Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 198
marzo 1993


Rivista Anarchica Online

La soluzione politica
di Carlo Oliva

Non mi è chiarissimo che cosa avesse in testa il celebre giudice Di Pietro quando ha parlato della necessità di una "soluzione politica" a quello che per lui sembra diventato un insopportabile onere professionale, ma non c'è dubbio che il suggerimento, pur vago che fosse, ha avuto successo: si è sparso come l'incendio spinto dal vento su una pianura riarsa, infiammando i cuori e dando ali alle penne. Per evitare che l'Italia sprofondi nel gorgo delle tangenti, che dollaro e marco volino chissà dove, che la Borsa precipiti, la produzione si fermi e le istituzioni si sfascino, ci vuole una bella soluzione politica. Anzi, sbrighiamoci a trovarla, perché il tempo stringe.
Sarà. A me veramente sembra che il concetto, se non la proposta, in sé sia affatto ovvio, al limite del pleonasmo. Visto che, stringi stringi, il guaio del paese consiste nel fatto che vi è insediata a ogni livello una dirigenza politica venale e corrotta, che è fuor di dubbio un problema politico, la soluzione non può che essere politica. A occhio e croce non sembra che, almeno a breve termine, possano essercene altre che il licenziamento dei politici in questione e la loro sostituzione con un altro gruppo di governanti di maggiore presunta affidabilità. Poi, naturalmente, resterà il problema di mandare i ladri in galera, alle miniere di sale o ovunque sia opportuno mandare chi ha depredato le risorse comuni, ma questo problema proprio politico non è. E' squisitamente giudiziario e - almeno in teoria - politico e giudiziario sono due piani diversi. Se mai, la soluzione politica di cui sopra renderebbe alquanto più agevole la soluzione del suo corollario legale, nel senso che i ladri de quibus, orbati delle prerogative e delle immunità di cui s'ammantano sarebbero incarcerabili con facilità molto maggiore.
Beh, non so voi, ma a me non sembra che sia questa la soluzione politica che auspicano tutti.
Sull'opportunità di riqualificare le istituzioni, rinnovando assemblee e corpi esecutivi, sembrano d'accordo in parecchi, ma sull'immediato invio a domicilio degli attuali titolari regna una prudenza sospetta. Prima, dicono, vanno cambiate le norme elettorali, se no è inutile, e gli unici che possono cambiarle, naturalmente, sono gli eletti in carica. Come a dire che a chi è noto per aver infranto le regole vigenti va affidato l'incarico di stabilire quelle future, che è di costruire nuovi e meno accessibili pollai.
Come "soluzione politica" non c'è male.
In realtà, non è la prima volta che l'espressione ricorre nei dibattiti pubblici, e non è difficile capire che cosa intendano i suoi zelatori. Parlavano della necessità di una soluzione politica, anni fa, quei pochi che pensavano che la crisi del post-terrorismo non si potesse risolvere limitandosi a etichettare come un pericoloso criminale, da condannare comunque al massimo della pena, chiunque fosse implicato per qualsiasi verso nella cosiddetta "lotta armata". Di fronte a una generazione di militanti più o meno criminalizzati, si proponeva di distinguere e, se del caso, di giustificare, riconoscendo nel guazzabuglio infernale degli anni '70 talune responsabilità collettive da non attribuire automaticamente ai singoli.
Diciamolo pure, "soluzione politica" in quel contesto significava l'emanazione variamente condizionata, di un provvedimento di clemenza "mirato": un'amnistia, un indulto, uno sconto generale di pena, qualcosa che riconoscesse (e premiasse) la politicità di certi atti che altri preferivano etichettare come criminali. All'epoca, la proposta fu respinta dalla classe politica tutta con genuino orrore: tra lai e querimonie ci si limitò, come sempre, a togliersi dai piedi quanti fossero disposti al gesto, tutt'altro che politico, dell'abiura personale, e a tenere rinchiusi a titolo di capro espiatorio quei pochi che no, a prescindere da ogni seria attribuzione di responsabilità personali.
E fu tutto.
Beh, correggetemi, ma non è questa la soluzione che, oggi, governanti venali e corrotti, colti con le mani nel sacco, vorrebbero applicata a se stessi? Con la differenza che allora, di necessità, si erano criminalizzati molti comportamenti politici, mentre adesso per beneficare i signori delle tangenti bisognerebbe politicizzare molti comportamenti criminali. Perché la classe dirigente non chiede una soluzione politica a un problema politico, o
una via d'uscita giudiziaria a un'impasse giudiziaria, ma un intervento politico che elimini certe sgradite conseguenze legali. Per i nostri politici la parola d'ordine è sempre una sola: l'impunità. La propria, naturalmente.