Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 219
giugno 1995


Rivista Anarchica Online

Chi vota e chi governa
di Carlo Oliva

Le riviste anarchiche, notoriamente, non si prendono la briga di pubblicare analisi elettorali. I loro collaboratori (per non dire dei loro, sempre suscettibili, lettori) sanno che la logica delle elezioni è, in sé, esclusiva: che permette di analizzare i risultati soltanto in base ai propri parametri interni e non annette alcuna importanza ai dati che, in un modo o nell'altro, vi ci si sottraggono. Tanto è vero che le cifre che potrebbero interessare a quanti, perché anarchici o per altri motivi, non partecipano al voto, come quelle dell'astensione o dei voti «non espressi o non validi» (le schede bianche o nulle) non vengono, da tempo immemorabile, nemmeno comunicate.
E non sarebbero state comunicate nemmeno quest'anno, suppongo, se la parte soccombente nel recente turno regionale e amministrativo di aprile/maggio non avesse avuto interesse a sostenere che la propria (relativa) sconfitta dipendeva soprattutto dal numero, eccezionalmente alto, di schede nulle, avanzando l'ipotesi che quelle nullità rispecchiassero altrettanti «errori» dei cittadini elettori.
E visto che quel dato, reso noto, per una volta, con encomiabile prontezza, risulta ammontare (al primo turno) a 3.213.289 voti, pari al 9,7% degli elettori, forse varrebbe la pena anche per noi di interrogarsi un momento sul suo valore e significato. L'ipotesi che un italiano su dieci si sia sbagliato a votare, per un motivo o per l'altro, sembra veramente un po' troppo sbrigativa.

Curiose scoperte
Perché è vero che questa volta il voto, tecnicamente, era irto di tranelli. E' vero che i cervelloni preposti hanno chiamato i cittadini a esprimersi con due diversi sistemi maggioritari, uno dei quali prevedeva il voto disgiunto e la preferenza di lista e l'altro no, e per di più in molte regioni hanno fatto una straordinaria confusione con l'impostazione grafica delle schede, facendo comparire quattro colonne su quella che, stando alle informazioni diffuse, doveva esibirne due.
E' vero che ci hanno invitato a eleggere direttamente un presidente della provincia che praticamente nessuno sapeva chi fosse e a cosa servisse e un presidente della regione che, stando alla costituzione vigente, non poteva essere eletto direttamente dai cittadini, ma solo in seconda istanza dai consigli. E' vero che tutta l'informazione elettorale è stata resa particolarmente difficile dalle assurdità del decreto legge sulla «parità» delle condizioni.
Ma insomma, non so quanto tutto questo autorizzi a considerare un decimo dei nostri compatrioti una banda di perfetti deficienti, incapaci di mettere una croce sulla scheda senza incappare in sbagli ed errori da arteriosclerosi. Berlusconi e soci hanno sostenuto che tutti quei supposti errori (nonché tutte le astensioni, che al secondo turno, hanno superato il 40% ) rappresentavano consensi sottratti alle loro liste, e se evidentemente costoro avevano i loro buoni motivi per considerare mezzo scemi quanti avevano deciso di votare per loro, è anche vero che i sinceri democratici non possono accettare a cuor leggero una simile clamorosa sottovalutazione del popolo sovrano.
E poi, riflettendo un po' sui dati, si fanno delle curiose scoperte. Per esempio, che allo scorso turno regionale, quello del '90, quando la tecnica del voto era facilissima e ben sperimentata, le bianche e le nulle erano state ben 2.439.835 (7,1 %); che alle ultime politiche (marzo 1994) ammontavano addirittura a 3.000.818 alla Camera maggioritario (7,2%), a 2.832.926 (6,8%) alla Camera proporzionale e al 7,8% al Senato (stranamente, per la camera alta non è stata resa nota la cifra assoluta), il che significa che l'incremento oggi non supera il due per cento, che non è poco, ma neanche quella cosa straordinaria che hanno detto tutti. E poi, nel '90 e nel '94 la metà abbondante di questi voti «non validi» era composta da schede bianche e quest'anno, anche se nei dati diffusi nessuno si è preso la briga di scorporarle dalle nulle, sembra proprio che le bianche fossero un milione e mezzo abbondanti: un tipo di voto che solo con molta buona volontà si può considerare espresso (o non espresso) per sbaglio.

Ipnosi televisiva e par condicio
Se si aggiunge che c'è una differenza ben precisa tra il voto non espresso al proporzionale e il voto non espresso al maggioritario (si tratta, per la precisione, di ben 3.723.896 di schede, tutti voti di cittadini che, evidentemente, se la sono sentita di votare per una coalizione o un presidente, ma non di scegliere un singolo partito, tanto è vero che tutti i partiti, compresi quelli che sono cresciuti in percentuale, hanno perso alcune centinaia di migliaia di voti, come è successo al PDS, che è riuscito a incrementare la sua forza relativa del 3% perdendo 500.000 voti abbondanti in cifra assoluta) è difficile sfuggire all'impressione che buona parte di quel 9,7% di supposti deficienti, e non solo il 4,5% circa che si è preso il disturbo di andare alle urne per deporvi una scheda bianca, non si sia sbagliato per niente. Di errori ce ne saranno anche stati, per carità, e presumibilmente saranno stati ripartiti con equità tra le varie liste e coalizioni concorrenti, come vogliono le leggi della statistica e dei grandi numeri, ma non si capisce perché si debba negare a priori l'ipotesi che esistano uno o due milioni di connazionali che hanno serenamente concluso che di esprimere un voto proprio non ne avevano voglia. Anche tra quelli che non sono andati a votare per nulla (non sono riuscito a ritrovare il dato preciso, ma devono superare il 20% al primo turno, e non parliamo del secondo) sarà lecito supporre che non tutti fossero fisicamente impediti o impegnati in gite fuori porta o vacanze ai Caraibi. Magari qualcuno avrà deciso di non voler scegliere tra chi aveva cercato di sottoporlo a ipnosi televisiva e chi gli aveva imposto la par condicio, tra una destra le cui liste si presentavano piene di riciclati e una sinistra che esibiva soltanto un ricco assortimento di rospi da baciare.
E forse ci si potrebbe persino azzardare a mettere in collegamento l'aumento del voto non valido con l'avvenuto passaggio a tutti i livelli al sistema elettorale maggioritario.
Sistema adottato, almeno a livello locale, in una variante per cui l'elezione più o meno diretta del capo dell'esecutivo determina automaticamente la maggioranza dell'assemblea legislativa corrispondente e toglie alla minoranza qualsiasi potere di controllo.

Paradosso storico
Non è un problema esclusivamente tecnico. Oggi, la logica della rappresentanza, che è stata per almeno due secoli la logica stessa della democrazia (anche i sistemi uninominali, ovviamente, rispondevano a una funzione eminentemente rappresentativa, perché davano voce a quelle comunità territoriali in cui, in fase preindustriale, i cittadini erano soprattutto organizzati) interessa sempre meno: cede sempre più il passo alla cosiddetta logica della governabilità, alla ricerca di un esecutivo stabile e capace di adempire con meno intoppi e meno fastidi possibili al suo mandato. Il che, in parole povere, significa governi più forti, anche se meno rappresentativi: forse proprio perché meno rappresentativi.
Per una specie di paradosso storico, proprio oggi, quando è così di moda definirsi «liberali» (lo fanno tutti, da «Forza Italia» al PDS) è andato definitivamente in crisi uno dei punti forza della dottrina liberale del governo: la dialettica tra esecutivo e legislativo. Non siamo più chiamati ad eleggere dei rappresentanti in cui riconoscerci e a cui poter eventualmente chiedere di render conto di quanto hanno fatto, ma siamo, come dire, invitati a investire qualcuno della funzione di governarci, anche se magari quel qualcuno non ci piace per niente, anche se, come succede spesso, grazie all'ingegnoso sistema del ballottaggio, si tratta di un evidente imbecille il cui unico merito è quello di non essere quell'altro imbecille, ancora più imbecille di lui, che gli si contrappone.
Forse tutto questo è inevitabile. Ma almeno si potrebbe evitare di far finta di stupirsi se il numero degli elettori disposti a stare al gioco diminuisce ogni volta di più.