Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 188
febbraio 1992


Rivista Anarchica Online

La crisi dell'utopia

Cari compagni,
sono rimasto abbastanza deluso dall'insistenza con cui nella rivista si continua a parlare di caduta del comunismo, di crisi e tracollo del socialismo reale, di morte del marxismo. Non che tutto questo non sia vero, anzi. Non vorrei in qualche modo essere confuso per un vetero comunista, quando il mio antibolscevismo è sempre stato chiaro e costante; né in qualche modo rimpiango le dittature sorte nel nome di Marx e di Engels, o i partiti/chiese che si sono ispirati a Lenin o Mao Tze Tung. Non è sui contenuti, dunque, che vi muovo delle obiezioni, bensì sul MODO con cui si affrontano le questioni. A che serve continuare a ribadire in negativo che noi non siamo per il comunismo di stato, o che non siamo mai stati marxisti? Forse può essere utile per i giovani che leggono la rivista da poco, o per tutti quelli che in genere credono che l'anarchismo sia una variante del comunismo.
Ma mi sembra che le analisi fatte ultimamente sulla rivista siano semplicistiche, all'insegna di slogan e del motto "Noi l'avevamo detto".
Questo modo estremamente ideologico di affrontare questioni complesse come i ribaltamenti avvenuti nell'Est europeo o il pensiero marxista non hanno secondo me più ragione di essere visto che il comunismo è morto. Poteva essere utile e proficuo nonché estremamente coraggioso farlo all'inizio degli anni '70, gli anni in cui è sorta la rivista, quando la maggior parte della sinistra era attestata su posizioni marxleniniste dogmatiche ed intransigenti; ora questa operazione mi sembra un vivere di riflesso, un continuare a volersi costruire una identità "in negativo" e su una cosa che non c'è più. La sinistra (uso questo termine nel senso di progressista, altrimenti non so più cosa possa indicare) e in crisi di valori, non ha più punti di riferimento. Certo, c'è un nucleo ancora forte di persone che continuano a credere nel verbo marxista (vedi il Manifesto o Rifondazione) ma non mi sembrano certo un pericolo; sono una razza in via di estinzione tanto e più di noi. Sono come quelli che dopo la scoperta che la terra girava intorno al sole continuavano a credere nel "Fermati o sole" della Bibbia. Destano in me un senso di pena più che di rabbia...
Invece il dialogo andrebbe ricercato con quella parte della sinistra che ha abbandonato ogni riferimento ideologico, ma che pure vorrebbe un cambiamento radicale. In questo senso mi sembrerebbe più proficua una contrapposizione col comunismo spiegando soprattutto cosa vogliamo noi, come vorremmo venisse gestita l'economia, presentando i progetti autogestionari del passato ma soprattutto quelli del presente...
Ma c'è un altro punto, decisamente più importante, su cui non concordo in generale con la vostra impostazione: mi sembra che non capiate che la morte del comunismo è anche, in parte, la nostra morte, anche se non lo vogliamo.
In realtà non è morto solo il comunismo realizzato, la società/gulag o il partito/esercito/chiesa/stato bolscevico. Né è morto solo il comunismo ideale, identificato per decenni con l'Utopia tout/court, anche se il marxismo con le sue pretese scientifiche e positiviste tendeva a presentarsi come teoria antiutopistica.
Mi pare morta, e se non proprio morta quantomeno agonizzante, l'Utopia in generale, la capacità, la voglia, il desiderio di pensare un radicalmente altro, un mondo veramente diverso.
Certo la confusione è grande, le previsioni sono difficili, però mi sembra che siamo giunti davvero al termine di quel processo di secolarizzazione iniziato con l'età moderna e con l'instaurarsi progressivo della civiltà mercantile, processo di cui, in un certo senso, il movimento socialista, e anche l'anarchismo, son stati al contempo una reazione e una risposta: una risposta nel senso che hanno elaborato e continuato delle idee e delle istanze illuministiche, moderne, razionalistiche; una reazione nel senso che dopo la morte di dio nei cieli lo hanno immanentizzato trasferendo il paradiso in terra (l'anarchia, il comunismo, il socialismo) riprendendo per molti versi quella istanza millenaristica e rivoluzionaria del primo cristianesimo, istanza poi abbandonata dalla chiesa romana una volta che questa si era istituzionalizzata, ma riemerse nel corso dei secoli attraverso movimenti eretici e rivoltosi..
In sintesi la morte dell'Utopia, ho usato il termine Utopia quale sinonimo di socialismo. In realtà il socialismo è stata solo l'ultima determinazione empirica, in ordine di tempo, l'ultima variante delle tensioni utopiche sempre presenti nel corso dell'umanità e accomunabili quasi tutte dal rifiuto della mondanità e della società mercantile: le utopie reazionarie con lo scopo di ricreare una società fondata su valori spirituali; quella socialista (in tutte le sue varianti) con l'intenzione di creare ex-novo una nuova e radicalmente diversa mondanità. Naturalmente oltre alla crisi dell'Utopia dobbiamo constatare anche la crisi delle idee di Rivoluzione, strumento attraverso il quale parte del movimento socialista intendeva conseguire la nuova società.
In sintesi la morte dell'utopia mi sembra molto grave, mi sembra il "Problema" dal quale ora non si può trascendere. Come può inserirsi qualunque progetto anarchico (anche quello più elaborato e in un certo senso più realistico della ecologia sociale) in una società giunta all'estremo grado di secolarizzazione? Che senso può avere un anarchismo spogliato di ogni istanza millenaristica e "religiosa" (propria secondo me di ogni pensiero utopico in quanto preconizzatore di un radicalmente altro) e fondato unicamente su basi razionali illuministiche se non quello di ridursi ad un puro eticismo? Come può svilupparsi, nella teoria e nei fatti, la nostra contrapposizione alla liberal-democrazia e al pensiero realistico, vincitori planetari? Quali sono gli spazi libertariamente sfruttabili nelle democrazie? Queste domande esigono in me delle risposte che non riesco a trovare... non sfuggiamo alla nostra responsabilità storica, quella di capire veramente la società in cui viviamo per poterla criticare... La dottrina uccide la vita, diceva giustamente Bakunin, e mentre la società avanza senza di noi facendosi beffe di ogni teoria che crede di averla capita e interpretata una volta per tutte, noi rimaniamo rivolti al passato, sicuri che in fondo tutto cambia per rimanere eternamente uguale (siamo forse reazionari?).
Non vorrei essere sembrato troppo critico; la Rivista rimane pur sempre il mio punto di riferimento anarchico più importante, e la sua utilità non può essere messa in discussione...
Saluti "anarcopolemici" e "anarcofuturisti"

Francesco Berti
(Bassano del Grappa)