Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 191
maggio 1992


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Se i Plastic People furono coinvolti loro malgrado in disavventure censorie e guai con i tribunali cecoslovacchi pur senza caratterizzare la propria produzione musicale in senso esplicitamente politico, Cui Jian, la più popolare rock-star cinese degli ultimi anni, amava invece dare una certa colorazione di impegno sociale alle sue canzoni.

Tradizione e rinnovamento
Nato nel 1961 e cresciuto a Pechino durante gli anni della rivoluzione culturale, quando le forme d'arte venivano generalmente considerate con sospetto, Cui Jian iniziò l'attività di cantante di musica leggera all'inizio degli anni Ottanta. Confuso nella miriade di interpreti di canzoni e melodie moderne in voga in quella parte del mondo, Cui Jian divenne improvvisamente famoso in tutta la Cina per la sua partecipazione al grande rock festival cinese, a Pechino nel 1985.
La sua canzone "Yi Wu Suo you" (Non ho più niente), un testo malinconico che racconta di un ragazzo deriso dagli amici per un amore non corrisposto, divenne popolarissima. E' tradizione per i cinesi dare alle canzoni d'amore un'interpretazione anche in senso politico, e "Yi wu suo you" divenne presto l'inno dei giovani cinesi insofferenti alla mano pesante del governo.
Le idee musicali di Cui Jian erano innovative e viaggiavano alla pari con il suo orientamento politico: un certo gusto "occidentale" negli arrangiamenti e la freschezza e lo stile impegnato dei testi contribuirono ad aumentare la popolarità del giovane cantante.
Cui Jian formò un gruppo, una vera rock band chiamata Ado, riunendo alcuni musicisti dei Jazz café di Pechino: un bassista ungherese di nome Balasz e un chitarrista del Madagascar di nome Eddie, un percussionista ed un sassofonista cinesi. La miscela di musica orientale ed occidentale proposta da Ado era del tutto inedita per i giovani cinesi.
Col suono delle chitarre elettriche fuso a quello di strumenti appartenenti alla tradizione popolare cinese venivano proposte composizioni del gruppo e covers di brani dei Talking Heads e dei Police, giunti in Cina tramite le stazioni radio di Hong Kong e di Taiwan.
Solo in alcune delle canzoni di Cui Jian venivano fatti degli espliciti riferimenti politici. In una di queste intitolata "Il rock'n'roll della nuova Lunga Marcia", si canta di uno dei punti di riferimento della rivoluzione comunista cinese: la Lunga Marcia "originale" di Mao Tse Tung del 1934-35, in rapporto alla cosiddetta "Nuova Lunga Marcia", cioè le riforme economiche promosse nel 1978 dal governo cinese.
Nel testo di questa canzone, Cui Jian racconta di se stesso e del suo popolo in cammino. Un lungo viaggio attraverso mille difficoltà, una "Lunga Marcia" intrapresa senza conoscere la meta, col sospetto che la meta non esista: "(...) Non so dove vado, non lo sanno i miei compagni, ma sto zitto e continuo ad andare avanti..".
Nel 1987 Cui Jian venne allontanato dal proprio posto di lavoro perché considerato "un perditempo che indulge alla musica leggera": un veterano comunista aveva protestato presso il partito contro la sua versione di "Nanniwan", un inno rivoluzionario degli anni '30 riproposto da Cui Jian e Ado in chiave rock, una versione ritenuta "sacrilega". Dopo questo episodio, sono stati vietati tutti i concerti di Cui Jian in Cina.
Nella primavera del 1989, gli studenti riuniti nelle assemblee nelle università cantavano abitualmente "Yi wu suo you" per protestare contro il rifiuto al dialogo delle autorità del governo cinese. Un gruppo rock di nome
Mayday cantò questa canzone il 20 Maggio 1989 in piazza Tien An Men.
A Cui Jian è tuttora impedita qualsiasi attività artistica ed apparizione in pubblico. Nell'estate del 1990 alcune sue esibizioni sono state vietate dalle autorità cinesi "per motivi di ordine pubblico", più verosimilmente per impedire che i concerti potessero in qualche modo essere veicolo di proteste giovanili.
Lo scorso anno, la polizia gli ha impedito persino di cantare per alcuni amici stranieri in visita in Cina : "...L'arte e la cultura sono un lago" - ha allora dichiarato Cui Jian - "e la politica è come una barca sopra a quest'acqua.
Non mi preoccupo neanche per un solo momento della possibilità che la barca affondi. Io sono attratto dall'acqua. La barca deve tener l'acqua in grande considerazione...".

Libertà politica, libertà dalla politica
Nelle società comuniste, dove lo stato tende a politicizzare tutti gli aspetti della vita, la libertà di espressione spesso è sinonimo di "libertà dalla politica" cioè libertà di fare dell'arte fine a se stessa.
Negli stati autoritari, la libertà d'espressione acquista significato nel momento in cui, proprio tramite, si auspicano cambiamenti sociali: libertà d'espressione equivale quindi a libertà di fare dell'arte in senso specificatamente politico.
Guatemala, anni Ottanta. Per il gruppo musicale-teatrale Dos Que Tres, espressione artistica ed impegno politico e sociale erano un tutt'uno.
I lavoratori dello stabilimento della Coca Cola di Guatemala City erano riusciti ad organizzarsi sindacalmente solo alla fine degli anni Settanta. Il segno di benvenuto della Coca Cola fu l'uccisione misteriosa di sette operai e l'altrettanto misteriosa sparizione di altri quattro.
Tra il 1984 e il 1985 lo stabilimento venne occupato per 376 giorni dai lavoratori in sciopero: alla fine, la compagnia fu costretta al riconoscimento ufficiale del sindacato, che in breve, divenne un punto di riferimento fondamentale per lo svilupparsi di altre esperienze sindacali in altri settori economici del paese.
Dos Que Tres si formò a Guatemala City proprio in questo periodo: alcuni operai della Coca Cola formarono un gruppo musicale e teatrale come occasione di presa di coscienza.
Le canzoni e le parodie cabarettistiche del gruppo satireggiavano volentieri sui politici corrotti e gli alti gradi dell'esercito guatemalteco, oltre a diffondere messaggi di solidarietà sindacale.
I problemi iniziarono nel 1989. All'uscita di uno spettacolo avvenne una sparatoria in cui ci furono dei feriti. Un membro del gruppo, Fladio Pantaleon, fu colpito in modo particolarmente grave. Secondo il rapporto di Americas Watch (un'organizzazione di difesa dei diritti civili con sede a Washington), a sparare furono armi in esclusiva dotazione all'esercito guatemalteco.
Poche settimane più tardi, Rolando Pantaleon (fratello di Fladio e membro fondatore di Dos Que Tres ) venne assalito da tre uomini mascherati, picchiato e fatto salire a forza su di un'auto. Il suo corpo venne ritrovato quella stessa sera e presentava evidenti segni di tortura. Ad ammazzarlo, quattro pallottole nella testa.
Nonostante le proteste, anche a livello internazionale (tra cui una petizione firmata da settanta attori e registi di cinema e teatro americani indirizzata al presidente del Guatemala, che giace ancora senza risposta ) nessuna indagine è stata ancora intrapresa. I restanti membri di Dos Que Tres hanno lasciato clandestinamente il paese, e vivono tuttora in esilio.

Il poeta del popolo
Arte e politica sono inestricabilmente connessi anche per Mzwakhe Mbuli, dub-poet sudafricano, nato alla fine degli anni Cinquanta a Sophiatown, e costretto, assieme alla famiglia e a migliaia di altri sudafricani neri, all'esodo nel ghetto di Soweto nel 1976.
Il suo debutto come poeta avvenne nel 1981 in occasione del funerale di un amico. I funerali, allora, erano l'unica occasione legale di riunione pubblica per i neri. Mzwakhe Mbuli, per la tenacia del suo impegno contro la segregazione razziale, venne chiamato "il poeta del popolo". La sua voce si scagliava senza sosta contro l'apartheid: le sue parole viaggiavano di bocca in bocca, scritte sui muri delle case, su cartelli e striscioni improvvisati: "...Questa non è poesia per riflettere, descrivere, o commentare: questa poesia serve per agire!".
Bandito nel 1985, Mzwakhe Mbuli entrò in clandestinità, fuggendo di casa in casa per tre anni. Con l'aiuto di un amico musicista sudafricano bianco - in seguito arrestato, processato e condannato a una lunga reclusione - registrò di nascosto l'album "Change is pain", immediatamente posto sotto censura e bandito dal Sud Africa: essere trovati in possesso di quel disco costituiva un crimine gravissimo, punibile con la reclusione fino a dieci anni e una multa sino a 10.000 dollari.
Mzwakhe venne arrestato nel 1988 e messo in una cella d'isolamento. Gli vennero negate carta e penna per tutto il periodo di detenzione. Al suo rilascio riuscì a registrare di nascosto un secondo disco "Unbroken spirit" che vendette in clandestinità oltre 25.000 copie.
Nel marzo 1989 Mzwakhe Mbuli venne di nuovo arrestato, stavolta con l'accusa di essere stato trovato in possesso di bombe a mano. Dopo oltre un anno di detenzione subì un processo alla fine del quale venne completamente scagionato dalle accuse e rimesso in libertà.
Alcuni suoi testi sono stati utilizzati anche da gruppi rock afrikaaners antiapartheid. Nel 1990, una manifestazione concerto di alcuni di questi gruppi musicali venne vietata dalle autorità sudafricane. Una colossale campagna di stampa denigratoria ("...musica volgare e satanica..", musicisti accusati di "...bere sangue umano..." e addirittura di "...sacrifici umani...",) portò all'annullamento del concerto e si estese al divieto di manifestazioni musicali organizzate dagli studenti delle università sudafricane.
Restano tuttora in vigore le disposizioni censorie del governo sudafricano in materia artistica. La legge n.42 del 1974 sancisce l'obbligo di sottoporre a una commissione statale giornali, filmati, dischi e qualsiasi altro "oggetto" di intrattenimento.
Il paragrafo introduttivo di detta legge dispone che l'ottica di esame sia "...la salvaguardia dell'impostazione cristiana della vita degli abitanti del Sudafrica...", e che venga istituito un certo numero di commissioni (di nomina rigidamente controllata dal ministero dell'interno) attraverso le quali venga accertata "l'integrità morale" delle opere d'arte.
Dal 1 Aprile 1975, data dell'entrata in vigore della legge, è stata respinta la diffusione in territorio sudafricano del 60% circa dei materiali presi in esame, con motivazioni variabili dalla presunta oscenità o immoralità all'essere "ritenuto pregiudizievole per la salvaguardia dello stato, del benessere generale, della pace e dell'ordine".
Tra le lame delle forbici dei giudici sudafricani sono cadute, tra le numerose altre vittime, "Jesus Christ Superstar", Donna Summer, l'Illustrated Rock Almanac, John Lennon e Yoko Ono, "The wall" dei Pink Floyd, Frank Zappa, i Roxy Music (le copertine dei loro dischi sono state ritenute "inaccettabili"), i Crass, la rivista inglese The Face e, ovviamente, Peter Gabriel.
Le informazioni diffuse in questo articolo sono tratte dalla rivista americana Spin, dagli Amnesty lnternational Reports , dalle riviste inglesi The Face e Re Records Quarterty, dalla rivista italiana Musiche.

(La prima parte di questo articolo è stata pubblicata sullo scorso numero)