Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 186
novembre 1991


Rivista Anarchica Online

Autogestione del bello
di Francesco Ranci

Dal 3 al 6 ottobre si è tenuto a Milano l'ormai consueto festival "Milanopoesia". Tra le altre iniziative si è svolto il Forum 1991, dedicato al confronto interdisciplinare o indisciplinato, sul tema della "costruzione del bello"

La nozione contemporanea di "estetica" deriva da quella di "aesthesis", parola che in greco antico significava - più o meno (con tutta l'approssimazione del caso) - "sensazione".
Tuttavia, la parola "Estetica", fu usata come nome di una "scienza del bello" da Baumgarten nel 1735. Baumgarten intendeva - secondo il rispettoso ma dissenziente resoconto di Kant - "ridurre a principi razionali il giudizio critico del bello, ed elevarne le regole a scienza" (Critica della ragion pura, 1787, ed. it. 1983).
Kant ritiene quella di Baumgarten una "fallita speranza", o uno "sforzo vano", "Imperocchè - dice - le dette regole e i criteri del gusto sono per le loro principali fonti, empirici". Non sembri futile l'osservazione che la parola "principali" venne aggiunta fra la prima e la seconda edizione del testo. La titubanza di Kant è emblematica, infatti, di tutta la storia della filosofia, e trova origine nella difficoltà di classificare i "dati" esplicitando il criterio di classificazione (in questo caso, il "bello" - come tanti altri concetti, quali il giusto, il vero - rimarrebbe conteso dai regni del "razionale", dell'"empirico").
Sulla scia di Platone - e di Baumgarten, peraltro - lo stesso Kant non disprezza la prima soluzione, ad esempio quando dice che, "Il pittore della natura, sia del pennello che della penna (e sia in prosa che in versi), non possiede il principio spirituale della bellezza, perché non fa che imitare; soltanto il pittore di idee è il maestro dell'arte bella" (Antropologia pragmatica, 1798, ma raccoglie lezioni precedenti, ed. it. 1985). Kant preferisce parlare di "Estetica" (con l'aggiunta di "trascendentale") per designare "una scienza di tutti i principi a priori della sensibilità". Recuperando il significato di "aesthesis". E in opposizione alla "logica trascendentale", che studierebbe "i principi del pensiero puro". Nonostante la dichiarata "opposizione", peraltro, le due scienze formerebbero insieme la "dottrina trascendentale degli elementi" di Kant.
Ma non ci interessa qui analizzare un sistema filosofico particolare, ci interessa, invece, mostrare la strettissima relazione fra filosofia ed "estetica". Cioè una disciplina intesa, oggi, come "scienza del bello"; nonostante le obiezioni di Kant - ma anche - grazie ad esse e ad altre, risucchiata coi suoi programmi all'interno della disputa filosofica, come suo "settore" particolare.
Non sembri strano, dunque, sentir parlare di arte "razionale", o "irrazionale", "astratta" o "realista-verista", di bellezza "sensuale" o "fredda". E non sembri strano che i gusti e i piaceri, legati ai valori del "bello", e ai disvalori del "brutto" siano - quando fa comodo - sottoposti ai dogmi scetticheggianti ("de gustibus non est disputandum") e convenzionalisti ("arte è tutto ciò che chiamiamo arte"), oppure ai dogmi realisti ("questa è vera arte!", "ma come, non ti piace? Allora non capisci niente!"). E naturalmente non può stupire che i regimi più dichiaratamente autoritari abbiano praticato forme di censura nei confronti del fatto artistico, così come certi artisti hanno messo in atto con il risultato della propria creatività forme di opposizione ideologica, al regime e ai canoni dell'arte ufficiale. La tesi dello stesso Platone in merito a cosa si dovesse considerare "arte" e cosa no era esplicitamente caratterizzata da considerazioni pedagogiche rispetto al popolo.
Una volta definita come "scienza del bello", tuttavia, anche l'Estetica - come le altre "scienze moderne" - ha tentato in certi casi di emanciparsi dall'originaria impostazione filosofica. Soprattutto, adottando i canoni sperimentali cari, appunto, alle "scienze naturalistiche", prese a modello - un po' in tutti gli ambiti culturali -a partire dall'800. Alle riflessioni degli artisti sul proprio sapere, e dei filosofi, si sono intersecate le ricerche di scienziati che, avendo per oggetto di ricerca dei particolari processi percettivi hanno seguito l'itinerario delle ricerche psico-neurologiche e, più recentemente, dei tentativi di meccanizzazione dei processi mentali.
Per conseguire uno studio interdisciplinare dei fenomeni tradizionalmente etichettati come "estetici" - oggi - non è ancora sufficiente organizzare un incontro fra i cultori di queste pratiche o discipline, che pure ambiscono alla collaborazione reciproca. Lo si è visto - ad esempio - nell'ultima edizione di "Milanopoesia". All'interno del festival tenutosi dal 3 al 6 ottobre, per il secondo anno consecutivo è stato organizzato uno spazio, denominato "Forum l991" e dedicato al confronto interdisciplinare, o indisciplinato, sul tema della "costruzione del bello".
Il "Forum" - organizzato in collaborazione con la rivista "Methodologia - Pensiero Linguaggio Modelli" -, se ha costituito un valido e apprezzato momento di confronto, ha anche evidenziato tutte le carenze degli studi, vecchi e nuovi, sull'estetica. Il tema ("la costruzione del bello") era ovviamente inteso non tanto nel senso di una riflessione sulla scelta e sulle tecniche di trasformazione dei materiali, riflessione legittima ma di scarso interesse da un punto di vista libertario. Sulla scia del crescente utilizzo, in svariati ambiti, di riferimenti a paradigmi di tipo "costruttivista", il tema di Milanopoesia proponeva, invece, una rassegna delle indagini sulle attività mentali che ci possono far percepire qualcosa come "bello".
Si tratta di un tema innovativo; insolito nel panorama della cultura (accademica e non) di coloro che si occupano d'"arte" o, in generale prescindendo da programmi di consapevolizzazione. Infatti, un'ottica della "costruzione' del bello richiede necessariamente un'analisi in termini di comunicazione, e coinvolge perciò democraticamente - cioè, allo stesso livello di importanza per l'analisi - le responsabilità di produttori, mercanti e fruitori di "bellezza", od "opera d'arte". Sia per la natura interdisciplinare, sia per la natura innovativa di questo Forum non è facile distinguere qualcosa di raggruppante, nel magmatico succedersi di opinioni e considerazioni (a volte assai metaforiche e persino stravaganti), da parte di filosofi, poeti, psicologi, neurologi, informatici, artisti imprecisati, metodologi operativi, e indisciplinati vari. Si può provarci, tuttavia, e discriminare fra quelli che hanno inteso la "costruzione del bello" nel suo senso di correlazione compiuta - cioè con una sua identità di significato - e quelli che, invece, lo hanno inteso nel senso di un vago suggerimento, occupandosi solo di "costruzione", o solo di "bello", o di altro (soprattutto dei rapporti fra "arte" e "scienza".)
Tra i primi, Enrico Baj ha sostenuto la necessità di de-costruire ciò che viene quotidianamente costruito secondo la logica della produzione e della massificazione. Alcuni studiosi di varia provenienza disciplinare, come Bruno Bara, Walter Gerbino, Silvio Ceccato, Marco Bettoni, Carlo Bernardelli hanno proposto un'analisi del "mentale" (chi in termini di operazioni mentali, chi di modelli mentali, chi di rapporti fra immagini mentali), che permetterebbe la "costruzione del bello". Nella costruzione dei modelli dell'operatore estetico, un ruolo particolare spetterebbe all'"attenzione" , e ai ritmi, suoi propri con cui può, applicandosi al funzionamento di apparati sensoriali, generare una fruizione o produzione estetica. Marco Margnelli ha presentato una ricerca sperimentale sulla correlabilità di particolari stimolazioni del sistema nervoso - anche intervenendo su variazioni naturali come il ciclo del sonno - con i processi mentali di persone che si dedicano alla produzione di opere d'arte, confrontando i diversi generi.
Possiamo infine annoverare alcuni spunti, utili alla riflessione che il tema proponeva. Da molti - fra gli altri Israel Rosenfield - è stato sottolineato che i risultati delle neuroscienze impongono di tenere conto (nelle analisi di funzione, o del "mentale") del carattere processuale dei fenomeni di percezione e memoria. Soprattutto quando vengono considerati nel contesto della comunicazione; e a maggior ragione nel contesto di un dominio comunicativo, come quello estetico, particolarmente vincolato a significati non consapevolizzati. Sempre in ambito di neuroscienze, Ennio Mingolla ha riferito della recente ripresa - sotto il nome di "connessionismo" - delle ricerche sulla percezione visiva condotte negli anni '50 sotto il nome di "cibernetica". Da Yarbus, a Lettvin, Mc Culloch, Maturana e Pitts, a Ceccato, sulla scia delle sperimentazioni della psicologia della Gestalt, e ancor prima degli studi condotti da Ernst Mach sulla fisiologia delle sensazioni.
Si tratta della osservazione dei movimenti percettivi - come quelli della pupilla, ad esempio - e dello studio dei rapporti fra questi movimenti e gli esiti percettivi indotti, e riferiti dal soggetto. I fenomeni di guida - linguistica e non linguistica - dei movimenti e delle percezioni, anche "estetiche", sono forse l'aspetto più interessante di queste ricerche. Basti pensare alle differenze di percezione e categorizzazione - cui si può trovare un parziale corrispettivo nei movimenti dei bulbi oculari, ad esempio - provocate da frasi come "che bella gente!", "che gente deliziosa!", "che gente amabile", etc...
Frasi che possono guidare a percezioni e categorizzazioni diverse di una "medesima" figura disegnata o situazione percettiva qualsiasi; e che possono -come è ben noto - guidare l'immaginazione, fino a provocare l'alterazione degli stati di coscienza.