Rivista Anarchica Online
Autogestione e conflittualità
sociale Padova 6-7 maggio 1995
di Gruppo Anarchico "Emma Goldman"
L'ampio e articolato dibattito che ha preceduto, accompagnato
e seguito la fiera dell'autogestione è stato il segno
inequivocabile dell'interesse e della passione che il tema dell'autogestione suscita. In
particolare si è evidenziato
il bisogno di riprendere ad affrontare un nodo teorico e pratico di grande rilievo, ossia il
rapporto tra una prassi
autogestionaria che già ora costruisce momenti di gestione antiautoritaria
nelle diverse sfere del politico, del
sociale, dell'economico e del culturale e la necessità costante del
conflitto con l'ordine vigente. Numerosi sono i quesiti che scaturiscono da questo
tema: A) Per taluni la pratica dell'autogestione implica una rinunzia al carattere
rivoluzionario dell'anarchismo, è
una sorta di abdicazione del progetto di frantumazione della società autoritaria. Per
altri è la più radicale delle
sfide alla gerarchia ed allo stato. I primi sono convinti che nulla di positivo si possa edificare
se non si è prima
provveduto a distruggere; i secondi ritengono che cominciare a costruire sia il modo migliore
per consentire
una più efficace distruzione. Esigenze di sintesi ci induco ad una schematizzazione
un po' rigida che non tiene
conto elle sfumature, tuttavia è chiaro che non potrebbe esservi divaricazione teorica
maggiore tra le due
posizioni, cui peraltro spesso non corrisponde una pari distanza sul concreto piano dell'agire.
Resta comunque
sul terreno un fatto sul quale potrebbe essere opportuno riflettere: la crescita di esperienze
autogestionarie si
accompagna in genere ad un allargamento della sensibilità libertaria, con il
decrescere della quale tali
esperienze scompaiono o vengono riassorbite nella logica statale e della merce. Ne deriva che
la valenza
dirompente dell'autogestione non è un dato assoluto ma deve essere commisurato al
contesto in cui si
sviluppa. B) Ciò consente di porre in una prospettiva non ideologica ma
più immediatamente pratica un'altra questione
di grande rilievo. V'è chi ritiene che spesso l'autogestione, lungi dal rappresentare un
superamento del lavoro
salariato, ne sia invece un peggioramento, fondando il mero passaggio dallo sfruttamento
all'autosfruttamento. Per altri invece l'autosfruttamento non è affatto un esito
inevitabile ma la conseguenza
della frammentazione e dell'isolamento delle varie esperienze di autogestione. Capita tuttavia
che chi riduce
l'autogestione ad autosfruttamento consideri la frammentazione e l'isolamento garanzie di
libertà ed antidoto
contro la possibilità di riassorbimento, mentre i fautori di un movimento per
l'autogestione ritengono che la
creazione di una rete di collaborazione e scambio sia la miglior ricetta contro tali
pericoli. C) Nel dibattito odierno tra sostenitori della privatizzazione dei servizi e
difensori della gestione statale di
trasporti, sanità, previdenza ed istruzione talora si infilano i terzi incomodi che,
rifiutando entrambe le
prospettive, propongono un welfare autogestito. Costoro debbono essere considerati un
valido puntello
dell'ordine vigente o i suoi più spietati nemici? Anche in questo caso la risposta non
può essere meramente
ideologica ma occorre sforzarsi di cogliere la prospettiva concreta in cui tale progetto si
applicherebbe. Tra il
volontariato cattolico che supplisce alle carenze dello stato ed una comunità locale
capace di aprire uno spazio
pubblico non statale in grado di imporre una gestione diretta di scuola, trasporti, ambulatori,
la differenza non
è da poco. Su questi ed altri quesiti ruoterà l'incontro
"AUTOGESTIONE E CONFLITTUALITA' SOCIALE:
PERCORSI E PROSPETTIVE" fissato per il 6 e 7 maggio a Padova, presso la sede del CDA
in via Tonzig 9. Sono sinora previste le relazioni di Agostino Manni, Maria Matteo,
Salvo Vaccaro, Massimo Varengo e Dario
Padoan.
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