profondi conoscitori della lingua messicana, Zapata faceva ricorso per tradurre
documenti e manifesti. Ancora oggi, in paese si vedono vecchi ultra novantenni vestiti di bianco, secondo l'antico
uso contadino: sono gli ex "muchachos" dell'Ejercito Libertador del Sur. Oggi, non ci sono
più le haciendas
divoratrici di terre però le bellezze naturali di Tepoztlán e la sua collocazione strategica tra
Cuernavaca e Città
del Messico, la collocano nel mirino dell'alta finanza. Già nel 1962, quando si terminò
l'autostrada, vi fu un primo movimento contro la Monte Castillo, una compagnia
che voleva costruire un campo da golf nelle terre di proprietà comunale. Dopo un inizio burrascoso, i
lavori
furono interrotti perchè di notte i tepoztechi distruggevano ciò che essi stessi costruivano di
giorno. In quell'occasione, un maestro elementare, Esteban Flores Uribe, morì in maniera misteriosa.
Nel 1979, a
qualcuno venne l'idea di costruire una funicolare per portare i turisti alla piramide: i tepoztechi inorridirono e le
donne del mercato organizzarono un movimento di protesta. Alla fine, la funicolare non si fece. Nel 1991,
la comunità apprese che la società ferroviaria nazionale voleva ampliare la rete in direzione delle
montagne della Sierra del Tepozteco. La reazione non si fece attendere: manifestazioni, petizioni, interrogazioni
parlamentari, consulenze di gruppi ecologici, lettere di protesta. Il 12 ottobre, da Quetzaltenango, Guatemala,
arrivava la solidarietà dei rappresentanti dei popoli indigeni del continente riuniti in congresso. Qualche
mese
dopo, la vittoria: nel luglio 1992, il progetto era infine ritirato. Con questi precedenti, a principio del 1995,
il gruppo KS lanciò una forte campagna per esaltare i benefici del
campo di golf. La strategia era duplice: bombardare il paese di messaggi pubblicitari e, parallelamente, comprare
in gran segreto qualche funzionario della giunta comunale. Gli interessi in gioco erano alti. Il golf infatti non
è uno sport qualsiasi, bensì un'attività di élite che muove grandi
capitali, spesso legati al riciclaggio. Sembra che la potente associazione internazionale del golf abbia una
predilezione per i paesi che si fanno beffe dei diritti umani. É stata, fra l'altro, la sola società
sportiva a patrocinare
tornei in Sudafrica quando il paese era bandito dalla comunità internazionale a causa dell'apartheid. In
Birmania
- ci dice Le Monde Diplomatique (maggio 1996) - il prato verde è ormai il luogo di incontro
preferito dei
famigerati generali al potere e dei signori della droga. Nel caso di Tepoztlán si venne a sapere che,
oltre a rispettabili uomini d'affari, alla KS erano associati politici
di dubbia fama e, secondo rivelazioni del quotidiano El Financiero, persino alcuni faccendieri
italiani
dell'entourage di Bettino Craxi.
Assemblea plenaria Il 18 marzo 1995, giorno in cui il Messico celebra la
nazionalizzazione del petrolio, il Comitato di Unità
Tepozteca (CUT), un organismo popolare al di fuori dei partiti, obbligò il sindaco a dare lettura di un atto
della
giunta comunale contro il campo di golf. Nei mesi seguenti, circolarono voci insistenti intorno a possibili
tradimenti. I muri del paese si riempirono di scritte contro la KS e, il 24 agosto, 4 mila persone infuriate
occuparono il palazzo municipale. Le più agguerrite erano, come sempre, le donne. Domenica 4
settembre, le
campane diedero l'allarme ed una moltitudine si riversò nel zocalo già affollato per
via del mercato. Si era saputo
che, di soppiatto, alcuni funzionari del comune, tra cui il sindaco, Alejandro Morales, stavano per dare il via libera
al campo di golf. Pronti a filmare c'erano anche gli operatori di una catena televisiva nazionale. Centinaia di
giovani corsero immediatamente al luogo della riunione, scoperto per caso. Dopo una fulminea colluttazione con
i granaderos (truppe speciali anti-guerriglia) mandati dal governatore del Morelos, Jorge Carrillo
Olea, i
tepoztechi sequestrarono i partecipanti, salvo il sindaco che riuscì a fuggire. Poi, un'assemblea
plenaria barricò il villaggio ed espulse (dopo averli disarmati) vigili e polizia giudiziaria. All'entrata
del palazzo municipale, gli insorti collocarono dei fantocci con l'effigie dei traditori ed una quantità
di striscioni inneggianti al CUT ed alla lotta contro il golf. I prigionieri, detenuti a vista nella carcere municipale,
furono liberati solo alcuni giorni dopo, quando Alejandro Morales comunicò le proprie dimissioni dal
rifugio di
Cuernavaca. A quel punto, le precedenti differenze politiche cessarono di essere importanti ed entrò
in azione il vecchio
sistema comunitario. Si creò rapidamente una milizia civile armata, si innalzarono sedici barricate e si
provvide
all'organizzazione di pasti collettivi e cambi della guardia. I tassisti, comunicando per radio, assicurarono un
efficiente servizio di vigilanza e nessuno poté più entrare a
Tepoztlán senza il consenso dei tepoztechi. Ai giornalisti giunti in gran numero, questi rilasciavano
dichiarazioni
del tipo: "Finchè viviamo, il golf non si farà". Le reti televisive sostenevano che l'insurrezione
non era altro che un complotto della sinistra ai danni di ignari
contadini, grossolana menzogna che valse solo ad inasprire gli animi. É vero che una piccola minoranza
era a
favore del golf, però la grande maggioranza dei tepoztechi appoggiava il CUT: donne, uomini, giovani,
anziani,
contadini, commercianti, ricchi e poveri. Erano coinvolti persino i vecchi zapatisti che, rivivevano i vecchi tempi
con il machete e la carabina 30-30 (carica). Gli strateghi della KS ricevettero un colpo mortale quando
mercoledì 7, il The New York Times pubblicò una nota
favorevole al movimento. Poi venne la solidarietà di Greenpeace e degli ecologisti
messicani. L'8 settembre,
come tutti gli anni, si celebrò in pompa magna la ricorrenza del Tepozteco. Il giorno 10, dal lontano
Chiapas,
arrivò un messaggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN): "vogliamo dirvi che la
vostra lotta
è la nostra lotta. La brutalità e la cecità dei potenti non potranno contenere l'impeto di
coloro che difendono la
dignità e la speranza".
La comune Iniziava una fase meno spettacolare e più difficile: quella
della resistenza. Le autorità compresero di aver
commesso gravi errori, però gli insorti avevano ormai raggiunto un punto di non ritorno. La dinamica
degli
avvenimenti li spinse a trasformare l'iniziale battaglia contro il golf in una più radicale contro lo
stato. Poichè i pubblici poteri erano assenti (anzi latitanti, visto che il sindaco era scappato), essi
instaurarono un regime
di autogestione che riprende le antiche tradizioni locali. Contro i tepoztechi cominciò allora una vera
e propria guerra psicologica che comprendeva l'intimidazione, la
disinformazione, il lancio aereo di volantini terroristi e perfino un grottesco monito da parte del vescovo di
Cuernavaca: "il campo di golf é un dono di Dio". Senza perdere tempo, il CUT organizzò una
giunta comunale
provvisoria ed annunciò nuove elezioni municipali per domenica 24 settembre. Fu un importante
esercizio di democrazia: ogni barrio indisse un assemblea per nominare i propri delegati e
formare un consiglio di 14 rappresentanti (2 per barrio) di provata onestà che dovevano
"comandare obbedendo",
secondo uno slogan ripreso dai ribelli del Chiapas. La trasparenza delle elezioni - con seggi e schede fatte in
casa - fu certificata da Alianza Cívica, una prestigiosa
associazione di monitoraggio indipendente. "Sono le elezioni più limpide della storia del Messico"
dichiarò un
suo esponente. Vinse Lázaro Rodríguez Castañeda, di professione artigiano, la cui notevole
somiglianza con
Emiliano Zapata suscitò i commenti ironici di alcuni giornalisti stranieri. Il giorno 30, un'assemblea di
3 mila
persone nominò il primo sindaco del "libero municipio costituzionale e popolare di Tepoztlán".
In un'emotiva
cerimonia, Rodríguez Castañeda, indossando un vecchio sombrero a tesa larga, ricevette il bastone
di comando,
simbolo delle autorità tradizionali, ed un avvertimento: "Ti ha eletto il popolo. Se lo tradisci sarai
castigato". Nelle settimane successive, la situazione cominciò a normalizzarsi, tuttavia nessuna
delle parti abbassò la guardia. Alcuni membri del CUT furono arrestati e accusati di un omicidio mai
chiarito.
Seguirono molte manifestazioni a Cuernavaca e Città del Messico e due o tre scaramucce con i
granaderos. Le
autorità del Morelos depennarono il paese dal bilancio dello stato e, per timore di rappresaglie,
trasferirono il
locale ufficio contributi a Cuernavaca. Volevano prendere Tepoztlán per fame, però quasi tutti
tirarono la cinghia
senza indietreggiare. Per paura, i turisti smisero di frequentare il mercato della domenica e quindi crollarono
anche le entrate dei
commercianti. Intervistato da El Financiero, un negoziante dichiarò: "Qui non è
come altrove, il denaro non è
così importante. Noi appoggiamo la lotta, anche se le vendite sono scese".
Epilogo All'inizio del 96, a Tepoztlán regnava una calma grave. Grazie
all'assenza della polizia erano calati i delitti, si
erano rafforzati i legami di solidarietà e la comunità aveva acquisito una grande capacità
di comunicazione
all'esterno. Esistevano, è vero, gravi conflitti con una piccola minoranza favorevole al golf di cui facevano
parte
non solo funzionari corrotti, ma anche i poverissimi abitanti di San Juan, la frazione più trascurata del
municipio. Questi avevano ingenuamente abboccato all'amo della KS e ritenevano di aver perso una grande
opportunità. Continuavano anche le difficoltà con i residenti stranieri, salvo quelli
apertamente schierati a favore del
movimento. D'altra parte, era cominciata una certa rinascita culturale: avevano visto la luce alcune
pubblicazioni autonome
e La Voz del Tepozteco, emittente artigianale, ascoltata nel circondario e in piazza, grazie agli
altoparlanti di un
gruppo musicale. Tirando le somme dell'esperienza di quei mesi di autogestione, lo storico Antonio García
de
León scrisse sul quotidiano La Jornada che Tepoztlán è diventato un grande
laboratorio di democrazia. Verso la primavera, si notavano i primi segni di stanchezza, però accadde
qualcosa che smosse gli animi. Il 10
aprile, mentre si dirigevano a commemorare il 77º anniversario dell'uccisione di Zapata, alcune centinaia di
tepoztechi furono attaccati dai granaderos. Risultato: un morto, molti feriti gravi ed una ventina di
arresti. La
vittima, Marcos Olmedo, era un anziano leader contadino di 65 anni. La polizia dichiarò di aver
reagito ad un attacco deiberato, tuttavia tra i tepoztechi vi era un video-amatore. Il
giorno dopo, il CUT diffuse un filmato che dimostrava la falsità di quelle affermazioni ed il carattere
pacifico dei
manifestanti. La provocazione era fallita e l'indignazione dell'opinione pubblica nazionale fu
immediata. Anche, per una volta, la risposta della magistratura: 55 agenti in stato di fermo per abuso di
autorità e 6 denunce
per omicidio. Poi il 13 aprile, la notizia: "La KS annulla il progetto". Tepoztlán aveva vinto. Frattanto,
l'eco della
battaglia aveva raggiunto le autostrade informatiche. Da un sito di Internet, un misterioso gruppo chiamato "Piloti
invisibilli" fece circolare la voce che a Tepoztlán "funziona l'autogestione totale, libera da tutti i partiti
ed il potere
di decisione é riservato all'assembleapopolare". Contemporaneamente, a Parigi una pubblicazione
underground
diffuse il volantino: Guerriglia alle porte di Città del Messico: Tepoztlán insorta
resiste. Sapranno gli abitanti di Kim No, in Viet Nam, dell'esistenza di Tepoztlán? Difficile
crederlo. "Ritorna il golf"
annunciava tempo fa una rivista patinata offerta ai passeggeri della linea nazionale vietnamita. La compagnia
coreana Daeha voleva soppiantare le risaie del villaggio con un campo a nove buche per un progetto del valore
complessivo di 177 milioni di dollari. «Con l'iscrizione al club che costa tra i 12 mila e i 35 mila dollari, non
saranno certo i vietnamiti a frequentare il green» commentava il Manifesto del 26
maggio 1996. Anche laggiù
la reazione non si è fatta attendere: 1500 persone hanno occupato le risaie che il governo voleva
confiscare. Ne
sono seguiti durissimi scontri con feriti ed una vittima. La morale? In Viet Nam, come in Messico, i baroni
della finanza si scontrano con la capacità di organizzazione
di popoli educati da secoli a vivere in comunità. Non sempre la spuntano. E i tepoztechi? Continuano
sulle barricate. Adesso chiedono le dimissioni del governatore e lottano per il recupero
dei 160 ettari tuttora in possesso della KS.
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